ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  11,  comma
3,  della  legge  della  Regione  siciliana  6  luglio  1976,  n.  79
(Provvedimenti  intesi  a  favorire  la   piu'   ampia   informazione
democratica sull'attivita' della  Regione),  promosso  dal  Tribunale
ordinario  di  Palermo,  in  funzione  di  giudice  del  lavoro,  nel
procedimento vertente tra F.G. ed altro e la Presidenza della Regione
siciliana ed altro con ordinanza del 27 maggio 2013, iscritta  al  n.
264 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti l'atto di costituzione di F.G. ed altro, nonche' l'atto  di
intervento dell'Associazione Siciliana della Stampa ed altra; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  aprile  2014  il   Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi  gli  avvocati  Salvatore  V.  Greco   per   l'Associazione
siciliana della Stampa ed altra e Gaetano Armao per F.G. ed altro. 
    Ritenuto che con ordinanza  emessa  in  data  27  maggio  2013  e
iscritta  al  n.  264  del  registro  ordinanze  2013,  il  Tribunale
ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 3, della
legge della Regione siciliana 6 luglio  1976,  n.  79  (Provvedimenti
intesi  a   favorire   la   piu'   ampia   informazione   democratica
sull'attivita' della Regione), in riferimento  agli  artt.  3  e  97,
terzo comma, della Costituzione; 
    che il rimettente premette  di  essere  stato  investito  di  due
ricorsi - successivamente riuniti - con cui F.G. e A.G. deducevano di
aver svolto attivita' lavorativa alle dipendenze e  quali  componenti
dell'Ufficio stampa e documentazione costituito presso la  Presidenza
della Regione siciliana, con qualifica di redattore capo, a far data,
l'uno dal 1° dicembre  1992,  l'altro  dal  1°  giugno  1991  e  che,
rispettivamente in data 11 dicembre 2012 e 6 dicembre  2012,  avevano
ricevuto  la  nota  del  Presidente  della  Regione  con  cui  veniva
comunicata la cessazione da componente di detto ufficio con efficacia
retroattiva fin dal 10 novembre 2012; 
    che i ricorrenti nel giudizio a quo, ritenuto che tale atto fosse
un vero e proprio licenziamento, chiedevano al Tribunale che ne fosse
dichiarata  la  nullita'  o   comunque   l'illegittimita'   «con   le
conseguenti statuizioni, in via  gradatamente  subordinata,  previste
dall'art. 18 st. lav., come modificato dalla legge n. 92/2012, ovvero
nella sua formulazione precedente»; 
    che nel giudizio a quo si sono  costituiti  la  Presidenza  della
Regione siciliana e l'Assessorato regionale delle autonomie locali  e
della funzione pubblica i quali hanno chiesto il rigetto dei  ricorsi
opponendo che il rapporto in essere tra le parti  avrebbe  natura  di
incarico fiduciario e non gia' di rapporto di lavoro subordinato; 
    che il rimettente ritiene che la soluzione della controversia  al
suo esame presupponga necessariamente l'individuazione  della  natura
giuridica del rapporto intercorso tra le parti; 
    che, a tale riguardo,  il  Tribunale,  dopo  aver  richiamato  la
normativa regionale in vigore al momento della nomina dei ricorrenti,
ritiene applicabile ratione temporis l'art. 11, comma 3, della  legge
reg.  n.  79  del  1976  il  quale  -  a  suo  avviso  -  prevedrebbe
l'instaurazione  di  un  rapporto  di  lavoro  subordinato   tra   il
giornalista nominato come addetto all'Ufficio  stampa  e  la  Regione
siciliana; 
    che  a  tale  conclusione  il   giudice   a   quo   perviene   in
considerazione sia della circostanza che i posti in  pianta  organica
presso detto ufficio sarebbero stati istituiti  con  legge,  sia  del
fatto che l'art. 11 citato richiamerebbe il trattamento normativo  ed
economico previsto  dal  contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro
(CCNL)  per  i  giornalisti   in   relazione   alle   qualifiche   di
equiparazione; 
    che proprio il richiamo non solo  al  trattamento  economico,  ma
anche al trattamento normativo, renderebbe chiaro trattarsi nel  caso
di specie di un rapporto di lavoro pubblico subordinato; 
    che, cio' nonostante, l'art. 1 della legge reg. n.  79  del  1976
non contemplerebbe ai fini della instaurazione del rapporto di lavoro
in parola alcuna procedura  concorsuale,  o  comunque  di  selezione,
rivolta al pubblico  o  ad  una  determinata  categoria  di  soggetti
limitandosi a prevedere che per  il  conferimento  dell'incarico  sia
necessario che un giornalista, iscritto da almeno tre anni all'Ordine
professionale, abbia  presentato  domanda  alla  Regione,  e  che  la
domanda ottenga il parere favorevole  della  Commissione  legislativa
permanente  per  il  questioni   istituzionali   presso   l'Assemblea
regionale nonche' l'atto di assenso della Giunta regionale; 
    che, pertanto, ad avviso del giudice a quo, la mancata previsione
di un procedimento concorsuale da parte dell'art. 11, comma 3,  della
legge reg. n. 79 del 1976 violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost.; 
    che, in ordine alla  rilevanza  della  questione,  il  rimettente
osserva come l'applicazione della disposizione censurata che  prevede
l'instaurazione  di  un  rapporto  di  lavoro  pubblico   subordinato
«comporterebbe    la    qualificazione    del    recesso     intimato
dall'Amministrazione regionale come licenziamento e  la  declaratoria
di illegittimita' del  licenziamento  in  oggetto»  e  l'applicazione
della   tutela   reintegratoria,   mentre   la    dichiarazione    di
illegittimita'  costituzionale  della  norma   «porterebbe   ad   una
pronuncia  all'evidenza  di  segno  diametralmente  opposto,  essendo
legittimo  risolvere  ad  nutum   un   rapporto   di   collaborazione
fiduciaria»; 
    che, con atto depositato il 17 dicembre 2013, sono intervenuti in
giudizio F.G. e A.G., ricorrenti nel  giudizio  principale,  i  quali
hanno chiesto di dichiarare non fondata la questione di  legittimita'
costituzionale sollevata, dal momento che, pur dovendo il rapporto di
lavoro intercorrente con  la  Regione  qualificarsi  senz'altro  come
lavoro subordinato alla luce della normativa che disciplina l'Ufficio
stampa, tuttavia la mancata previsione dell'accesso mediante concorso
non violerebbe l'art. 97 Cost. in quanto sarebbe pur sempre  prevista
una procedura aperta a qualsiasi interessato volta  ad  accertare  la
sussistenza dei requisiti; 
    che la  previsione  di  tale  procedura  in  luogo  del  pubblico
concorso si giustificherebbe  in  considerazione  della  peculiarita'
delle professionalita' da reclutare,  di  tal  che  ricorrerebbero  i
presupposti in presenza dei quali  la  Corte  costituzionale  ritiene
ammissibile la deroga al principio del concorso; 
    che la parte privata ha sostenuto  che  tale  principio  dovrebbe
comunque essere bilanciato con quello del legittimo  affidamento,  in
considerazione del lungo tempo durante il quale il rapporto si e'  in
concreto protratto; 
    che sono intervenute in giudizio l'Associazione  siciliana  della
stampa, sindacato unitario  dei  giornalisti  siciliani,  nonche'  la
Sezione Assostampa provinciale di Palermo le quali hanno  chiesto  il
rigetto della questione; 
    che,  a  giustificazione  del  proprio  intervento,  le  predette
associazioni deducono di aver agito ai sensi dell'art. 28 della legge
20 maggio 1970, n. 300 (Norme a tutela della liberta' e dignita'  dei
lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'  sindacale  nei
luoghi  di  lavoro  e  norme  sul  collocamento),   a   seguito   del
