ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi  8,
9 e 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni  in
materia di Federalismo Fiscale Municipale), promossi dal Tribunale di
Napoli, sezione di Casoria, con ordinanza del 7  novembre  2013,  dal
Tribunale di Tivoli con due ordinanze del  17  dicembre  2013  e  dal
Tribunale  di   Palermo   con   ordinanza   del   20   giugno   2013,
rispettivamente iscritte ai numeri 68,  81,  82  e  92  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
numeri 20, 23 e 25, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Udito nella camera di consiglio del 5 novembre  2014  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 20 giugno 2013 (r.o.  n.  92  del
2014), il Tribunale di Palermo  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 42, 70, 76 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, del decreto  legislativo  14
marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in  materia  di  Federalismo  Fiscale
Municipale); 
    che la questione viene proposta in  riferimento  ad  «alcuni  dei
profili evidenziati dalla  parte  attrice»,  che  aveva  eccepito  il
«contrasto con gli artt. 70, 76, 24, 97, 102, 42, 53 e 3 della  Carta
Costituzionale»; 
    che il giudice a quo premette di essere chiamato  a  pronunciarsi
su un'azione di  risoluzione  del  contratto  di  locazione  concluso
successivamente all'entrata in vigore del predetto d.lgs. n.  23  del
2011 e  registrato  tardivamente  dalla  locatrice  a  seguito  della
denuncia  di  omessa  registrazione  da  parte  del  conduttore,  poi
oppostosi alla convalida sul presupposto di aver provveduto, appunto,
a  denunciare  l'omessa  registrazione  del  contratto  e   di   aver
corrisposto da quella data  il  canone  rideterminato  ai  sensi  del
richiamato comma 8; 
    che, rievocando il contenuto di  altra  ordinanza  di  rimessione
pronunciata dallo stesso  Tribunale,  il  giudice  rimettente  deduce
l'assenza, nella legge 5 maggio 2009, n. 42  (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), di principi o criteri direttivi  che  abilitassero  il
Governo ad adottare le misure oggetto di censura, e,  d'altra  parte,
sottolinea come  le  disposizioni  impugnate  tradiscano,  anzi,  gli
intendimenti  della  delega,  «sostituendo  al  canone  pattuito  dai
contraenti l'irrisorio importo commisurato al  triplo  della  rendita
catastale e riducendo in tal modo  la  base  imponibile  del  tributo
persino nelle ipotesi in cui sia stato  registrato  un  contratto  di
locazione per un canone inferiore a quello effettivo, ma  pur  sempre
superiore a quello  "sostitutivo"»,  con  conseguente  riduzione  del
gettito dell'imposta di registro e di quelle sul reddito; 
    che, inoltre, si ravviserebbe un contrasto con l'art. 2, comma 2,
lettera c), della predetta legge di delega, che  impone  il  rispetto
dei principi sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente,  tra
i quali quello secondo cui la violazione di norme tributarie non puo'
determinare la nullita' del contratto, che, invece, scaturirebbe  dal
meccanismo di sostituzione ex lege oggetto di censura, per di piu' in
assenza  di  qualsiasi  contestazione,  pur  prevista  dallo   stesso
statuto; 
    che sarebbe violato anche l'art. 42 Cost., in quanto  il  diritto
di proprieta'  verrebbe  sacrificato  attraverso  l'imposizione,  per
almeno quattro anni -  prorogabili,  in  determinate  condizioni,  di
altri quattro  -,  di  una  locazione  ad  un  canone  «assolutamente
irrisorio»; 
    che si lamenta anche la violazione dell'art. 3 Cost., dal momento
che, da un lato, la disciplina in questione si applicherebbe solo  ai
contratti di locazione per uso abitativo  e  non  a  quelli  per  uso
commerciale, pur essendo identici gli obblighi tributari e l'esigenza
di  contrastare  l'evasione,  e  che,  d'altro  lato,   il   previsto
«meccanismo» risulterebbe «"premiante" per i conduttori e  "punitivo"
per i locatori», generando una vistosa disparita' di trattamento  fra
parti pur ugualmente  obbligate  sul  piano  tributario,  tanto  piu'
