ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  2409  e
2476 del codice civile promosso dal Tribunale ordinario di Tivoli nel
procedimento vertente tra Nicola Di  Foggia  ed  altri  e  il  Gruppo
Agrantica Srl con ordinanza del 29 marzo 2012, iscritta al n. 236 del
registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  26  marzo  2014  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che il Tribunale di Tivoli, con ordinanza del  29  marzo
2012,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24   della
Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
2409 e 2476 del codice civile, nella  parte  in  cui  non  consentono
«l'utilizzo dello strumento del controllo giudiziario ex art. 2409 c.
c. alle societa' a responsabilita' limitata con finalita' diverse  da
quelle di cui alla legge» 23 marzo 1981, n. 91 (Norme in  materia  di
rapporti tra  societa'  e  sportivi  professionisti),  «(cioe'  dalle
attivita' sportive o a esse correlate)»; 
    che il Tribunale rimettente premette di  essere  investito  dalla
richiesta del collegio sindacale di una  societa'  a  responsabilita'
limitata intesa a sollecitare l'adozione, a norma dell'art. 2409 cod.
civ., dei provvedimenti necessari a carico della societa', in ragione
della situazione finanziaria del  gruppo,  degli  impegni  assunti  e
della condotta poco trasparente dell'amministratore,  titolare  anche
di una quota consistente del capitale sociale, cui partecipano  anche
altri due soci; 
    che l'ordinanza di rimessione puntualizza come sia stata a  lungo
controversa in giurisprudenza la questione dell'ammissibilita'  della
domanda di cui all'art. 2409  cod.  civ.  anche  per  le  societa'  a
responsabilita'  limitata  e  come,   alla   luce   della   Relazione
accompagnatoria al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma
organica della disciplina  delle  societa'  di  capitali  e  societa'
cooperative, in attuazione della  legge  3  ottobre  2001,  n.  366),
risultasse  evidente  la  volonta'  di  escludere   le   societa'   a
responsabilita' limitata dalla possibilita' di attivare il  controllo
in questione, essendo la tutela dei  soci  direttamente  esercitabile
attraverso il promovimento di un'azione di  responsabilita',  con  la
correlativa  possibilita'  di  ottenere  in  quella  sede  la  revoca
dell'amministratore; 
    che il giudice rimettente  da'  atto  che  analoga  questione  di
legittimita' costituzionale e'  gia'  stata  scrutinata  dalla  Corte
costituzionale nella sentenza n. 481 del 2005, la quale ha escluso la
fondatezza della censura, limitata, peraltro, alla pretesa disparita'
di trattamento tra i soci di una societa' per azioni, per i quali  la
tutela ex art. 2409 cod.  civ.  era  ammissibile,  e  quelli  di  una
societa' a responsabilita' limitata, per i quali,  invece,  essa  era
preclusa, essendo mancata l'occasione di pronunciarsi «in ordine alla
ragionevolezza  della  discriminazione   operata   tra   societa'   a
responsabilita' limitata previste dalla legge 91/1981, il cui art. 13
ammette il controllo giudiziario ex art.  2409  c.c.,  e  societa'  a
responsabilita' limitata aventi  un  fine  statutario  o  costitutivo
diverso da quello indicato nella legge n. 91/1981»; 
    che,  ad  avallare  la  tesi  contraria  all'ammissibilita'   del
procedimento in questione per le societa' a responsabilita' limitata,
e' sopraggiunta la sentenza della  Corte  di  cassazione  13  gennaio
2010, n. 403, analiticamente descritta, pur segnalandosi come,  anche
dopo di questa, siano rimasti  alcuni  contrasti  di  giurisprudenza,
specie in sede di merito, con pronunce anch'esse  diffusamente  prese
in esame; 
    che, secondo il rimettente, sarebbe impossibile accedere  ad  una
interpretazione costituzionalmente orientata, dal momento che,  oltre
ai rilievi gia' posti in evidenza dalla  Corte  di  cassazione  nella
predetta pronuncia, militerebbe la  circostanza  che  il  riferimento
normativo con il quale l'art. 2477 rinviava alle  disposizioni  sulle
societa' per azioni - ed attraverso il quale  si  poteva  argomentare
l'estensione dell'art. 2409 cod. civ.  anche  al  collegio  sindacale
delle societa' a responsabilita' limitata - sarebbe venuto meno nella
nuova formulazione introdotta dall'art. 14, comma 13, della legge  12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2012); 
    che    cio',    dunque,    legittimerebbe    nuovi    dubbi    di
costituzionalita', posto che negare ad un organo sindacale il  potere
di intervenire attraverso lo strumento offerto  dall'art.  2409  cod.
civ.  su  atti  di  mala  gestio  significherebbe  esporlo  «ad   una
responsabilita' per fatto del terzo (l'amministratore),  rispetto  al
quale  non  disporrebbe  di  alcun  potere  e,   pertanto,   ad   una
responsabilita'  che  potrebbe  addirittura  considerarsi  di  natura
oggettiva»; 
    che, d'altra parte, «la possibilita' di  accesso»  da  parte  dei
soci alle informazioni non escluderebbe il rischio di abusi da  parte
dell'amministratore, specie se i soci siano consenzienti  o  se  essi
stessi siano anche amministratori, potendosi, in tal  caso,  generare
un contrasto di interessi tra il  patrimonio  sociale  e  quello  dei
soci, con possibili ripercussioni per la societa' e per i terzi: cio'
che renderebbe utile il ricorso, anche per  le  societa'  diverse  da
quelle sportive, alla procedura di cui all'art. 2409  cod.  civ.  «al
fine  di  garantire  l'intervento  di  un  controllore   che   agisca
nell'interesse non dei soci bensi' della societa' e  soprattutto  dei
relativi creditori sociali»; 
    che tutto questo si  tradurrebbe  anche  in  una  violazione  del
diritto di difesa da parte del collegio sindacale, senza  che  assuma
risalto il riferimento al  bilanciamento  tra  la  impossibilita'  di
esperire il rimedio di cui all'art. 2409 cod. civ.  e  l'accesso  dei
soci ai documenti sociali, affermato dalla richiamata sentenza  della
Corte costituzionale n. 481 del 2005, non essendosi questa  pronuncia
occupata del  profilo  relativo  alla  responsabilita'  del  collegio
sindacale  nei  confronti  dei  creditori  e  della   disparita'   di
trattamento nei confronti delle societa' a  responsabilita'  limitata
di natura sportiva; 
    che, dunque, l'esclusione della possibilita'  di  maggior  tutela
assicurata dal ricorso alla procedura di cui all'art. 2409 cod. civ.,
proprio nelle ipotesi in cui si crei un conflitto  di  interessi  tra
societa' e soci, parrebbe del tutto irragionevole; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo, in via preliminare, la restituzione degli atti al  giudice
rimettente per ius superveniens e, in subordine, la  declaratoria  di
infondatezza della questione; 
    che, infatti, secondo la difesa  erariale,  successivamente  alla
pronuncia dell'ordinanza di rimessione, l'art. 35, comma  2,  lettere
b) e c), del  decreto-legge  9  febbraio  2012,  n.  5  (Disposizioni
urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4  aprile  2012,  n.
35, ha modificato l'art. 2477 cod. civ.,  il  cui  quinto  comma  ora
recita: «Nel  caso  di  nomina  di  un  organo  di  controllo,  anche
monocratico, si applicano  le  disposizioni  sul  collegio  sindacale
previste per le societa' per azioni»; 
    che, percio', si imporrebbe la restituzione  degli  atti  per  un
riesame  della  rilevanza   della   questione,   tenuto   conto   che
l'interpretazione restrittiva circa l'applicabilita'  dell'art.  2409
cod. civ. alle societa' a responsabilita' limitata  derivava  proprio
dal tenore letterale dell'art. 2477 cod. civ. nel testo previgente; 
    che, comunque, la questione sarebbe, nel merito, infondata,  alla
luce anche dei diversi passaggi delle vicende normative concernenti i
controlli nelle societa' di capitali, ad opera, prima, della  riforma
del diritto  societario  attuata  con  d.lgs.  n.  6  del  2003,  poi
dall'art. 14 della legge n. 183 del 2011 e,  da  ultimo,  del  citato
d.l. n. 5 del 2012, nonche'  dei  conseguenti  orientamenti  espressi
dalla giurisprudenza di legittimita' e  della  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 481 del 2005; 
    che, pertanto, i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale
dovrebbero considerarsi superati sia dalla  possibilita'  di  operare
un'interpretazione estensiva  alla  luce  delle  modifiche  normative
segnalate, sia dal riconoscimento - anche sulla base della richiamata
sentenza  della  Corte  di  cassazione  n.  403  del  2010  -   della
completezza  della   disciplina   stabilita   per   le   societa'   a
responsabilita'  limitata,  oltre  che  delle  differenze  tra   tale
tipologia societaria e le societa' per azioni; 
    che,  del  resto,  non  si  ravviserebbero  lesioni   sul   piano
costituzionale, potendo il singolo socio conseguire, in tempi rapidi,
attraverso il procedimento cautelare, la  revoca  dell'amministratore
ed essendo la  presenza  del  collegio  sindacale  nella  societa'  a
responsabilita' a responsabilita' limitata  del  tutto  eventuale  e,
percio',  non  indispensabile  per  la  tutela  della   societa',   a
differenza di quanto accade nella societa'  per  azioni  e,  inoltre,
risultando il ruolo del revisore diversamente  concepito  rispetto  a
quello del sindaco,  con  la  previsione  di  un  diverso  regime  di
controlli. 
    Considerato che, con ordinanza del 29 marzo  2012,  il  Tribunale
ordinario di Tivoli ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  24
della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 2409  e  2476  del  codice  civile,  nella  parte  in  cui  non
consentono «l'utilizzo dello strumento del controllo  giudiziario  ex
art. 2409 c.c. alle societa' a responsabilita' limitata con finalita'
diverse da quelle di cui» alla legge 23 marzo 1981, n. 91  (Norme  in
materia di rapporti tra societa' e sportivi professionisti),  vale  a
dire «dalle attivita' sportive o a esse correlate»; 
    che il  Tribunale  rimettente  premette  di  essere  investito  a
seguito  della  richiesta  avanzata  dai  componenti   del   collegio
sindacale  di  una  societa'  a  responsabilita'  limitata,  volta  a
sollecitare  l'adozione,  a  norma  dell'art.  2409  cod.  civ.,   di
opportuni provvedimenti a carico della societa' in questione, a causa
della situazione finanziaria generata dalla condotta poco trasparente
dell'amministratore, titolare anche  di  una  quota  consistente  del
capitale sociale, cui partecipano anche altri due soci; 
    che il giudice rimettente sottolinea come,  dopo  un  periodo  di
contrasto  giurisprudenziale  in  ordine   all'ammissibilita'   della
domanda di cui all'art. 2409  cod.  civ.  anche  per  le  societa'  a
responsabilita' limitata, sia intervenuta una pronuncia  della  Corte
di cassazione (sentenza 13 gennaio 2010, n. 403) che  ne  ha  escluso
l'ammissibilita' per quel tipo di forma societaria; 
    che,   peraltro,   un'eventuale    interpretazione    adeguatrice
risulterebbe, nella specie, non praticabile, dal momento  che,  oltre
ai rilievi della richiamata sentenza della Corte  di  cassazione,  il
rinvio previsto dall'art. 2477  cod.  civ.  alle  disposizioni  sulle
societa' per azioni - attraverso il quale l'applicabilita'  dell'art.
