ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5,
della legge della Regione Lombardia 18 dicembre 2001,  n.  27  (Legge
finanziaria 2002), promosso dalla Commissione tributaria  provinciale
di Mantova nel giudizio vertente tra la Banca  Monte  dei  Paschi  di
Siena s.p.a. e l'Agenzia  delle  entrate,  direzione  provinciale  di
Mantova, con ordinanza del 22 maggio 2012, iscritta  al  n.  295  del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti l'atto di costituzione della  Banca  Monte  dei  Paschi  di
Siena s.p.a., nonche' l'atto di intervento della Regione Lombardia; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Guglielmo Fransoni  per  la  Banca  Monte  dei
Paschi di Siena s.p.a. e Fabio Cintioli per la Regione Lombardia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Mantova,   con
ordinanza del 22 maggio 2012, ha sollevato questione di  legittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  5,  della  legge  della  Regione
Lombardia 18 dicembre  2001,  n.  27  (Legge  finanziaria  2002),  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   e),   della
Costituzione. 
    Detta disposizione prevede che «A decorrere dall'anno 2002, per i
soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del decreto  legislativo  n.  446
del  1997  e  successive  modificazioni  e  integrazioni,   l'imposta
regionale sulle attivita' produttive  e'  determinata  applicando  al
valore della produzione netta, come stabilito nei medesimi  articoli,
l'aliquota del 5,75 per cento». 
    2.- Premette la rimettente di  essere  stata  adita  dalla  Banca
Monte  dei  Paschi  di  Siena  s.p.a.,  in   qualita'   di   societa'
incorporante la Banca Agricola Mantovana s.p.a., la quale con ricorso
depositato il 28  settembre  2010,  aveva  impugnato,  nei  confronti
dell'Agenzia delle entrate, ufficio di Mantova, il  silenzio  rifiuto
formatosi in ordine alla istanza di rimborso  avente  ad  oggetto  la
maggiore ritenuta dell'IRAP  versata  per  l'anno  2002  dalla  Banca
incorporata. 
    Quest'ultima aveva corrisposto, infatti, l'importo complessivo di
euro 12.413.909,00, adottando  l'aliquota  pari  al  5,75  per  cento
dell'imponibile, cosi' come stabilito dall'art.  1,  comma  5,  della
legge reg. n. 27 del 2001, pur ritenendo che l'imposta avrebbe dovuto
essere  calcolata  a  norma  dell'art.  45,  comma  2,  del   decreto
legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446  (Istituzione  dell'imposta
regionale sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni,
delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef  e  istituzione  di  una
addizionale  regionale  a  tale  imposta,  nonche'   riordino   della
disciplina dei tributi locali),  facendo  applicazione  dell'aliquota
del 4,75 per cento, con una conseguente differenza, in suo favore, di
euro 1.688.766,00. 
    Cio', in quanto l'art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 446  del  1997,
allora vigente nel testo modificato dalla legge 28 dicembre 2001,  n.
448  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), per  gli  istituti
di credito e gli altri enti e societa' finanziarie, di cui agli artt.
6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997, prevedeva: «per i periodi d'imposta
in corso al 1° gennaio 1998, al 1° gennaio 1999 e al 1° gennaio  2000
l'aliquota e' stabilita nella misura del 5,4 per  cento;  per  i  due
periodi    d'imposta    successivi,    l'aliquota    e'    stabilita,
rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento». 
    Nella vigenza di detto regime giuridico  temporaneo,  la  Regione
non poteva modificare le aliquote, cosi' fissate, in via transitoria,
atteso che tale facolta' le era stata attribuita dall'art. 16,  comma
3, del suddetto d.lgs. n. 446 del 1997 solo in relazione all'aliquota
ordinaria stabilita nella misura del 4,25 per cento. 
    3.- Ad  avviso  della  Commissione  tributaria  sussisterebbe  la
rilevanza della questione in quanto dalla norma censurata dipende  la
debenza della imposta richiesta a rimborso dalla societa'  ricorrente
nel giudizio principale. 
    4.-  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  la  Commissione
tributaria provinciale di Mantova osserva  che,  ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,  la  disciplina,  anche  di
dettaglio, in materia tributaria e, dunque, in  ordine  all'IRAP,  e'
riservata alla legge  statale,  rimanendo  ammesso  l'intervento  del
legislatore regionale solo nei limiti  stabiliti  da  quello  statale
(sono citate le pronunce n. 216 del 2009 e n. 296 del 2003). 
