ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  8  aprile   2013,   n.   5
(Disposizioni urgenti in  materia  di  attivita'  economiche,  tutela
ambientale,  difesa  del   territorio,   gestione   del   territorio,
infrastrutture, lavori  pubblici,  edilizia  e  trasporti,  attivita'
culturali,  ricreative  e  sportive,   relazioni   internazionali   e
comunitarie,   istruzione,    corregionali    all'estero,    ricerca,
cooperazione e famiglia, lavoro e formazione  professionale,  sanita'
pubblica e protezione sociale, funzione pubblica,  autonomie  locali,
affari  istituzionali,  economici  e  fiscali  generali)  e,  in  via
subordinata, degli artt. 3, comma 28, 7, commi 1, 2 e 3, 10, commi 1,
2 e 5, della stessa legge, promosso dal Presidente del Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 7-11 giugno  2013,  depositato  in
cancelleria il 13 giugno 2013 ed  iscritto  al  n.  69  del  registro
ricorsi 2013. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  20  maggio  2014  il  Giudice
relatore Sabino Cassese; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 7-11 giugno 2013, depositato il  13  giugno  2013  e  iscritto  al
registro ricorsi n. 69 del 2013, ha impugnato la legge della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 8  aprile  2013,  n.  5  (Disposizioni
urgenti in materia di attivita' economiche, tutela ambientale, difesa
del  territorio,  gestione  del  territorio,  infrastrutture,  lavori
pubblici, edilizia e trasporti,  attivita'  culturali,  ricreative  e
sportive,  relazioni  internazionali   e   comunitarie,   istruzione,
corregionali all'estero, ricerca, cooperazione e famiglia,  lavoro  e
formazione professionale,  sanita'  pubblica  e  protezione  sociale,
funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali,  economici
e fiscali generali), per violazione degli artt. 12 e 14  della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia), della legge costituzionale 22 novembre  1999,
n. 1 (Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  del  Presidente
della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni), degli
art. 121  e  122  della  Costituzione  e  dei  principi  fondamentali
dell'ordinamento in tema di prorogatio, anche in relazione agli artt.
1 e 2 della legge della Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  18
giugno 2007, n. 17  (Determinazione  della  forma  di  governo  della
Regione Friuli-Venezia Giulia e del sistema elettorale regionale,  ai
sensi dell'articolo 12  dello  Statuto  di  autonomia),  nonche'  per
violazione del principio di leale collaborazione. 
    1.1.-  In  via  subordinata,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha altresi' impugnato alcune specifiche  disposizioni  della
predetta legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  5  del  2013  e  in
particolare: l'art. 3, comma 28, per violazione degli  artt.  4  e  5
della legge costituzionale n. 1 del 1963 e dell'art.  117,  comma  2,
lettera s), Cost., in relazione all'art. 185, comma  4,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale);
l'art. 7, commi 1 e 2, per violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133; l'art. 7, comma 3, per violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e  di  competitivita'  economica),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; l'art.  10,
commi 1 e 2, per violazione dell'art. 4, comma 1, della  legge  cost.
n. 1 del 1963 e degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; l'art. 10, comma 5, per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in  relazione  all'art.
9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010. 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha,  innanzitutto,
impugnato l'intera legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013. 
    2.1.- In primo luogo, essa sarebbe stata approvata dal  consiglio
regionale in regime di prorogatio e, quindi, in un periodo nel  quale
tale   organo   avrebbe   avuto   poteri    limitati    all'ordinaria
amministrazione,  cioe'  all'adozione  di  determinazioni  del  tutto
urgenti o indispensabili, quali invece  non  si  rinverrebbero  nelle
disposizioni della legge censurata. 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  premette,  richiamando   la
sentenza n. 68 del 2010 di questa Corte,  che  il  generale  istituto
della prorogatio, in quanto principio fondamentale  ricavabile  dalla
Carta  costituzionale,  «e'  volto  a  contemperare  la  esigenza  di
continuita' funzionale dell'Ente (che non  puo'  rimanere  del  tutto
inattivo in prossimita' delle nuove elezioni)  con  il  principio  di
rappresentativita'  (per  cui  l'organo  in  scadenza  e'  ovviamente
"depotenziato")»; tale contemperamento si  realizzerebbe  consentendo
all'organo in regime di prorogatio  di  continuare  ad  esercitare  i
propri poteri limitatamente alle «determinazioni del tutto urgenti  o
indispensabili», per evitare che, altrimenti, «l'adozione di atti  in
prossimita' della scadenza del  mandato  possa  rischiare  di  essere
interpretata [...] come  una  forma  di  captatio  benevolentiae  nei
confronti degli elettori». Cio' premesso, la  difesa  statale  rileva
che l'art. 2 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 17  del  2007,
che ai sensi dell'art. 12  dello  statuto  speciale  e'  approvata  a
maggioranza assoluta e disciplina  la  forma  di  governo  regionale,
dispone espressamente che «i poteri  del  Consiglio  regionale  [...]
sono    prorogati,    per    l'ordinaria    amministrazione,     sino
all'insediamento  del  nuovo  Consiglio».  In  mancanza  di  espressa
indicazione, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ritiene  di  poter
individuare il momento a partire dal quale  i  poteri  del  Consiglio
regionale  devono  intendersi  prorogati  per   la   sola   ordinaria
amministrazione, in via analogica, sulla base di  altre  disposizioni
normative. A tal fine rileverebbe, secondo la difesa statale,  l'art.
14 dello Statuto  speciale  per  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,
secondo  cui  il  decreto  di  indizione  delle  elezioni  del  nuovo
consiglio   regionale   deve   essere   pubblicato   non   oltre   il
quarantacinquesimo  giorno  antecedente  la  data  stabilita  per  la
votazione (che a sua volta deve essere fissata fra la quarta domenica
precedente  e  la  seconda  domenica  successiva  al  compimento  del
quinquennio di durata in carica). Tale disposizione sarebbe,  secondo
il ricorrente, «analoga, quanto ai suoi contenuti», all'art. 3  della
legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la  elezione  dei  Consigli
regionali delle Regioni a statuto  normale),  che,  nel  regolare  le
elezioni dei Consigli regionali delle Regioni  a  statuto  ordinario,
chiariva che essi «esercitano le loro funzioni  fino  al  46°  giorno
antecedente alla data  delle  elezioni  per  la  loro  rinnovazione».
L'Avvocatura  generale  dello  Stato  inoltre   richiama   previsioni
analoghe - volte cioe' ad attribuire ai Consigli regionali, a partire
dal quarantacinquesimo giorno antecedente  la  data  delle  elezioni,
poteri limitati  agli  atti  indifferibili  ed  urgenti  -  contenute
nell'art. 9 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta 7 agosto
2007, n. 21 (Disposizioni in materia di  modalita'  di  elezione  del
Presidente della Regione e degli Assessori,  di  presentazione  e  di
approvazione  della  mozione  di  sfiducia  e  di  scioglimento   del
Consiglio regionale), nell'art. 29, comma 2,  della  legge  regionale
statutaria 8 marzo 2005, n. 1(  Statuto  della  la  Regione  Marche),
nonche' nell'art. 38, comma 5,  del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali). 
    Dall'insieme  delle  citate  previsioni  normative,  l'Avvocatura
generale dello Stato ritiene di poter trarre  un  principio  generale
dell'ordinamento secondo cui il consiglio regionale entra  in  regime
di prorogatio «a ridosso dello  svolgimento  delle  elezioni,  in  un
momento (dies a quo) che puo' essere individuato con la pubblicazione
del decreto  di  indizione  dei  comizi  elettorali,  ovvero  con  lo
scoccare dei quarantacinque giorni prima della scadenza  del  mandato
ovvero delle elezioni». 