quando la registrazione sia avvenuta d'ufficio e non  su  «delazione»
del conduttore; 
    che, inoltre, la  disciplina  in  questione,  estendendosi  «alle
ipotesi di "simulazione relativa  parziale"  del  contratto,  in  cui
viene  celata  all'Erario  soltanto  una  parte   del   corrispettivo
pattuito», determinerebbe l'equiparazione fra  situazioni  differenti
(evasione  totale  ed  evasione  parziale  dei   medesimi   tributi),
«riducendo cosi' l'entrata tributaria con nocumento  per  l'Erario  e
avvantaggiando il solo conduttore»; 
    che, con ordinanza del 7 novembre 2013 (r.o. n. 68 del 2014),  il
Tribunale di Napoli, sezione di Casoria - investito da una domanda di
sfratto per morosita' alla quale l'intimato si era opposto  deducendo
l'instaurazione di un rapporto locatizio a norma dell'art.  3,  comma
8, del d.lgs. n. 23 del 2011 - ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale del citato art. 3, commi 8 e 10, del d.lgs. n. 23  del
2011, per contrasto con gli artt. 3 e 76 Cost.; 
    che, analizzata la disciplina di cui alla normativa denunciata  e
sottolineato come la questione di legittimita' sia rilevante ai  fini
del decidere, il giudice rimettente osserva come  dall'analisi  delle
disposizioni di cui alla legge di delegazione n. 42 del  2009,  sulla
cui base e' stata adottata la disposizione oggetto  di  censura,  non
possa essere rinvenuta - in particolare negli articoli richiamati nel
preambolo  dello  stesso  d.lgs.  n.  23  del  2011  -  alcuna  norma
conferente delega relativamente agli  oggetti  poi  disciplinati  dal
decreto delegato; 
    che, in particolare, in  base  ai  previsti  principi  e  criteri
direttivi,  l'azione  di  contrasto  dell'evasione  fiscale  dovrebbe
avvenire tramite il ricorso a meccanismi  premiali  in  favore  delle
Regioni e degli enti locali che abbiano recuperato  gettito  mediante
la lotta  all'evasione,  ovvero  tramite  l'integrazione  delle  basi
informative a disposizione dei vari enti impositori,  non  risultando
previsto alcunche' a proposito della possibilita' di  introdurre  una
disciplina sanzionatoria  in  grado  di  incidere  sui  rapporti  tra
privati, «ponendo  nel  nulla  le  pattuizioni  da  questi  stabilite
nell'esercizio della loro autonomia contrattuale»; 
    che, inoltre, la norma  delegata  non  sarebbe  rispondente  alla
delega anche nella parte  in  cui  questa  ha  fatto  riferimento  al
rispetto  dei  principi  sanciti  dallo  statuto  dei   diritti   del
contribuente, il quale, all'art. 10, comma 3, della legge  27  luglio
2000, n. 212 (Disposizioni in materia  di  statuto  dei  diritti  del
contribuente), prevede che «Le violazioni di disposizioni di  rilievo
esclusivamente tributario non possono essere causa  di  nullita'  del
contratto»; 
    che sarebbe violato anche l'art. 3 Cost., in quanto la disciplina
censurata, da un lato, troverebbe applicazione solo in riferimento ai
contratti di locazione ad uso  abitativo  e  non  a  quelli  per  uso
diverso e, d'altro canto, genererebbe una disparita'  di  trattamento
tra locatore e conduttore, pur entrambi solidalmente  obbligati  alla
registrazione, sanzionando il primo e premiando il secondo; 
    che il Tribunale di Tivoli, con due  ordinanze  del  17  dicembre
2013, di contenuto pressoche' identico (r.o. numeri 81 e 82 del 2014)
- emesse nell'ambito di altrettanti giudizi di sfratto per morosita',
nei  quali  l'intimato  si  era  opposto  alla  convalida   deducendo
l'insussistenza della morosita' in virtu' della previsione oggetto di
denuncia -, ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  76  Cost.
(«per  eccesso  di  delega»  e  «contrasto  con   il   principio   di
ragionevolezza»), questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
3, comma 8, del d.lgs. n. 23 del 2011; 
    che la disposizione oggetto di censura non troverebbe rispondenza
in nessuna delle disposizioni dettate dalla legge di  delega,  mentre
una adeguata sanzione, operante sul piano civilistico, sarebbe quella
introdotta dall'art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre  2004,  n.
311  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), secondo  cui  sono
nulli i contratti di locazione che, ricorrendone i  presupposti,  non
siano stati registrati; 
    che la norma denunciata, inoltre, si caratterizzerebbe  per  «una
sua  intrinseca  irragionevolezza»,  in   quanto,   determinando   la
riduzione della base imponibile per calcolare l'imposta  di  registro
nonche' dell'ammontare del canone annuo,  finirebbe  per  danneggiare
proprio gli enti locali, in termini di minor gettito fiscale; 
    che verrebbe  al  tempo  stesso  a  generarsi  un  ingiustificato
beneficio per uno solo dei soggetti coobbligati all'adempimento della
registrazione, con conseguente disparita' di trattamento tra locatore
e conduttore, mentre, applicandosi la norma soltanto ai contratti  di
locazione  di  immobili   per   uso   abitativo,   si   realizzerebbe
un'ulteriore ingiustificata disparita'  di  trattamento  rispetto  ai
contratti di locazione di  immobili  per  uso  commerciale,  ove  «il
locatore sia una persona fisica che  effettua  la  locazione  non  in
regime di impresa o di lavoro autonomo»; 
    che, inoltre, applicandosi la sanzione di  nullita',  di  cui  al
citato art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004,  in  combinato
disposto  con  la  previsione   censurata,   «si   arriverebbe   alla
paradossale   e   contraddittoria   conclusione   di   un   contratto
insanabilmente nullo ed improduttivo di effetti, eccezion  fatta  per
la durata e per il canone di locazione, predeterminati dalla legge»; 
    che il canone commisurato sulla  rendita  catastale  risulterebbe
del tutto inadeguato «al  fine  di  assicurare  risultati  uniformi»,
senza che ne' le parti ne' il giudice possano  diversamente  disporre
quando il criterio imposto ex lege risulti «completamente  svincolato
dal  valore  dell'immobile»,  «dal  canone  di  mercato  e   risulti,
comunque, palesemente irrisorio, come nella fattispecie»; 
    che   il   previsto   «"regime    vincolistico"»    sbilancerebbe
«irragionevolmente il contemperamento tra i contrapposti  interessi»,
eccessivamente premiando i conduttori  ed  eccessivamente  punendo  i
locatori, senza «che sussista  alcun  ulteriore  obiettivo  interesse
pubblico, oltre quello di far emergere il  sommerso»,  peraltro  gia'
soddisfatto mediante l'applicazione delle previste sanzioni civili  e
tributarie. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Palermo  ha  sollevato,   in
riferimento agli artt. 3, 42, 70, 76 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 8  e  9,  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
Federalismo Fiscale Municipale); 
    che il Tribunale di Napoli,  sezione  di  Casoria,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale del citato art. 3, commi 8 e
10, del d.lgs. n. 23 del 2011, per contrasto con gli  artt.  3  e  76
Cost.; 
    che anche il Tribunale di Tivoli, con due ordinanze di  contenuto
pressoche' identico, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  76
Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8,
del d.lgs. n. 23 del 2011; 
    che, proponendo le ordinanze una medesima questione,  i  relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con un'unica pronuncia; 
    che, successivamente ai provvedimenti di rimessione, questa Corte
ha dichiarato, con la  sentenza  n.  50  del  2014,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011; 
    che ancora successivamente a quest'ultima pronuncia, la legge  23
maggio 2014, n. 80 (Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 28 marzo  2014,  n.  47,  recante  misure  urgenti  per
l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni  e  per  Expo
2015), convertendo, con  modificazioni,  il  decreto-legge  28  marzo
2014, n. 47 (Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato
delle costruzioni e per Expo 2015), ha stabilito, all'art.  5,  comma
1-ter, che «Sono fatti salvi, fino alla data del  31  dicembre  2015,
gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti  sulla  base  dei
contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e
9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23»; 
    che, alla luce di tale nuova disciplina, evidentemente  destinata
a regolare, in via  transitoria,  situazioni  giuridiche  connesse  a
contratti di  locazione  registrati  ai  sensi  di  disposizioni  poi
dichiarate costituzionalmente  illegittime,  occorre  che  i  giudici
rimettenti valutino se e in quali  termini  i  prospettati  dubbi  di
costituzionalita'  presentino  rilevanza  attuale   ai   fini   della
definizione dei giudizi a quibus; 
    che, d'altra parte, la censura dell'art. 3, comma 10,  del  d.lgs
n. 23 del 2011 appare  rivolta  verso  una  disposizione  che,  nella
prospettazione del giudice rimettente, risulta, in  ragione  del  suo
carattere  transitorio,   priva   di   effettiva   autonomia   quanto
all'oggetto del giudizio a quo. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.