ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  9,  comma
21, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1,  della  legge  30  luglio  2010,  n.  122,  promosso  dal
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio   nel   procedimento
vertente tra Amadori Massimo ed altri e il Ministero dell'economia  e
delle finanze con ordinanza del 24 luglio 2013, iscritta  al  n.  244
del registro ordinanze 2013 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  26  marzo  2014  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 24 luglio 2013 (r.o. n.  244  del
2013), il Tribunale amministrativo regionale del Lazio  ha  sollevato
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  comma  21,
secondo e terzo periodo, del  decreto-legge  31  marzo  2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, in  riferimento  agli
artt. 2, 3, 36, 53 e 97 della Costituzione. 
    1.1.- Il TAR Lazio espone che i ricorrenti sono  ufficiali  della
Guardia di finanza i quali, con decorrenze giuridiche diverse,  hanno
acquisito il grado di maggiore o maturato i 13 anni di servizio senza
demerito  dalla  nomina  a  ufficiale,   nel   periodo   oggetto   di
applicazione del decreto-legge n. 78 del 2010,  introduttivo  per  il
personale cosiddetto non contrattualizzato  disciplinato  all'art.  3
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), tra cui il personale della Guardia di finanza, il  blocco
per  il  triennio  2011-2013:  a)  dei  meccanismi   di   adeguamento
retributivo previsti dall'art. 24 della legge 23  dicembre  1998,  n.
448  (Misure  di  finanza  pubblica  per  la  stabilizzazione  e   lo
sviluppo), per gli anni 2011,  2012  e  2013;  b)  degli  automatismi
stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianita'  di  servizio,
relativi allo stesso periodo; c)  di  ogni  effetto  economico  delle
progressioni in carriera, comunque denominate, conseguite nel periodo
2011-2013. Essi hanno agito per l'accertamento del diritto  al  pieno
trattamento retributivo, per il triennio 2011-2013, delle prestazioni
di lavoro straordinario svolte, secondo  gli  importi  corrisposti  a
favore degli ufficiali che hanno conseguito  lo  stesso  grado  o  la
medesima anzianita' di servizio in un periodo anteriore al 1° gennaio
2011. 
    1.2.- Il giudice rimettente ritiene che la norma censurata  trovi
applicazione in ordine alla retribuzione  del  lavoro  straordinario,
nella parte in cui stabilisce che «Per le categorie di  personale  di
cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165  e
successive  modificazioni,  che  fruiscono  di   un   meccanismo   di
progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011,  2012  e  2013
non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti
di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti» (secondo  periodo),
e che, per lo stesso personale, «le progressioni di carriera comunque
denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013  hanno
effetto, per i  predetti  anni,  ai  fini  esclusivamente  giuridici»
(terzo periodo). 
    Non reputa, infatti, convincente la tesi dei  ricorrenti  secondo
cui la retribuzione del lavoro straordinario non  formerebbe  oggetto
delle disposizioni di blocco introdotte dall'art. 9,  comma  21,  del
d.l.  n.  78  del  2010  e  che,  conseguentemente,  dovrebbe  essere
calcolata secondo gli importi spettanti ai  pari  grado  promossi  al
grado di maggiore prima del 1° gennaio 2011 o che, comunque, prima di
tale data, abbiano raggiunto i 13 anni di  servizio  dalla  nomina  a
ufficiale senza demerito. 
    In particolare, il TAR osserva che l'art.  43,  comma  14,  della
legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento  dell'Amministrazione
della  pubblica  sicurezza)  dispone  che  il  compenso  per   lavoro
straordinario,   per   gli   ufficiali   dirigenti    e    cosiddetti
omogeneizzati, e' di regola determinato in  misura  proporzionale  ad
alcune voci del trattamento retributivo fondamentale. 
    1.3.-  Il  TAR  sostiene  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  comma  21,
secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in  cui
impedisce ai suddetti ufficiali di conseguire  la  remunerazione  del
lavoro  straordinario  nella  misura  corrispondente  alla  qualifica
conseguita o all'anzianita' raggiunta nel corso del triennio  oggetto
delle misure di contenimento della spesa pubblica. 
    1.3.1.- Viene prospettata la violazione degli artt.  2,  3  e  36
Cost. 
    La disciplina censurata  determinerebbe,  in  contrasto  con  gli
artt.  2  e  3  Cost.,  un'irragionevole  disparita'  di  trattamento
all'interno del Corpo della Guardia di finanza: infatti, a parita' di
grado  (e  con   mansioni   conseguentemente   corrispondenti),   gli
appartenenti al Corpo percepirebbero o  meno  lo  stesso  trattamento
economico accessorio in relazione ad un elemento del tutto aleatorio,
costituito  dall'anno  in  cui  la  relativa  promozione   e'   stata
conseguita ovvero la prescritta anzianita' e' stata maturata. 