    Da cio' deriverebbe, secondo la  difesa  statale,  che  la  legge
censurata, asseritamente approvata  l'8  aprile  2013,  cioe'  appena
tredici giorni prima dello svolgimento delle elezioni, indette per il
21 e 22 aprile, sarebbe stata adottata in regime  di  prorogatio,  in
assenza dei requisiti di urgenza  e  indifferibilita'  che  avrebbero
potuto giustificarne l'approvazione in prossimita' dell'elezione  del
nuovo consiglio. Al contrario,  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale
dello Stato, sia la struttura della legge, «consistente in una specie
di  previsione  omnibus  volta  a  regolamentare  aspetti  del  tutto
eterogenei», sia il contenuto delle sue disposizioni,  che  prevedono
una «amplissima concessione di  contributi»  e  «norme  di  carattere
"ordinamentale" che per definizione non possono non essere  eccedenti
l'ordinaria  amministrazione»,  legittimerebbero  il  dubbio  che  si
tratti  di  un  intervento  legislativo  con  finalita'  di  captatio
benevolentiae degli elettori e di sottrazione di poteri al  consiglio
regionale entrante.  Cio'  in  «palese  contrasto  con  il  principio
costituzionalmente  tutelato  della  rappresentativita'  e   con   il
rispetto della volonta' del corpo elettorale». 
    2.2.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  inoltre,
impugnato l'intera legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  5  del  2013
anche per  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione,  in
ragione della «tecnica redazionale» con la quale la legge  stessa  e'
stata predisposta, in «palese contrasto con il "manuale regionale  di
regole  e  suggerimenti  per  la  redazione  dei  testi   normativi",
approvato  dall'ufficio  di   presidenza   dello   stesso   consiglio
regionale.  Cio'  avrebbe  reso  «estremamente   difficoltoso   anche
comprendere  l'effettiva  portata  di   molte   fra   le   eterogenee
disposizioni contenute nella legge ai  fini  della  impugnazione  nei
ristretti termini previsti». 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in via subordinata,
ha  impugnato  singole  disposizioni  contenute  nella   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013. 
    3.1.- In primo luogo, e' impugnato l'art. 3,  comma  28,  che  ha
sostituito  l'art.  37-bis,  comma  1,  della  legge  della   Regione
Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative  al
riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e
di demanio  idrico)  con  il  seguente  «1.  Gli  interventi  di  cui
all'articolo 37, comma 1-bis, che comportano l'estrazione e l'asporto
di materiale litoide  sono  considerati  interventi  di  manutenzione
ordinaria e non sono subordinati a vincoli da parte  degli  strumenti
urbanistici. Il materiale  litoide  conseguente  a  tali  interventi,
sottoposto al  pagamento  di  canone,  costituisce  materia  prima  e
pertanto non e' assoggettato  al  regime  dei  sottoprodotti  di  cui
all'articolo 184-bis del decreto legislativo 152/2006 e  alle  regole
del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento  recante
la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo)». 
    Tale disposizione, ad avviso del ricorrente, interverrebbe in una
materia  -  la  «tutela  dell'ambiente»  -  che  non  rientra   nella
competenza   esclusiva   o   concorrente   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia ai sensi  degli  artt.  4  e  5  dello  statuto
speciale,  appartenendo,  invece,  alla  competenza  esclusiva  dello
Stato, in  base  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.
Inoltre, la disposizione  regionale  censurata,  nel  qualificare  il
«materiale litoide» come materia prima sottratta  al  regime  di  cui
all'art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, si porrebbe in contrasto
con l'art. 185, comma 4, del medesimo decreto, a mente del quale  «Il
suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale,
utilizzati in siti diversi da quelli  in  cui  sono  stati  escavati,
devono essere valutati ai sensi,  nell'ordine,  degli  articoli  183,
comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter». 
    3.2.- In secondo luogo, e' censurato l'art. 7, commi 1 e 2, della
legge reg. Friuli-Venezia  Giulia  n.  5  del  2013,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 76, comma 7,
del d.l. n. 112 del 2008. 
    Le disposizioni regionali impugnate, nel modificare i commi 27  e
28-bis dell'art. 12 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia 30 dicembre 2008, n. 17 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio pluriennale ed annuale della  Regione  -  Legge  finanziaria
2009), escludono le maggiori spese  di  personale  connesse  a  nuove
assunzioni relative alla realizzazione di cantieri di lavoro  di  cui
alla legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  31  dicembre
2012, n. 27 (Disposizioni per la formazione del bilancio  pluriennale
e annuale - Legge finanziaria 2013) dal calcolo dei limiti  di  spesa
per il personale previsti dal  predetto  art.  12  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2008. 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, cio'  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 76, comma 7, del  d.l.  n.  112  del  2008,  che
dispone  quanto  segue:  «E'  fatto  divieto  agli  enti  nei   quali
l'incidenza delle spese di personale e' pari o superiore  al  50  per
cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale  a
qualsiasi  titolo  e  con  qualsivoglia  tipologia  contrattuale;   i
restanti enti possono procedere ad assunzioni di  personale  a  tempo
indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa  corrispondente
alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo  delle
facolta'  assunzionali,  l'onere  per  le  assunzioni  del  personale
destinato allo svolgimento  delle  funzioni  in  materia  di  polizia
locale, di istruzione pubblica e del  settore  sociale  e'  calcolato
nella misura  ridotta  del  50  per  cento;  le  predette  assunzioni
continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle  spese  di
personale previsto  dal  primo  periodo  del  presente  comma».  Tale
disposizione,   ad   avviso   del   ricorrente,   porrebbe   principi
fondamentali in materia di finanza  pubblica,  come  riconosciuto  da
questa Corte con la sentenza n. 217 del 2012, che vincolano anche  le
Regioni a statuto speciale e che sarebbero stati violati dalle  norme
regionali impugnate. 
    3.3.- In terzo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato  anche  il  comma  3   dell'art.   7   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, per  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., in relazione all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78
del 2010. 
    La disposizione regionale censurata, nel  modificare  l'art.  13,
comma 16, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre
2009, n. 24 (Disposizioni per la formazione del bilancio  pluriennale
e annuale della Regione - Legge finanziaria 2010), ha introdotto  una
ulteriore ipotesi di deroga, relativa alla realizzazione di  cantieri
di lavoro di cui all'art. 9, commi da 127 a  137,  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 27 del 2012, al limite massimo di assunzioni
fissato dal predetto art. 13 della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia
n. 24 del 2009, pari ad un «contingente di  personale  la  cui  spesa
annua onnicomprensiva non superi il 20 per cento di  quella  relativa
alle cessazioni di personale a tempo indeterminato avvenute nel corso
dell'esercizio  precedente  e  non  gia'   riutilizzata   nel   corso
dell'esercizio stesso». 
    Ad avviso del ricorrente, tale previsione normativa  si  porrebbe
in contrasto con  i  principi  fondamentali  di  coordinamento  della
finanza pubblica posti dall'art. 9, comma 28,  del  d.l.  n.  78  del
2010.  Quest'ultima  disposizione,  infatti,   secondo   l'Avvocatura
generale dello Stato, stabilirebbe che le  amministrazioni  regionali
«possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni
ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'
nell'anno 2009», ammettendo deroghe solo a partire dal 2013,  per  le
assunzioni necessarie a garantire determinate funzioni e  nel  limite
della spesa complessiva sostenuta nel 2009. La disposizione regionale
censurata, ad avviso della difesa statale, violerebbe tale disciplina
di principio, «nella parte in cui estende le possibilita' di deroga a
casi  diversi  da  quelli  consentiti  dalla  disposizione   statale,
consentendo assunzioni senza il rispetto dei  limiti  della  "stretta
necessita'" di garantire le funzioni, senza  limitare  l'applicazione
"a decorrere dal 2013" e ignorando il tetto di spesa». 
