ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della delibera del Senato  della  Repubblica  del  29
gennaio 2009 (doc. IV-quater, n. 5), relativa alla  insindacabilita',
ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,  delle
opinioni espresse dall'on.  Costantino  Garraffa  nei  confronti  del
dott. Stapino Greco, promosso dalla Corte d'appello  di  Palermo  con
ricorso depositato in cancelleria il 9 maggio 2014 ed iscritto al  n.
3 del registro  conflitti  tra  poteri  dello  Stato  2014,  fase  di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 5 novembre  2014  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza-ricorso del 4 marzo 2014,  depositata
il successivo 9 maggio, la Corte d'appello di Palermo, nel  corso  di
un giudizio civile per  il  risarcimento  dei  danni,  instaurato  da
Stapino Greco nei confronti  del  senatore  Costantino  Garraffa,  ha
sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, chiedendo
a questa Corte  di  dichiarare  che  non  spettava  al  Senato  della
Repubblica di affermare, con deliberazione del 29 gennaio 2009  (doc.
IV-quater, n. 5), che le dichiarazioni rese da  Costantino  Garraffa,
senatore  all'epoca  dei  fatti,  nei  confronti  di  Stapino   Greco
concernono  opinioni   espresse   da   un   membro   del   Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni, come tali insindacabili  ai  sensi
dell'art. 68, primo  comma,  della  Costituzione,  e  di  adottare  i
provvedimenti consequenziali; 
    che la Corte palermitana  -  investita  dell'appello  avverso  la
decisione di primo grado che, dopo aver sospeso il giudizio in attesa
della deliberazione del Senato ai sensi dell'art. 3  della  legge  20
giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione  dell'articolo  68
della  Costituzione  nonche'  in  materia  di  processi  penali   nei
confronti delle  alte  cariche  dello  Stato),  aveva  condannato  il
convenuto al risarcimento dei danni patiti dall'attore - espone che i
fatti oggetto del  giudizio  riguardano  le  dichiarazioni  rese  dal
Garraffa nel corso di una conferenza stampa tenutasi  il  3  novembre
2003; 
    che, in quell'occasione, il Garraffa affermo'  di  aver  ricevuto
una minaccia di morte da parte di un anonimo interlocutore telefonico
a  causa  dell'attivita'  di  controllo  svolta  sulla   contabilita'
dell'Ente  autonomo   Fiera   del   Mediterraneo,   aggiungendo,   in
particolare, alla presenza di numerosi giornalisti, che: «Non  e'  un
caso che la telefonata sia arrivata proprio il 1° novembre, cioe'  il
giorno seguente alla scadenza dell'incarico del commissario dell'Ente
Stapino Greco»; 
    che, ad avviso della Corte ricorrente, le  dichiarazioni  oggetto
del  procedimento  civile  non  potrebbero   essere   coperte   dalla
guarentigia di cui all'art. 68, primo  comma,  della  Costituzione  -
come, invece, ritenuto dal Senato della Repubblica con l'atto oggetto
del conflitto, facendo riferimento ad un'interrogazione  parlamentare
del senatore Garraffa del 3 ottobre  2003,  concernente  la  gestione
commissariale dell'ente, sotto il profilo finanziario e contabile, da
parte  del  Greco  -  non  potendosi  individuare,  alla  luce  della
giurisprudenza costituzionale  e  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo citata nel ricorso, uno specifico «nesso funzionale» tra le
dichiarazioni  rese  extra   moenia   e   l'attivita'   parlamentare,
ravvisabile solo se sussista una  corrispondenza  contenutistica  tra
l'atto parlamentare e detta manifestazione di pensiero; 
    che nel caso in esame non vi sarebbe  detta  corrispondenza,  non
controvertendosi, nel giudizio  civile,  sulla  valenza  diffamatoria
delle critiche  alla  gestione  dell'ente  formulate  con  la  citata
interrogazione  parlamentare,   bensi'   sull'implicito   riferimento
(«accostamento») all'appellato delle minacce di morte,  evidentemente
del tutto  estranee,  anche  perche'  successive,  all'interrogazione
stessa. 
    Considerato che in questa fase del giudizio,  a  norma  dell'art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1953,  n.  87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
la Corte e' chiamata  a  deliberare,  senza  contraddittorio,  se  il
ricorso sia ammissibile in quanto vi sia «materia di un conflitto  la
cui  risoluzione  spetti  alla  sua  competenza»,   sussistendone   i
requisiti soggettivo ed  oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni
ulteriore questione, anche in punto di ammissibilita'; 
    che la forma dell'ordinanza rivestita dall'atto introduttivo puo'
ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella
specie, gli estremi sostanziali di un valido ricorso (tra le  ultime,
ordinanze n. 161 del 2014 e n. 151 del 2013); 
    che, con riguardo al requisito  soggettivo,  va  riconosciuta  la
legittimazione  della  Corte  d'appello  di  Palermo   a   promuovere
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,  in  quanto  organo
giurisdizionale,  in  posizione  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita, competente a  dichiarare  definitivamente,  nell'esercizio
delle funzioni attribuitegli, la volonta' del potere cui appartiene; 
    che, parimenti, deve essere riconosciuta  la  legittimazione  del
Senato della Repubblica ad essere parte del presente conflitto, quale
organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volonta'
in ordine all'applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost.; 
    che, per quanto  attiene  al  profilo  oggettivo,  il  ricorrente
lamenta   la   lesione   della   propria   sfera   di   attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l'insindacabilita'
delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del  Parlamento  ai
sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte.