ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promosso dal Tribunale ordinario di Melfi nel giudizio civile tra la FIOM - Federazione impiegati operai metalmeccanici - Federazione Provinciale di Potenza e la SATA - Societa' autoveicoli tecnologie avanzate s.p.a. ed altre, con ordinanza del 28 novembre 2012, iscritta al n. 173 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2013. Udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2014 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso ex art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), l'adito Tribunale ordinario di Melfi, premessane la rilevanza, ha sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione, di legittimita' costituzionale dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970, denunciandone il contrasto con gli artt. 3 e 39 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda; che, nel presente giudizio, non vi e' stata costituzione di parti, ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato che, successivamente all'ordinanza di rimessione, della medesima norma da questa denunciata, e' stata, in parte qua, dichiarata l'illegittimita' costituzionale con la sentenza di questa Corte n. 231 del 2013; che la questione in esame, per sopravvenuta carenza di oggetto, e', quindi, manifestamente inammissibile. Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.