    3.4.- In quarto luogo, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
ha impugnato l'art. 10, commi 1 e 2, della legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 5 del 2013, per violazione  dell'art.  4,  comma  1,  della
legge  cost.  n.  1  del  1963  e  degli  artt.  3,  51  e  97  della
Costituzione. 
    Tali disposizioni regionali,  ad  avviso  della  difesa  statale,
consentirebbero alla Regione di bandire concorsi pubblici con riserva
al personale interno di una quota di posti superiore al 50 per cento,
cosi' derogando in maniera  inammissibile  al  principio  di  accesso
all'impiego pubblico mediante procedure concorsuali aperte. 
    3.5.- Viene impugnato, infine, l'art. 10, comma  5,  della  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013,  per  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 9, comma 21, del  d.l.
n. 78 del 2010. 
    Secondo la difesa statale, la disposizione  regionale  censurata,
nel richiamare le norme del contratto collettivo integrativo relative
alle progressioni  orizzontali  e  al  conferimento  delle  posizioni
economiche, violerebbe il  principio  fondamentale  di  coordinamento
della finanza pubblica posto dall'art. 9, comma 21, del  d.l.  n.  78
del 2010, nella parte in cui essa «non precisa  che  il  conferimento
delle dette posizioni puo' avere esclusivamente  effetti  giuridici»,
come disposto dalla predetta disciplina statale interposta. 
    4.- Con atto depositato in data 18 luglio 2013, si e'  costituita
in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,  chiedendo  il
rigetto del ricorso. La Regione ritiene inammissibili o infondate sia
le censure rivolte all'intera legge impugnata,  sia  quelle  avanzate
contro specifiche disposizioni della stessa. 
    4.1.- Quanto alle prime, la Regione resistente esclude che  legge
censurata  sia  nel  suo  complesso  illegittima  per  essere   stata
approvata dal Consiglio regionale in regime di prorogatio, o comunque
in condizione di attenuazione dei propri poteri, o per  essere  stata
adottata con tecnica redazionale suscettibile di violare il principio
di leale collaborazione. 
    4.1.1.- La difesa regionale rileva, innanzitutto, che,  ai  sensi
dell'art. 14 dello statuto del Friuli-Venezia Giulia,  il  «Consiglio
regionale e' eletto per cinque anni»,  decorrenti  dalla  data  delle
elezioni e che, pertanto, il consiglio regionale eletto il  13  e  14
aprile 2008 e' scaduto  il  14  aprile  2013,  data  oltre  la  quale
potrebbe parlarsi di regime di prorogatio. Ma la  legge  censurata  -
osserva ancora la difesa regionale - e' stata approvata il  21  marzo
2013, cioe' «ben prima della scadenza dei cinque anni» e quindi  «dal
Consiglio  regionale  ancora  nel   quadro   della   propria   durata
ordinaria». A  sostegno  della  propria  tesi,  la  Regione  autonoma
richiama la giurisprudenza di questa Corte,  secondo  cui  l'istituto
della   prorogatio   «riguarda   solo    l'esercizio    dei    poteri
nell'intervallo fra la  scadenza,  naturale  o  anticipata,  di  tale
mandato, e l'entrata in carica del nuovo organo eletto» (sentenza  n.
196 del 2003). Tale pronuncia confermerebbe che non puo' parlarsi  di
prorogatio con riferimento al periodo antecedente alla  scadenza  del
mandato. Nello stesso senso deporrebbero  anche  l'art.  61,  secondo
comma, Cost., nonche' gli artt. 2 e 3  del  decreto-legge  16  maggio
1994, n. 293 (Disciplina della proroga degli organi  amministrativi),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1. Comma 1, della  legge  15
luglio 1994, n. 444. 
    4.1.2.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia contesta anche,
piu'  in  generale,  che  la  legge  regionale  censurata  sia  stata
approvata da  un  Consiglio  regionale  con  poteri  "attenuati",  in
considerazione  dell'imminente  svolgimento  delle  elezioni  per  il
rinnovo del Consiglio  stesso.  Ad  avviso  della  difesa  regionale,
infatti, il principio posto dall'art. 3,  comma  2,  della  legge  17
febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei  Consigli  regionali
delle Regioni a statuto normale), secondo cui  i  Consigli  regionali
«esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data
delle elezioni per la loro rinnovazione», si  applicherebbe  soltanto
alle Regioni a statuto ordinario e, peraltro,  solo  in  mancanza  di
disciplina  statutaria.  Al  contrario,  per  le  Regioni  a  statuto
speciale, troverebbe applicazione l'art. 4 della legge costituzionale
23 febbraio 1972, n. 1 (Modifica del termine stabilito per la  durata
in carica dell'Assemblea regionale siciliana e dei Consigli regionali
della Sardegna, della Valle d'Aosta,  del  Trentino-Alto  Adige,  del
Friuli-Venezia Giulia), che non  solo  non  attenuava  i  poteri  del
consiglio prima della scadenza, ma al contrario  li  prorogava  anche
oltre la scadenza. In ogni caso, la  difesa  regionale  osserva  che,
ora, la materia, rientrando nella «forma di  governo»,  e'  regolata,
per  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia   Giulia,   dalla   «legge
statutaria» n. 17 del 2007, la quale prevede espressamente  (art.  2)
che i poteri del Consiglio regionale siano prorogati, per l'ordinaria
amministrazione, fino all'insediamento del  nuovo  consiglio,  mentre
non prevede alcuna attenuazione dei  poteri  consiliari  prima  della
scadenza. Ne' si potrebbe giungere a diversa conclusione, secondo  la
difesa regionale, invocando la sentenza n.  68  del  2010  di  questa
Corte, con la quale  sono  state  dichiarate  illegittime  due  leggi
regionali  che,  a  differenza  di  quella  impugnata  nel   presente
giudizio,  erano  state  effettivamente  approvate   in   regime   di
prorogatio, cioe' dopo lo scioglimento del Consiglio regionale. 
    4.1.3.- Quanto all'asserita violazione  del  principio  di  leale
collaborazione, in ragione della tecnica  redazionale  impiegata  per
l'elaborazione della legge impugnata, la difesa  regionale  eccepisce
l'inammissibilita',  e  comunque   l'infondatezza,   della   censura,
osservando: che il "manuale regionale di regole e suggerimenti per la
redazione dei testi normativi" non puo' essere assunto a parametro di
legittimita' costituzionale; che comunque  il  ricorso  non  illustra
perche' e in quali parti la legge regionale contrasterebbe  con  tale
manuale; che il principio di leale collaborazione non si  applica  ai
procedimenti legislativi e non riguarda le regole di  drafting;  che,
in ogni caso, il rilievo e' generico. 
    4.2.-  Relativamente   alle   censure   riferite   a   specifiche
disposizioni della legge impugnata, la Regione resistente  eccepisce,
innanzitutto, l'infondatezza di quelle riferite all'art. 7, commi  1,
2 e 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013. 
    4.2.1.- Ad avviso della  difesa  regionale,  i  primi  due  commi
dell'art. 7 della legge impugnata non violerebbero l'art.  76,  comma
7, del d.l. n.  112  del  2008,  che  rappresenterebbe  un  parametro
interposto inconferente.  Tale  disposizione  statale  riguarderebbe,
infatti, le assunzioni di personale a tempo indeterminato, mentre  le
fattispecie cui si riferiscono le  disposizioni  regionali,  relative
all'utilizzo   di   disoccupati   nei   cantieri   di   lavoro,   non
concernerebbero  assunzioni  in  senso  proprio  e,   comunque,   non
costituirebbero assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre,  le  norme
regionali impugnate riguarderebbero la limitazione della spesa per il
personale, mentre la disposizione  statale  evocata  quale  parametro
interposto si riferirebbe alle assunzioni: le  prime,  pertanto,  non
pregiudicherebbero  in  alcun  modo  l'applicazione  della   seconda.
