ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e
2, della legge della  Regione  siciliana  20  novembre  2008,  n.  15
(Misure di contrasto alla  criminalita'  organizzata),  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Regione siciliana  con  due
ordinanze  del  7  novembre  2013  e  dal  Consiglio   di   giustizia
amministrativa per la Regione siciliana con ordinanza del 31  gennaio
2014, rispettivamente iscritte ai  nn.  27,  28  e  80  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 12 e 23, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Societa'   cooperativa
Culture, della Fincantieri s.p.a., gia' Fincantieri  cantieri  navali
italiani s.p.a., nonche' l'atto di intervento della Zimmer srl; 
    udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 e  nella  camera
di consiglio del 25 febbraio 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi; 
    udito l'avvocato Angelo Clarizia per la Fincantieri s.p.a.,  gia'
Fincantieri cantieri italiani navali s.p.a. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 7 novembre 2013 (reg. ord. n. 27  dell'anno
2014), il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,  seconda
sezione,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, commi 1 e 2, della  legge  della  Regione  siciliana  20
novembre  2008,  n.  15  (Misure  di  contrasto   alla   criminalita'
organizzata), in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 27, secondo
comma, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettere h) ed l), della
Costituzione. 
    L'art. 2  della  legge  reg.  Sicilia  n.  15  del  2008  -  come
modificato dall'art. 28, comma 1, lettere a) e b), della legge  della
Regione siciliana 14 maggio 2009, n. 6 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l'anno 2009) - prevede che: «1.  Per  gli  appalti  di
importo superiore a 100 migliaia di euro, i bandi di gara  prevedono,
pena la nullita'  del  bando,  l'obbligo  per  gli  aggiudicatari  di
indicare un numero  di  conto  corrente  unico  sul  quale  gli  enti
appaltanti fanno  confluire  tutte  le  somme  relative  all'appalto.
L'aggiudicatario si avvale  di  tale  conto  corrente  per  tutte  le
operazioni  relative  all'appalto,   compresi   i   pagamenti   delle
retribuzioni al personale da effettuarsi esclusivamente  a  mezzo  di
bonifico  bancario,  bonifico  postale  o   assegno   circolare   non
trasferibile. Il mancato rispetto dell'obbligo  di  cui  al  presente
comma comporta la risoluzione per inadempimento  contrattuale.  2.  I
bandi  di  gara  prevedono,  pena  la  nullita'  degli   stessi,   la
risoluzione   del   contratto   nell'ipotesi   in   cui   il   legale
rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria  siano
rinviati a giudizio per favoreggiamento nell'ambito  di  procedimenti
relativi a reati di criminalita' organizzata. 3. Gli enti  appaltanti
verificano il rispetto degli obblighi di cui ai commi 1 e 2». 
    Il  rimettente,  descrivendo  la  vicenda  processuale   svoltasi
davanti a  se',  riferisce  di  essere  stato  adito  dalla  societa'
aggiudicataria di alcune procedure di evidenza pubblica (indette  con
bandi approvati nel giugno del 2010 e pubblicati il mese  successivo)
per l'affidamento della gestione dei servizi  al  pubblico  nei  siti
museali ed archeologici presenti in  vari  distretti  del  territorio
siciliano. In particolare, evidenzia che la societa'  aggiudicataria,
tra l'altro, ha impugnato il provvedimento con cui  l'amministrazione
regionale aveva sospeso sine die le ulteriori  fasi  delle  procedure
sul presupposto che  i  relativi  bandi  non  avessero  il  contenuto
previsto a pena di nullita' dalle norme censurate. 
    1.1.- Con  riferimento  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,  della
legge reg. Sicilia n. 15 del 2008, il rimettente deduce quanto segue. 
    1.1.1.- A suo avviso, la norma violerebbe anzitutto  l'art.  117,
secondo comma, lettera h),  Cost.,  in  quanto  la  disciplina  della
tracciabilita' dei flussi finanziari recata dalla norma  rientrerebbe
nella materia «ordine pubblico e sicurezza» di  competenza  esclusiva
del legislatore statale (si cita la sentenza n. 35 del 2012) e non in
quella di competenza esclusiva regionale «lavori pubblici, eccettuate
le grandi opere pubbliche  di  interesse  prevalentemente  nazionale»
(art. 14, lettera g, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.
455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana»). 
    Difatti, l'appartenenza della disciplina all'ambito di competenza
statale non sarebbe suscettibile di modificarsi a seconda  del  luogo
di applicazione, considerato, altresi', che il fenomeno  mafioso  non
risulterebbe confinato  alla  Regione  siciliana,  ma  interesserebbe
l'intero territorio nazionale.  Ad  avviso  del  giudice  a  quo,  al
legislatore regionale non sarebbero preclusi interventi normativi  di
promozione della legalita' nell'esercizio  della  propria  competenza
legislativa, purche'  essi  non  generino  interferenze,  anche  solo
potenziali, con la disciplina statale di  prevenzione  e  repressione
dei reati, nella fattispecie rappresentata in particolare dall'art. 3
della legge 13 agosto 2010, n. 136  (Piano  straordinario  contro  le
mafie, nonche' delega al Governo in materia di normativa  antimafia),
sebbene  successiva  ai  bandi   all'esame   del   rimettente.   Tale
interferenza ed il richiamo al citato art. 3 della legge n.  136  del
2010 da parte dell'art.  91,  comma  6,  del  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e  delle  misure
di  prevenzione,   nonche'   nuove   disposizioni   in   materia   di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto 2010, n. 136), rappresenterebbero la riprova dell'appartenenza
della norma censurata alla  materia  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost. 
    D'altra parte, secondo il rimettente  la  riconducibilita'  della
norma al citato ambito di competenza sarebbe suffragata  anche  dalla
giurisprudenza  amministrativa.  Quest'ultima,  sulla  base  di  tale
presupposto, in alcuni casi ha sostenuto la tacita abrogazione  della
norma regionale per effetto dell'entrata in vigore di quella statale,
mentre  in  altri,  pur  ravvisando  tra  le   norme   una   perfetta
sovrapponibilita', ha escluso l'abrogazione di quella  regionale  per
difetto  di  incompatibilita'  assoluta  tra  le  stesse,  componendo
l'antinomia attraverso il ricorso al criterio della specialita',  con
applicazione della norma censurata agli appalti di  valore  superiore
ai 100.000,00 euro. 
    1.1.2.- In secondo luogo, ad avviso del rimettente  il  censurato
art. 2,  comma  1,  terzo  periodo,  prevedendo  la  risoluzione  del
contratto per  inadempimento  contrattuale,  violerebbe  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  che  riserva  alla  competenza
esclusiva del legislatore statale la  materia  «ordinamento  civile»,
fondata  sull'esigenza,  sottesa  al  principio   costituzionale   di
uguaglianza, di garantire nel territorio nazionale uniformita'  nella
disciplina dei rapporti tra privati. 