    Sarebbe violato, altresi', l'art. 36 Cost., in quanto, in base ad
esso, il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantita' e qualita' del suo lavoro, dovendosi presumere che tale sia
la retribuzione tabellare prevista per il grado rivestito. 
    Il giudice rimettente sostiene che, pur non essendovi dubbio  che
anche la riduzione del passivo del  bilancio  statale  e'  un  valore
avente  piena  copertura  costituzionale  (vieppiu'  oggi,  dopo   il
recepimento  nell'art.  81  Cost.  del  principio  del  pareggio   di
bilancio), tale obiettivo  non  puo'  tuttavia  essere  realizzato  a
scapito dei principi di uguaglianza  formale  e  sostanziale,  ovvero
degli altri  valori  tutelati  dalla  Costituzione,  tra  cui  quelli
definiti dall'art. 36 Cost. 
    1.3.2.- A parere del TAR Lazio sarebbe, altresi', leso l'art.  97
Cost. 
    La circostanza per cui il trattamento economico tra  colleghi  si
differenzia  non  gia'  in  virtu'  delle  mansioni  svolte  e  delle
conseguenti  responsabilita'  bensi'  in  relazione  ad  un  elemento
casuale - rappresentato dal momento in  cui  la  qualifica  e'  stata
acquisita o l'anzianita' maturata -,  non  potrebbe  che  interferire
negativamente   sui   rapporti   tra   i   colleghi   stessi,   cosi'
riverberandosi  sull'organizzazione   degli   uffici   ed   incidendo
negativamente sul loro buon andamento. 
    1.3.3.- Il giudice rimettente,  infine,  qualificando  il  blocco
disciplinato dalle disposizioni impugnate come imposizione di  natura
tributaria, prospetta la violazione degli artt. 2, 3 e 53 Cost. 
    L'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78  del  2010  introdurrebbe  una
prestazione patrimoniale, poiche' verrebbe trattenuta una  parte  dei
compensi maturati con il grado superiore o la maggiore anzianita'. La
disposizione  censurata  imporrebbe  agli  interessati  un  peculiare
concorso alle spese pubbliche, ovvero, in altri termini, istituirebbe
un  tributo  anomalo,  in  contrasto  con  i   richiamati   parametri
costituzionali. 
    Sarebbe leso il principio di capacita' contributiva,  poiche'  il
sacrificio sarebbe richiesto non in relazione ad uno specifico indice
di ricchezza, ma al dato, economicamente insignificante, del  momento
in cui la qualifica e' stata acquisita o l'anzianita' maturata, senza
alcuna considerazione del principio di progressivita'. 
    Inoltre, il tributo colpirebbe solo una parte dei dipendenti  che
hanno raggiunto  una  determinata  qualifica  o  maturato  una  certa
anzianita', e, comunque, soltanto i redditi dei pubblici  dipendenti,
senza  invece  gravare,  a  parita'  di  capacita'  contributiva,  su
analoghe categorie di lavoratori o di redditi. 
    Il  giudice  rimettente  evidenzia  che  l'eccezionalita'   della
situazione economica che lo Stato deve  affrontare  e'  suscettibile,
senza dubbio,  di  consentire  al  legislatore  anche  il  ricorso  a
strumenti eccezionali; tuttavia resta compito dello  Stato  garantire
anche in queste condizioni  il  rispetto  dei  principi  fondamentali
dell'ordinamento costituzionale. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. 
    L'Avvocatura rileva che  la  norma  censurata  ha  un  precedente
nell'art. 7 del decreto-legge  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure
urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di  pubblico  impiego,
nonche'  disposizioni  fiscali),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 14 novembre 1992, n.  438,  che  ha
superato il vaglio di legittimita' costituzionale. 
    A sostegno della non  ravvisabilita'  della  asserita  violazione
degli artt. 3 e 97 Cost., in particolare, viene  valorizzato  che  la
norma impugnata ha toccato tutti i dipendenti del  settore  pubblico,
secondo le coordinate perimetrate dalla Corte, e cioe' in misura  non
eccedente «l'obiettivo di realizzare un raffreddamento della dinamica
retributiva e  non  in  danno  di  una  sola  categoria  di  pubblici
dipendenti» (sentenza n. 223 del 2012). Viene infine  rimarcato  come
la delicata situazione delle finanze pubbliche nazionali, anche nella
prospettiva  europea,  deponga  per  la  legittimita'  dei  sacrifici
imposti alle diverse categorie, proprio in applicazione del principio
di solidarieta' espresso dall'art. 2 Cost., che non potrebbe, quindi,
ritenersi violato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 24 luglio 2013, il Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio ha sollevato  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, del decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,  n.