licenziamento  collettivo  in  tronco  di  tutti  i  21   giornalisti
componenti l'Ufficio stampa della Presidenza della Regione siciliana,
tra cui F.G. e A.G.,  lamentando  la  condotta  antisindacale  tenuta
dalla Regione che avrebbe violato l'art. 34 del CCNL dei giornalisti; 
    che il giudice del lavoro,  all'esito  della  fase  sommaria,  ha
rigettato il ricorso in  quanto  ha  ritenuto  doversi  escludere  la
natura  subordinata  del  rapporto  di  lavoro  e  che  avverso  tale
decisione  l'Associazione  siciliana  della  stampa  e   la   Sezione
Assostampa provinciale di  Palermo  hanno  proposto  opposizione,  la
quale e' tuttora pendente avanti al giudice del lavoro; 
    che le intervenienti sostengono che la decisione di quel giudizio
sarebbe strettamente correlata con l'incidente  di  costituzionalita'
dal momento che  dal  riconoscimento  della  natura  subordinata  del
rapporto di lavoro intercorso tra i giornalisti dell'Ufficio stampa e
la Regione, discenderebbe la violazione dell'art. 34 del CCNL che  ha
dato origine al ricorso. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di
giudice del lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3  e  97  della
Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art.  11,  comma
3,  della  legge  della  Regione  siciliana  6  luglio  1976,  n.  79
(Provvedimenti  intesi  a  favorire  la   piu'   ampia   informazione
democratica sull'attivita' della Regione), nella parte in cui prevede
che  la  nomina  dei  giornalisti  preposti  all'Ufficio   stampa   e
documentazione presso la Presidenza della Regione  siciliana  avvenga
prescindendo da qualsiasi procedura concorsuale o comunque selettiva,
senza che ricorrano esigenze pubbliche che giustifichino tale scelta; 
    che nel giudizio sono intervenute l'Associazione siciliana  della
stampa e la Sezione Assostampa provinciale di Palermo, le quali hanno
chiesto il rigetto della  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata dal Tribunale; 
    che, preliminarmente, deve essere confermata l'ordinanza, che  si
riporta in calce, letta alla pubblica udienza dell'8 aprile 2014  che
ha dichiarato inammissibile l'intervento in giudizio spiegato da tali
associazioni, atteso  che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa  Corte,  l'intervento  di  soggetti   estranei   al   giudizio
principale e' ammissibile solo laddove  essi  siano  titolari  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o  dalle  norme  oggetto  di  censura  (ex
plurimis, sentenze n. 237, n. 231, n. 134, n. 116 e n. 85  del  2013;
sentenze n. 272 e n. 223 del 2012; ordinanze n.  318  e  n.  156  del
2013); 
    che, infatti, le intervenienti non sono parti del giudizio da cui
trae  origine  la  questione  di   legittimita'   costituzionale   in
discussione,  ne'  risultano  essere   titolari   di   un   interesse
qualificato inerente in modo diretto al rapporto sostanziale in  esso
dedotto, di tal che esse sono investite soltanto da effetti  riflessi
della pronuncia di questa Corte sull'art. 11, comma  3,  della  legge
reg. n. 79 del 1976; 
    che la questione prospettata  dal  rimettente  e'  manifestamente
inammissibile sotto diversi profili; 
    che l'art. 11 della legge reg. n.  79  del  1976  stabilisce,  al
comma  1,  che  ai  giornalisti   preposti   all'Ufficio   stampa   e
documentazione «si applica  il  trattamento  normativo  ed  economico
previsto dal contratto nazionale di  lavoro  per  i  giornalisti,  in
relazione alle qualifiche di equiparazione» e al comma 3 dispone  che
«Alla loro nomina si procede su domanda degli interessati comprovante
i requisiti di cui all'art. 82 della legge regionale 23  marzo  1971,
n. 7, e del precedente art. 10 della presente legge, con le procedure
