ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  87,  comma
1, lettera h), del decreto  del  Presidente  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol 1° febbraio 2005, n.  1/L  (Approvazione
del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed  elezione
degli organi delle amministrazioni comunali), promosso dal  Tribunale
regionale di giustizia  amministrativa  di  Trento  nel  procedimento
vertente tra Giuseppe Facchini  ed  altra  e  il  Comune  di  Pergine
Valsugana ed altri, con ordinanza del 14 febbraio 2014 iscritta al n.
98 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di intervento della Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige; 
    udito nella camera di consiglio del 18 novembre 2014  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di  Trento
dubita, in riferimento agli artt. 1, secondo comma,  3,  48,  secondo
comma, e 67 della  Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 87, comma 1, lettera h), del decreto del  Presidente  della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 1°  febbraio  2005,  n.
1/L  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi  regionali  sulla
composizione  ed  elezione   degli   organi   delle   amministrazioni
comunali), nella parte in cui dispone che, nelle elezioni dei  Comuni
con popolazione  superiore  a  3.000  abitanti,  se  la  lista  o  la
coalizione di liste collegate al candidato eletto sindaco  non  abbia
conseguito il 60 per cento  dei  seggi  del  consiglio  (detratto  il
seggio assegnato al sindaco),  ad  essa  venga  assegnato,  oltre  al
seggio del sindaco, il numero di  seggi  necessario  per  raggiungere
quella   consistenza,   con   eventuale   arrotondamento   all'unita'
superiore. 
    2.- Il rimettente premette di essere chiamato a pronunciarsi  sul
ricorso promosso da due cittadini elettori e candidati nelle elezioni
di Pergine Valsugana - Comune al di sopra dei 3.000 abitanti - contro
l'atto di proclamazione degli eletti al consiglio comunale. 
    Viene riferito che, all'esito delle elezioni,  la  coalizione  di
liste a sostegno del candidato eletto sindaco, conseguendo  il  27,03
per cento di voti, ha ottenuto 14 seggi, oltre a quello spettante  al
candidato sindaco eletto; tutte le altre liste,  invece,  pur  avendo
raggiunto complessivamente il 72,97 per cento di voti, hanno ottenuto
solo 7 seggi. In particolare, la coalizione di liste  dei  ricorrenti
ha conseguito un solo seggio, a fronte del 18,42 per cento dei voti. 
    Tale risultato abnorme sarebbe il frutto del meccanismo  premiale
fissato dal censurato art. 87, comma 1,  lettera  h),  ai  sensi  del
quale, nelle elezioni dei Comuni con popolazione  superiore  a  3.000
abitanti, se la lista o il gruppo di  liste  collegate  al  candidato
eletto sindaco non abbiano conseguito il 60 per cento dei  seggi  del
consiglio, viene loro assegnato, oltre al seggio del sindaco,  il  60
per  cento  dei  seggi,  con  eventuale   arrotondamento   all'unita'
superiore. 
    Siffatto meccanismo, non prevedendo alcuna soglia minima oltre la
quale far scattare il premio di maggioranza, sarebbe in contrasto con
il principio di eguaglianza dei cittadini e  del  voto,  nonche'  con
quello di rappresentanza democratica. 
    2.1.- Il TRGA ravvisa la  rilevanza  della  questione  osservando
che, ove la disposizione censurata fosse ritenuta  costituzionalmente
illegittima, anche l'impugnato atto di proclamazione degli eletti  al
consiglio comunale sarebbe illegittimo, in  quanto  fondato  su  tale
norma. 
    Il rimettente, inoltre, rileva come il giudizio principale  abbia
un petitum separato e distinto dalla questione di  costituzionalita',
sul quale esso e' competente a decidere. 
    2.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  il
TRGA ritiene che la norma regionale, non subordinando  l'attribuzione
del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia  minima  di
voti, e quindi trasformando una maggioranza relativa di voti -  anche
modesta, come nella fattispecie -  in  una  maggioranza  assoluta  di
seggi, finirebbe per determinare un'alterazione della  rappresentanza
democratica. 
    Il premio, inoltre, sarebbe irragionevole  e  incongruo,  perche'
non  assicurerebbe  del  tutto  la  governabilita'.  Esso,   infatti,
incentiverebbe il raggiungimento  di  accordi  tra  liste  anche  non
omogenee tra loro, al  solo  fine  di  accedere  al  premio,  ma  non
scongiurerebbe il rischio che, dopo le elezioni, la coalizione che ne
beneficia possa sciogliersi; o che uno o piu' partiti che ne facevano
parte se ne possano distaccare. 