122, in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 della Costituzione. 
    2.-  La  norma  censurata,  nella  parte   in   cui   stabilisce,
rispettivamente,  che  «Per  le  categorie  di   personale   di   cui
all'articolo 3, del decreto legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e
successive  modificazioni,  che  fruiscono  di   un   meccanismo   di
progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011,  2012  e  2013
non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti
di stipendio previsti dai rispettivi  ordinamenti»,  e  che,  per  il
medesimo personale, «le progressioni di carriera comunque  denominate
eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e  2013  hanno  effetto,
per i predetti anni, ai  fini  esclusivamente  giuridici»,  impedisce
agli ufficiali della Guardia di finanza, che, nel corso del  triennio
oggetto delle misure di contenimento della  spesa  pubblica,  abbiano
acquisito il grado di maggiore o maturato i 13 anni di servizio senza
demerito dalla nomina di ufficiale, di  conseguire  la  remunerazione
del lavoro straordinario nella misura corrispondente  rispettivamente
alla qualifica conseguita o all'anzianita' raggiunta. 
    A parere del giudice a  quo,  cio'  comporterebbe  la  violazione
degli artt. 2,  3  e  36  Cost.,  da  un  lato,  per  l'irragionevole
disparita' di trattamento del personale  della  Guardia  di  finanza,
atteso che, a parita' di grado e  con  mansioni  corrispondenti,  gli
appartenenti al Corpo percepirebbero  diversi  trattamenti  economici
accessori per il lavoro straordinario in  relazione  ad  un  elemento
cronologico del tutto aleatorio; dall'altro lato, per la lesione  del
diritto  del  lavoratore  ad  una  retribuzione  proporzionata   alla
quantita' e qualita' del lavoro  prestato,  tale  dovendo  presumersi
quella corrispondente alla retribuzione  tabellare  prevista  per  il
grado rivestito o l'anzianita' raggiunta. 
    Inoltre, sarebbero lesi gli artt. 2, 3  e  53  Cost.,  in  quanto
verrebbe imposto un peculiare concorso alle spese pubbliche, colpendo
solo i redditi di pubblici dipendenti e, tra  essi,  solo  quelli  di
coloro che hanno raggiunto una determinata qualifica o  maturato  una
certa anzianita' dopo il 1o gennaio 2011. Sarebbe, inoltre, istituito
un tributo anomalo, nel cui ambito il sacrificio e' richiesto non  in
relazione ad  uno  specifico  indice  di  ricchezza,  ma  a  un  dato
temporale  economicamente  insignificante,  e   cio'   senza   alcuna
considerazione del principio di progressivita'. 
    La norma censurata, infine, si porrebbe in contrasto  con  l'art.
97 Cost., in quanto, determinando la differenziazione del trattamento
economico non in virtu' delle mansioni espletate ma in  relazione  ad
un elemento casuale,  interferirebbe  sui  rapporti  tra  i  colleghi
riverberandosi negativamente sul buon andamento degli uffici. 
    3.- Va premesso che  correttamente  il  giudice  rimettente,  non
aderendo alla prospettazione dei ricorrenti  circa  l'esclusione  dei
compensi per il  lavoro  straordinario  dal  blocco  del  trattamento
retributivo, ritiene che le disposizioni in  questione  siano  invece
applicabili. 
    Difatti, per coloro che hanno acquisito il  grado  superiore,  va
applicato il terzo periodo del comma 21 dell'art. 9 del  d.l.  n.  78
del  2010.  Tale  disposizione  sterilizza,  appunto,   gli   effetti
economici  delle  progressioni  di  carriera  senza  operare   alcuna
distinzione tra voci fondamentali e voci accessorie  del  trattamento
retributivo. 
    Per gli ufficiali cosiddetti "omogeneizzati", nei  cui  confronti
gli artt. 43, commi 22 e 23, e 43-ter della legge 1o aprile 1981,  n.
