ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge della Regione Veneto 23 aprile 2013, n. 6  (Iniziative  per  la
gestione della fauna  selvatica  nel  territorio  regionale  precluso
all'esercizio della attivita' venatoria), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-24  giugno  2013,
depositato in cancelleria il 25 giugno 2013 ed iscritto al n. 71  del
registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Diego Giordano per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e  Daniela  Palumbo
per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 19  giugno  2013,
ricevuto il successivo 24 giugno e depositato il 25 giugno 2013 (reg.
ric. n. 71 del 2013),  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questione di legittimita' costituzionale dell'art.  2  della
legge della Regione Veneto 23 aprile 2013, n. 6  (Iniziative  per  la
gestione della fauna  selvatica  nel  territorio  regionale  precluso
all'esercizio della attivita'  venatoria),  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    La legge impugnata attiene alla gestione  della  fauna  selvatica
nei  territori  preclusi  all'attivita'  venatoria.  Allo  scopo   di
contenere lo sviluppo di tale fauna, che  puo'  arrecare  pregiudizio
alle produzioni agricole e zootecniche, l'art.  2  disciplina  alcuni
"interventi", che trovano riscontro, a livello statale, nell'art.  19
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). 
    Il ricorrente censura, anzitutto, l'art. 2, comma 1, della  legge
regionale n. 6 del 2013, perche', in difformita' dall'art. 19,  comma
2, della legge n. 157 del 1992, non stabilisce che l'inefficacia  dei
metodi  ecologici  volti  al  controllo  della  fauna  debba   essere
accertata dall'Istituto superiore per  la  protezione  e  la  ricerca
ambientale, prima  che  si  possa  procedere  con  il  piu'  invasivo
strumento dei piani di abbattimento. 
    L'art. 2, comma 2, della medesima legge regionale, conferisce  al
Presidente  della  Giunta  regionale  un  potere   sostitutivo,   nei
confronti degli enti titolari delle funzioni di gestione  faunistica,
chiamati ad attuare gli interventi di contenimento  della  fauna.  Il
ricorrente sostiene che, in tal modo, la legge impugnata ha  ampliato
le ipotesi di piani di abbattimento, anche  con  riguardo  alle  aree
naturali protette nazionali e regionali, rispetto alle  quali  l'art.
21, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992, e gli artt. 11,
comma 3, lettera a), e 22, comma 6, della legge 6 dicembre  1991,  n.
394  (Legge  quadro  sulle  aree  protette),  disciplinerebbero   una
procedura speciale per l'abbattimento selettivo. 
    Infine,  l'art.  2,  comma  3,  della  legge  impugnata,  abilita
all'esecuzione dei piani di abbattimento non solo le persone indicate
dall'art. 19, comma 2, della legge  n.  157  del  1992,  ma  anche  i
cacciatori residenti negli ambiti territoriali di caccia. 
    La disposizione  censurata,  in  ragione  di  questi  profili  di
contrasto  con  la  normativa  dello  Stato,  sarebbe  lesiva   della
competenza esclusiva statale in materia  di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    2.- Si e' costituita la Regione Veneto, chiedendo il rigetto  del
ricorso. 
    La Regione  osserva  che  l'art.  2,  comma  1,  impugnato,  deve
ritenersi integrato dall'art. 17, comma 2, della legge della  Regione
Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la  protezione  della  fauna
selvatica e per il prelievo venatorio), ove e' espressamente previsto
che l'inefficacia dei metodi ecologici venga accertata dall'ISPRA, in
conformita' alla normativa dello Stato. La censura sarebbe percio' il
frutto di un «fraintedimento ermeneutico». 
    In relazione all'art. 2, comma 2, impugnato, la difesa  regionale
premette che il  potere  sostitutivo  ivi  disciplinato  puo'  essere
esercitato solo con riguardo alle aree naturali  protette  regionali.
