ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1,
2 e 3, della legge della  Regione  Calabria  29  marzo  2013,  n.  12
(Provvedimenti per garantire  la  piena  funzionalita'  del  Servizio
Sanitario regionale),  promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  con  ricorso  notificato  il  31  maggio-4   giugno   2013,
depositato in cancelleria il 7 giugno 2013 ed iscritto al n.  67  del
registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  marzo  2014  il   Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Franceschina  Talarico  per  la
Regione Calabria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 31 maggio-4 giugno 2013 e depositato in cancelleria  il  7  giugno
2013, ha promosso, in riferimento agli  artt.  3,  97,  117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, e 120 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1,  2  e  3,  della
legge della Regione Calabria 29 marzo 2013, n. 12 (Provvedimenti  per
garantire la piena funzionalita' del Servizio  Sanitario  regionale),
il quale dispone la trasformazione di  rapporti  di  lavoro  a  tempo
determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato  (seppure  al
ricorrere di determinate condizioni), del personale non  dirigenziale
delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione in  costanza  del
piano di rientro. 
    1.1.- Il ricorrente premette che  la  Regione  Calabria,  per  la
quale si e'  verificata  una  situazione  di  disavanzi  nel  settore
sanitario generatrice di uno squilibrio economico-finanziario tale da
compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di  assistenza,  ha
stipulato in data 17 dicembre 2009 - ai sensi dell'art. 1, comma 180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2005) - un accordo con  il  Ministro  della  salute  ed  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, comprensivo del piano di  rientro  dal
disavanzo sanitario che ha individuato gli interventi  necessari  per
il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto  dei  livelli
essenziali di assistenza. 
    La Regione non ha tuttavia realizzato gli obiettivi previsti  dal
suddetto piano di rientro ed  e'  stata  pertanto  commissariata,  ai
sensi  dell'art.  4  del  decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.   159
(Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo  sviluppo
e l'equita' sociale), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222. Nella  seduta  del  30
luglio 2010, il Consiglio dei ministri ha nominato il commissario  ad
acta per la realizzazione del piano di  rientro,  individuandolo  nel
Presidente della Regione pro tempore. 
    Successivamente i competenti tavoli di  monitoraggio  (il  tavolo
tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, ed  il  Comitato
permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali  di
assistenza),  nella  riunione  del  7  novembre  2012,  rilevando  le
numerose criticita' in essere ed al fine  di  consolidare  e  rendere
effettivamente strutturali  gli  interventi  previsti  nel  piano  di
rientro la cui realizzazione stava avvenendo con consistenti ritardi,
hanno richiesto alla struttura commissariale di redigere ed  adottare
il Programma operativo per gli anni 2013-2015 per la prosecuzione del
piano di rientro  medesimo.  Tale  Programma  operativo  non  risulta
tuttavia trasmesso dalla Regione. 
    Il  piano  di  rientro  dal  disavanzo  sanitario  della  Regione
Calabria di cui all'accordo del dicembre 2009, prevede  tra  l'altro,
al punto  13.1.,  la  riduzione  della  spesa  del  personale,  anche
mediante una gestione mirata del turnover; la Regione, a  seguito  di
verifiche successive, e' stata sottoposta al  blocco  automatico  del
turnover del personale del Servizio sanitario regionale  fino  al  31
dicembre 2014. Il commissario ad acta ha manifestato la  volonta'  di
avvalersi della deroga al suddetto blocco automatico del turnover del
personale, nella misura del 15  per  cento  secondo  quanto  previsto
dall'art.  4-bis  del  decreto-legge  13  settembre  2012,   n.   158
(Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del  Paese  mediante
un piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012,  n.
189. In relazione a tale ultima richiesta la Regione  non  ha  ancora
provveduto a predisporre la occorrente relazione  esplicativa,  nella
quale sia  documentata  la  necessita',  nei  limiti  previsti  dalla
vigente legislazione, di assumere personale  limitatamente  al  ruolo
sanitario, onde garantire i livelli essenziali di assistenza. 
    1.2.- In questo contesto e' intervenuto l'art. 1, commi 1, 2 e 3,
della legge reg. Calabria n. 12 del 2013, il  quale,  ad  avviso  del
ricorrente, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, terzo  comma,
e 120 Cost. 