121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza)
dispongono  un  riconoscimento  di  natura  economica   e   non   una
progressione di carriera, il blocco deriva dal  secondo  periodo  del
comma 21 del citato art. 9, il quale  prevede  che,  per  coloro  che
fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi,
gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini  della  maturazione
di  «classi  e  scatti»  di   stipendio   previsti   dai   rispettivi
ordinamenti. Non  e'  illogico  ritenere  che  con  tale  binomio  il
legislatore abbia voluto includere tutti i miglioramenti stipendiali,
pur se non formalmente definiti come «classi» e «scatti», poiche'  la
natura ancillare del compenso per lavoro straordinario rispetto  allo
stipendio   giustifica    che,    in    mancanza    di    un'espressa
differenziazione, al primo si applichi  la  medesima  disciplina  del
secondo. 
    Cio' e' particolarmente evidente nel caso in esame,  in  cui,  ai
sensi della disciplina di settore, per il personale non dirigente  la
misura oraria del compenso per il lavoro straordinario e'  legata  ai
parametri  stipendiali  che,  a  norma  dell'art.   2   del   decreto
legislativo 30 maggio 2003, n. 193 (Sistema dei parametri stipendiali
per il personale non dirigente delle Forze di polizia e  delle  Forze
armate, a norma dell'art. 7  della  legge  29  marzo  2001,  n.  86),
articolano il trattamento economico del personale  della  Guardia  di
finanza; mentre, per il personale dirigente, l'art. 2170 del  decreto
legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice  dell'ordinamento  militare)
dispone che il compenso per il lavoro straordinario  sia  determinato
in misura proporzionale alla retribuzione mensile. 
    Piu'  in  generale,  la  riconducibilita'  di  questa  voce   non
marginale del trattamento economico al blocco  previsto  dal  secondo
periodo del comma 21 e' suggerita anche dalla ratio cui  e'  ispirato
il d.l. n. 78 del 2010, che e' volto ad introdurre un  meccanismo  di
raffreddamento della dinamica retributiva nel suo complesso  e  senza
distinzione alcuna. 
    4.- Tanto  premesso  sulla  ricostruzione  del  quadro  normativo
operata dal giudice a quo, puo' procedersi all'esame  dei  gruppi  di
censure prospettate dal giudice rimettente. 
    5.- La questione di  costituzionalita'  dell'art.  9,  comma  21,
secondo e terzo periodo, sollevata con  riferimento  alla  violazione
degli artt. 2, 3 e 36 Cost., non e' fondata. 
    5.1.- Per le censure relative agli artt. 2 e  3  Cost.,  valgono,
anche nel caso di specie, le considerazioni di questa Corte,  che  ha
ritenuto l'intervento in esame giustificato, nel suo complesso, dalle
notorie esigenze di contenimento della spesa  pubblica,  in  presenza
del carattere eccezionale, transeunte,  non  arbitrario,  consentaneo
allo scopo prefissato nonche' temporalmente  limitato  dei  sacrifici
richiesti (sentenza n. 310 del 2013). 
    Le  disposizioni  censurate  rientrano  infatti   nel   perimetro
delineato dalla sentenza n. 304 del 2013, con  riferimento  a  questa
normativa,  secondo  cui  «la   misura   adottata   e'   giustificata
dall'esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalita' di
temporanea  "cristallizzazione"   del   trattamento   economico   dei
dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di  contenimento  della
spesa pubblica, realizzata con modalita' per  certi  versi  simili  a
quelle gia' giudicate da questa Corte non irrazionali  ed  arbitrarie
(sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche
in considerazione della limitazione temporale del sacrificio  imposto
ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999)». 
    5.2.- Questa Corte ha inoltre  negato  che  sia  ravvisabile  una
lesione dell'affidamento del  cittadino  nella  sicurezza  giuridica,
posto  che  «il  legislatore  puo'  anche  emanare  disposizioni  che
modifichino in  senso  sfavorevole  la  disciplina  dei  rapporti  di
durata, anche se  l'oggetto  di  questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti, sempre che tali disposizioni "non trasmodino  in
un regolamento irrazionale, frustrando,  con  riguardo  a  situazioni
sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,   l'affidamento   dei
cittadini nella sicurezza giuridica,  da  intendersi  quale  elemento
fondamentale dello Stato di diritto" (sentenze n. 166  del  2012,  n.
302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009)» (sentenza n. 310 del 2013). 
    5.3.- Con specifico riferimento alla  disparita'  di  trattamento
con i colleghi che hanno raggiunto  il  grado  superiore  o  maturato
l'anzianita' prima del 2011, viene in rilievo uno degli elementi  cui
e' connessa la disciplina economica del rapporto. Infatti coloro  che
si sono visti riconoscere il migliore trattamento  retributivo  hanno
raggiunto il grado superiore o maturato  la  maggiore  anzianita'  di
servizio prima rispetto ai ricorrenti nel giudizio a quo, per i quali
tali condizioni si sono verificate a partire dal 1o gennaio 2011. 