previste dalla legge regionale 20 aprile 1976, n. 35»; 
    che il Tribunale di Palermo limita le  proprie  censure  al  solo
comma 3 dell'art. 11 citato, omettendo  tuttavia  di  motivare  sulle
ragioni per cui ritiene di dover applicare la disposizione censurata,
ai fini della decisione del ricorso che ha ad oggetto la richiesta di
applicazione della tutela reintegratoria prevista dall'art. 18  della
legge 20 maggio 1970,  n.  300  (Norme  a  tutela  della  liberta'  e
dignita' dei lavoratori, della liberta'  sindacale  e  dell'attivita'
sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento); 
    che tale  omissione  si  risolve  in  carente  motivazione  sulla
rilevanza della questione; 
    che un  ulteriore  profilo  di  inammissibilita'  discende  dalla
insufficiente descrizione della fattispecie oggetto  del  giudizio  a
quo, atteso che il rimettente non ha fornito nessuna  indicazione  in
ordine alle modalita' con cui  si  e'  atteggiato,  in  concreto,  il
rapporto di lavoro dei ricorrenti, non avendo specificato quali siano
state le modalita' di instaurazione dello stesso, ne' se fosse  stato
previsto o non un termine  di  durata,  ovvero  se  questo  fosse  in
qualche modo legato al mandato del Presidente della Regione; 
    che il rimettente, inoltre,  non  ha  specificato  che  cosa  sia
accaduto  al  rapporto  in  occasione  della  elezione  dei   diversi
Presidenti succedutisi dal 1991 al 2012, e neppure quali  fossero  la
tipologia  e  le  caratteristiche  delle  prestazioni  richieste   ai
giornalisti; 
    che tali omissioni, precludendo a questa  Corte  di  vagliare  la
effettiva   applicabilita'   della   disposizione   censurata    alla
fattispecie oggetto del giudizio a quo, si risolvono in un difetto di
motivazione sulla rilevanza; 
    che,  inoltre,  il  Tribunale,  nel  sollevare  la  questione  di
costituzionalita', muove dal presupposto  per  cui  l'art.  11  della
legge reg. n. 79 del 1976 configurerebbe il rapporto di lavoro tra  i
giornalisti nominati come addetti all'Ufficio  stampa  e  la  Regione
siciliana in termini di lavoro subordinato, senza tuttavia  prevedere
che l'instaurazione di tale rapporto debba avvenire tramite  pubblico
concorso; 
    che, nel motivare la rilevanza  della  questione,  il  rimettente
afferma che l'applicazione della citata  disposizione  «comporterebbe
la qualificazione del recesso intimato dall'Amministrazione regionale
come  licenziamento  e  la   declaratoria   di   illegittimita'   del
licenziamento in oggetto» con conseguente applicazione  della  tutela
reintegratoria,   mentre   la   dichiarazione    di    illegittimita'
costituzionale della norma «porterebbe ad una pronuncia  all'evidenza
di segno diametralmente opposto, essendo legittimo risolvere ad nutum
un rapporto di collaborazione fiduciaria»; 
    che  tale  argomentazione  appare   evidentemente   incongrua   e
contraddittoria atteso che, da un lato, il rimettente chiede che  sia
dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale   della   disposizione
censurata  in  quanto  essa  configurerebbe  un  rapporto  di  lavoro
subordinato  senza  prevedere  l'accesso  tramite  concorso,  mentre,
dall'altro lato,  afferma  che  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale - la quale,  per  le  argomentazioni  da  lui  svolte,
discenderebbe  proprio  dalla  natura  subordinata  del  rapporto   -
comporterebbe la qualificazione dello stesso  in  termini  di  lavoro
autonomo; 
    che tale conclusione deve ritenersi senz'altro illogica  rispetto
alle premesse da cui lo stesso  rimettente  muove  per  sollevare  la
questione; 
    che, per tutte le ragioni  esposte,  la  sollevata  questione  e'
manifestamente inammissibile.