    L'intervento,  anzitutto,  menomerebbe  le  attribuzioni  ed   il
mandato del commissario ad acta, il quale -  a  mente  del  punto  3,
lettera a), del mandato di  cui  alla  deliberazione  di  nomina  del
Consiglio  dei   ministri   -   e'   chiamato   a   provvedere   alla
razionalizzazione ed al contenimento della spesa per il personale. 
    Inoltre, le disposizioni regionali  violerebbero  direttamente  i
vincoli posti dallo stesso piano di rientro dal disavanzo  sanitario,
cosi' ledendo il principio fondamentale in materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, discendente dai commi 80  e  95  dell'art.  2
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2010), secondo i quali, in costanza di piano di rientro dal disavanzo
sanitario, e' preclusa alla Regione sottopostavi l'adozione di  nuovi
provvedimenti che siano di ostacolo alla sua attuazione. 
    Altro profilo di contrasto delle norme regionali con l'art.  117,
terzo comma, Cost., si ravviserebbe in relazione  a  quanto  previsto
(sempre quale principio fondamentale di coordinamento  della  finanza
pubblica) dall'art. 1, comma 174, della legge n.  311  del  2004,  il
quale stabilisce il mantenimento del blocco automatico  del  turnover
del personale del Servizio sanitario regionale  qualora,  come  nella
specie,  non  venga  raggiunto  l'obiettivo  del   ripianamento   del
disavanzo sanitario regionale. 
    Il ricorrente  sostiene,  ancora,  che  le  impugnate  previsioni
regionali risulterebbero lesive dell'ulteriore principio fondamentale
di coordinamento  della  finanza  pubblica,  rappresentato  dall'art.
4-bis del d.l. n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni,  dalla
legge n. 189 del 2012, il quale dispone che, nelle Regioni sottoposte
ai piani di rientro dai disavanzi sanitari,  ai  sensi  dell'art.  1,
comma 180, della legge n. 311 del 2004  e  successive  modificazioni,
nelle quali sia scattato per l'anno 2012  il  blocco  automatico  del
turnover ai sensi dell'art. 1, comma 174, della medesima legge n. 311
del 2004, e successive modificazioni, ovvero  sia  comunque  previsto
per il medesimo anno il blocco del turnover in attuazione  del  piano
di rientro o dei programmi operativi di prosecuzione del piano,  tale
blocco puo' essere disapplicato, nel limite del 15  per  cento  e  in
correlazione alla necessita' di garantire  l'erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza, qualora  i  competenti  tavoli  tecnici  di
verifica dell'attuazione dei piani  accertino,  entro  trenta  giorni
dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del
presente decreto, il raggiungimento, anche parziale, degli  obiettivi
previsti nei piani medesimi.  Nel  ricorso  viene  segnalato  che  le
condizioni previste dalla norma statale, a prescindere dal fatto  che
il competente commissario ad acta  ha  gia'  richiesto  di  avvalersi
della deroga ivi prevista, non  si  sono  ancora  verificate  per  la
Regione Calabria e che i tavoli tecnici deputati  alla  verifica  dei
piani di rientro  non  hanno  avuto  la  possibilita'  di  effettuare
l'accertamento del presupposto di legge, non  essendo  neppure  stata
presentata la necessaria relazione esplicativa della  Regione,  nella
quale deve essere debitamente documentata la necessita',  nei  limiti
previsti  dalla   vigente   legislazione,   di   assumere   personale
limitatamente al ruolo sanitario, onde garantire i livelli essenziali
di assistenza. 
    1.3.- L'art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Calabria  n.  12
del 2013, ad avviso del ricorrente, violerebbe, inoltre, l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla  legislazione
esclusiva statale la materia  dell'ordinamento  civile,  e  quindi  i
rapporti di diritto privato regolati dal codice civile e dalle  altre
leggi statali speciali, quali, appunto, quelli  di  impiego  pubblico
considerati dalla normativa regionale impugnata. 
    1.4.-    Infine,    le    disposizioni    regionali     impugnate
contrasterebbero  anche  con  gli  artt.  3  e  97   Cost.,   e   con
l'imprescindibile principio del pubblico concorso  per  l'accesso  al
pubblico impiego da quelli discendente, posto che tale principio  non
potrebbe ritenersi rispettato dalla generica previsione delle  «prove
selettive» previste dalla norma censurata. 