Infine, l'art. 7, comma 2,  inciderebbe  sui  limiti  alla  spesa  di
personale  degli  enti  non  sottoposti  alle  regola  del  patto  di
stabilita' interno, mentre la norma statale, evocata  come  parametro
interposto, presupporrebbe l'assoggettamento  degli  enti  locali  al
patto di stabilita'. 
    4.2.2.- E' infondata,  secondo  la  Regione  autonoma,  anche  la
censura riferita all'art. 7,  comma  3,  della  legge  impugnata,  in
relazione all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del  2010.  La  difesa
regionale rileva, innanzitutto, che la stessa norma  statale  precisa
che le disposizioni in essa dettate «costituiscono principi  generali
ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano
le regioni, le province autonome, gli enti  locali  e  gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale», con la conseguenza che il limite  alle
assunzioni  indicato   dalla   disposizione   statale   non   sarebbe
«direttamente operativo per le Regioni speciali». Inoltre, la Regione
resistente  eccepisce  che  il  limite  cui  deroga  la  disposizione
censurata e' diverso da quello  posto  dalla  norma  statale  evocata
quale parametro interposto: la disciplina regionale limiterebbe tutte
le assunzioni, ponendo un limite del 20 per cento riferito alle  sole
cessazioni di  personale  a  tempo  indeterminato,  mentre  la  norma
statale limiterebbe le sole assunzioni  a  tempo  determinato  o  con
contratto di collaborazione  coordinata  e  continuativa  ponendo  un
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'
nell'anno 2009; non avrebbe pertanto senso lamentare  le  difformita'
della norma regionale rispetto a quella statale, dal momento  che  la
prima si muoverebbe  in  un  contesto  diverso  di  limitazioni  alle
assunzioni,  senza  pregiudicare  l'applicazione  della  seconda.  La
difesa  regionale  aggiunge  che  la  norma  statale  indicata   come
parametro interposto pone limiti alla instaurazione  di  rapporti  di
lavoro, mentre la norma regionale si riferisce ad una  fattispecie  -
l'utilizzo di soggetti disoccupati nei cantieri di lavoro -  che  non
da' luogo ad un  rapporto  di  lavoro,  ed  eccepisce,  altresi',  la
specifica  infondatezza   della   censura   relativa   alla   mancata
limitazione temporale della deroga «a decorrere dal 2013», osservando
che la legge impugnata e' stata pubblicata il 10 aprile 2013. 
    4.2.3.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  eccepisce  poi
che le censure relative all'art. 7, commi 1, 2 e  3,  sono  infondate
anche sulla base di un diverso ordine di argomentazioni. 
    Innanzitutto, gli artt. 76, comma 7, del d.l. n. 122 del 2008,  e
9, comma 28, del  d.l.  n.  78  del  2010,  indicati  come  parametri
interposti, porrebbero divieti puntuali e non temporanei  e,  dunque,
alla luce della giurisprudenza costituzionale, sarebbero «inidonei ad
assurgere a principi fondamentali di coordinamento finanziario». 
    Inoltre, la Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  cosi'  come
questa Corte avrebbe riconosciuto in recenti  pronunce,  riferite  ad
altre Regioni a statuto speciale (sentenze n. 151, n. 173  e  n.  215
del 2012), non sarebbe soggetta ai  vincoli  finanziari  posti  dallo
Stato, in quanto essa concorrerebbe al raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica nei modi previsti dalla legge 13  dicembre  2010,
n. 220  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato-legge di stabilita' 2011), che hanno recepito
l'Accordo di Roma del 29 ottobre 2010 e, segnatamente, secondo quanto
disposto dall'art. 1, comma 132, della predetta  legge,  secondo  cui
«Per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a  statuto  speciale,
escluse la regione Trentino-Alto Adige  e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno
precedente, con il Ministro dell'economia e delle finanze il  livello
complessivo delle spese correnti e in  conto  capitale,  nonche'  dei
relativi pagamenti, in considerazione del  rispettivo  concorso  alla
manovra, determinato ai sensi del comma 131». Piu'  in  generale,  lo
Stato non potrebbe «vincolare  unilateralmente  la  spesa  regionale,
tanto piu' per voci  specifiche  di  spesa»,  in  quanto  i  rapporti
finanziari fra  Stato  e  Regioni  ad  autonomia  speciale  sarebbero
dominati dal metodo dell'accordo, di  cui  rappresentano  espressione
anche le norme della citata legge n. 220 del 2010  che  attribuiscono
alla  Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia   il   potere   di
coordinamento finanziario  rispetto  agli  enti  locali  del  proprio
territorio,  che  costituiscono  il  cosiddetto  «sistema   regionale
integrato». 
    4.3.- Secondo la Regione  resistente  Friuli-Venezia  Giulia,  le
censure relative all'art. 10, commi 1 e 2, della legge impugnata sono
infondate,  in  quanto  si  basano  su  un  equivoco.  La  disciplina
regionale censurata deve, infatti, interpretarsi, secondo  la  difesa
regionale, nel senso che le riserve di posti nei  concorsi  pubblici,
da essa previste sia per le progressioni di  personale  in  servizio,
sia per la stabilizzazione di personale a tempo determinato,  possono
interessare un numero complessivo di posti comunque non superiore  al
50 per cento di quelli messi a concorso. 
    4.4.- Infine, ad avviso della Regione  autonoma,  sono  infondate
anche  le  censure  riferite  all'art.  10,  comma  5,  della   legge
impugnata, in relazione all'art. 9, comma 21,  del  d.l.  n.  78  del
2010. Innanzitutto, tale norma statale, secondo la difesa  regionale,
limitando una specifica voce  di  spesa,  non  esprimerebbe  un  vero
principio di coordinamento della finanza  pubblica  e,  ove  pure  lo
esprimesse, esso non  vincolerebbe  comunque  la  Regione,  la  quale
concorre al raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica  nei
modi previsti dalla  legge  n.  220  del  2010  e  nel  rispetto  del
principio  dell'accordo.  In  secondo  luogo,  la   norma   regionale
censurata  riguarderebbe  graduatorie  di  progressioni   orizzontali
riferite agli anni 2008 e 2010, mentre la norma interposta statale si
riferisce alle progressioni di carriera «disposte  negli  anni  2011,
2012 e 2013»: il diverso  ambito  temporale  delle  due  disposizioni
escluderebbe dunque il contrasto  fra  le  stesse.  Ne',  secondo  la
difesa regionale,  la  disposizione  censurata  potrebbe  dichiararsi
illegittima in ragione della circostanza che l'art. 9, comma 21,  del
d.l. n. 78  del  2010  e'  stato  ricondotto  da  questa  Corte  alla
competenza esclusiva dello Stato in materia di  «ordinamento  civile»
(sentenze n. 3 del 2013 e n. 215 del 2012),  atteso  che  la  censura
prospettata nel ricorso invoca solo l'art. 117, terzo comma, Cost. e,
in base al  principio  della  corrispondenza  fra  il  chiesto  e  il
pronunciato, la norma impugnata non puo' essere annullata in base  ad
altro parametro non invocato. 
    5.-   In   prossimita'   dell'udienza,   la   Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria,  insistendo  per  il
rigetto del ricorso e precisando,  in  particolare,  con  riferimento
alla questione relativa  all'art.  10,  commi  1  e  2,  della  legge
regionale censurata, che l'art. 12, comma 29, lettera b) della  legge
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   26   luglio   2013,   n.   6
(Assestamento del bilancio 2013 e del bilancio  pluriennale  per  gli
anni 2013-2015 ai sensi dell'articolo 34  della  legge  regionale  n.
21/2007), ha  aggiunto  a  tale  disposizione  un  comma  2-bis,  che
chiarisce che «Il numero  di  posti  complessivamente  riservati  nei
concorsi pubblici ai sensi del comma 1 e della lettera a)  del  comma
2, non puo', comunque, essere superiore al 50 per cento di quello dei
posti messi a concorso». 