    1.1.3.- In via subordinata rispetto alle due precedenti  censure,
il giudice a quo ritiene che l'art. 2,  comma  1,  della  legge  reg.
Sicilia n. 15 del 2008 contrasti con l'art. 3, secondo comma,  Cost.,
espressivo di un canone di razionalita' della legge svincolato da una
normativa di raffronto.  Ad  avviso  del  rimettente,  la  scelta  di
introdurre automatismi normativi dovrebbe costituire il risultato  di
un ragionevole bilanciamento degli interessi  coinvolti,  soprattutto
in ragione dell'affidamento ingenerato nei terzi. Viceversa, la norma
censurata - introducendo un'ipotesi  di  nullita'  automatica  e  non
sanabile del bando con riverbero  sul  conseguente  contratto  -  non
corrisponderebbe  a  detto  schema,  poiche'   prescinderebbe   dalla
possibilita' di operare sul piano del controllo interno e traslerebbe
sul  terzo  gli  effetti  del  mancato  rispetto  della  prescrizione
normativa imputabile alla medesima pubblica amministrazione,  che  ha
predisposto il bando. 
    1.1.4.- Infine, il giudice a quo ritiene che l'art. 2,  comma  1,
della legge reg. Sicilia n. 15 del  2008  contrasti  con  l'art.  97,
primo comma, Cost., in quanto, anzitutto, sarebbe  occasione  per  la
proposizione di plurime azioni giudiziarie contro  l'amministrazione,
ad opera tanto  dei  soggetti  esclusi  dalle  gare  medesime  quanto
dell'aggiudicatario. Al  contrario  la  nullita'  confinata  al  solo
contratto, cosi' come previsto dall'art. 3 della  legge  n.  136  del
2010, responsabilizzerebbe lo stesso aggiudicatario al rispetto della
norma. Inoltre, la  nullita'  del  bando  impedirebbe  alla  stazione
appaltante  di  esercitare  il  potere  di  autotutela  anche   nella
prospettiva della  convalida  in  presenza  di  ragioni  di  pubblico
interesse,     cosi'     pregiudicando     il     buon      andamento
dell'amministrazione. 
    1.2.- Con riguardo all'art. 2, comma 2, della legge reg.  Sicilia
n. 15 del 2008, il rimettente propone le seguenti censure. 
    1.2.1.- Ad avviso del giudice a quo, la norma contrasterebbe  con
l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. Il TAR  Sicilia  ritiene
che la disposizione - sanzionando con la nullita' il  bando  che  non
preveda la risoluzione del contratto,  nel  caso  in  cui  il  legale
rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria  siano
(semplicemente) rinviati a giudizio per  favoreggiamento  nell'ambito
di procedimenti relativi a reati di criminalita' organizzata -  detti
una  disciplina  piu'  rigorosa  rispetto  alla  normativa   statale,
confluita nel d.lgs. n. 159 del  2011  successivamente  ai  bandi  in
considerazione. Difatti  quest'ultima  contemplerebbe  il  recesso  a
seguito di valutazione dell'amministrazione, attribuendole un  potere
discrezionale  in  ordine  alla   sorte   del   contratto   frattanto
sottoscritto. Peraltro, la  norma  censurata  non  strutturerebbe  il
rinvio a giudizio come eventuale causa di  esclusione  dalla  gara  -
secondo lo schema di cui  all'art.  38  del  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE) - ma come causa di nullita' del  bando  per  mancanza  di
clausola risolutiva espressa, in totale carenza di cautele di  sorta.
Tali notazioni connoterebbero la norma di un'esclusiva  finalita'  di
contrasto alla  criminalita'  organizzata,  collocandola  nell'ambito
della materia «ordine pubblico e sicurezza» di  esclusiva  competenza
statale. 
    1.2.2.- Secondo il rimettente,  inoltre,  il  censurato  art.  2,
comma 2, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., non
solo  in  quanto  detterebbe  una  disciplina  differente  da  quella
generale  del  codice  dei  contratti  pubblici,  ma  anche   perche'
prescriverebbe una specifica causa di risoluzione, invadendo l'ambito
materiale dell'ordinamento civile. 
    1.2.3.- Il giudice a quo ritiene che  la  sanzione  automatica  e
definitiva correlata al mero rinvio a giudizio  confligga,  altresi',
con  il  principio  di  presunzione  di  non  colpevolezza   espresso
dall'art. 27, secondo  comma,  Cost.  Sebbene  il  legislatore  abbia
previsto dei temperamenti a detto principio - nel caso  delle  misure
cautelari  e  delle  misure  di  prevenzione  -  cio'  avrebbe  fatto
prettamente in ambito penale e,  spesso,  in  via  solo  provvisoria.
Viceversa, la norma  censurata  avrebbe  realizzato  un  collegamento
diretto e definitivo tra il mero rinvio a giudizio  (suscettibile  di
condurre anche ad una successiva assoluzione con formula piena) e  la
risoluzione automatica del contratto frattanto stipulato. 
    1.2.4.- Secondo il rimettente, l'art. 2,  comma  2,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 violerebbe, inoltre,  l'art.  3,  secondo
comma, Cost. per le medesime ragioni addotte a sostegno  dell'analoga
censura mossa al  comma  1  dello  stesso  articolo,  rilevando  come
l'irragionevolezza  dell'automatismo  sia  aggravata  dalla   mancata
previsione di informative da parte dell'autorita' di polizia. 
    Anche in riferimento all'asserita violazione dell'art. 97,  primo
comma, Cost., il giudice a quo richiama le considerazioni svolte  con
riguardo al comma 1 del censurato art. 2. 
    1.3.- A proposito della rilevanza, il TAR Sicilia evidenzia che i
bandi impugnati effettivamente non recano le clausole previste a pena
di  nullita'  -   rilevabile   d'ufficio,   secondo   la   prevalente
giurisprudenza amministrativa - dall'art. 2, commi 1 e 2, della legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008. Tali disposizioni sarebbero  applicabili
non solo agli appalti di lavori, ma, in virtu' di un preteso "diritto
vivente", a tutto il settore degli  appalti  pubblici,  coerentemente
con il tenore normativo letterale e  con  l'inserimento  nella  legge
regionale recante «Misure di contrasto alla criminalita' organizzata»
piuttosto che nel contesto della  legge  11  febbraio  1994,  n.  109
(Legge quadro in materia di lavori pubblici) - introdotta  in  ambito
regionale dalla legge della Regione siciliana 2  agosto  2002,  n.  7
(Norme in materia di opere pubbliche.  Disciplina  degli  appalti  di
lavori pubblici, di fornitura, di servizi e nei  settori  esclusi)  -
come originariamente ipotizzato. Nella fattispecie, peraltro, i bandi
che vengono in rilievo nel giudizio a quo riguarderebbero al contempo
l'affidamento della gestione dei servizi, di  cui  all'art.  117  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137), e di quella dei servizi di biglietteria, nell'un caso  dando
luogo ad una concessione di servizi e nell'altro  ad  un  appalto  di
servizi. 