    Esse violerebbero, in particolare, l'art. 35,  comma  3-bis,  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), il quale introduce la possibilita' - entro  certi  limiti
predeterminati - di prevedere  una  riserva  di  posti  a  favore  di
soggetti gia' precariamente intranei alla  Pubblica  amministrazione,
costituendo la plastica ed aggiornata espressione del principio della
necessita' del concorso pubblico per l'accesso al pubblico impiego. 
    2.- Si e' costituita la Regione Calabria, la quale  ha  sostenuto
la legittimita' costituzionale delle norme censurate. 
    2.1.- La  resistente  ha  innanzitutto  ricordato  una  serie  di
disposizioni  normative   che   hanno   interessato   la   cosiddetta
«stabilizzazione»   del   personale    precario    delle    pubbliche
amministrazioni e, in particolare, del Servizio sanitario regionale. 
    La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2007), all'art. l, comma 565, lettera  c),  consentiva  di  procedere
alla stabilizzazione del personale non  dirigenziale  in  servizio  a
tempo determinato, nelle tre ipotesi previste dall'art l, comma  558,
in combinato disposto con  il  comma  519.  La  successiva  legge  24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2008),  poi,
ampliava il numero dei possibili destinatari  della  stabilizzazione,
spostando (art. 3, comma 90) la data di riferimento  per  il  calcolo
del requisito temporale per i rapporti di lavoro subordinato a  tempo
indeterminato  (triennio  di  servizio   maturato   nel   quinquennio
precedente, in virtu' di contratti stipulati anteriormente alla  data
del 28 settembre 2007). La Regione asserisce che  sia  il  comma  519
dell'art. l della legge finanziaria 2007, sia il comma 95 dell'art. 3
della legge finanziaria 2008 avrebbero disposto la  proroga  ex  lege
dei   contratti   relativi   al    personale    destinatario    della
stabilizzazione   fino   alla   stipula   del   contratto   a   tempo
indeterminato. 
    La resistente segnala, poi, che nella Regione Calabria non si  e'
data immediata attuazione alle suindicate disposizioni normative. 
    Cosi' tracciato il contesto normativo entro  il  quale  e'  stata
emanata la legge regionale impugnata,  la  Regione  sostiene  la  non
fondatezza di tutte le censure formulate dal Presidente del Consiglio
dei ministri, oltre che la  inammissibilita'  per  genericita'  della
questione proposta. 
    2.2.- Secondo la Regione, con riferimento al  presunto  contrasto
con l'art. 117, terzo comma, e con l'art.  120  Cost.,  la  questione
dovrebbe ritenersi non fondata  proprio  alla  luce  della  normativa
richiamata dal ricorrente. 
    In particolare, il comma 71 dell'art. 2 della legge  n.  191  del
2009 (le cui disposizioni,  per  espressa  previsione  dell'art.  17,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante «Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria»,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applicano anche
in ciascuno degli anni 2013 e 2014),  nel  disporre  l'obbligo  delle
Regioni ad adottare le misure necessarie per realizzare gli obiettivi
di risparmio della spesa del personale, farebbe  espressamente  salve
le procedure di stabilizzazione previste nella legge n. 296 del 2006.
Cio',  peraltro,  in  coerenza  con  quanto  concordato  in  sede  di
conferenza Stato-Regioni, la cui intesa, sancita in data  3  dicembre
2009, all'art. 12, nel prevedere gli  obiettivi  di  riduzione  della
spesa del personale, conterrebbe analoga clausola di  salvezza  delle
procedure di stabilizzazione. 
    Cio' comporterebbe, a parere della Regione, alcune  significative
conseguenze. 
    Innanzitutto, contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla  difesa
dello Stato, la disciplina dettata dalla  legge  regionale  censurata
non contrasterebbe con le disposizioni di coordinamento della finanza
pubblica di cui alla legge n.  191  del  2009,  atteso  che  i  commi
censurati rinviano alle modalita' e ai criteri stabiliti dall'art. 1,
comma 565, della legge n. 296 del 2006, la cui  procedura  e  le  cui
finalita' sono espressamente fatte salve dal citato art. 2, comma 71,
della legge n. 191 del 2009 e dalla presupposta intesa  Stato-Regioni
del 3 dicembre 2009. 