    6.- Nello stesso giorno in cui si e' svolta  l'udienza  pubblica,
la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia   ha   depositato   una
dichiarazione, firmata dal  direttore  del  servizio  organizzazione,
formazione, valutazione e relazioni sindacali della medesima Regione,
con la quale si «attesta che la norma contenuta nell'art. 10, commi 1
e 2 della legge regionale n. 5 del 2013 non ha avuto applicazione  se
non dopo l'entrata in vigore delle modifiche apportate alla  medesima
norma con l'art. 12, comma 29, lett. b) della legge  regionale  n.  6
del 2013». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 7-11 giugno 2013, depositato il  13  giugno  2013  e  iscritto  al
registro ricorsi n. 69 del 2013, ha impugnato la legge della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 8  aprile  2013,  n.  5  (Disposizioni
urgenti in materia di attivita' economiche, tutela ambientale, difesa
del  territorio,  gestione  del  territorio,  infrastrutture,  lavori
pubblici, edilizia e trasporti,  attivita'  culturali,  ricreative  e
sportive,  relazioni  internazionali   e   comunitarie,   istruzione,
corregionali all'estero, ricerca, cooperazione e famiglia,  lavoro  e
formazione professionale,  sanita'  pubblica  e  protezione  sociale,
funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali,  economici
e fiscali generali), nell'intero testo, per violazione degli artt. 12
e 14 della legge  costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  1  (Statuto
speciale  della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia),   della   legge
costituzionale 22  novembre  1999,  n.  1  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta  del  Presidente   della   Giunta   regionale   e
l'autonomia statutaria delle Regioni), degli artt. 121  e  122  della
Costituzione e dei principi fondamentali dell'ordinamento in tema  di
prorogatio, anche in relazione agli artt. 1 e  2  della  legge  della
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  18  giugno  2007,  n.   17
(Determinazione della forma di governo della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia e del sistema elettorale regionale, ai sensi dell'articolo  12
dello Statuto di autonomia), nonche' per violazione del principio  di
leale collaborazione. 
    1.1.-  In  via  subordinata,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha altresi' impugnato alcune specifiche  disposizioni  della
predetta  legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  5  del  2013,  che
riguardano materie e oggetti diversificati. Sono oggetto di  censura,
in particolare: l'art. 3, comma 28, per violazione degli artt. 4 e  5
della legge cost. n. 1 del  1963  e  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in relazione all'art. 185, comma  4,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale);
l'art. 7, commi 1 e 2, per violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133; l'art. 7, comma 3, per violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e  di  competitivita'  economica),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; l'art.  10,
commi 1 e 2, per violazione dell'art. 4, comma 1, della  legge  cost.
n. 1 del 1963 e degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; l'art. 10, comma 5, per
violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione all'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010. 
    2.-  Le  censure  riferite  all'intero  testo  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n.  5  del  2013  sono  inammissibili,  per  le
ragioni e nei termini di seguito precisati. 
    2.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  con  un'unica  e
articolata censura, lamenta, in  sostanza,  che  la  legge  impugnata
sarebbe stata approvata dal Consiglio  regionale  successivamente  al
decreto di indizione  delle  elezioni  e  a  ridosso  della  data  di
svolgimento delle stesse, in assenza dei  presupposti  di  urgenza  e
indifferibilita'  che   giustificherebbero   un   simile   intervento
legislativo nel periodo in questione. Cio' si porrebbe in  contrasto,
ad avviso del ricorrente, con diversi parametri costituzionali. 
    Innanzitutto, e  principalmente,  sarebbero  violati  i  principi
generali dell'ordinamento in tema di prorogatio  e,  in  particolare,
l'art. 2 della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  17  del  2007,
adottata ai sensi dell'art. 12 della legge cost. n. 1 del  1963,  che
limita espressamente i poteri del Consiglio regionale, in  regime  di
prorogatio,  alla  sola  ordinaria  amministrazione:  «I  poteri  del
Consiglio   regionale   [...]   sono   prorogati,   per   l'ordinaria
amministrazione, sino all'insediamento dei relativi nuovi organi». 
    Deve in proposito osservarsi  che  l'istituto  della  prorogatio,
come  ha  chiarito  questa  Corte,  riguarda,  in  termini  generali,
fattispecie in cui «coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici
rimangono in carica, ancorche'  scaduti,  fino  all'insediamento  dei
successori» (sentenza n. 208 del  1992).  Con  specifico  riferimento
agli organi elettivi, e segnatamente ai  consigli  regionali,  questa
Corte ha poi chiarito che  «L'istituto  della  prorogatio  [...]  non
incide [...] sulla durata del  mandato  elettivo,  ma  riguarda  solo
l'esercizio dei poteri nell'intervallo fra la  scadenza,  naturale  o
anticipata, di tale mandato, e l'entrata in carica del  nuovo  organo
eletto» (sentenza n.  196  del  2003).  E'  pacifico,  pertanto,  che
l'istituto in esame presuppone la scadenza,  naturale  o  anticipata,
del mandato del titolare dell'organo. Prima di tale scadenza, non  vi
puo' essere prorogatio. 
    Tuttavia, il Presidente del Consiglio dei  ministri  non  lamenta
affatto che la legge censurata  sia  stata  approvata  dal  Consiglio
regionale dopo la scadenza del  proprio  mandato.  Al  contrario,  lo
stesso Presidente del Consiglio dei ministri afferma  esplicitamente,
in particolare al punto 1.5. del ricorso, che «il Consiglio regionale
della Regione-Friuli Venezia Giulia e' [...] cessato con  il  decorso
del quinquennio, al 13 aprile 2013», ovvero dopo l'approvazione delle
legge impugnata (avvenuta, peraltro, in data 21 marzo 2013 e non gia'
in  data  8  aprile  2013,  come  erroneamente  riportato   nell'atto
introduttivo  del  presente  giudizio).  Pertanto,  la   censura   e'
inammissibile,  nella  misura  in  cui  invoca,  quali  parametri  di
legittimita' costituzionale,  norme  e  principi  che  riguardano  la
prorogatio: tali parametri non sono pertinenti, perche'  attengono  a
fattispecie strutturalmente  diverse  da  quella  cui,  nella  stessa
prospettazione del ricorrente, la censura si riferisce. 
    Neppure e' pertinente il  richiamo  al  diverso  principio  della
cosiddetta «prescadenza» dell'organo  elettivo,  quale  previsto,  in
particolare, dall'art. 3, comma 2, della legge 17 febbraio  1968,  n.
108 (Norme per la elezione dei Consigli  regionali  delle  Regioni  a
statuto normale). Tale disposizione- che era  applicabile  alle  sole
Regioni a statuto ordinario prima dell'entrata in vigore della  legge
cost. n. 1 del 1999 e ha successivamente conservato efficacia fino  a
quando  sostituita  dagli  statuti  regionali,  divenuti  competenti-
stabilisce che i Consigli regionali «esercitano le loro funzioni fino
al 46° giorno antecedente  alla  data  delle  elezioni  per  la  loro
rinnovazione» ed e' stata interpretata da questa Corte nel senso  che
i consigli regionali, a partire  da  tale  data  e  «fino  alla  loro
cessazione [...] dispongono di poteri attenuati confacenti alla  loro
situazione di organi in scadenza, analoga,  quanto  a  intensita'  di
poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (sentenza n.
468 del 1991; successivamente, sentenza n. 515 del 1995). 