    Dopo aver richiamato il contenuto precettivo dell'art. 16,  comma
3, del d.lgs. n. 446 del 1997 e  dell'art.  45,  commi  1  e  2,  del
medesimo  decreto  legislativo,  quest'ultimo  come  vigente  dal  1°
gennaio 2002, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 448
del 2001,  la  Commissione  tributaria  afferma  che  il  legislatore
statale ha attribuito alla Regione la potesta' di  incrementare  solo
l'aliquota del 4,25 per cento, di  cui  all'art.  16,  comma  1,  del
d.lgs.  n.  446  del  1997,  escludendo,  invece,  tale  potesta'  di
incremento quanto all'aliquota di cui alla  disposizione  transitoria
contenuta nell'art. 45, comma 2, dello stesso decreto legislativo. 
    Pertanto l'art. 1, comma 5, della legge regionale n. 27 del  2001
eccederebbe la facolta' attribuita  al  legislatore  regionale  e  si
paleserebbe in contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera  e),
Cost. 
    5.- E' intervenuta nel giudizio incidentale la Regione Lombardia,
chiedendo il rigetto della questione, atteso che la  norma  impugnata
trova fondamento nell'art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 446  del  1997,
secondo un'interpretazione di quest'ultimo conforme ai canoni di  cui
all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale. 
    6.- Si e' costituita la societa' Banca Monte dei Paschi di  Siena
s.p.a. chiedendo l'accoglimento della questione di  costituzionalita'
e prospettando, in particolare, le seguenti argomentazioni. 
    6.1.- In primo luogo ha ricordato che, secondo la  giurisprudenza
costituzionale, l'IRAP ricade nella  potesta'  legislativa  esclusiva
dello Stato, con la conseguente possibilita'  di  un  intervento  del
legislatore  regionale  soltanto  laddove  cio'   sia   espressamente
previsto. 
    6.2.-  Ha,  quindi,  rilevato  che  dall'esame  della  disciplina
statale emerge che la facolta', riconosciuta alle  Regioni  dall'art.
16, comma 3, del d.lgs. n. 446 del  1997,  di  modificare  l'aliquota
ordinaria  contemplata  dal  comma  1  del  medesimo   articolo   non
consentiva, per l'anno d'imposta 2002, di applicare agli istituti  di
credito un'aliquota diversa da quella speciale e transitoria del 4,75
per cento, gia' direttamente fissata per detto anno  dal  legislatore
nazionale. 
    Nel periodo  intercorrente  tra  il  1998  e  il  2002,  infatti,
coesistevano due differenti tipologie di aliquote  dell'IRAP,  ossia:
a) un'aliquota ordinaria, riferibile ai  soggetti  passivi  d'imposta
diversi da quelli menzionati dal citato art. 45, fissata nella misura
del 4,25 per cento dal comma 1 dell'art. 16 del medesimo d.lgs.,  con
previsione  della  possibilita'  per  le  Regioni,  di  diminuire   o
incrementare la stessa fino ad un massimo di  un  punto  percentuale,
vale a dire fino a un minimo del 3,25 per cento ed una soglia massima
insuperabile del 5,25 per  cento;  b)  talune  aliquote  speciali  di
carattere transitorio, tra le quali anche una riservata appositamente
dal legislatore statale alle banche nonche' agli  enti  finanziari  e
pari al 5,4 per cento per gli anni dal 1998 al 2000, al 5  per  cento
per il 2001 e al 4,75 per cento per il 2002. 
    Lo ius variandi conferito alle Regioni dal terzo comma  dell'art.
16,  quindi,  poteva  essere  esercitato  con  esclusivo  riferimento
all'aliquota ordinaria, e non anche alle  aliquote  speciali  di  cui
all'art. 45. 
    7.- Entrambe le parti hanno  depositato  memoria  in  prossimita'
dell'udienza. 
    8.- La parte privata,  nel  ribadire  le  argomentazioni  svolte,
richiama altresi' la sentenza n. 357 del 2010 che avrebbe chiarito la
portata della potesta' legislativa attribuita in materia alla Regione
dal citato art. 16, comma 3. 
    9.- La Regione Lombardia, a  sostegno  della  infondatezza  della
questione,  deduce  che  la  potesta'   legislativa   di   variazione
dell'aliquota,  attribuita  alle  Regioni,  riguarda  sia  l'aliquota
ordinaria che quella indicata nella disciplina transitoria e che cio'
e' coerente con la ratio di quest'ultima,  come  si  poteva  rilevare
dalla sentenza n. 21 del 2005 e dall'ordinanza n.  110  del  2008  di
questa Corte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Mantova dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5, della  legge  della
Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge  finanziaria  2002),
in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione, per avere disposto l'aumento di  un  punto  percentuale
dell'aliquota IRAP,  come  determinata  in  via  temporanea  per  gli
istituti bancari dall'art. 45, comma 2, del  decreto  legislativo  15
dicembre 1997,  n.  446  (Istituzione  dell'imposta  regionale  sulle
attivita' produttive, revisione degli  scaglioni,  delle  aliquote  e
delle  detrazioni  dell'Irpef  e  istituzione  di   una   addizionale
regionale a tale  imposta,  nonche'  riordino  della  disciplina  dei
tributi locali). 