    La disposizione censurata violerebbe,  infine,  il  principio  di
eguaglianza del voto, perche' il peso dei voti espressi per le  liste
perdenti risulterebbe assai inferiore rispetto a quello espresso alla
lista o coalizione vincente. 
    2.3.- A sostegno  delle  proprie  argomentazioni,  il  rimettente
riporta ampi stralci  della  sentenza  n.  1  del  2014  della  Corte
costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimita' di analoghe  norme
di legge sul premio di maggioranza per l'elezione  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica, deducendo che tale  pronuncia
si riferirebbe  a  una  normativa  statale  sovrapponibile  a  quella
regionale in contestazione. 
    2.4.- Secondo il TRGA, infine,  in  caso  di  accoglimento  della
questione, la declaratoria di illegittimita' costituzionale  dovrebbe
essere estesa, in via consequenziale, anche  all'art.  86,  comma  1,
lettera e), del medesimo testo unico, che, per le elezioni nei Comuni
con popolazione fino a 3.000 abitanti, prevede l'assegnazione dei due
terzi dei seggi alla lista collegata  al  candidato  alla  carica  di
sindaco che abbia ottenuto il maggior numero di voti. 
    3.- E' intervenuta in giudizio la Regione autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol,   chiedendo   che   la   questione   sia   dichiarata
inammissibile o comunque infondata. 
    3.1.- In via preliminare, la Regione illustra i tratti essenziali
del  sistema  elettorale  dei  Comuni  trentini,  sottolineando,   in
particolare, come - a differenza della legislazione  statale  -  tale
sistema non ammetta il voto disgiunto. 
    Osserva, inoltre, che, sebbene dall'ordinanza di rimessione e dal
ricorso  risulti  che  tra  gli   atti   «connessi,   presupposti   e
conseguenti»  a   quello   impugnato   rientri   anche   «l'atto   di
proclamazione del sindaco», ne' l'ordinanza  di  rimessione,  ne'  il
ricorso muovono alcuna contestazione contro l'elezione del sindaco. 
    Pertanto,  secondo  la  Regione,  tale  elezione  e'   pienamente
legittima e cio' che e' in discussione, tanto  nel  giudizio  a  quo,
quanto in quello di costituzionalita',  e'  solo  l'assegnazione  dei
seggi in consiglio comunale e la relativa disciplina. 
    3.2.-  Cio'  precisato,  la  Regione  deduce   in   primo   luogo
l'inammissibilita'  della  questione   per   erronea   e   incoerente
indicazione delle disposizioni impugnate, in quanto l'art. 87,  comma
1, lettera h), regolerebbe l'attribuzione di  seggi  al  primo  turno
elettorale, mentre la sua applicazione al secondo  turno  deriverebbe
dall'art. 87, comma 3. 
    Tale norma, a sua volta, rinvia al censurato art.  87,  comma  1,
lettera h). Tuttavia, secondo la Regione, cio' non renderebbe affatto
indifferente  l'individuazione   della   disposizione   oggetto   del
giudizio, in  quanto  nessun  dubbio  di  costituzionalita'  potrebbe
essere sollevato sul medesimo art. 87, comma 1, lettera h). 
    Esso, infatti, presupponendo che  al  primo  turno  un  candidato
sindaco e le liste ad esso collegate abbiano ottenuto piu' del 50 per
cento dei voti validi, gia' prevederebbe l'esistenza  di  una  soglia
minima ai fini dell'attribuzione del premio. 
    Di conseguenza, la questione di legittimita' avrebbe  ad  oggetto
una  norma  esente  da  dubbi  di   costituzionalita',   mentre   non
considererebbe  affatto  la  norma  -  relativa  al  ballottaggio   -
realmente applicata, la quale rinvia bensi' alla prima,  ma  richiede
di considerare altresi' la cifra elettorale delle liste «apparentate»
dopo il primo turno. 