    Tuttavia, contrariamente a quanto affermato  dal  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  l'art.  14  dello  Statuto  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, invocato sotto  tale  profilo  dal  ricorrente
come parametro, non  pone  un  simile  principio.  Tale  disposizione
statutaria  fissa,  infatti,  la  durata  in  carica  del   Consiglio
regionale e stabilisce come e quando le elezioni debbano svolgersi  e
debbano essere indette, prevedendo, in particolare, che  il  «decreto
di indizione delle elezioni  deve  essere  pubblicato  non  oltre  il
quarantacinquesimo  giorno  antecedente  la  data  stabilita  per  la
votazione». Ma la norma non concerne eventuali limiti ai  poteri  del
Consiglio regionale nella fase successiva  al  decreto  di  indizione
delle  elezioni,  per  cui   anch'essa   costituisce   un   parametro
costituzionale non pertinente rispetto alla censura  prospettata  dal
ricorrente,  la  quale  si  rivela,   anche   per   questo   profilo,
inammissibile.  Ne',  del  resto,  siffatti  limiti  ai  poteri   del
Consiglio regionale possono essere ricavati in via interpretativa  da
questa Corte, non essendo rinvenibile, nell'ordinamento della Regione
Friuli-Venezia Giulia e,  segnatamente,  nella  legge  regionale  che
determina la forma di governo della Regione  ai  sensi  dell'art.  12
dello Statuto del Friuli-Venezia  Giulia,  una  regolamentazione  dei
poteri del  Consiglio  regionale  nell'ipotesi  in  cui,  nella  fase
pre-elettorale, esso si trovi ancora nel corso del  proprio  mandato.
Al proposito, non puo' tuttavia non rilevarsi come una simile  lacuna
sia disarmonica rispetto all'esigenza di assicurare che il  consiglio
regionale, «nell'immediata vicinanza al  momento  elettorale»,  debba
«limitarsi  ad  assumere   determinazioni   del   tutto   urgenti   o
indispensabili» e «astenersi, al fine di assicurare una  competizione
libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere
interpretato come una forma di captatio benevolentiae  nei  confronti
degli  elettori»  (sentenza  n.  68  del  2010).  Tale  esigenza,  se
contribuisce a spiegare la necessaria  attenuazione  dei  poteri  del
Consiglio regionale dopo lo  scioglimento,  e  dunque  in  regime  di
prorogatio, si pone, tuttavia, anche nella diversa  ipotesi,  oggetto
del presente giudizio, in cui, pur dopo l'indizione  delle  elezioni,
il mandato del Consiglio regionale non  sia  ancora  scaduto.  Spetta
alla legge regionale, che determina la forma di governo della Regione
in virtu'  della  riserva  di  cui  all'art.  12  dello  Statuto  del
Friuli-Venezia Giulia, individuare la soluzione normativa piu' idonea
a salvaguardare la predetta esigenza,  in  ipotesi  introducendo  una
norma analoga a quella dell'art. 3, comma 2, della legge n.  108  del
1968, oppure prevedendo che il decreto di  indizione  delle  elezioni
disponga,  contestualmente,  anche  lo  scioglimento  del   Consiglio
regionale in carica  (con  conseguente  applicazione  del  regime  di
prorogatio), ovvero definendo altra  regolamentazione  adeguata  allo
scopo. In ogni caso, l'assenza di qualsiasi disciplina sul  punto,  e
la conseguente scelta di non limitare in alcuna forma, in prossimita'
dell'appuntamento elettorale, i poteri del  Consiglio  regionale  non
ancora scaduto, appare suscettibile di porsi in contrasto con  l'art.
12 dello statuto di autonomia, secondo cui  la  legge  regionale  che
determina la forma di governo della Regione deve  porsi  «in  armonia
con la Costituzione e i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica». 
    Neppure  sono  pertinenti,  infine,  gli   altri   parametri   di
legittimita' costituzionale invocati dal ricorrente e,  precisamente,
gli artt. 121 e 122 Cost. e la legge cost. n.  1  del  1999,  che  ha
modificato tali articoli della Costituzione. Le predette disposizioni
costituzionali si riferiscono, infatti, sotto il profilo  soggettivo,
alle Regioni a statuto ordinario e, comunque, anche sotto il  profilo
oggettivo, non dettano una disciplina  applicabile  alla  fattispecie
oggetto del presente giudizio;  ne',  d'altra  parte,  il  ricorrente
fornisce  alcuna  motivazione  specificamente  riferita  all'asserita
violazione dei predetti parametri costituzionali. Ne consegue che  la
censura e' inammissibile anche sotto tali, ulteriori, profili. 
    2.2.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  censurato
l'intero  testo  della  legge  impugnata  anche  per  violazione  del
principio di leale  collaborazione:  ad  avviso  del  ricorrente,  in
particolare, la «tecnica redazionale» impiegata  sarebbe  in  «palese
contrasto» con il «manuale regionale di regole e suggerimenti per  la
redazione dei testi normativi», approvato dall'ufficio di  presidenza
dello  stesso  Consiglio  regionale,  e  avrebbe  reso  «estremamente
difficoltoso anche comprendere l'effettiva portata di  molte  fra  le
eterogenee  disposizioni  contenute  nella  legge   ai   fini   della
impugnazione nei ristretti termini previsti». 
    La censura e' manifestamente inammissibile. Il  ricorrente,  come
ha giustamente eccepito la difesa regionale,  si  riferisce  in  modo
generico all'intera legge regionale, senza indicare  con  precisione,
ne' tantomeno motivare, le asserite  violazioni  di  una  fonte  che,
peraltro, non e' evidentemente  idonea  a  fungere  da  parametro  di
legittimita' costituzionale. 
    3.- L'inammissibilita' delle censure proposte in  via  principale
dal Presidente del Consiglio dei ministri, riferite all'intero  testo
della legge regionale  impugnata,  impone  di  esaminare  le  censure
proposte in via  subordinata  dal  medesimo  ricorrente,  relative  a
specifiche disposizioni della stessa legge. 
    4.- Preliminarmente, deve osservarsi  che,  successivamente  alla
proposizione del ricorso, alcune delle  disposizioni  censurate  sono
state modificate, per cui occorre accertare se tale jus  superveniens
abbia determinato la cessazione della materia del contendere  per  le
questioni proposte in riferimento a tali disposizioni. 
    4.1.- Deve essere dichiarata  la  cessazione  della  materia  del
contendere per la questione riguardante l'art. 10, commi 1 e 2, della
legge regionale impugnata n. 5 del 2013, relativamente  alle  riserve
di posti a personale interno  nei  concorsi  pubblici  banditi  dalla
Regione  autonoma   Friuli-Venezia   Giulia.   Successivamente   alla
proposizione del ricorso, l'art. 12,  comma  29,  lettera  b),  della
legge della Regione Friuli  Venezia  Giulia  26  luglio  2013,  n.  6
(Assestamento del bilancio 2013 e del bilancio  pluriennale  per  gli
anni 2013-2015 ai sensi dell'articolo 34  della  legge  regionale  n.
21/2007),    pubblicata    nel     Bollettino     Ufficiale     della
RegioneFriuli-Venezia Giulia del 31 luglio 2013, n. 31, ed entrata in
vigore il giorno successivo, ha aggiunto il comma  2-bis  all'art  10
della legge impugnata. Tale disposizione chiarisce che «Il numero  di
posti complessivamente riservati nei concorsi pubblici ai  sensi  del
comma 1 e della lettera a) del comma 2, non  puo',  comunque,  essere
superiore al 50 per cento di quello dei posti messi a  concorso».  In
sede di discussione in udienza pubblica, l'Avvocatura generale  dello
Stato ha preso atto che  le  norme  regionali  censurate  sono  state
modificate in  conformita'  ai  rilievi  sollevati  nel  ricorso.  La
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha  depositato,  nello  stesso
giorno in cui si e'  svolta  l'udienza  pubblica,  una  dichiarazione
ufficiale dei competenti uffici regionali, i quali attestano  che  le
norme censurate non hanno avuto alcuna applicazione  nel  loro  testo
originario, cioe' nella versione anteriore  alle  modifiche  ritenute
satisfattive dalla difesa statale. In tali condizioni,  sussistono  i
presupposti per dichiarare la cessazione della materia del contendere
per la questione relativa all'art. 10, commi 1 e 2, della legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013. 