Nell'ambito di queste ultime, il ricorso ai metodi  ecologici,  o  ai
piani di abbattimento della fauna,  sarebbe  previsto  dall'art.  11,
comma 4, della legge n. 394 del 1991. Cio'  detto,  e  richiamata  la
giurisprudenza costituzionale  in  tema  di  potere  sostitutivo,  la
Regione evidenzia che la norma impugnata «non altera il quadro  delle
competenze e gli assetti istituzionali vigenti», aggiungendo  che  il
Presidente  della  Giunta   regionale,   nel   sostituirsi   all'ente
inadempiente, e' tenuto ad  osservare  comunque  il  regolamento  del
parco. 
    Quanto,  infine,  all'art.  2,  comma  3,  impugnato,  la  difesa
regionale  sostiene  che  i   cacciatori   residenti   negli   ambiti
territoriali di caccia devono ritenersi autorizzati a partecipare  ai
piani  di  abbattimento  gia'  in  forza  dell'art.  17  della  legge
regionale  n.  50  del  1993,  che  consente  questa  attivita'  agli
operatori muniti di licenza per l'esercizio dell'attivita' venatoria,
purche' coordinati dal personale di vigilanza. Inoltre,  dagli  artt.
22, comma 6, e 32 della legge n. 394 del 1991, si dedurrebbe  che  la
stessa normativa statale, nell'ambito delle aree naturali protette  e
delle aree contigue, permette l'attuazione dei piani di  abbattimento
mediante l'impiego di cacciatori residenti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2  della  legge  della  Regione
Veneto 23 aprile 2013, n. 6 (Iniziative per la gestione  della  fauna
selvatica  nel  territorio  regionale  precluso  all'esercizio  della
attivita' venatoria), in riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione. 
    La  disposizione  impugnata  disciplina  gli  interventi  per  il
contenimento della fauna selvatica nei territori ove la caccia non e'
consentita, e in particolare l'impiego di metodi ecologici o di piani
di abbattimento (comma 1), l'esercizio  del  potere  sostitutivo,  in
caso di inerzia  degli  enti  titolari  delle  funzioni  di  gestione
faunistica (comma 2), e l'esecuzione degli  interventi  necessari  da
parte di determinate categorie di persone (comma 3). 
    Il ricorrente reputa che tutti e tre i commi di  cui  si  compone
l'art. 2 della legge regionale impugnata si pongano in contrasto  con
la normativa statale sulla tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
contenuta sia nella legge 11 febbraio 1992,  n.  157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), sia nella legge 6 dicembre 1991,  n.  394  (Legge  quadro
sulle aree protette). Ne  seguirebbe  la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    2.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 1, della legge regionale n. 6 del 2013, non e' fondata. 
    La norma impugnata prevede l'impiego di metodi ecologici  per  il
contenimento della fauna selvatica, e,  ove  sia  accertata  la  loro
inefficacia, il ricorso a piani di abbattimento. 
    Il ricorrente lamenta che, in difformita' dall'art. 19, comma  2,
della legge n. 157 del 1992, non sarebbe previsto  che  l'inefficacia
dei metodi ecologici debba essere verificata dall'Istituto  nazionale
per la fauna selvatica, oggi Istituto superiore per la  protezione  e
la ricerca ambientale (ISPRA). 
    Questa Corte ha affermato che le competenze attribuite  all'ISPRA
dall'art. 19, comma  2,  della  legge  n.  157  del  1992,  esprimono
standard minimi ed uniformi di protezione  ambientale,  propri  della
sfera legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 278  del  2012),
ma  non  puo'  ritenersi  che  attraverso  la  norma   impugnata   la
legislazione regionale si sia sottratta a tale vincolo. 
    Come infatti ha esattamente posto in luce la difesa regionale, la
censura dell'Avvocatura erariale si basa su  un  erroneo  presupposto
interpretativo, posto che nella Regione Veneto e' tuttora  in  vigore
l'art. 17, comma 2, della legge regionale  9  dicembre  1993,  n.  50
(Norme per la protezione della fauna  selvatica  e  per  il  prelievo
venatorio).  Tale  disposizione  specifica   che,   nell'ambito   del
controllo della fauna selvatica,  la  Provincia  puo'  autorizzare  i
piani di abbattimento solo  se  l'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica ha prima verificato l'inefficacia dei metodi ecologici.  E'
percio'  chiaro  che  l'art.  2,  comma  1,  impugnato,   regola   la
fattispecie unitamente all'art. 17, comma 2, della legge regionale n.