    Secondo la  Regione,  inoltre,  il  TRGA  Trento  avrebbe  dovuto
censurare anche l'art. 70, comma 9, del d.P.Reg. n. 1/L del 2005,  in
base al quale «I seggi assegnati al consiglio  sono  attribuiti  alle
liste in proporzione ai voti conseguiti nel  primo  turno  elettorale
assicurando il 60 per  cento  dei  seggi  alla  lista  o  alle  liste
collegate nell'unico o nel secondo turno con il sindaco eletto». Cio'
confermerebbe l'inammissibilita' della  questione,  perche'  il  TRGA
censura una determinata norma, ma impugna una sola delle disposizioni
che la esprimono. 
    3.3.- La Regione deduce un secondo  profilo  di  inammissibilita'
relativo all'omessa considerazione  della  normativa  applicabile  in
caso di accoglimento e  all'ininfluenza  dell'eventuale  accoglimento
sull'esito del giudizio. 
    Viene ribadito che l'art. 70, comma 9, del d.P.Reg.  n.  1/L  del
2005, conduce allo stesso esito della norma impugnata. Ne', ad avviso
della Regione, il  richiamato  art.  70,  comma  9,  potrebbe  essere
annullato in via consequenziale,  in  quanto  avrebbe  dovuto  essere
autonomamente contestato. Sarebbe pertanto dubbio che  l'accoglimento
della questione incida sull'esito del giudizio a quo. 
    3.4.-  La  Regione,  infine,  deduce   l'inammissibilita'   della
questione per incostituzionalita' della normativa applicabile in caso
di accoglimento. 
    Ove si eliminasse la disposizione  che  assegna  alla  coalizione
vincente al primo o  al  secondo  turno  il  premio  di  maggioranza,
infatti, i seggi andrebbero  assegnati  alle  liste  in  base  ad  un
sistema rigidamente proporzionale. 
    Sicche', mentre in caso di elezione  al  primo  turno,  le  liste
collegate al sindaco avrebbero pur sempre la maggioranza  dei  seggi,
in quanto la loro  cifra  elettorale  coinciderebbe  con  quella  del
sindaco, in caso di elezione  del  sindaco  al  secondo  turno,  esse
avrebbero la minoranza dei seggi, dato che  verrebbe  considerata  la
cifra elettorale del primo  turno,  la  quale  -  per  definizione  -
sarebbe inferiore al 50 per cento dei voti. 
    Un simile risultato, ad avviso della Regione, disattenderebbe  il
senso stesso del voto, in quanto la scelta  maggioritaria  del  corpo
elettorale  al  ballottaggio  non  si  tradurrebbe   in   una   reale
maggioranza di governo. Ne  risulterebbe  l'irragionevolezza  di  una
disciplina  che  contemplasse  l'elezione  congiunta  di  sindaco   e
consiglieri, senza possibilita' di voto disgiunto, ma poi non facesse
corrispondere alla maggioranza del voto in sede di  ballottaggio  una
maggioranza consiliare. 
    L'omessa considerazione della normativa di  risulta,  dunque,  si
tradurrebbe  in  un  ulteriore  profilo  di  inammissibilita'   della
questione. 
    4.- Nel merito, la Regione  contesta,  in  primo  luogo,  che  la
normativa statale oggetto della sentenza di questa  Corte  n.  1  del
2014,  richiamata  dal  rimettente,  sia  sovrapponibile   a   quella
regionale oggetto di censura. 
    Quella normativa, infatti, si riferirebbe al  Parlamento,  questa
ai Comuni; quella  ad  elezioni  delle  sole  assemblee  legislative,
questa  all'elezione  contestuale  dell'esecutivo  e  del  consiglio;
quella a un'elezione al primo turno, questa al turno di ballottaggio. 
    Ad avviso della  Regione,  la  radicale  differenza  tra  le  due
discipline sarebbe stata confermata dal Consiglio di Stato allorche',
nella sentenza n. 4680 del 2013, ha ritenuto manifestamente infondata
la questione di costituzionalita' dell'art.  73,  comma  10,  secondo
periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali),  ossia  della  norma
statale che prevede un meccanismo di assegnazione di seggi analogo  a
quello oggetto del presente giudizio. 
    In  quell'occasione,  il   Consiglio   di   Stato   ha   respinto
l'assimilazione con le questioni di costituzionalita'  relative  alla
legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme  per  l'elezione
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), osservando,
tra l'altro, come i premi di maggioranza  previsti  per  le  elezioni
politiche  riguardino  sistemi  elettorali  a  turno  unico  e  siano
caratterizzati da schemi non raffrontabili con  i  sistemi  a  doppio
turno, come  quello  per  l'elezione  del  sindaco  e  del  consiglio
comunale. 