    4.2.- Non puo' invece giungersi alla stessa  conclusione  per  la
questione relativa all'art. 3, comma 28, della  legge  impugnata,  in
materia di rifiuti. Tale  disposizione,  dopo  la  presentazione  del
ricorso, e' stata abrogata dall'art. 14, comma 1, lettera  a),  della
gia'  citata  legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  6  del   2013,
pubblicata  il  31  luglio  2013  ed  entrata  in  vigore  il  giorno
successivo. Essa e' tuttavia rimasta in vigore per circa tre  mesi  e
mezzo, nel corso dei quali la Regione non ha  escluso  che  la  norma
stessa abbia avuto applicazione: cio' impedisce di dichiarare cessata
la materia del contendere. 
    5.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 28, della legge censurata e' fondata. 
    5.1.- Tale disposizione ha sostituito il comma 1 dell'art. 37-bis
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n.  16
(Disposizioni relative al riassetto  organizzativo  e  funzionale  in
materia di difesa del suolo e  di  demanio  idrico),  disponendo,  in
particolare,  che  il  materiale  litoide  estratto  nell'ambito   di
interventi eseguiti nei corsi d'acqua «costituisce  materia  prima  e
pertanto non e' assoggettato  al  regime  dei  sottoprodotti  di  cui
all'articolo 184-bis del decreto legislativo 152/2006 e  alle  regole
del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento  recante
la disciplina dell'utilizzazione delle  terre  e  rocce  da  scavo)».
Secondo il ricorrente, il legislatore regionale avrebbe, in tal modo,
invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia  di
«tutela dell'ambiente», dettando una disciplina suscettibile di porsi
in contrasto, in particolare, con l'art. 185, comma 4, del d.lgs.  n.
152 del 2006, a mente del quale «Il suolo escavato non contaminato  e
altro materiale allo stato naturale, utilizzati in  siti  diversi  da
quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati  ai  sensi,
nell'ordine, degli articoli 183,  comma  1,  lettera  a),  184-bis  e
184-ter». 
    5.2.-  In  effetti,  la  disposizione  regionale  censurata,  nel
sottrarre una specifica materia all'ambito di applicazione  dell'art.
184-bis del cosiddetto codice dell'ambiente, incide sulla  disciplina
dei  rifiuti.   Pertanto,   essa   «invade   la   materia   riservata
all'esclusiva competenza statale della tutela dell'ambiente senza che
il  suo  contenuto  sia  rivolto  nell'unica   direzione   consentita
dall'ordinamento  al  legislatore   regionale,   ovvero   quella   di
innalzare,  eventualmente,  il  livello  di   tutela   dell'ambiente»
(sentenza n. 86 del 2014). Con specifico riferimento all'art. 184-bis
del  d.lgs.  n.  152   del   2006,   questa   Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di una disposizione legislativa della
Regione Friuli-Venezia  Giulia,  affermando  che  la  disciplina  del
trattamento dei sottoprodotti costituisce un  ambito  nel  quale  «e'
precluso al legislatore  regionale  qualsiasi  intervento  normativo»
(sentenze n. 70  del  2014  e  n.  300  del  2013).  La  disposizione
censurata nel presente giudizio interviene  nel  medesimo  ambito  e,
pertanto,   per   le   stesse   ragioni   deve   esserne   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale. 
    6.- Le questioni di legittimita' costituzionale relative all'art.
7, commi 1, 2 e 3, della legge impugnata, sono anch'esse fondate. 
    6.1.- Le norme regionali censurate sottraggono alla disciplina di
contenimento della spesa per il personale degli enti locali,  dettata
dal legislatore regionale ai fini del raggiungimento degli  obiettivi
di finanza pubblica, una particolare categoria di spese, cioe' quelle
previste dall'art. 9, commi da 127 a 137, della legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 2012, n. 27  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio pluriennale e  annuale  -  Legge  finanziaria
2013), collegate all'utilizzo di lavoratori  disoccupati  nell'ambito
di appositi «cantieri di lavoro» comunali, finanziati dalla Regione. 
    Ad avviso del ricorrente, le disposizioni censurate, in tal modo,
si porrebbero in contrasto con altrettanti principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica, dettati dal legislatore statale
al medesimo scopo di contenere le spese di personale, con conseguente
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Per  un  verso,  i  primi  due  commi  dell'art.  7  della  legge
censurata, nel prevedere che le  spese  per  l'utilizzo  di  soggetti
disoccupati  nei  «cantieri  di  lavoro»   non   rilevano   ai   fini
dell'applicazione dei commi 25 e 28.1 dell'art. 12 della legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2008, n.  17  (Disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione -
Legge finanziaria 2009), i quali impongono agli enti locali  obblighi
di contenimento delle spese di personale, si porrebbero in  contrasto
con il  principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  posto
dall'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, che  in  particolare
sanziona con il divieto di procedere ad  assunzioni  di  personale  a
qualsiasi titolo, e con qualsivoglia tipologia contrattuale, gli enti
locali le cui spese di personale superino la soglia del 50 per  cento
delle spese correnti. 
    Per  altro  verso,  il  terzo  comma  dell'art.  7  della   legge
impugnata, nel disporre che per l'utilizzo  di  soggetti  disoccupati
nei «cantieri di lavoro» possa derogarsi al  limite  posto  dell'art.
13, comma 16, della legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  30
dicembre 2009, n. 24 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
pluriennale e annuale della Regione -  Legge  finanziaria  2010),  il
quale fissa, in particolare, un limite massimo alla spesa  annua  per
assunzioni di personale, anche a  tempo  determinato,  contrasterebbe
con il  principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  posto
dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, il  quale  pone,  fra
l'altro, un analogo limite alla spesa per assunzioni di  personale  a
tempo determinato. 
    6.2.- Va innanzitutto  precisato  che  le  disposizioni  statali,
invocate dal ricorrente  quali  parametri  interposti,  hanno  subito
numerose modificazioni, anche successivamente alla presentazione  del
ricorso, che tuttavia non ne hanno alterato la sostanza normativa. 
    6.3.-  Deve  essere  poi  ribadito  che  entrambe   le   predette
disposizioni,  contrariamente  a  quanto   sostenuto   dalla   difesa
regionale,  costituiscono  pacificamente  principi  di  coordinamento
della finanza pubblica (da ultimo, sentenza n. 289 del 2013), di  cui
questa Corte ha  altresi'  affermato  l'applicabilita'  diretta  alle
Regioni a statuto speciale e,  segnatamente,  alla  Regione  autonoma
Friuli Venezia Giulia (da ultimo, sentenza n. 54 del 2014). 
    6.4.- Deve ancora osservarsi che le spese collegate  all'utilizzo
di  soggetti  disoccupati  nei  cantieri  comunali,  sottratte  dalle
disposizioni censurate all'applicazione  dei  limiti  alle  spese  di
personale previsti  dal  legislatore  regionale,  rientrano  a  pieno
titolo nell'ambito di  applicazione  di  entrambe  le  norme  statali
indicate dal  ricorrente  come  parametri  interposti.  Infatti,  con
riferimento a figure del tutto analoghe, previste dalla  legislazione
della Regione autonoma Sardegna, questa Corte ha di recente affermato
che «l'utilizzo di prestazioni lavorative per il tramite dei cantieri
di lavoro  ricade  de  plano  nell'ambito  della  disciplina  di  cui
all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010,  poiche'  rappresenta,
comunque, una forma di lavoro temporaneo del quale  l'amministrazione
si avvale, anche indirettamente, per  la  realizzazione  di  opere  o
attivita' di interesse pubblico locale» (sentenza n. 87 del 2014). La
formulazione dell'art. 76, comma 7, del  d.l.  n.  112  del  2008  e'
perfino piu' ampia e onnicomprensiva di quella dell'art. 9, comma 28,
del d.l. n. 78 del 2010. Non puo' esservi dubbio,  pertanto,  che  le
spese di personale  cui  si  riferiscono  le  disposizioni  regionali
censurate  rientrano  nell'ambito  di  applicazione  di  entrambi   i
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  invocati   dal
ricorrente, che sono diretti a  contenere  anche  tali  categorie  di
spese. 
