ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma
1, della legge della Regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme  per
la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre  2009),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
spedito per la notifica il 10 aprile 2013, depositato in  cancelleria
il 15 aprile 2013 ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2013. 
    Udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    udito l'avvocato dello Stato Diego Giordano per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con ricorso notificato il  10-12  aprile  2013  e  depositato  il
successivo 15 aprile,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato in via principale l'art. 10, comma  1,  della  legge  della
Regione Umbria 8 febbraio 2013, n.  3  (Norme  per  la  ricostruzione
delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009). 
    Il ricorrente premette che, con la legge in questione, la Regione
Umbria - nel dare seguito ai primi urgenti interventi  statali  volti
ad affrontare la  grave  emergenza  determinata  dai  recenti  eventi
sismici - ha disciplinato  la  programmazione  e  l'attuazione  degli
interventi necessari per  la  ricostruzione  e  il  ripristino  degli
immobili privati e delle opere pubbliche danneggiati  dal  menzionato
sisma,   attraverso   disposizioni   (ritenute   condivisibili)   che
regolamentano l'erogazione dei contributi ai soggetti privati  ed  il
divieto di mutamento della destinazione d'uso in atto al momento  del
sisma prima che siano decorsi due anni dalla  data  di  completamento
dell'intervento. 
    Viceversa, la difesa dello Stato rileva come il censurato comma 1
dell'art.  10  -  che  estende  ai  lavori  privati  il  sistema   di
qualificazione rilasciato da Societa' Organismo di Attestazione (SOA)
previsto per gli appalti di lavori pubblici dall'art. 40 del  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE) e dagli artt. 60 e seguenti del decreto  del
Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  207  (Regolamento  di
esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile  2006,  n.
163, recante  «Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE») - si ponga in contrasto  con  l'art.  4,  comma  3,  del
citato decreto legislativo n. 163 del 2006, il quale dispone che  «Le
regioni,  nel  rispetto  dell'articolo  117,  comma  secondo,   della
Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da  quella
del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei
concorrenti; alle procedure di  affidamento,  esclusi  i  profili  di
organizzazione  amministrativa;  ai  criteri  di  aggiudicazione;  al
subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati
all'Autorita' per la vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,
servizi e forniture; alle attivita' di progettazione e  ai  piani  di
sicurezza; alla stipulazione  e  all'esecuzione  dei  contratti,  ivi
compresi   direzione   dell'esecuzione,   direzione    dei    lavori,
contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e
contabilita' amministrative; al contenzioso [...]». 
    Il ricorrente  osserva,  infatti,  che  la  Corte  costituzionale
(nella sentenza n. 401 del 2007) ha sottolineato  che  la  competenza
esclusiva dello Stato, nelle materie  elencate  nel  citato  art.  4,
comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, e' volta a garantire  l'esigenza
di tutela della concorrenza, che si  concretizza  nella  volonta'  di
assicurare l'adozione di  uniformi  procedure  di  evidenza  pubblica
nella scelta del contraente, idonee a garantire, in  particolare,  il
rispetto  dei  principi   di   parita'   di   trattamento,   di   non
discriminazione, di proporzionalita'  e  di  trasparenza;  e  che  ha
aggiunto che, ugualmente, la competenza esclusiva dello  Stato  nelle
citate materie e' volta  a  garantire  l'uniformita'  di  trattamento
nell'intero  territorio  nazionale  laddove,  «disciplinando  aspetti
afferenti  a   rapporti   che   presentano   prevalentemente   natura
privatistica, pur essendo parte di essi una pubblica amministrazione,
deve essere ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento civile». 
    Poiche',  dunque,  la  disposizione  regionale  interviene  sulle
modalita' di qualificazione dei soggetti esecutori,  creando  tra  di
essi una irragionevole disparita' di trattamento, nel ricorso  se  ne
denuncia il contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettere  e)  ed
l), della Costituzione,  per  invasione  della  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela della concorrenza»  e  di  «ordinamento
civile». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri censura  l'art.  10,
comma 1, della legge della Regione  Umbria  8  febbraio  2013,  n.  3
(Norme per la ricostruzione delle  aree  colpite  dal  sisma  del  15
dicembre 2009), che estende(va)  ai  lavori  privati  il  sistema  di
qualificazione rilasciato da Societa' Organismo di Attestazione (SOA)
previsto per gli appalti di lavori pubblici dall'art. 40 del  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE) e dagli artt. 60 e seguenti del decreto  del
Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  207  (Regolamento  di
esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile  2006,  n.
163, recante  «Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE»). 
    Secondo il ricorrente, la norma  impugnata  vulnera  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed l), della  Costituzione,  per  invasione
della competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  «tutela  della
concorrenza» e di  «ordinamento  civile»  (secondo  quanto  affermato
nella sentenza n. 401 del 2007), ponendosi in contrasto con l'art. 4,
comma 3, del citato d.lgs. n. 163 del 2006 (il quale dispone che  «Le
regioni,  nel  rispetto  dell'articolo  117,  comma  secondo,   della
Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da  quella
del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei
concorrenti; [...] alla stipulazione e all'esecuzione  dei  contratti
[...]»), in tal modo intervenendo  pesantemente  sulle  modalita'  di
qualificazione dei soggetti esecutori  e  creando  tra  di  essi  una
irragionevole disparita' di trattamento. 