    Inoltre,  le  disposizioni  impugnate  non  interferirebbero  con
l'attuazione del piano di rientro, in quanto la clausola di  salvezza
delle procedure di stabilizzazione contenuta nel sopra citato art. 2,
comma 71, e nell'art. 12 dell'intesa  Stato-Regioni  del  3  dicembre
2009 si applicherebbe anche alle Regioni  interessate  dal  piano  di
rientro. 
    Infine, non sussisterebbero violazioni del blocco del turnover  e
interferenze  da  parte  delle  norme  regionali  censurate  con   le
competenze e l'attivita'  del  commissario  ad  acta,  in  quanto  le
procedure   di   stabilizzazione,   proprio   perche'   espressamente
consentite   dalle   leggi   finanziarie   sopra   citate,   non   vi
rientrerebbero. Del resto, il blocco del turnover delineato dal piano
di rientro non ricomprenderebbe il personale cessante a seguito della
scadenza dei contratti di lavoro a tempo determinato, per i  quali  -
dapprima con l'art. 1, comma 519, della legge finanziaria 2007, e con
l'art. 3, comma 95, della legge finanziaria 2008 e,  successivamente,
con l'art, 4, comma 5, del d.l. n.  158  del  2012  -  sarebbe  stata
prevista la proroga ex lege dei relativi contratti, anche  in  deroga
al regime restrittivo previsto dalla vigente normativa. 
    La Regione rileva poi che l'art. 2, comma 80, della legge n.  191
del 2009 prevede speciali poteri in capo al  Governo  in  virtu'  dei
quali, «qualora, in corso di attuazione del  piano  o  dei  programmi
operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di  attuazione  del
piano o il commissario  ad  acta  rinvengano  ostacoli  derivanti  da
provvedimenti legislativi  regionali,  li  trasmettono  al  Consiglio
regionale, indicandone puntualmente i  motivi  di  contrasto  con  il
piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale,
entro i successivi sessanta giorni, apporta le  necessarie  modifiche
alle leggi regionali in  contrasto,  o  le  sospende,  o  le  abroga.
Qualora  il  Consiglio  regionale  non  provveda  ad   apportare   le
necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero  vi
provveda in modo parziale  o  comunque  tale  da  non  rimuovere  gli
ostacoli all'attuazione del  piano  o  dei  programmi  operativi,  il
Consiglio  dei  ministri  adotta,  ai  sensi  dell'art.   120   della
Costituzione,  le  necessarie  misure,  anche   normative,   per   il
superamento  dei  predetti  ostacoli».  Poteri,  questi,   che,   con
riferimento  alla  legge  regionale  in  oggetto,  non   sono   stati
esercitati. 
    Cio', da un lato, dimostrerebbe  l'insussistenza  di  profili  di
contrasto con il  piano  di  rientro  e,  dall'altro,  evidenzierebbe
l'incongruenza e la contraddittorieta' dello strumento del ricorso in
via principale utilizzato dalla difesa dello Stato. 
    2.3.-  La  Regione  sostiene  la  non  fondatezza  delle  censure
relative al contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., il  quale  riserva  alla  legislazione  esclusiva  statale  la
materia dell'ordinamento civile  e  quindi  i  rapporti  di  pubblico
impiego, nonche' con gli artt.  3  e  97  Cost.  per  violazione  del
principio di accesso al pubblico impiego tramite concorso pubblico. 
    La legge regionale censurata autorizzerebbe le Aziende  sanitarie
e ospedaliere della Regione  a  procedere  alla  stabilizzazione  del
personale precario secondo i criteri e  i  requisiti  previsti  dalle
leggi finanziarie n. 296 del 2006 e n. 244 del  2007.  Essa,  dunque,
non individuerebbe autonomamente i requisiti che  deve  possedere  il
personale  da  stabilizzare,  ma  si  limiterebbe  a  rinviare   alla
normativa statale di principio per quel che concerne sia i titoli e i
requisiti da possedere, sia la data in cui detti titoli  e  requisiti
dovevano essere  posseduti.  Alla  luce  di  tali  argomentazioni  la
Regione sostiene anche la non fondatezza  della  questione  sollevata
con riferimento all'art. 35, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    La Regione, infine, rimarca come le stabilizzazioni de quibus non
possono in alcun  modo  ritenersi  «intempestive»  o  fuori  termine,
atteso che  nessuna  norma  statale  prevede  termini  perentori  per
l'effettuazione di stabilizzazioni conformi ai principi  statali.  In
ogni caso, a parere della resistente, i tempi  di  svolgimento  delle
procedure  di  stabilizzazione  rientrerebbero  nel   piu'   generale
concetto di organizzazione degli uffici  attribuita,  dall'art.  117,
quarto comma, Cost.,  alla  competenza  legislativa  residuale  delle
Regioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2 e 3,
della  legge  della  Regione  Calabria   29   marzo   2013,   n.   12
(Provvedimenti per garantire  la  piena  funzionalita'  del  Servizio
Sanitario regionale), con riferimento agli artt. 3, 97, 117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, e 120 della Costituzione. 
    2.- Le disposizioni prevedono  la  stabilizzazione  (sia  pure  a
determinate condizioni) di personale non dirigenziale in  servizio  a
tempo determinato presso le Aziende  sanitarie  e  ospedaliere  della
Regione Calabria. 
    La Regione, per la quale  si  e'  verificata  una  situazione  di
disavanzi  nel  settore  sanitario  generatrice  di  uno   squilibrio
economico-finanziario tale da compromettere l'erogazione dei  livelli
essenziali di assistenza, e' stata commissariata, ai sensi  dell'art.
4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159  (Interventi  urgenti  in
materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'  sociale),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  29
novembre 2007, n. 222, non avendo realizzato gli  obiettivi  previsti
dal piano di rientro. 
    Inoltre, a seguito di verifiche successive, e' stato disposto  il
blocco automatico del turnover del personale del  Servizio  sanitario
regionale fino al 31 dicembre 2014. 
    Il commissario ad acta ha manifestato la  volonta'  di  avvalersi
della deroga al blocco, nella misura del 15 per cento, secondo quanto
previsto dall'art. 4-bis del decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158
(Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del  Paese  mediante
un piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012,  n.
189. In relazione a tale ultima richiesta la Regione non  ha,  pero',
ancora provveduto a predisporre la occorrente relazione  esplicativa,
nella quale sia  documentata  la  necessita'  di  assumere  personale
limitatamente al ruolo sanitario, per garantire i livelli  essenziali
di assistenza. 
    3.-   Secondo   il   ricorrente,   le   disposizioni    censurate
violerebbero, innanzitutto, gli artt. 117, terzo comma, e 120  Cost.,
in quanto in contrasto con il principio fondamentale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, discendente dai commi 80  e  95
dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2010), a norma  dei  quali,  in  costanza  del  piano  di
rientro, e' preclusa alla Regione l'adozione di  nuovi  provvedimenti
che  siano  di  ostacolo  alla   sua   attuazione.   Esse,   inoltre,
violerebbero in maniera diretta i vincoli posti dallo  stesso  piano,
che comportano il blocco automatico del turnover  del  personale  del
servizio sanitario regionale (prorogato fino al 31 dicembre 2014),  e
lederebbero le competenze del  commissario  ad  acta,  il  quale  tra
l'altro - a mente del punto 3, lettera a), del mandato  di  cui  alla
deliberazione del Consiglio dei ministri - e' chiamato  a  provvedere
alla  razionalizzazione  ed  al  contenimento  della  spesa  per   il
personale. 
    L'art. 117, terzo comma,  Cost.  risulterebbe,  inoltre,  violato
sotto altro profilo, in considerazione della  lesione  del  principio
fondamentale in materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
discendente dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004,  n.
311  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2005),   il   quale
stabilisce il mantenimento del blocco  automatico  del  turnover  del
personale  del  Servizio  sanitario  regionale  qualora   non   venga
raggiunto l'obiettivo del ripianamento del disavanzo  (come  avvenuto
per la Regione Calabria);  nonche'  del  principio  di  coordinamento
della finanza pubblica, espresso dall'art. 4-bis del d.l. n. 158  del
2012, secondo cui il blocco del  turnover  puo'  essere  disapplicato
(nel limite del 15 per cento e in  correlazione  alla  necessita'  di
garantire l'erogazione dei livelli  essenziali  di  assistenza)  solo
qualora i competenti tavoli tecnici di verifica  dell'attuazione  dei
piani accertino il raggiungimento, anche  parziale,  degli  obiettivi
previsti nei piani  medesimi  (condizione  non  verificatasi  per  la
Regione Calabria). 