    Come gia' affermato da questa Corte, cio' costituisce un elemento
che di per se' puo' giustificare un diverso  trattamento  retributivo
(sentenza n. 304 del 2013). 
    In particolare, si e' ritenuto che non  esiste  un  principio  di
omogeneita' di retribuzione a parita'  di  anzianita',  ed  anzi  «e'
ammessa una disomogeneita' delle  retribuzioni  anche  a  parita'  di
qualifica e di anzianita'», naturalmente  in  situazioni  determinate
(sentenza n. 304 del 2013).  E  in  una  tale  prospettiva  non  puo'
considerarsi  irragionevole  un  esercizio   della   discrezionalita'
legislativa  che  privilegi   esigenze   fondamentali   di   politica
economica, a fronte di altri valori pur costituzionalmente  rilevanti
(da ultimo, sentenze n. 310 e n. 304 del 2013). 
    5.3.1.- Quanto alla  disparita'  di  trattamento  tra  dipendenti
pubblici e privati, come chiarito dalla citata sentenza  n.  310  del
2013, «non puo' non rilevarsi che le profonde diversita' dello  stato
giuridico (si  pensi  alla  minore  stabilita'  del  rapporto)  e  di
trattamento economico escludano ogni possibilita' di comparazione». 
    5.4.- Con riferimento all'art. 36 Cost.,  poi,  questa  Corte  e'
ferma  nel  sostenere  che  il  giudizio  sulla  conformita'  a  tale
parametro costituzionale non puo' essere svolto per singoli istituti,
ne' giorno per giorno, ma occorre valutare l'insieme delle  voci  che
compongono il trattamento  complessivo  del  lavoratore  in  un  arco
temporale di una qualche significativa ampiezza (sentenze n. 310 e n.
304 del 2013, n. 366 e n. 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164  del
1994). 
    6.- La questione di costituzionalita' per violazione degli  artt.
2, 3 e 53 Cost., in relazione alla presunta natura  tributaria  della
misura in esame, e' parimenti non fondata. 
    I criteri elaborati da questa Corte in  ordine  alle  prestazioni
patrimoniali portano ad escludere che  tale  natura  sia  ravvisabile
nella misura oggetto della norma impugnata. Si e' precisato, infatti,
che gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre:
una disciplina legale diretta  in  via  prevalente  a  procurare  una
definitiva decurtazione patrimoniale a carico del  soggetto  passivo;
una decurtazione  che  non  comporti  una  modifica  di  un  rapporto
sinallagmatico; una destinazione delle risorse derivanti, connesse ad
un presupposto economicamente rilevante, a «sovvenire»  le  pubbliche
spese. Nessuno di questi elementi e' rinvenibile nella fattispecie. 
    In particolare, con la recente sentenza n. 304 del  2013,  sempre
con riferimento alle disposizione in esame, si e' ritenuto  che:  «La
norma censurata [...] non ha natura tributaria in quanto non  prevede
una decurtazione o un prelievo  a  carico  del  dipendente  pubblico.
Pertanto, in  assenza  di  una  decurtazione  patrimoniale  o  di  un
prelievo della stessa natura a carico  del  soggetto  passivo,  viene
meno in radice il presupposto  per  affermare  la  natura  tributaria
della disposizione. Inoltre,  viene  a  mancare  anche  il  requisito
relativo all'acquisizione delle risorse al bilancio dello  Stato,  in
quanto la disposizione non realizza un'acquisizione che, anche in via
indiretta, venga a fornire copertura a pubbliche spese, ma  determina
un risparmio di spesa». 
    7.-  Infine,  anche  la  questione   di   costituzionalita'   per
violazione dell'art. 97 Cost. non e' fondata. 
    La censura, incentrata sulla presunta distorsione delle dinamiche
dei rapporti tra colleghi e sulle  possibili  ripercussioni  negative
sull'andamento degli uffici, si sostanzia infatti  in  considerazioni
metagiuridiche e meramente ipotetiche. 
    Comunque, nella piu' volte ricordata sentenza n. 304 del 2013, si
e' affermata la non fondatezza della censura relativa  al  comma  21,
formulata in riferimento all'art. 97 Cost., in una prospettiva simile
a quella qui in esame, in quanto «"il  principio  di  buon  andamento
dell'amministrazione  non  puo'  essere  richiamato  per   conseguire
miglioramenti retributivi (ordinanza n. 205 del 1998; sentenza n. 273
del 1997)" (ordinanza n. 263 del 2002)».