    2.- In via preliminare, va  rilevato  che,  successivamente  alla
proposizione del ricorso introduttivo,  l'art.  76,  comma  1,  della
legge  della  Regione  Umbria  21  giugno  2013,  n.  12  (Norme   su
perequazione, premialita' e compensazione in materia di  governo  del
territorio e modificazioni di leggi regionali) ha abrogato il comma 1
dell'art. 10 della legge reg. n. 3 del 2013. 
    Orbene - se la sopravvenuta modifica normativa appare  pienamente
satisfattiva delle pretese del Governo (venendo, con cio', in  essere
la prima delle due condizioni che la giurisprudenza di  questa  Corte
ha enucleato per pervenire  alla  declaratoria  di  cessazione  della
materia del contendere: sentenze n. 272, n. 246 e n. 228 del 2013)  -
viceversa (anche per l'assenza di qualsiasi  diversa  indicazione  da
parte del ricorrente ovvero della Regione convenuta, che  non  si  e'
costituita nel giudizio) non si configura l'ulteriore requisito della
mancata applicazione medio tempore della norma  censurata,  che  deve
ritenersi non provato, anche in considerazione del tempo  di  vigenza
(oltre quattro mesi) della disposizione abrogata (sentenza n. 272 del
2013). 
    Pertanto, nonostante lo ius superveniens, il richiesto  scrutinio
di costituzionalita' della norma impugnata deve essere  condotto  nel
merito. 
    3.- La questione e' fondata. 
    3.1.- La legge reg. Umbria n. 3 del 2013, nel  dar  seguito  agli
urgenti interventi statali volti ad  affrontare  la  grave  emergenza
determinata dal  sisma  del  2009  (adottati  con  la  ordinanza  del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2010, n. 3853,  recante
«Primi interventi urgenti conseguenti ai  gravi  eventi  sismici  che
hanno colpito parte del territorio della regione Umbria il giorno  15
dicembre 2009»), ha disciplinato  la  programmazione  e  l'attuazione
degli interventi necessari per la ricostruzione e il ripristino degli
immobili privati e delle opere pubbliche danneggiati  dal  menzionato
sisma  (artt.  da  1  a   3),   attraverso   disposizioni   (ritenute
"condivisibili"  dallo  stesso  ricorrente)  che  regolamentano  (tra
l'altro) la presentazione delle domande, l'ammontare  e  l'erogazione
dei contributi ai soggetti privati e  l'individuazione  degli  aventi
diritto) (artt. da 4 a 8), nonche'  il  divieto  di  mutamento  della
destinazione d'uso in atto al  momento  del  sisma  prima  che  siano
decorsi due anni dalla data di  completamento  dell'intervento  (art.
9). 
    A sua volta, con il censurato art. 10, comma  1,  il  legislatore
umbro aveva disposto che «L'esecutore, a qualsiasi titolo, dei lavori
di ripristino di immobili di proprieta' privata  di  importo  pari  o
superiore a 150.000 euro, deve essere in possesso di attestazione  di
qualificazione rilasciata da Societa' Organismo di Attestazione (SOA)
di cui al decreto del Presidente della repubblica 5 ottobre 2010,  n.
207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto  legislativo
12 aprile 2006,  n.  163,  recante  "Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE") e successive modificazioni e integrazioni».
Dunque, rispetto ai menzionati «lavori di ripristino di  immobili  di
proprieta'  privata»  di  importo  rilevante,  la   norma   censurata
estendeva l'applicabilita' della disciplina dettata per le  procedure
di evidenza pubblica, la quale - al fine di garantire che i  soggetti
esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici siano qualificati  ed
improntino la  loro  attivita'  ai  principi  della  qualita',  della
professionalita' e della correttezza - condiziona la possibilita'  di
compiere  l'opera  pubblica  al  rilascio   della   attestazione   di
qualificazione SOA (come previsto e regolamentato  dall'art.  40  del
codice dei contratti pubblici); rilascio che (ai sensi dell'art.  60,
comma 3, del regolamento di esecuzione) e' inteso  quale  «condizione
necessaria e sufficiente  per  la  dimostrazione  dell'esistenza  dei
requisiti di capacita' tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento
di lavori pubblici». 