    6.5.- Una volta stabilito, per un verso, che le due  disposizioni
statali volte a limitare la spesa di personale costituiscono principi
di  coordinamento  di  finanza  pubblica  applicabili  alla   Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia e,  per  altro  verso,  che  le  spese
collegate alle peculiari figure di personale cui  si  riferiscono  le
norme regionali censurate rientrano nell'ambito  di  applicazione  di
tali principi,  resta  da  verificare  la  sussistenza  dell'asserito
contrasto fra le norme regionali e i principi statali. 
    Al riguardo, a prescindere dal fatto, evidenziato  dalla  difesa,
che i limiti regionali alle spese di personale, cui  le  disposizioni
censurate derogano, sono  congegnati  in  modo  diverso  rispetto  ai
corrispondenti  limiti  posti  dalle  norme  statali  interposte,  va
ritenuto che l'asserito contrasto effettivamente sussista. 
    La deroga ai limiti posti dalla disciplina regionale  alle  spese
di personale, infatti, si risolve comunque, almeno indirettamente, in
un contrasto  con  i  corrispondenti  limiti  posti  dal  legislatore
statale  che,  pur  se  diversamente  congegnati,  hanno  la   stessa
finalita'. 
    In particolare, i primi due commi dell'art. 7, come  gia'  detto,
sottraggono le assunzioni nei cantieri di lavoro all'applicazione  di
norme  regionali  (art.  12,  commi  25  e  28.1,  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2008) che prevedono, per gli enti  le
cui spese di personale abbiano superato un certo tetto (30 per  cento
delle spese correnti), un obbligo  di  ridurre  tali  spese  rispetto
all'esercizio finanziario precedente o, per gli enti non soggetti  al
patto di stabilita', di contenere le  spese  di  personale  entro  il
limite del corrispondente ammontare del penultimo anno precedente. La
mancata soggezione a tale vincolo regionale di alcune  spese  per  il
personale si risolve, indirettamente, in un contrasto con l'art.  76,
comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, che pone un  divieto  generale  di
assunzioni di qualsivoglia genere, a carico degli enti le  cui  spese
di personale superino un analogo tetto  (50  per  cento  delle  spese
correnti), sempre allo scopo  di  contenere  l'ammontare  complessivo
della spesa di personale. 
    L'art. 7, comma 3, della legge impugnata  sottrae  le  assunzioni
nei cantieri di lavoro a norme regionali (art. 13,  comma  16,  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 24 del 2009) che limitano (anche)
le assunzioni a tempo determinato al 20 per cento del turn  over  (di
quelle a tempo indeterminato).  Anche  in  questo  caso,  la  mancata
applicazione di tale vincolo regionale si risolve, indirettamente, in
un contrasto con l'art. 9, comma 28, del d.l. n.  78  del  2010,  che
pone un analogo limite alla spesa per personale  precario,  la  quale
non puo' superare  il  50  per  cento  di  quella  sostenuta  per  le
corrispondenti finalita' nell'anno 2009, salvo specifiche  eccezioni,
in cui non rientrano le fattispecie cui si  riferisce  la  disciplina
censurata e che, comunque, non abiliterebbero a superare  l'ammontare
complessivo della spesa sostenuta  per  le  corrispondenti  finalita'
nell'anno 2009. 
    Ne' puo' convincere,  infine,  l'interpretazione  proposta  dalla
difesa regionale, secondo cui le  norme  censurate  avrebbero  inteso
sottrarre le assunzioni connesse ai  «cantieri  di  lavoro»  ai  soli
vincoli regionali, ferma pero' restando la diretta applicazione della
diversamente    congegnata    disciplina    statale:    una    simile
interpretazione  appare  in  contrasto   con   l'evidente   finalita'
perseguita dalle norme regionali  censurate,  chiaramente  rivolte  a
sottrarre le  assunzioni  presso  i  cantieri  di  lavoro  ai  limiti
complessivi di spesa per il  personale  posti  a  carico  degli  enti
locali dalla disciplina  di  finanza  pubblica,  sia  regionale,  sia
statale. 
    In  conclusione,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate dal ricorrente con riferimento all'art. 7, commi 1, 2 e  3,
sono fondate. 
    7.- E'  fondata,  infine,  anche  la  questione  di  legittimita'
costituzionale riguardante l'art. 10, comma 5, della legge impugnata,
in materia di progressioni professionali del personale regionale. 
    7.1.- Tale disposizione prevede, «In relazione alla necessita' di
valutare, ai  fini  dell'anzianita'  di  servizio,  anche  i  periodi
prestati con  rapporto  di  lavoro  a  tempo  determinato»,  che  «la
revisione delle graduatorie delle procedure attuative del disposto di
cui all'articolo 16 del contratto collettivo  integrativo  1998-2001,
area non dirigenziale del personale regionale, sottoscritto  in  data
11  ottobre  2007,  e  il  conseguente  conferimento  delle  relative
posizioni avviene salvaguardando, in ogni caso, quelle gia' conferite
e comunque nell'ambito delle risorse disponibili  nel  Fondo  per  la
contrattazione collettiva integrativa». 
    Secondo il ricorrente, tale previsione normativa, nella parte  in
cui «non precisa che il conferimento delle dette posizioni puo' avere
esclusivamente   effetti   giuridici»,   violerebbe   il    principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica posto  dall'art.
9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, ai  sensi  del  quale  «Per  il
personale contrattualizzato  le  progressioni  di  carriera  comunque
denominate ed i passaggi tra le  aree  eventualmente  disposte  negli
anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti  anni,  ai  fini
esclusivamente giuridici». 
    7.2.- Innanzitutto, va precisato  che,  contrariamente  a  quanto
asserito dalla difesa regionale, lo stesso art. 9, comma 21, del d.l.
n. 78 del 2010, ha natura di principio di coordinamento della finanza
pubblica vincolante anche per le Regioni a statuto  speciale.  Questa
Corte ha infatti recentemente affermato, proprio  in  riferimento  ad
una disposizione legislativa della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, impugnata per contrasto con l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
in relazione all'art. 9, comma 21, del  d.l.  n.  78  del  2010,  che
quest'ultima  disposizione  «vincola  le  Regioni,  anche  a  statuto
speciale, nei suoi aspetti di dettaglio, senza alcuna possibilita' di
deroga» (sentenza n. 3 del 2013). 
    Cio' posto, e' altresi' evidente che la norma regionale censurata
viola tale parametro interposto e rientra nell'ambito di applicazione
temporale dello stesso. L'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78  del  2010
si riferisce alle progressioni di carriera  «disposte»  nel  triennio
2011-2013.  Le  posizioni  economiche  cui  si  riferisce  la   norma
regionale, pur se attraverso una revisione delle graduatorie relative
ad  anni  precedenti,  sono  tuttavia  disposte  in   tale   periodo.
D'altronde, sotto il profilo sostanziale, la  norma  statale  intende
annullare l'effetto di incremento della spesa  connesso  a  decisioni
assunte  nel  periodo  di  riferimento:  se   fosse   consentito   al
legislatore  regionale  disporre   nuove   progressioni   agendo   su
graduatorie pregresse, sarebbe facile  l'elusione  del  principio  di
contenimento della spesa posto dal legislatore statale. 
    Deve essere pertanto dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 10, comma 5, della legge impugnata.