    Pertanto, secondo la Regione, la tesi del TRGA sarebbe  infondata
perche', altrimenti, ne sarebbe derivata anche l'illegittimita' della
norma del testo unico degli enti locali, ma il Consiglio di Stato  ha
negato una simile eventualita'. 
    4.1.- Ne' la censura relativa all'assenza di una soglia minima di
voti per l'attribuzione del  premio  sarebbe  congrua  rispetto  alla
legge regionale. Ad avviso della  Regione,  infatti,  l'elettore,  in
sede di ballottaggio, disporrebbe di un voto solo e  sceglierebbe  il
"pacchetto"  sindaco-liste  collegate  di  suo  gradimento.   Poiche'
risultano vincitori il sindaco e le  liste  collegate  che  riportano
piu' del 50 per cento dei voti, non sarebbe necessaria una  specifica
e ulteriore soglia minima. 
    D'altra parte, secondo la Regione, l'intera disciplina  regionale
sarebbe sorretta da  una  ratio  unitaria  e  ragionevole,  volta  ad
assicurare una maggioranza di seggi ad un sindaco  sostenuto  da  una
reale  maggioranza  di  elettori,  attraverso  il  divieto  di   voto
disgiunto e l'elezione di colui che superi il 50 per cento  dei  voti
validi al primo o al secondo turno. 
    4.2.- L'infondatezza della  questione  risulterebbe  anche  dalla
sentenza n. 107 del 1996, nella quale la Corte ha affermato come, ove
esista un collegamento tra candidato a sindaco  e  liste  e  non  sia
possibile il voto disgiunto, sia del tutto logico che la  maggioranza
assoluta dei voti dati ad un candidato sindaco implichi un premio  di
maggioranza per le liste ad esso collegate. 
    La piena legittimita' delle norme censurate si  apprezzerebbe,  a
contrariis, dalla palese irragionevolezza della normativa  risultante
dall'eventuale accoglimento della questione,  la  quale  prevederebbe
bensi' l'elezione congiunta di sindaco e consiglio,  ma  garantirebbe
al sindaco la minoranza in consiglio, tranne che in casi particolari. 
    4.3.- Quanto poi alle singole  censure,  la  Regione  deduce,  in
primo  luogo,  l'infondatezza  di  quella  relativa   alla   presunta
alterazione della rappresentanza democratica, in quanto il premio  di
maggioranza  verrebbe  assegnato  o  a  una  coalizione  che  ha   la
maggioranza assoluta dei votanti (al primo turno, dato che  la  cifra
elettorale della coalizione e quella del sindaco coincidono),  oppure
ad una coalizione che e' collegata, in sede di  ballottaggio,  ad  un
sindaco votato dalla maggioranza assoluta degli elettori votanti. 
    4.4.-  Del   pari   infondata   sarebbe   la   censura   relativa
all'irragionevolezza del premio in ragione del fatto che gli  accordi
preelettorali potrebbero in seguito  rompersi.  Secondo  la  Regione,
infatti, la disciplina regionale assicurerebbe comunque la stabilita'
attraverso il meccanismo del simul stabunt simul cadent;  e  in  ogni
caso, le vicende politiche che possono intervenire dopo  le  elezioni
non sarebbero "imputabili" alla norma censurata, ma alle norme  sulla
forma  di  governo  dei  Comuni,  che  non  vengono  contestate   dal
rimettente. 
    4.5.- Ne' la norma  regionale  violerebbe  il  principio  di  cui
all'art.  48  Cost.,  in  quanto  l'assegnazione  di  un  premio   di
maggioranza alle liste collegate al sindaco vincente al  ballottaggio
sarebbe del tutto coerente con la logica di questo tipo di elezione e
con la stessa volonta'  della  maggioranza  degli  elettori,  essendo
altresi' strumentale ad assicurare la funzionalita'  complessiva  del
Comune. 
    4.6.- La Regione, infine, deduce l'infondatezza  della  questione
di legittimita' costituzionale in via  consequenziale  dell'art.  86,
comma 1, lettera  e),  perche',  non  essendovi  ragione  per  alcuna
pronuncia di illegittimita' costituzionale, non  vi  sarebbe  neppure
ragione per alcuna pronuncia in via consequenziale. 