    3.2.- E' vero che l'intervento legislativo regionale va collocato
in un contesto di generale regolamentazione degli interventi  edilizi
nelle zone sismiche (rispetto  ai  quali  questa  Corte  ha  ritenuto
fisiologica, per  le  Regioni,  «la  possibilita'  di  erogazione  di
contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose
materie di competenza regionale  le  politiche  pubbliche  consistono
appunto  nella  determinazione  di  incentivi  economici  ai  diversi
soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalita' della loro
erogazione»: sentenze n. 259 del 2013, n. 50 del 2008 e  n.  423  del
2004);  ed  e'  per  questo  ascrivibile  ai   titoli   competenziali
concorrenti del «governo del territorio» e della «protezione  civile»
per i  profili  concernenti  la  «tutela  dell'incolumita'  pubblica»
(sentenze n. 300 del 2013 e n.  254  del  2010).  Tuttavia,  data  la
concreta  portata  della  disposizione  impugnata,   e'   altrettanto
indubbio che la contestata estensione della necessita' dell'attestato
di qualificazione - in quanto incidente non solo  sulla  possibilita'
del singolo soggetto imprenditore di essere  scelto  quale  esecutore
dell'opera,  ma  anche  conseguentemente  della  stessa  capacita'  e
liberta'  di  contrarre  delle  parti  private  interessate   -   sia
regolamentazione riconducibile, per i suoi effetti, nell'ambito delle
evocate materie «tutela della concorrenza»  ed  «ordinamento  civile»
appartenenti entrambe alla competenza esclusiva dello Stato. 
    La  giurisprudenza  di  questa  Corte   e',   infatti,   costante
nell'affermare che la nozione di «concorrenza»,  di  cui  al  secondo
comma, lettera e), dell'art. 117 Cost., riflette quella  operante  in
ambito comunitario (ex plurimis sentenze n. 4 del 2014, n. 264  e  n.
171 del 2013). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di
tutela  in  senso  proprio,  intese  a  contrastare  gli  atti  e   i
comportamenti delle imprese che incidono  negativamente  sull'assetto
concorrenziale  dei  mercati  (misure  antitrust);  sia   le   misure
legislative di promozione, volte ad eliminare limiti e  vincoli  alla
libera  esplicazione  della   capacita'   imprenditoriale   e   della
competizione  tra  imprese  (concorrenza  "nel  mercato"),  ovvero  a
prefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la  piu'
ampia  apertura  del  mercato  a  tutti   gli   operatori   economici
(concorrenza "per il mercato") (ex plurimis, sentenze n. 291 e n. 200
del 2012, n.  45  del  2010).  Pertanto,  ove  la  suddetta  materia,
considerato   il   suo   carattere   finalistico   e   «trasversale»,
interferisse (come nella specie) anche con  materie  attribuite  alla
competenza  legislativa  residuale  delle  Regioni,   queste   ultime
potrebbero dettare solo discipline con «effetti  pro-concorrenziali»,
purche' tali effetti siano indiretti e marginali e non si pongano  in
contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano  e
promuovono la concorrenza (sentenze n. 43  del  2011  e  n.  431  del
2007). 
    D'altro  canto,  questa  Corte   ha   altrettanto   ripetutamente
osservato (da ultimo sentenza n. 290 del 2013) che anche  la  materia
dell'«ordinamento civile», in quanto  relativa  alla  disciplina  dei
rapporti privati, e' riservata alla  potesta'  legislativa  esclusiva
dello Stato, giacche' essa  e'  basata  sulla  esigenza,  sottesa  al
principio costituzionale di eguaglianza, di  garantire  l'uniformita'
di  trattamento,  nell'intero  territorio  nazionale,  dei   rapporti
civilistici tra soggetti che operano in regime privato  (sentenza  n.
401 del 2007). 
    3.3.-  Orbene,  la  trasposizione  nell'ambito  privatistico  dei
sistemi di qualificazione delle  imprese  interessate  alle  commesse
pubbliche, da un  lato  compromette  l'assetto  concorrenziale  degli
appalti privati regolati dalle norme civilistiche, ponendo in  essere
una previsione che - condizionando la capacita' dell'imprenditore  di
stipulare il contratto - ha come conseguenza quella  di  limitare  il
numero  degli  operatori  e,   conseguentemente,   l'ampiezza   della
possibilita' di vagliare un maggior numero di imprese  da  parte  del
committente. La norma censurata, dunque,  tradisce  le  finalita'  di
ampliamento dell'area di libera scelta dei cittadini e delle  imprese
sottesa alla regolamentazione  contenuta  nel  codice  dei  contratti
pubblici (sentenza n. 401 del 2007), traducendosi invece,  di  fatto,
in una scelta anti-concorrenziale. 
    Dall'altro lato, contemporaneamente, la norma impugnata determina
(relativamente alla sola contrattazione riguardante l'affidamento dei
lavori privati della  ricostruzione  delle  zone  terremotate  umbre)
anche una limitazione della  facolta'  del  soggetto  interessato  di
individuare il contraente da lui ritenuto  piu'  idoneo;  limitazione
che viene evidentemente a turbare (condizionandolo) lo svolgimento di
atti che sono espressione della autonomia negoziale di  soggetti  che
operano in  un  assetto  civilistico  in  posizione  di  parita'.  E,
pertanto, si pone in contrasto  anche  con  l'evocato  parametro  che
riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in materia  di
«ordinamento civile». 
    4.-  La  norma  impugnata,  pertanto,  deve   essere   dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  restando  assorbiti  gli  ulteriori
profili di censura.