50 del 1993, e dunque, quanto ai poteri dell'ISPRA,  in  termini  del
tutto analoghi a quelli dell'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del
1992, invocato dalla parte ricorrente. 
    2.- Anche la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
2, comma 2, della legge regionale n. 6 del 2013, non e' fondata. 
    La norma oggetto del  ricorso  attribuisce  al  Presidente  della
Giunta regionale il potere  sostitutivo,  nei  confronti  degli  enti
titolari delle funzioni di gestione faunistica che non provvedono  ad
adottare gli atti  di  propria  competenza,  relativi  all'attuazione
della legge regionale n. 6 del 2013. 
    Il ricorrente sostiene che in tal modo la Regione ha ampliato  le
ipotesi  di  piani  di  abbattimento  nelle  aree  naturali  protette
nazionali e regionali, in contrasto con i divieti espressi  dall'art.
21, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992, e  dagli  artt.
11, comma 3, lettera a), e 22, comma 6, della legge n. 394 del  1991,
ma cio' non e' esatto. Anche in  questo  caso,  infatti,  il  ricorso
muove dall'erroneo presupposto interpretativo che la norma  impugnata
estenda,  per  mezzo  del  potere  sostitutivo,  i  casi  in  cui  la
legislazione permette la caccia  al  fine  di  controllare  la  fauna
selvatica. 
    E' invece evidente che  la  sostituzione  dell'ente  inadempiente
potra' venire disposta al solo fine di esercitare una funzione che  a
quest'ultimo e' gia' attribuita dalla legge,  e  nel  rispetto  delle
prescrizioni stabilite da quest'ultima. Non e', percio',  ravvisabile
alcun margine  di  contrasto,  anche  solo  potenziale,  rispetto  ai
divieti menzionati dalla difesa erariale. 
    Ne' la disposizione impugnata consente di ipotizzare, come sembra
paventare il ricorrente,  che  il  potere  sostitutivo  possa  venire
esercitato rispetto ad ambiti riservati alla competenza  dello  Stato
(sentenza n. 67 del 2013), dato che esso ha espressamente per oggetto
gli atti relativi all'attuazione della legge regionale n. 6 del 2013,
ovvero un insieme di funzioni  imputabili  al  sistema  regionale  in
ragione dello stesso art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992. 
    3.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 3, della legge regionale n. 6 del 2013, invece, e' fondata. 
    La norma impugnata individua le persone idonee  ad  eseguire  gli
interventi  di  contenimento  della  fauna   selvatica,   aggiungendo
all'elenco contenuto nell'art. 17 della legge  regionale  n.  50  del
1993 anche i cacciatori residenti nei relativi ambiti territoriali di
caccia e comprensori alpini, abilitati ai sensi  dell'art.  15  della
legge regionale n. 50 del 1993. 
    Il ricorrente evidenzia il contrasto di  quest'ultima  previsione
con l'art. 19, comma 2, della legge n. 157  del  1992,  a  norma  del
quale i piani di abbattimento devono  essere  attuati  esclusivamente
dalle guardie venatorie provinciali, dai proprietari e conduttori dei
fondi e dalle guardie forestali e comunali. 
    Questa Corte ha gia'  riconosciuto  che  l'identificazione  delle
persone abilitate all'attivita' in questione  compete  esclusivamente
alla legge dello Stato e che, al riguardo, l'art. 19 della  legge  n.
157 del 1992 contiene un elenco tassativo (sentenza n. 392 del  2005;
ordinanza  n.  44  del  2012).  La   norma   impugnata,   aggiungendo
un'ulteriore categoria di persone,  ha  quindi  violato  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Non vale a superare tale conclusione  la  circostanza,  segnalata
dalla difesa regionale, che altrove (artt. 22, comma 6,  e  32  della
legge n. 394 del 1991) la legge statale permetterebbe  ai  cacciatori
residenti di partecipare a piani e programmi venatori. Il riferimento
e', infatti, a normative speciali, la cui estensione,  in  violazione
della regola generale enunciata dall'art. 19 della legge n.  157  del
1992, non compete certamente alla Regione.