    Sulla base di tali premesse, il giudice  a  quo  ritiene  che  la
questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  sia  rilevante,
atteso che, in applicazione della normativa censurata, egli  dovrebbe
rilevare d'ufficio la nullita' dei bandi e  dichiarare  improcedibile
per carenza di interesse il ricorso proposto avverso il provvedimento
di sospensione procedimentale. Di contro, ove  la  questione  venisse
accolta, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo  ed  andrebbe
annullato. 
    Secondo il rimettente, infine, non sarebbe possibile interpretare
le norme  censurate  nel  senso  che  esse  determinino  la  nullita'
parziale del bando - ipotizzando  l'operativita'  del  meccanismo  di
inserzione automatica di clausole ai sensi dell'art. 1339 del  codice
civile  -  a  cio'  ostando  il  dato  letterale  della  legge,   che
invaliderebbe il bando nella sua interezza. 
    2.- Con ordinanza del 7 novembre 2013 (reg. ord. n. 28  dell'anno
2014), il TAR Sicilia,  prima  sezione,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1  e  2,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008  in  riferimento  ai  medesimi  parametri
evocati dallo stesso TAR  (seconda  sezione)  nella  coeva  ordinanza
menzionata al precedente punto  1.,  deducendo  identici  profili  di
censura argomentati in maniera sostanzialmente coincidente. 
    Il  rimettente,  descrivendo  la  vicenda  processuale   svoltasi
davanti a se', riferisce  di  essere  stato  adito  da  una  societa'
esclusa dalla gara per l'aggiudicazione della fornitura  quinquennale
di  presidi  sanitari   specialistici,   suddivisa   in   lotti.   In
particolare, evidenzia che la ricorrente, tra l'altro,  ha  impugnato
il provvedimento di esclusione con riferimento al lotto a  cui  aveva
partecipato   e,   con   motivi   aggiunti,   la   deliberazione   di
aggiudicazione di numerosi lotti. 
    Sulla base di tali premesse,  a  proposito  della  rilevanza,  il
rimettente riferisce che il bando di gara non  contiene  le  clausole
previste a pena di nullita' dall'art. 2, commi 1  e  2,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008, adducendo argomenti  identici  a  quelli
contenuti nell'ordinanza di cui al punto 1. quanto alla rilevabilita'
d'ufficio del vizio, all'impossibilita' di considerarlo parziale  con
integrazione  del  bando  ai  sensi  dell'art.  1339  cod.  civ.   ed
all'applicabilita' della normativa  censurata  a  tutti  gli  appalti
pubblici. Pertanto, il giudice a quo  ritiene  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata sia rilevante, atteso  che,  in
applicazione della normativa censurata, dovrebbe dichiarare d'ufficio
la  nullita'  del  bando,  sollecitato  in  tal  senso  dalla  stessa
ricorrente nella memoria depositata in vista  della  trattazione  del
merito del ricorso. 
    Il  rimettente,  dopo  aver  evidenziato  le  differenze  tra  le
disposizioni impugnate e quelle contenute  nella  legge  n.  136  del
2010, esclude di poter seguire  un'interpretazione  che  consenta  di
superare i dubbi di  legittimita'  costituzionale.  A  suo  dire,  le
disposizioni censurate non potrebbero ritenersi tacitamente  abrogate
per effetto dell'entrata in vigore della normativa statale in quanto,
come ritenuto  dal  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la
Regione siciliana,  nonostante  la  perfetta  sovrapponibilita',  non
sussisterebbe   il   necessario   presupposto   dell'incompatibilita'
assoluta. La disciplina  regionale  sarebbe  dunque  complementare  -
piuttosto  che   speciale,   come   ritenuto   dalla   giurisprudenza
amministrativa d'appello - rispetto a quella statale. In  ultimo,  al
fine di superare i dubbi di costituzionalita', non potrebbe invocarsi
la clausola di cedevolezza di cui all'art. 1, comma 2, della legge  5
giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento  dell'ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), in
quanto, secondo il giudice a quo, essa  si  applicherebbe  solo  alle
disposizioni regionali vigenti  al  momento  dell'entrata  in  vigore
della legge che la contempla e soltanto  nell'ambito  di  materie  di
competenza legislativa concorrente. 
    3.- Con ordinanza del 31 gennaio 2014 (reg. ord. n. 80  dell'anno
2014), il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana,  sezione  giurisdizionale,  ha  sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1  e  2,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 in riferimento all'art. 14, primo  comma,
lettera g), dello statuto della Regione siciliana ed  agli  artt.  3,
secondo comma, 24, 27, secondo comma, 97, primo comma, e 117, primo e
secondo comma, lettere e), h) ed l), Cost. 
    Il  rimettente,  descrivendo  la  vicenda  processuale   svoltasi
davanti a se', riferisce: a) di essere stato adito in sede di gravame
della sentenza con cui il TAR, in  prime  cure,  aveva  rigettato  il
ricorso proposto da una societa' che, tra  l'altro,  aveva  impugnato
l'aggiudicazione ad altra impresa dell'appalto di servizi e lavori di
ristrutturazione  relativi  al  bacino  galleggiante  di   carenaggio
ormeggiato nel porto di Palermo; b) che, nel motivare il rigetto,  il
TAR aveva escluso la nullita' del bando -  dedotta  dalla  ricorrente
nei motivi aggiunti - per violazione dell'art. 2, commi 1 e 2,  della
legge reg. Sicilia n.  15  del  2008,  ritenendone  l'abrogazione  in
virtu' dell'entrata in vigore della legge n. 136 del 2010; c) di aver
pronunciato sentenza non definitiva con  cui,  previa  qualificazione
della gara come relativa ad un appalto di servizi, ha respinto  tutti
i  motivi  di  appello  ad  eccezione  di  quello  incentrato   sulla
violazione delle disposizioni censurate. 
    3.1.- Con  riferimento  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi  1  e  2,
della legge reg. Sicilia n. 15 del 2008, il rimettente deduce  quanto
segue. 
    3.1.1.- A suo avviso, le disposizioni contrasterebbero con l'art.
14, primo comma, lettera g), dello statuto  della  Regione  siciliana
sotto due profili, eccedendo  i  limiti  ivi  posti  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione in materia di  «lavori  pubblici,
eccettuate le grandi opere  pubbliche  di  interesse  prevalentemente
nazionale». 