    Ma anche ammettendo che l'art.  87,  comma  1,  lettera  h),  sia
costituzionalmente illegittimo, non vi sarebbe ugualmente ragione per
una  declaratoria  di  incostituzionalita'  in  via   consequenziale,
perche' l'ipotetica illegittimita' costituzionale dell'art. 86, comma
1,   lettera   e),   non   deriverebbe    «per    coerenza    logica»
dall'annullamento del censurato art. 87,  comma  1,  lettera  h),  ma
sussisterebbe in modo del tutto autonomo e dovrebbe  pertanto  essere
autonomamente dichiarata al ricorrere dei necessari presupposti. 
    La Regione rileva altresi' che la norma in questione, vale a dire
l'art. 86, comma 1, lettera e), corrisponde in tutto e per tutto alla
disciplina  statale  relativa  ai  Comuni  fino  a  15.000  abitanti.
Pertanto, se  si  dovesse  accogliere  il  criterio  della  «coerenza
logica»,  bisognerebbe  annullare  in  via  consequenziale  anche  la
disciplina statale. 
    Infine, secondo la Regione, il  premio  di  maggioranza  previsto
dall'art. 86 si  giustificherebbe  anche  autonomamente,  in  ragione
dell'esiguo numero di consiglieri presenti nei Comuni  fino  a  3.000
abitanti e dell'esigenza di assicurare  la  governabilita'  anche  in
queste piccole comunita', evitando  che  un  solo  consigliere  possa
condizionarne in modo determinante la vita politica. 
    5.- Con una memoria depositata in  prossimita'  della  camera  di
consiglio, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige ha insistito nelle
conclusioni gia' rassegnate nell'atto di intervento, ribadendo che le
disposizioni  regionali  contestate  attribuiscono   un   premio   di
maggioranza esclusivamente a candidati e partiti, o  coalizioni,  che
al primo o al secondo turno abbiano il 50  per  cento  piu'  uno  dei
voti. Tali norme, dunque, si limitano a  rafforzare  una  maggioranza
effettiva, senza determinarla. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di  Trento
dubita della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  87,  comma  1,
lettera  h),  del  decreto  del  Presidente  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol 1° febbraio 2005, n.  1/L  (Approvazione
del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed  elezione
degli organi delle amministrazioni  comunali),  nella  parte  in  cui
dispone che, nelle elezioni dei Comuni con  popolazione  superiore  a
3.000 abitanti, se la lista o la coalizione  di  liste  collegate  al
candidato eletto sindaco non abbia conseguito il  60  per  cento  dei
seggi del consiglio (detratto il seggio  assegnato  al  sindaco),  ad
essa venga assegnato, oltre al seggio del sindaco, il numero di seggi
necessario  per  raggiungere  quella   consistenza,   con   eventuale
arrotondamento all'unita' superiore. 
    Tale disposizione violerebbe l'art.  3,  congiuntamente  con  gli
artt. 1, secondo comma, e  67  della  Costituzione,  in  quanto,  non
subordinando   l'attribuzione   del   premio   di   maggioranza    al
raggiungimento di una soglia minima di voti e,  quindi,  trasformando
una  maggioranza  relativa  di  voti,  anche   modesta   come   nella
fattispecie, in una maggioranza  assoluta  di  seggi,  finirebbe  per
determinare un'alterazione della rappresentanza democratica. 
    Essa,  inoltre,  avrebbe  introdotto   un   meccanismo   premiale
irragionevole e incongruo, inidoneo ad assicurare la  governabilita',
perche' incentiverebbe il raggiungimento di accordi tra  liste  anche
non  omogenee,  al  solo  fine  di  accedere  al   premio,   ma   non
scongiurerebbe il  rischio  che,  dopo  le  elezioni,  la  coalizione
beneficiaria del premio possa sciogliersi, o che uno dei partiti  che
ne faceva parte se ne distacchi. 
    Tale modalita' di attribuzione del premio,  inoltre,  sarebbe  in
contrasto con il principio di uguaglianza del voto, poiche'  il  peso
dei voti espressi per le liste perdenti risulterebbe assai  inferiore
a quello espresso per la lista o colazione  vincente,  in  violazione
dell'art. 48, secondo comma, Cost. 
    2.-  In  via  preliminare,  vanno  esaminate  le   eccezioni   di
inammissibilita' della questione  sollevate  dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige. 