    Infine, le disposizioni regionali si porrebbero in contrasto  con
gli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  in  quanto
inciderebbero   sulle   modalita'   di   proroga,   prosecuzione    o
stabilizzazione di pregressi rapporti precari di impiego pubblico. In
particolare, relativamente al principio  del  pubblico  concorso  per
l'accesso al pubblico  impiego,  sarebbe  violato  l'art.  35,  comma
3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), espressione del principio della necessita'  del  concorso
pubblico per l'accesso al pubblico impiego. 
    4.- Va preliminarmente trattata l'eccezione  di  inammissibilita'
per genericita' della censura, che si limiterebbe a far  «riferimento
al Piano di rientro o ai commi 80-93 della legge n. 191 del 2009». 
    Tale eccezione non e' fondata, in  quanto,  in  primo  luogo,  il
richiamo al piano di rientro da parte  del  ricorrente  e'  puntuale,
posto che esso viene invocato  «con  specifico  riguardo  al  settore
della gestione del personale sanitario» e  nella  parte  in  cui  «e'
stato determinato il blocco automatico del turnover del personale del
Servizio  sanitario  regionale».   Viene,   inoltre,   invocato,   in
particolare, il  punto  3,  lettera  a),  del  mandato  di  cui  alla
deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010 di nomina
del commissario ad acta. 
    Inoltre,  la  difesa  dello  Stato  attentamente   argomenta   la
sostenuta violazione dei commi 80-93 (rectius, 95) dell'art. 2  della
legge n. 191 del 2009,  evidenziando  che  «le  previsioni  regionali
pregiudicano fortemente l'attuazione del richiamato piano di  rientro
dal disavanzo sanitario calabrese, non rispettandone i vincoli: cosi'
ledendo il principio fondamentale in materia di  coordinamento  della
finanza pubblica discendenti dai commi 80-95  dell'articolo  2  della
legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria  per  il  2010),  secondo  i
quali in costanza di piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario,  e'
preclusa alla regione sottopostavi l'adozione di nuovi  provvedimenti
che siano di ostacolo all'attuazione». 
    5.- Nel merito, la questione e' fondata sotto  il  profilo  della
indebita interferenza della legge regionale impugnata con l'attivita'
e le funzioni del commissario ad acta. 
    La Corte infatti, ha piu' volte  affermato  che  «"l'operato  del
commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di  rientro
dal disavanzo sanitario previamente concordato  tra  lo  Stato  e  la
Regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una   persistente
inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti  ad
un'attivita'  che  pure  e'  imposta  dalle  esigenze  della  finanza
pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione
che l'esercizio del potere  sostitutivo  e',  nella  specie,  imposto
dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica  della
Repubblica,  oltre  che  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual  e'  quello
alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le  funzioni
amministrative del Commissario, ovviamente fino  all'esaurimento  dei
suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere  poste
al  riparo  da  ogni  interferenza  degli  organi  regionali   [...]"
(sentenza n. 78 del 2011)» (sentenza n. 28 del 2013). 
    Piu' specificamente,  sulla  scia  dei  principi  espressi  dalle
sentenze n. 78 del 2011 e n.  2  del  2010,  e'  stato  ulteriormente
chiarito, nella piu' recente sentenza n. 79 del  2013,  che  la  mera
potenziale situazione di interferenza con le  funzioni  commissariali
e'  idonea  -  a  prescindere  dalla  ravvisabilita'  di  un  diretto
contrasto con i poteri del commissario - ad integrare  la  violazione
dell'art. 120, secondo comma, Cost. D'altro canto,  «ogni  intervento
che  possa  aggravare  il  disavanzo  sanitario  regionale   "avrebbe
l'effetto di ostacolare l'attuazione del piano di rientro e,  quindi,
l'esecuzione, del mandato commissariale [...]" (sentenza n.  131  del
2012)» (sentenza n. 18 del 2013). 