    Anzitutto, l'art. 2 della legge reg. Sicilia n.  15  del  2008  -
applicabile anche agli appalti  di  servizi,  alla  stregua  del  suo
tenore letterale - si riferisce ai soli «lavori», termine che sarebbe
da intendere in senso stretto e, dunque, non comprensivo dell'appalto
di servizi, quale quello oggetto di causa davanti al giudice  a  quo.
In secondo luogo, per le caratteristiche dell'opera, per l'importanza
commerciale  del  porto  di  Palermo  e   per   l'entita'   economica
dell'appalto,  si  tratterebbe  di  un'opera  pubblica  di  interesse
prevalentemente nazionale, categoria cui la  normativa  censurata  si
applicherebbe  sebbene  sia  espressamente  esclusa  dall'ambito   di
competenza regionale. 
    3.1.2.- Inoltre, secondo il rimettente le disposizioni  censurate
contrasterebbero altresi' con l'art. 3, secondo  comma,  Cost.  sotto
due profili. 
    In  primo  luogo,  la  previsione  della  nullita'   del   bando,
invalidita' assoluta  ed  irrimediabile  che  travolgerebbe  l'intera
procedura  di  gara,  sarebbe   manifestamente   ed   intrinsecamente
irragionevole, in quanto impedirebbe qualsiasi convalida o sanatoria,
con  conseguente  inutile  dispendio  delle  risorse  utilizzate  per
l'indizione e lo svolgimento delle procedure, potenziale  perdita  di
fondi  pubblici  o  comunitari,  esposizione  dell'amministrazione  a
responsabilita', tanto piu' gravi quanto piu' la procedura sia  stata
portata  avanti,  e  traslazione  degli  effetti   della   violazione
normativa imputabile  alla  stazione  appaltante  sull'aggiudicatario
incolpevole, ledendone l'affidamento. 
    In   secondo   luogo,   l'irragionevolezza   delle   disposizioni
dipenderebbe dalla sproporzione tra la sanzione  della  nullita'  del
bando  e  le   finalita'   perseguite   dai   due   commi   censurati
(rispettivamente, tracciabilita' dei flussi  finanziari  e  controllo
sulle qualita' soggettive dei partecipanti  alla  gara),  circostanza
che  emergerebbe  dal  paragone  con  la  corrispondente   disciplina
statale. 
    3.1.3.- Ad  avviso  del  rimettente,  le  disposizioni  censurate
contrasterebbero altresi' con gli artt. 3, secondo comma, e 97, primo
comma, Cost.,  in  quanto  il  principio  di  proporzionalita'  e  di
autotutela - sotto il profilo della tendenziale emendabilita' e della
conservazione dell'azione amministrativa allo scopo di consentirne il
dinamico adeguamento  al  principio  di  legalita'  ed  all'interesse
pubblico  -  sarebbero   diretti   corollari   del   buon   andamento
dell'amministrazione. 
    3.1.4.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per  la  Regione
siciliana sostiene altresi' che l'art. 2, commi 1 e  2,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 contrasterebbe con gli artt.  3,  secondo
comma,  e  117,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  il  principio  di
proporzionalita' quale sopra delineato  -  contenuto  nel  Protocollo
sull'applicazione   dei   principi    di    sussidiarieta'    e    di
proporzionalita', introdotto dal Trattato di Amsterdam del 2  ottobre
1997 ed allegato al Trattato che istituisce la  Comunita'  europea  -
apparterrebbe al  diritto  dell'Unione  europea  ed  avrebbe  trovato
applicazione ad opera della Corte di giustizia dell'Unione europea in
numerose decisioni. 
    3.1.5.- Ad avviso del rimettente, le norme censurate violerebbero
anche gli artt. 3, secondo comma, 24 e 117,  secondo  comma,  lettera
l),  Cost.  Prevedendo   un   vizio   di   nullita',   derogherebbero
all'ordinario regime  di  annullabilita'  degli  atti  amministrativi
illegittimi e comporterebbero sul piano sostanziale  l'applicabilita'
dell'art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241  (Nuove  norme
in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso  ai
documenti amministrativi), e, sotto il  profilo  processuale,  quella
dell'art. 31, comma 4, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), piuttosto che dell'art. 29 del medesimo decreto, con
le conseguenze del caso  in  ordine  alla  natura  (di  accertamento)
dell'azione, al termine di esercizio della stessa,  all'opponibilita'
e  rilevabilita'  d'ufficio,  all'insanabilita'  ai  sensi  dell'art.
21-octies della legge n. 241 del 1990. Dunque,  la  previsione  della
nullita' del bando inciderebbe nelle materie «giurisdizione  e  norme
processuali» e  «giustizia  amministrativa»,  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera  l),  Cost.,  poiche'  si  riverbererebbe  sul
rimedio azionabile in sede processuale. Inoltre,  poiche'  il  regime
della nullita' sarebbe piu' sfavorevole per  l'amministrazione  ed  i
controinteressati rispetto  a  quello  dell'annullabilita',  verrebbe
violato anche l'art. 24 Cost. 
    3.1.6.- Secondo il rimettente, l'art. 2, commi 1 e 2, della legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 contrasterebbe con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. anche  perche'  prevederebbe,  nel  caso  di
stipulazione, la risoluzione dei  contratti:  per  inadempimento  nel
primo caso (comma 1, terzo periodo) ed automatica nel secondo  (comma
2). Entrambe le  disposizioni  censurate  introdurrebbero  cosi'  due
ipotesi di risoluzione  contrattuale,  che  non  troverebbero  esatta
corrispondenza nella legislazione statale,  incidendo  nella  materia
«ordinamento civile». 
    3.1.7.- Il giudice a quo sostiene altresi'  che  i  commi  citati
violerebbero l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in  quanto
la disciplina dei bandi relativi alle procedure di affidamento, quale
aspetto  qualificante  della  normativa   sugli   appalti   pubblici,
rientrerebbe nella materia  «tutela  della  concorrenza»,  ambito  di
competenza esclusiva statale, insuscettibile di interferenze da parte
delle Regioni, comprese quelle ad autonomia speciale. 
    3.1.8.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per  la  Regione
siciliana censura specificamente il comma 1  del  menzionato  art.  2
della legge reg. Sicilia n. 15 del 2008 per  violazione  degli  artt.
97, primo comma, e 117, secondo comma, lettera h), Cost. per  ragioni
sostanzialmente  coincidenti  con  quelle  addotte  dal  TAR,   nelle
ordinanze di cui in epigrafe, a sostegno della violazione del secondo
dei citati parametri. Ad avviso del  rimettente,  inoltre,  la  norma
violerebbe l'art. 117, secondo comma, Cost. perche'  l'art.  3  della
legge n. 136 del 2010  costituirebbe  -  per  contenuto,  motivazione
politica  e  sociale  ed  elevato  tasso  di  innovativita'  -  norma
fondamentale di riforma economico-sociale,  tuttora  limite  generale
alla competenza legislativa  degli  enti  territoriali  ad  autonomia
speciale. 