2409 cod. civ. poteva considerarsi estesa al collegio sindacale delle
societa' a responsabilita' limitata - sarebbe venuto meno nella nuova
formulazione introdotta  dall'art.  14,  comma  13,  della  legge  12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato -  legge  di  stabilita'  2012),  a
decorrere dal 1° gennaio 2012; 
    che tutto cio' darebbe luogo,  sotto  un  duplice  e  concorrente
profilo, a dubbi di legittimita'  costituzionale  non  scrutinati  da
questa Corte nel giudizio definito con la sentenza n. 481 del 2005; 
    che, infatti, da un lato,  negare  al  collegio  sindacale  delle
societa'  a  responsabilita'  limitata  il  potere   di   intervenire
attraverso lo strumento offerto dall'art. 2409 cod. civ. su  atti  di
mala gestio significherebbe esporlo «ad una responsabilita' per fatto
del terzo (l'amministratore), rispetto al quale  non  disporrebbe  di
alcun  potere  e,  pertanto,  ad  una  responsabilita'  che  potrebbe
addirittura considerarsi di natura oggettiva»; 
    che,  d'altro   canto,   risulterebbero,   in   questa   ipotesi,
compromessi i parametri della ragionevolezza e del diritto di difesa,
atteso che la possibilita' di attivare il meccanismo del controllo da
parte dei soci non rappresenterebbe una garanzia, ne' per la societa'
ne' per i terzi, nelle ipotesi  in  cui  i  soci  siano  consenzienti
rispetto alle scelte dell'amministratore o siano  essi  stessi  anche
amministratori; 
    che  risulterebbe,  inoltre,  irragionevole  il  diverso   regime
stabilito  per  le  societa'  sportive,  stante   l'identita'   della
struttura  societaria  e  l'impossibilita'   di   giustificare   tale
divergenza in ragione della differente attivita' svolta; 
    che la prospettazione del quadro normativo operata dal giudice  a
quo  appare,  per  piu'  versi,  erronea  e  insufficiente,  con   la
conseguenza  di  rendere  la  questione,  per  come   proposta,   non
pertinente  all'oggetto  del  decidere  e   allo   stesso   obiettivo
perseguito dal provvedimento di rimessione; 
    che, diversamente da quanto asserito, il testo  della  previsione
di cui all'art. 14, comma 13, della richiamata legge n. 183 del  2011
- che, sostituendo l'art. 2477, quinto comma, cod. civ., enunciava il
rinvio alle disposizioni sulle societa' per azioni -  risultava,  sul
punto, invariato, al 1° gennaio 2012, rispetto  a  quello  introdotto
dall'art. 37, comma 26, del decreto legislativo 27 gennaio  2010,  n.
39 (Attuazione della direttiva 2006/43/CE,  relativa  alle  revisioni
legali dei conti annuali e dei conti  consolidati,  che  modifica  le
direttive  78/660/CEE  e  83/349/CEE,  e  che  abroga  la   direttiva
84/253/CEE), senza, del resto, variazioni rispetto ai testi dell'art.
2477 cod. civ. succedutisi a partire dalla riforma del 2003; 
    che, oltre a cio', il  richiamato  art.  2477  cod.  civ.  aveva,
invece, subito una significativa modifica, sicuramente innovativa  in
parte  qua,  ad  opera  del  decreto-legge  9  febbraio  2012,  n.  5
(Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e  di  sviluppo),
convertito, senza modificazioni  per  la  parte  che  qui  interessa,
dall'art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n.  35,  entrato  in
vigore antecedentemente al deposito dell'ordinanza di  rimessione  ma
da questa totalmente ignorato, posta l'espressa previsione, al quinto
comma, che «Nel caso di nomina  di  un  organo  di  controllo,  anche
monocratico, si applicano  le  disposizioni  sul  collegio  sindacale
previste per le societa' per azioni»; 
    che tale inadeguata individuazione del contesto normativo  incide
in  maniera  decisiva  sulla  motivazione  esibita   per   asseverare
l'impossibilita' di una interpretazione secundum constitutionem della
disciplina  denunciata  oltre  che  la  rilevanza   della   questione
proposta; 
    che, di conseguenza, la questione proposta deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.