    5.1.- Ebbene la delibera del 30 luglio 2010 di  attribuzione  del
mandato commissariale  per  la  prosecuzione  del  piano  di  rientro
prevede,  al  punto  3,  lettera  a),  quali  linee   di   intervento
dell'operato del commissario, «la razionalizzazione e il contenimento
della spesa per il personale». 
    In particolare, poi, nel piano e'  previsto  che  il  commissario
realizzi   la   «ricostruzione   di   un'efficiente    organizzazione
amministrativa, regionale e aziendale, congrua con i gravosi  impegni
legati al ripianamento del debito emerso» (premessa, pag. 6).  Sempre
nella premessa (a pag. 7),  tra  le  risorse  da  utilizzare  per  la
copertura dei disavanzi antecedenti al  2007,  sono  individuate,  al
punto e), quelle derivanti «dall'imposizione di un  idoneo  tetto  di
spesa  per  il  personale».  Inoltre,  nel  paragrafo  dedicato  alle
politiche  del  personale  (par.  13),  oltre   a   sottolineare   il
«potenziale sovradimensionamento della dotazione organica calabrese»,
viene segnalato che «l'analisi dei dati del Conto economico evidenzia
per la Calabria un'incidenza del costo del personale pari a 39,2% del
totale  costi  di  produzione  mentre  l'equivalente   valore   medio
nazionale si attesta al 33,1%. Appare quindi  evidente  che  sia  per
entita'  complessiva  della  spesa  (1.254  milioni  di  euro  da  CE
consuntivo anno 2008) sia per disallineamento alla  media  nazionale,
tale voce di costo debba  necessariamente  costituire  un  ambito  di
intervento prioritario per le finalita' di rientro». 
    5.2.-   Risulta   evidente   che   le   disposizioni    censurate
interferiscono con le funzioni e  le  attivita'  del  commissario  ad
acta:  esse,  dunque,  devono  essere  dichiarate  costituzionalmente
illegittime per violazione dell'art. 120 Cost. 
    6.- La questione e' fondata anche con riferimento alla  lamentata
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6.1.- Questa Corte, con la citata sentenza n.  79  del  2013,  ha
ribadito,  secondo  il   proprio   consolidato   convincimento,   che
«"l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della
tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione  del
servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce  degli  obiettivi
della finanza pubblica e del contenimento della spesa",  peraltro  in
un "quadro di esplicita condivisione da  parte  delle  Regioni  della
assoluta necessita' di contenere i disavanzi del  settore  sanitario"
(sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore
statale puo' "legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla  spesa
corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza  pubblica
complessiva,  in  connessione  con  il  perseguimento  di   obiettivi
nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari" (sentenze n. 91
del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)». 
    In tale contesto,  la  Corte  ha  gia'  piu'  volte  riconosciuto
all'art. 2, commi 80 e 95, delle legge n. 191 del 2009, invocato  dal
ricorrente  come  parametro  interposto,  la  natura   di   principio
fondamentale diretto al contenimento della spesa sanitaria, ritenuto,
come tale, espressione di un  correlato  principio  di  coordinamento
della finanza pubblica (ex plurimis: sentenze n. 79 del 2013,  n.  91
del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del  2010).  Tale
norma, analogamente all'art. 1, comma 769, lettera b), della legge n.
269 del 2006, ha, infatti, reso vincolanti  per  le  Regioni  che  li
abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati  negli  accordi  di
cui all'art. 1, comma 180, della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati  a  realizzare  il
contenimento della spesa sanitaria ed  a  ripianare  i  debiti  anche
mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato»
(sentenza n. 79 del 2013). 
    6.2.- Applicando tali consolidate coordinate ermeneutiche al caso
di specie, deve concludersi  per  la  illegittimita'  costituzionale,
anche sotto questo profilo, delle disposizioni censurate,  le  quali,
prevedendo la stabilizzazione (sia pure a determinate condizioni)  di
personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato presso  le
Aziende  sanitarie  e  ospedaliere  della  Regione,  si  pongono   in
contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della  finanza
pubblica e, quindi, con l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    7.-  La  fondatezza  delle  questioni  di  costituzionalita'  con
riferimento ai parametri di cui agli artt. 120, secondo comma, e 117,
terzo comma, Cost. comporta l'assorbimento delle ulteriori censure.