    3.1.9.- Il giudice a quo, infine, censura  in  maniera  specifica
anche l'art. 2, comma 2, della legge regionale in  considerazione.  A
suo  avviso,  prevedendo  per  diretta  disposizione  legislativa  la
risoluzione automatica solo del contratto stipulato a seguito di  una
procedura svoltasi in Sicilia,  la  norma  violerebbe  gli  artt.  3,
secondo comma, e 27, secondo comma, Cost. per ragioni sostanzialmente
coincidenti con quelle addotte dal TAR  nelle  ordinanze  di  cui  in
epigrafe  a  sostegno  della  violazione  del  secondo   dei   citati
parametri. Anche la violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera
h), Cost. viene sostenuta dal rimettente con motivazioni  analoghe  a
quelle contenute nelle citate ordinanze del TAR. In  ultimo,  secondo
il giudice a quo la norma contrasterebbe con  gli  artt.  3,  secondo
comma, e 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  in  quanto  avrebbe
introdotto e disciplinato  un  nuovo  effetto  penale  del  rinvio  a
giudizio, che si tradurrebbe in una  sanzione  accessoria  di  natura
civilistica, cosi' disponendo in materia di  ordinamento  penale.  In
tal modo solo per i contratti  stipulati  a  valle  di  procedure  di
evidenza pubblica svoltesi in Sicilia si  verificherebbe,  del  tutto
irragionevolmente,  un  effetto  automatico  e  definitivo,  che  non
troverebbe riscontro nella disciplina statale  dettata  dall'art.  38
del d.lgs. n. 163 del 2006. 
    3.2.- A proposito della  rilevanza,  il  Consiglio  di  giustizia
amministrativa per  la  Regione  siciliana  evidenzia  che  il  bando
impugnato effettivamente non reca le  clausole  previste  a  pena  di
nullita' dall'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Sicilia n. 15 del
2008. Pertanto, ove  la  questione  sollevata  fosse  dichiarata  non
fondata, l'impugnazione dovrebbe essere accolta, con declaratoria  di
nullita' del bando ed, in via derivata, di tutti  i  successivi  atti
della procedura, inclusa l'aggiudicazione. In caso  contrario,  anche
l'ultimo motivo d'appello andrebbe respinto. 
    Il rimettente evidenzia, inoltre,  di  non  condividere  la  tesi
sostenuta dal giudice di prime  cure,  secondo  cui  la  disposizione
censurata sarebbe stata abrogata. Tale  risultato  non  conseguirebbe
ne' all'introduzione in Costituzione dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), come effetto dell'abrogazione totale o parziale dell'art.
14, primo comma, lettera g), dello statuto della Regione siciliana  -
in quanto la disposizione regionale dovrebbe essere rimossa  mediante
una pronuncia di questa Corte, ove non intervenisse in tal  senso  il
medesimo  legislatore  da  cui  promana  -  ne'   implicitamente   in
conseguenza dell'entrata in vigore dell'art. 3 della legge n. 136 del
2010, in quanto -  conformemente  all'orientamento  giurisprudenziale
espresso dal Consiglio di giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana - le due disposizioni non  si  porrebbero  in  rapporto  di
radicale antinomia, ma di specialita'. 
    Secondo  il  rimettente,  l'abrogazione  non  potrebbe   derivare
nemmeno dall'applicazione dell'art. 10 delle legge 10 febbraio  1953,
n. 62 (Costituzione  e  funzionamento  degli  organi  regionali),  in
quanto  -  prescindendo  dalla  considerazione  che  essa  opererebbe
nell'ambito delle materie di  competenza  legislativa  concorrente  -
l'art. 2 della legge reg. Sicilia n. 15 del 2008  e  l'art.  3  della
legge n. 136 del 2010 poggerebbero, almeno  in  parte,  sui  medesimi
principi. 
    Infine,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  l'abrogazione   delle
disposizioni censurate non potrebbe derivare ne' dal rilievo  che  si
tratterebbe di un appalto di interesse nazionale ed europeo, ne'  dal
recepimento  del  codice  dei  contratti  pubblici   nell'ordinamento
siciliano, ne', infine, dall'art. 46, comma 1-bis, del citato codice,
che  imporrebbe  esclusivamente  la  tipizzazione  delle   cause   di
esclusione dalla procedura di affidamento senza  disporre  in  ordine
alla validita' del bando. 
    Ritenuta  la  vigenza  della  disposizione  censurata  e  la  sua
operativita' nel caso in esame, il  rimettente  esclude  altresi'  di
poter qualificare la  nullita'  del  bando  come  parziale,  sanabile
attraverso  il  ricorso  agli   artt.   1339   e   1419   cod.   civ.
Indipendentemente      dall'applicabilita'      al      provvedimento
amministrativo, cio' sarebbe impedito dal dato normativo letterale  e
dall'impossibilita' di identificare una norma imperativa, che preveda
la clausola da inserire  in  sostituzione  di  quella  ipoteticamente
mancante. 
    4.- Con atto depositato il  1°  aprile  2014  e'  intervenuta  la
Societa' cooperativa Culture, ricorrente nel giudizio a quo  pendente
davanti al TAR Sicilia, seconda sezione, chiedendo che  la  questione
di legittimita' costituzionale da esso sollevata venga accolta. 
    5.- Con atto depositato il  1°  aprile  2014  e'  intervenuta  la
Zimmer s.r.l., soggetto estraneo ai giudizi principali, che, ai  fini
della propria legittimazione  a  partecipare  a  quello  incidentale,
espone di avere un  interesse  qualificato,  in  quanto  l'esito  del
giudizio relativo alla legittimita' della gara d'appalto  che  le  e'
stata  aggiudicata   dipenderebbe   da   quello   del   giudizio   di
costituzionalita'. In particolare, nella causa in cui essa  e'  parte
sarebbe stata dedotta dal ricorrente la nullita' del  bando  di  gara
d'appalto per violazione del censurato art. 2, comma 1,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 ed il TAR avrebbe sospeso il giudizio  in
attesa della  decisione  sulla  relativa  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    6.- Con atto depositato il 13 giugno 2014  si  e'  costituita  la
Fincantieri s.p.a., gia' Fincantieri cantieri navali italiani s.p.a.,
ricorrente nel giudizio  a  quo  pendente  davanti  al  Consiglio  di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana, chiedendo  che  la
questione di legittimita'  costituzionale  da  esso  sollevata  venga
dichiarata inammissibile o infondata. 