    2.1.- Secondo la Regione, la questione sarebbe inammissibile,  in
primo luogo, per erronea ed incoerente indicazione delle disposizioni
impugnate,  in  quanto  l'art.  87,  comma  1,  lettera  h),   regola
l'attribuzione dei seggi al primo turno, mentre la  sua  applicazione
al secondo turno deriva dall'art. 87, comma 3. 
    2.1.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    E' bensi' vero che  l'art.  87,  comma  3,  lettera  c),  insieme
all'art.  70,  comma  9,  riguarda  l'assegnazione   dei   seggi   al
ballottaggio; tale disposizione, tuttavia, richiama, a  questo  fine,
quelle di cui alle lettere g), h), i) e  l)  del  comma  1  e  dunque
prevede  l'applicazione  delle  medesime  regole   che   disciplinano
l'assegnazione dei  seggi  al  primo  turno,  salvo  considerare  gli
eventuali, ulteriori, apparentamenti che siano  stati  effettuati  in
vista del ballottaggio. 
    In particolare, risulta dal verbale delle operazioni dell'Ufficio
centrale per la votazione di ballottaggio che,  nel  caso  in  esame,
l'attribuzione del 60 per cento dei seggi al  consiglio  e'  avvenuta
proprio ai sensi dell'art. 87, comma 1, lettera h), ossia della norma
censurata dal rimettente. 
    Ne consegue che, in ragione del richiamo contenuto  al  comma  3,
lettera c), la questione investe l'art. 87, comma 1, lettera h),  non
di per  se',  ma  in  quanto  applicato  al  secondo  turno.  Di  qui
l'ammissibilita' della questione. 
    2.2.- Ad avviso della  Regione,  la  questione  sarebbe  altresi'
inammissibile per omessa considerazione della  normativa  applicabile
in caso di accoglimento e per ininfluenza dell'eventuale accoglimento
sull'esito del giudizio, in quanto l'art.  70,  comma  9,  del  testo
unico, conduce allo stesso risultato della norma impugnata. 
    2.2.1.- Anche tale eccezione non e' fondata. 
    Ed invero la Regione, nell'evocare l'art. 70, comma 9,  ai  sensi
del quale «I seggi assegnati al consiglio sono attribuiti alle  liste
in  proporzione  ai  voti  conseguiti  nel  primo  turno   elettorale
assicurando il 60 per  cento  dei  seggi  alla  lista  o  alle  liste
collegate nell'unico o nel secondo  turno  con  il  sindaco  eletto»,
omette tuttavia  di  precisare  che  tale  disposizione,  al  secondo
periodo, stabilisce che «L'attribuzione dei seggi alle liste  avviene
secondo le modalita' stabilite all'articolo 87». 
    Anche in questo caso, dunque,  il  rinvio  all'art.  87,  operato
dall'art. 70, comma 9, consente di ritenere che il  rimettente  abbia
correttamente appuntato le sue censure sulla norma di cui  deve  fare
in concreto applicazione. 
    Ne' l'art. 70, comma 9, sarebbe tale  da  determinare  lo  stesso
risultato  della  norma   censurata,   rendendo   cosi'   ininfluente
l'eventuale accoglimento della questione relativa all'art. 87,  comma
1, lettera h), giacche'  in  caso  di  annullamento  di  quest'ultima
disposizione, verrebbero meno le modalita' con  le  quali  lo  stesso
art. 70, comma 9, richiede che siano attribuiti i seggi alle liste  e
dunque mancherebbe  il  presupposto  stesso  per  l'operativita'  del
richiamato art. 70, comma 9. 
    2.3.- Un terzo profilo di inammissibilita' viene ravvisato  dalla
Regione nell'incostituzionalita' della disciplina applicabile in caso
di accoglimento, per l'irragionevolezza della normativa  di  risulta,
che attribuirebbe al sindaco eletto al ballottaggio la  minoranza  in
consiglio comunale. 
    2.3.1.- Neanche tale eccezione puo' essere accolta. 
    Nel nostro sistema incidentale di costituzionalita', il giudice a
quo deve illustrare le  ragioni  che  lo  portano  a  dubitare  della
costituzionalita' della norma di cui deve fare  applicazione,  mentre
spetta alla Corte il compito ultimo di interpretare la Costituzione e
di valutare le conseguenze  che  potrebbero  derivare  dall'eventuale
accoglimento della questione. 
    Pertanto, l'eccezione non e' fondata poiche'  essa  «attiene,  in
realta',  non  al  preliminare  profilo   dell'ammissibilita'   della
questione promossa, ma a quello, successivo, del merito della stessa»
(sentenza n. 199 del 2014). 