    Si  prospetta  la  lesione  della  potesta'  legislativa  statale
esclusiva in materia  di  sistema  tributario,  in  quanto  la  norma
impugnata eccederebbe la facolta' di variazione  delle  aliquote  che
verrebbe  riconosciuta  alle   Regioni   limitatamente   all'aliquota
ordinaria dell'IRAP. 
    2.- La questione e' fondata. 
    3.- La disciplina valevole ratione  temporis,  nella  fattispecie
oggetto del giudizio principale, prevede, al comma 1 dell'art. 16 del
d.lgs. n. 446 del 1997, una aliquota generale del 4,25 per cento.  La
stessa norma aggiunge poi, «salvo quanto previsto [...] nei commi 1 e
2 dell' articolo 45». 
    Quest'ultimo articolo, al comma 2,  a  sua  volta  sancisce  (nel
testo storico in vigore dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2002) che,
per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7, tra cui le banche e gli altri
enti e societa' finanziarie, «per i periodi d'imposta in corso al  1°
gennaio 1998, al 1° gennaio 1999 e al 1° gennaio 2000  l'aliquota  e'
stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due periodi d'imposta
successivi, l'aliquota e' stabilita,  rispettivamente,  nelle  misure
del 5 e del 4,75 per cento». Quindi per il 2002,  anno  d'imposta  in
relazione al quale veniva chiesto il rimborso  dell'IRAP  di  cui  e'
causa  nel  giudizio  principale,   l'aliquota   stabilita   in   via
transitoria era pari al 4,75 per cento. 
    La norma che qui viene specificamente in rilievo, infine,  e'  il
comma 3 del citato art. 16, secondo cui «A decorrere dal  terzo  anno
successivo a quello di emanazione del presente  decreto,  le  regioni
hanno facolta' di variare l'aliquota di cui al comma  1  fino  ad  un
massimo  di  un  punto  percentuale.  La   variazione   puo'   essere
differenziata per settori di attivita' e per  categorie  di  soggetti
passivi». 
    4.- E' in particolare alla stregua di tale disposizione che  deve
essere  risolta  la  questione  di  legittimita'  costituzionale.  Va
ricordato, infatti, come questa Corte, con  giurisprudenza  costante,
abbia affermato che la disciplina dell'IRAP  rientra  nella  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    La sentenza n.  296  del  2003  sancisce  che  alle  Regioni  «e'
attribuita una limitata facolta' di  variazione  dell'aliquota  (art.
16, comma 3) ed il potere di disciplinare, con legge,  "nel  rispetto
dei principi in materia di imposte sul reddito e di quelli recati dal
presente titolo, le procedure applicative dell'imposta"», e  che  «La
circostanza che l'imposta sia stata istituita con legge statale e che
alle regioni a statuto ordinario,  destinatarie  del  tributo,  siano
espressamente attribuite  competenze  di  carattere  solo  attuativo,
rende palese che l'imposta stessa - nonostante la sua denominazione -
non puo'  considerarsi  "tributo  proprio  della  regione"»,  con  la
conseguenza che la disciplina sostanziale dell'imposta rientra  nella
esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi  erariali,  in
ragione di quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera  e),
Cost. (piu' di recente, nello stesso senso, sentenze n. 26 del 2014 e
n. 216 del 2009). 
    Con la sentenza n. 357 del 2010 si e' poi precisato  che,  «anche
dopo la sua "regionalizzazione",  l'IRAP  non  e'  divenuto  "tributo
proprio" regionale - nell'accezione di tributo la cui  disciplina  e'
liberamente modificabile da parte delle Regioni (o Province autonome)
-, ma resta un tributo disciplinato dalla  legge  statale  in  alcuni
suoi elementi strutturali e quindi, in questo senso, "erariale"». 
    5.- Pertanto assume rilievo decisivo verificare, in  ragione  dei
canoni ermeneutici,  se  la  facolta'  di  variare  l'aliquota  IRAP,
attribuita alle Regioni  dal  comma  3  dell'art.  16,  sia  limitata
all'aliquota ordinaria o si estenda  anche  a  quelle  fissate  dalla
disciplina transitoria. 
    5.1.- Ai fini di una corretta interpretazione della disposizione,
e' anzitutto significativo il suo tenore letterale. Essa parla -  non
a caso al singolare - di «aliquota di cui al comma 1»  e  dunque  non
puo'  che  riferirsi  all'unica  aliquota  espressamente  fissata  in
quest'ultimo comma, e cioe' a quella generale:  le  altre,  che  sono
oggetto di un semplice rinvio, sono pertanto estranee  all'ambito  di
applicazione del comma 3. 
    5.2.- Questa lettura trova  poi  conferma  nella  relazione  allo
schema del d.lgs. n. 446 del 1997. 
    Nell'illustrare la riforma connessa all'istituzione dell'IRAP, il
legislatore delegato afferma: «l'aliquota di base e' fissata al  4,25
per cento; trascorsi due esercizi, le Regioni potranno esercitare  la
facolta'  di  maggiorarla  fino  a  un  punto   percentuale,   e   di
differenziarla  tra  categorie  di  contribuenti  e  tra  settori  di
attivita'». 
    La possibilita' per  le  Regioni  di  intervenire  solo  rispetto
all'aliquota ordinaria del 4,25 per cento  e'  ribadita  a  proposito
dell'art. 16, chiarendosi che esso «fissa l'aliquota dell'imposta  al
4,25 per cento, che  potra'  essere  maggiorata,  fino  ad  un  punto
percentuale,  dalle  singole  regioni  a  partire  dal   terzo   anno
successivo a quello dell'entrata in vigore del decreto legislativo». 
    Al contrario, con riguardo all'art. 45, sempre nella relazione si
afferma solo che «Con l'art. 45 si dettano  disposizioni  transitorie
relativamente all'acconto IRAP dovuto per l'anno 1998 e alle aliquote
dell'IRAP  applicabili  per  i  primi  tre  periodi  di   imposta   a
particolari  soggetti»,   senza   alcun   riferimento   a   possibili
variazioni. 
    5.3.-  Anche  la  giurisprudenza  costituzionale  intervenuta  in
ordine alla disciplina transitoria dell'IRAP e' nello stesso senso. 
    La sentenza n. 357 del 2010 ha affermato che  «il  chiaro  tenore
letterale dell'art. 16, comma 3, del d.lgs. n.  446  del  1997  rende
evidente che alle Regioni e' consentito variare  (nel  limite  di  un
punto percentuale) solo "l'aliquota di cui al comma 1"  dello  stesso
art. 16, cioe' solo l'aliquota base e non  quelle  speciali,  tra  le
quali e' compresa quella di cui al comma 1 dell'art. 45 dello  stesso
d.lgs. n. 446 del 1997, richiamata dalla disciplina censurata». 
    La sentenza n. 21 del 2005, poi,  nel  ritenere  la  legittimita'
costituzionale di tale disciplina afferma: «La  ragionevolezza  della
transitoria differenziazione delle aliquote  disposta  dall'art.  45,
comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997 risulta [...], dai dati economici
e contabili considerati dal legislatore in sede di prima applicazione
del  tributo  [...].  La  nota  tecnica   allegata   alla   relazione
governativa al citato decreto legislativo e  le  successive  indagini
parlamentari  evidenziano,   infatti,   uno   "sgravio   consistente"
apportato    dall'introduzione    dell'IRAP    per     il     settore
dell'intermediazione finanziaria e un "aggravio significativo" per il
settore agricolo. E' indicativo,  al  riguardo,  che  la  Commissione
bicamerale consultiva in materia di riforma fiscale,  in  esito  alle
indagini  empiriche  effettuate  sull'attuazione   dell'IRAP,   abbia
affermato, nella relazione finale del 29 settembre 1999, che, pur con
l'aliquota maggiorata, il vantaggio tratto dai settori finanziario ed
assicurativo dall'applicazione dell'IRAP  e'  stato  "superiore  alle
aspettative"  e  che  "l'impossibilita'  che  comunque   permane   di
omologare totalmente il settore finanziario agli altri settori impone
che se ne tenga conto attraverso un'aliquota differenziata" [...]». 
    6.- La differenziazione  transitoria  dell'aliquota  relativa  ai
settori di attivita' bancario, finanziario ed assicurativo,  indicati
negli artt. 6 e 7 del  d.lgs.  n.  446  del  1997,  e'  stata  dunque
disposta dal legislatore in  vista  dell'obiettivo  del  mantenimento
dell'originaria ripartizione del carico fiscale; obiettivo che non si
potrebbe raggiungere ove fosse possibile una variazione dell'aliquota
stessa. Anche il profilo  sostanziale,  pertanto,  avvalora  la  tesi
della immodificabilita' delle aliquote speciali. 
    7.-  La  questione  va   accolta   e   deve   essere   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  5,  della  legge
della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27.