    6.1.- Nella memoria illustrativa depositata il 3  febbraio  2015,
la Fincantieri s.p.a. sostiene che le censure  del  CGA  all'art.  2,
commi 1 e 2, della legge reg. Sicilia n.  15  del  2008  muoverebbero
dall'erroneo presupposto secondo cui alla Regione  siciliana,  dotata
di  autonomia  speciale  e,  secondo  l'intervenuta,  di   competenza
legislativa  esclusiva  nel  settore  dei  contratti  pubblici,   sia
precluso dettare una disciplina a tutela del primario interesse  alla
legalita' piu' severa - come nella fattispecie - di  quella  statale,
senza sovrapporsi o confliggere con essa.  Viceversa,  a  dire  della
Fincantieri s.p.a., iniziative legislative  di  tal  fatta  sarebbero
gia' state avallate dalla giurisprudenza costituzionale formatasi  in
tema di ineleggibilita' e di incompatibilita' per le cariche elettive
locali siciliane, nel cui solco si collocherebbe anche la sentenza di
questa Corte n. 35 del 2012 in  tema  di  tracciabilita'  dei  flussi
finanziari, la quale, nel dichiarare l'illegittimita'  costituzionale
della norma scrutinata, avrebbe rilevato come quest'ultima prevedesse
una  disciplina  meno  rigorosa  di  quella   statale   e   ad   essa
sovrapponibile. Tali considerazioni, assieme al rilievo della mancata
impugnativa  in  via  principale  da  parte  del  Governo,   inducono
l'intervenuta a concludere nel senso che le disposizioni censurate  -
cosi' come l'ulteriore normativa regionale di contrasto  al  fenomeno
mafioso - non invaderebbero la materia «ordine pubblico e sicurezza»,
ma  resterebbero  nell'ambito  di  quella   regionale   dei   «lavori
pubblici»,  anch'essa  prevista  a  livello  costituzionale   e   non
destinata a soccombere rispetto all'altra. 
    Infine,  la  Fincantieri  s.p.a.  esclude  che  le   disposizioni
censurate violino l'art. 97 Cost., atteso  che  esse  risponderebbero
proprio al principio di buon andamento  ed  all'esigenza  di  evitare
sprechi e ritardi, impedendo, attraverso la sanzione  della  nullita'
del bando, eventuali collusioni malavitose  fin  dall'origine  e  non
solo  a  gara  espletata,  in  sede  contrattuale,  quando  l'intento
dissuasivo e di «prevenzione anticrimine» perseguito dal  legislatore
regionale sarebbe notevolmente  depotenziato  e  la  vigilanza  degli
altri partecipanti grandemente scemata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le ordinanze indicate in epigrafe, la prima e la  seconda
sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia  ed  il
Consiglio di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione  siciliana,
sezione giurisdizionale, hanno sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2, della  legge  della  Regione
siciliana  20  novembre  2008,  n.  15  (Misure  di  contrasto   alla
criminalita' organizzata). 
    In particolare, entrambe le sezioni del TAR Sicilia censurano  le
norme in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 27, secondo  comma,
97, primo comma, e 117,  secondo  comma,  lettere  h)  ed  l),  della
Costituzione; il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
siciliana solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
medesime disposizioni, oltre che per violazione di  detti  parametri,
anche in riferimento all'art. 14, primo comma, lettera g), del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), ed agli artt. 24  e  117,  primo  e
secondo comma, lettera e), Cost. 
    1.1.- L'art. 2 della legge reg. Sicilia n. 15  del  2008  -  come
modificato dall'art. 28, comma 1, lettere a) e b), della legge  della
Regione siciliana 14 maggio 2009, n. 6 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l'anno 2009) - dispone: «1. Per gli appalti di importo
superiore a 100 migliaia di euro, i bandi di gara prevedono, pena  la
nullita' del bando, l'obbligo per gli aggiudicatari  di  indicare  un
numero di conto corrente unico sul quale gli  enti  appaltanti  fanno
confluire tutte le somme relative all'appalto. 
    L'aggiudicatario si avvale di tale conto corrente  per  tutte  le
operazioni  relative  all'appalto,   compresi   i   pagamenti   delle
retribuzioni al personale da effettuarsi esclusivamente  a  mezzo  di
bonifico  bancario,  bonifico  postale  o   assegno   circolare   non
trasferibile. Il mancato rispetto dell'obbligo  di  cui  al  presente
comma comporta la risoluzione per inadempimento  contrattuale.  2.  I
bandi  di  gara  prevedono,  pena  la  nullita'  degli   stessi,   la
risoluzione   del   contratto   nell'ipotesi   in   cui   il   legale
rappresentante o uno dei dirigenti dell'impresa aggiudicataria  siano
rinviati a giudizio per favoreggiamento nell'ambito  di  procedimenti
relativi a reati di criminalita' organizzata. 3. Gli enti  appaltanti
verificano il rispetto degli obblighi di cui ai commi 1 e 2». 
    I  giudici  a   quibus   adducono   motivazioni   sostanzialmente
coincidenti a sostegno della  violazione  dei  parametri  evocati  da
tutte le ordinanze di rimessione. 
    In particolare, entrambi i commi censurati  contrasterebbero  con
l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. I rimettenti  sostengono
che la disciplina della tracciabilita' dei flussi finanziari, di  cui
al comma 1, rientrerebbe nella materia «ordine pubblico e sicurezza»,
di  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  specificamente
esercitata con l'adozione dell'art. 3 della legge 13 agosto 2010,  n.
136 (Piano straordinario contro le mafie, nonche' delega  al  Governo
in materia di normativa antimafia). Al medesimo ambito di  competenza
sarebbe riconducibile anche l'art.  2,  comma  2,  della  legge  reg.
Sicilia n. 15 del 2008. 
    Quest'ultimo,  unitamente  al  terzo   periodo   del   comma   1,
contrasterebbe, altresi', con l'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost.  Nel  disciplinare  la  risoluzione  del   contratto   le   due
disposizioni inciderebbero sulla  materia  «ordinamento  civile»,  di
competenza esclusiva del legislatore statale. 
    Inoltre, le norme censurate, violerebbero gli  artt.  3,  secondo
comma, e 97, primo comma, Cost., in  quanto  la  disciplina  da  esse
dettata sarebbe intrinsecamente irragionevole e  pregiudizievole  per
il buon andamento dell'amministrazione, rappresenterebbe occasione di
plurime azioni giudiziarie, impedirebbe l'esercizio dell'autotutela e
la  convalida  in  presenza  di  ragioni  di  interesse  pubblico   e
violerebbe il principio di proporzionalita' tra finalita'  perseguita
e mezzi impiegati. 