    3.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    3.1.- Il TRGA ritiene che la normativa  regionale  in  esame  sia
sovrapponibile   a   quella   statale   che   e'   stata   dichiarata
costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 1 del 2014 di questa
Corte, al  punto  da  richiamare  a  sostegno  dei  propri  dubbi  di
legittimita' ampi passaggi di quella decisione. 
    Ma il presupposto da cui muove il giudice a quo non  puo'  essere
condiviso, stante  la  netta  diversita'  delle  due  discipline.  La
normativa statale oggetto della richiamata sentenza  n.  1  del  2014
riguarda l'elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive
al livello piu' elevato della sovranita' popolare  in  una  forma  di
governo parlamentare.  La  legge  regionale  impugnata  riguarda  gli
organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioe' il  sindaco  e  il
consiglio comunale, titolari di una limitata potesta'  di  normazione
secondaria e dotati ciascuno di una propria legittimazione elettorale
diretta. La legge statale, inoltre, disciplina  un'elezione  a  turno
unico, mentre quella regionale prevede il doppio  turno,  secondo  il
modello della disciplina  elettorale  del  TUEL.  La  legge  statale,
infine, fa riferimento, per l'attribuzione del premio di maggioranza,
ad una sorta di collegio  unico  nazionale,  che  ha  dimensioni  non
comparabili a quelle dei Comuni regolati dalla legge regionale. 
    3.1.1.- Valutando la legittimita'  costituzionale  dell'art.  73,
comma 10, secondo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali),  il
Consiglio di Stato ha di recente ritenuto manifestamente infondata la
relativa questione ed  ha  osservato  come  i  premi  di  maggioranza
previsti per le elezioni  politiche  riguardino  «sistemi  elettorali
fondati  su  turno  unico   e   dunque   caratterizzati   da   schemi
assolutamente non  raffrontabili  con  sistemi  elettorali  a  doppio
turno» (sentenza n. 4680 del  2013).  Inoltre,  secondo  la  medesima
decisione,  rientra  nella  discrezionalita'  del   legislatore   che
disciplina   le   elezioni   locali   bilanciare   l'interesse   alla
rappresentanza politica e quello alla governabilita', alla  luce  dei
possibili rapporti tra il  candidato  sindaco  e  le  liste  ad  esso
collegate. 
    Queste conclusioni sono condivisibili e, ancorche'  formulate  in
riferimento alla norma statale che, nei Comuni al di sopra dei 15.000
abitanti, attribuisce un premio del 60 per cento dei seggi alla lista
o al gruppo di liste collegate al sindaco eletto al ballottaggio, ben
possono essere replicate con riguardo alla norma regionale censurata. 
    3.1.2.- Il d.P.Reg. l° febbraio 2005, n.  1/L,  infatti,  modella
l'elezione dei Comuni trentini al di sopra  dei  3.000  abitanti  sul
sistema elettorale previsto dal TUEL per i Comuni  al  di  sopra  dei
15.000, con due soli elementi di  differenziazione:  la  legislazione
regionale non prevede il voto disgiunto, che e'  invece  ammesso  dal
TUEL, e, a differenza di quella statale, ha introdotto  una  clausola
che fissa, in ogni caso, a non piu' del 70 per  cento,  la  quota  di
seggi assegnati  alla  lista  o  al  gruppo  di  liste  collegate  al
candidato eletto sindaco. 
    La mancata previsione  del  voto  disgiunto  fa  si'  che,  nella
legislazione trentina, la cifra elettorale del sindaco e quella delle
liste a lui collegate coincidano: ai sensi  dell'art.  87,  comma  1,
lettera c), infatti, la cifra elettorale di ciascuna lista  o  gruppo
di liste  collegate  e'  «costituita  dalla  somma  dei  voti  validi
riportati al primo  turno,  in  tutte  le  sezioni  del  comune,  dal
candidato alla carica di sindaco collegato». 
    Per queste ragioni, il censurato art. 87, comma 1, lettera h),  a
differenza dell'omologa norma statale di cui all'art. 73,  comma  10,
del TUEL, non prevede la soglia minima del 40 per cento dei voti, che
la lista o il gruppo di liste collegate al candidato  sindaco  eletto
al primo turno devono raggiungere per poter ottenere il premio del 60
per cento. In assenza del voto disgiunto,  infatti,  anche  le  liste
collegate al sindaco eletto al primo turno, hanno,  per  definizione,
superato il 50 per cento dei voti. 
    Ne'  vi  e'  bisogno,  in  Trentino-Alto  Adige,   di   escludere
l'assegnazione del premio di maggioranza nel  caso  in  cui  un'altra
lista o gruppo di liste abbia gia' superato, al primo  turno,  il  50
per cento dei voti validi, secondo quanto disposto dal medesimo  art.
73, comma 10, del TUEL. Neppure questa evenienza,  infatti,  potrebbe
verificarsi in mancanza di voto disgiunto. 
    3.1.3.- Al di la' di queste differenze, tuttavia,  il  meccanismo
premiale previsto dal  legislatore  regionale  e'  analogo  a  quello
contemplato  dalla  gia'  ricordata  disposizione  statale,  il   che
conferma  che  neppure  per  esso  possono  ravvisarsi   ragioni   di
assimilazione con le questioni di costituzionalita' di cui alla legge
n. 270 del 2005. 
    3.2.- Questa Corte ha gia' affermato, con riferimento ad elezioni
di tipo amministrativo, che le votazioni al primo e al secondo  turno
non sono comparabili ai fini dell'attribuzione del premio. 
    Infatti, «Nel turno di ballottaggio [...] la  prospettiva  cambia
sensibilmente. Non c'e'  piu'  la  possibilita'  di  voto  disgiunto,
perche' si vota soltanto il candidato sindaco collegato ad una o piu'
liste. L'elettore quindi non  puo'  piu'  esprimere  il  consenso  al
candidato, contemporaneamente, pero', bocciando il  collegamento  dal
medesimo  prescelto:   la   sua   manifestazione   di   volonta'   e'
necessariamente unica e  quindi  piu'  non  sussiste  alcun  ostacolo
intrinseco a valorizzare il collegamento  -  nuovamente  espresso  in
questo secondo turno mediante l'abbinamento grafico tra il  nome  del
candidato sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate - al  fine
di introdurre un piu' rigido  effetto  di  trascinamento  attribuendo
alla lista collegata al sindaco la  maggioranza  assoluta  dei  seggi
nella percentuale del 60% come premio di  maggioranza»  (sentenza  n.
107 del 1996). 
    Le medesime considerazioni valgono rispetto al sistema elettorale
trentino. Ai sensi dell'art. 70, comma 7, del  d.P.Reg.  1°  febbraio
2005, n. 1/L, infatti, «La scheda  per  il  ballottaggio  riporta  il
cognome e il nome dei candidati alla carica di sindaco ed  i  simboli
delle liste collegate». Dunque,  anche  in  Trentino-Alto  Adige,  il
legislatore regionale ha valorizzato il collegamento  tra  sindaco  e
liste a lui collegate, attraverso l'abbinamento grafico, nella scheda
per il ballottaggio, tra il nome del candidato sindaco ed  i  simboli
di tali liste. 
    Nel dare  il  proprio  voto  al  sindaco,  la  manifestazione  di
volonta' dell'elettore e' espressamente  legata  alle  liste  che  lo
sostengono e cio' giustifica l'effetto di trascinamento che  il  voto
al sindaco determina sulle liste a lui collegate  con  l'attribuzione
del premio del 60 per cento dei seggi. 
    Il  meccanismo  di  attribuzione  del  premio  e  la  conseguente
alterazione della rappresentanza non sono pertanto irragionevoli,  ma
sono funzionali alle esigenze di governabilita' dell'ente locale, che
nel turno di ballottaggio vengono piu' fortemente in rilievo. 
    3.3.- Tale meccanismo neppure lede il  principio  di  uguaglianza
del voto perche', secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,
esso «esige che l'esercizio del diritto di elettorato attivo  avvenga
in condizioni di parita',  donde  il  divieto  del  voto  multiplo  o
plurimo», ma non anche che il risultato concreto della manifestazione
di   volonta'   dell'elettorato    debba    necessariamente    essere
proporzionale al numero  dei  consensi  espressi,  dipendendo  questo
invece  dal  concreto  atteggiarsi  delle  singole  leggi  elettorali
(sentenze n. 39 del 1973, n. 6, n. 60 e n. 168 del 1963,  n.  43  del
1961); fermo restando in ogni caso il controllo di ragionevolezza (ex
plurimis, sentenza n. 107 del 1996).