    Il solo comma 2, infine, sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  27,
secondo comma, Cost. (e con l'art. 3, secondo comma, Cost., ad avviso
del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione  siciliana),
correlando,  limitatamente  agli  appalti  siciliani,   la   sanzione
automatica e definitiva della risoluzione contrattuale al mero rinvio
a giudizio, in violazione della presunzione di non colpevolezza  fino
alla condanna irrevocabile. 
    Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana
censura, inoltre, entrambe le  norme  per  violazione  dell'art.  14,
primo comma,  lettera  g),  dello  statuto,  in  quanto,  riferendosi
indistintamente a tutti gli appalti pubblici  -  anche  a  quelli  di
servizi e forniture - ed a tutte le opere pubbliche, esulerebbe dalla
competenza legislativa esclusiva  regionale  in  materia  di  «lavori
pubblici,  eccettuate  le  grandi  opere   pubbliche   di   interesse
prevalentemente nazionale». 
    Le stesse disposizioni violerebbero altresi' l'art. 117,  secondo
comma, Cost., sia perche'  la  disciplina  dei  bandi  relativi  alle
procedure di  affidamento  di  appalti  pubblici  rientrerebbe  nella
materia «tutela della concorrenza», di cui alla lettera e) del citato
articolo, sia in quanto la previsione di  un  vizio  di  nullita'  in
deroga   all'ordinario   regime   di   annullabilita'   degli    atti
amministrativi  illegittimi  riverbererebbe  sul  piano  processuale,
incidendo sul rimedio azionabile nonche' sulle concrete  possibilita'
di  difesa  dell'amministrazione,  con  conseguente  ingerenza  nelle
materie   «giurisdizione   e   norme   processuali»   e    «giustizia
amministrativa», di cui alla lettera l) del parametro evocato. 
    Risulterebbe, altresi', violato l'art.  24  Cost.  -  perche'  il
regime della nullita' sarebbe piu' sfavorevole per  l'amministrazione
ed i controinteressati rispetto a quello dell'annullabilita' - e  gli
artt. 3, secondo comma, e 117,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  il
principio di proporzionalita' apparterrebbe  al  diritto  dell'Unione
europea. 
    Infine, l'art. 2, comma 1, della legge reg.  Sicilia  n.  15  del
2008 sarebbe lesivo dell'art. 117, secondo comma, Cost. in  relazione
all'art. 3  della  legge  n.  136  del  2010,  che  recherebbe  norme
fondamentali di riforma economico-sociale, mentre il comma successivo
violerebbe gli artt. 3, secondo comma, e 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., in quanto, limitatamente agli appalti  siciliani,  avrebbe
introdotto e disciplinato  un  nuovo  effetto  penale  del  rinvio  a
giudizio, che si tradurrebbe in una  sanzione  accessoria  di  natura
civilistica, cosi' disponendo in materia di «ordinamento penale». 
    1.2.- Sono intervenute due delle ricorrenti nei giudizi a  quibus
- la Societa' Cooperativa  Culture  e  la  Fincantieri  s.p.a.,  gia'
Fincantieri cantieri navali italiani s.p.a. -  propugnando  la  prima
l'accoglimento delle questioni sollevate e l'altra l'inammissibilita'
o, comunque, l'infondatezza delle stesse, in  ragione  della  pretesa
legittimazione regionale a dettare una  disciplina  di  settore  piu'
severa di  quella  statale,  ad  essa  non  sovrapponibile  e  meglio
rispondente al buon andamento dell'amministrazione. 
    E' altresi' intervenuta in giudizio la  Zimmer  s.r.l.,  soggetto
estraneo ai giudizi principali, che assume di essere portatrice di un
interesse qualificato all'intervento in quanto l'esito della causa in
cui essa e' parte - relativa alla legittimita' della  gara  d'appalto
che le e' stata aggiudicata e successivamente sospesa in attesa della
decisione delle odierne questioni di  legittimita'  costituzionale  -
dipenderebbe da quello dell'incidente di costituzionalita'. 
    2.- Le questioni sollevate con le ordinanze in epigrafe hanno  ad
oggetto le stesse norme, censurate in riferimento a parametri  e  con
argomentazioni in larga misura coincidenti.  Va  quindi  disposta  la
riunione dei giudizi, ai fini di un'unica pronuncia. 
    3.- Deve essere dichiarato inammissibile l'intervento in giudizio
della Zimmer s.r.l. 
    Per costante giurisprudenza di questa Corte, possono  partecipare
al giudizio di legittimita' costituzionale le sole parti del giudizio
principale  ed  i  terzi  portatori  di  un  interesse   qualificato,
immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto nel  giudizio
e non semplicemente regolato, al pari  di  ogni  altro,  dalla  norma
oggetto di censura  (ex  plurimis,  ordinanza  letta  in  udienza  ed
allegata alla sentenza n. 236 del 2014). 
    Secondo un orientamento altrettanto costante, non  e'  rilevante,
ai fini dell'ammissibilita' dell'intervento, la  circostanza  secondo
cui  il  giudizio,  di  cui  e'  parte  il  soggetto  che  aspiri   a
intervenire,  sia  stato  sospeso  in  attesa  dell'esito  di  quello
incidentale  di  legittimita'  costituzionale  scaturito   da   altro
indipendente giudizio, «"essendo evidente che la contraria  soluzione
si  risolverebbe  nella  sostanziale   soppressione   del   carattere
incidentale   del   giudizio   di   legittimita'   costituzionale   e
nell'irrituale  esonero  del  giudice  a  quo  dal  potere-dovere  di
motivare adeguatamente la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza
della questione sottoposta al vaglio della Corte"  (sentenza  n.  470
del 2002; ordinanza n. 179 del  2003;  ordinanza  n.  119  del  2008;
sentenza n. 151 del 2009)» (ordinanza letta in  udienza  ed  allegata
alla sentenza n. 304 del 2011). 
    4.- In punto di rilevanza, si osserva che le questioni sono state
sollevate in giudizi principali aventi ad  oggetto  l'impugnativa  di
atti relativi a procedure di evidenza pubblica per  l'affidamento  di
servizi o  forniture,  i  cui  bandi  di  gara  non  presentavano  il
contenuto prescritto a pena di nullita' dall'art. 2,  commi  1  e  2,
della legge reg. Sicilia n. 15 del 2008. Si tratta di un profilo  che
tutti  i  rimettenti  ritengono,  conformemente  al  diritto  vivente
formatosi sul punto,  di  dover  rilevare  d'ufficio,  con  riverbero
sull'esito del giudizio. 
    Al riguardo, tuttavia, occorrono  alcune  precisazioni  circa  la
controversa abrogazione del censurato art. 2, comma  1,  della  legge
reg. Sicilia n. 15 del 2008 ad opera dell'art. 3 della legge  n.  136
del 2010 e del suo preteso  recepimento  dal  parte  del  legislatore
regionale attraverso la legge della Regione siciliana 12 luglio 2011,
n. 12 (Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5  ottobre  2010,
n. 207  e  successive  modifiche  ed  integrazioni.  Disposizioni  in
materia di organizzazione dell'Amministrazione  regionale.  Norme  in
materia di assegnazione di alloggi. Disposizioni per il  ricovero  di
animali). 
    Il TAR Sicilia - nell'ordinanza di rimessione n. 28 del 2014 - ed
il Consiglio di giustizia amministrativa  per  la  Regione  siciliana
escludono  espressamente  l'effetto  abrogativo,  cosi'  aderendo  al
prevalente (ma non  univoco)  orientamento  formatosi  in  seno  alla
giurisprudenza amministrativa siciliana. 
    Alla luce del contrasto giurisprudenziale e delle non  incoerenti
argomentazioni dei rimettenti, questa Corte  non  puo'  che  rilevare
come «ragioni  essenziali  di  certezza  del  diritto»  impongano  di
scrutinare nel merito le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
proposte (sentenza n. 272  del  2010),  esame  che  sarebbe  comunque
necessario con riferimento a quelle sollevate dal TAR con l'ordinanza
di  rimessione  n.  27  del  2014,  in  cui  il  controverso  effetto
abrogativo sarebbe comunque irrilevante ratione temporis. 
    5.- Cio' premesso, la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Sicilia n.  15  del  2008,
sollevata in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  h),
Cost., e' fondata. 
    5.1.-  Come  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  affermare,
l'attivita' contrattuale della  pubblica  amministrazione  «non  puo'
identificarsi in una materia a se', ma rappresenta [...] un'attivita'
che inerisce alle singole materie sulle quali  essa  si  esplica.  Ne
consegue che i problemi di costituzionalita' sollevati  [...]  devono
essere esaminati in rapporto al contenuto  precettivo  delle  singole
disposizioni impugnate, al fine di stabilire quali siano  gli  ambiti
materiali in cui esse trovano  collocazione»  (sentenza  n.  401  del
2007).  Cio'  soprattutto  «alla  luce  della  ratio  dell'intervento
legislativo  [...]  cosi'   da   identificare   correttamente   anche
l'interesse tutelato» (ex plurimis, sentenza n. 69 del 2011). 
    In applicazione di detti criteri, l'art. 2, commi 1  e  2,  della
legge reg. Sicilia n. 15  del  2008  va  senz'altro  ricondotto  alla
materia,  di  esclusiva  competenza  statale,  «ordine   pubblico   e
sicurezza», che, per costante giurisprudenza di questa Corte, ha  per
oggetto  le  «misure  relative  alla  prevenzione  dei  reati  ed  al
mantenimento dell'ordine pubblico» (ex plurimis, sentenza n. 118  del
2013). 
    Infatti, da un lato, appartiene a detto ambito di  competenza  la
tracciabilita' dei flussi finanziari pubblici  attraverso  l'utilizzo
di un unico conto corrente (sentenza n. 35  del  2012),  oggetto  del
censurato  comma  1;  dall'altro,  la  finalita'   perseguita   dalla
disposizione e' proprio  quella  di  prevenzione  e  contrasto  della
criminalita' organizzata, cosi' come emerge  dai  lavori  preparatori
nonche' dalla stessa denominazione della legge regionale («Misure  di
contrasto  alla  criminalita'  organizzata»)  e  del  suo  Titolo   I
(«Disposizioni per la legalita'  e  il  contrasto  alla  criminalita'
organizzata»), in cui e' compreso l'art. 2. 
    D'altra parte,  la  norma  utilizza  una  tecnica  corrispondente
proprio a quella successivamente impiegata dall'art. 3 della legge n.
136 del 2010 - al precipuo scopo di prevenire i  «reati  che  possano
originarsi  dal  maneggio  del  pubblico  denaro,   con   riferimento
soprattutto all'infiltrazione criminale e al  riciclaggio»  (sentenza
n. 35 del 2012) - per farne applicazione nel medesimo settore, quello
degli appalti pubblici. 
    Le considerazioni svolte a proposito dell'art. 2, comma 1,  della
legge reg. Sicilia n. 15 del 2008 valgono anche per il  comma  2  del
medesimo articolo. 
    La disposizione, infatti,  e'  collocata  nello  stesso  contesto
normativo dell'altra e sancisce anch'essa la nullita' del  bando  per
mancata previsione della risoluzione contrattuale, nel caso in cui il
rappresentante legale  o  un  dirigente  dell'impresa  aggiudicataria
venga rinviato a giudizio, rispondendo  alla  medesima  finalita'  di
prevenzione  e  contrasto   dell'infiltrazione   della   criminalita'
organizzata nel settore  degli  appalti  pubblici,  resa  ancor  piu'
marcata  dal  riferimento  all'istituto  processual-penalistico   del
rinvio a giudizio per «favoreggiamento  nell'ambito  di  procedimenti
relativi a reati di criminalita' organizzata». 
    Tale nullita' del bando  non  e'  prescritta  dalla  legislazione
statale, che diversamente - oltre a contemplare cause  di  esclusione
dalla partecipazione alle procedure di affidamento di concessioni  ed
appalti e di divieto di  stipulazione  dei  contratti  (art.  38  del
decreto legislativo 12 aprile  2006,  n.  163,  recante  «Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»)  -  prevede  con
riferimento  ad  evenienze  analoghe  a  quella  di  cui  alla  norma
censurata, per il tramite dell'informazione  antimafia  interdittiva,
l'inibizione alla stipulazione,  approvazione  o  autorizzazione  del
contratto ed il potere di recederne,  nel  caso  sia  stato  concluso
(artt. 84, comma 4,  lettera  a,  e  94  del  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 159, recante «Codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione,  nonche'  nuove  disposizioni  in  materia  di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto 2010, n. 136»). 
    Le considerazioni che precedono consentono di  affermare  che  la
finalita' delle norme impugnate, l'oggetto materiale su cui  incidono
e gli strumenti normativi  impiegati  gravitano  nel  campo  occupato
dalla normativa statale nell'esercizio della competenza esclusiva  in
materia di «ordine pubblico e  sicurezza»,  rispetto  alla  quale  il
legislatore regionale e' estraneo (sentenza n. 35  del  2012),  senza
che  possa  essere  invocata  l'autonomia  speciale   statutariamente
accordata alla Regione siciliana (sentenza n. 55 del 2001). 
    D'altra parte, nel  caso  in  esame  vengono  in  rilievo  misure
specifiche di prevenzione e contrasto alla criminalita'  organizzata,
il cui carattere fondamentale consiste  proprio  nella  conformazione
uniforme  su  tutto  il  territorio  dello  Stato  e  nella  coerenza
sistematica  con  l'intero  impianto  della  legislazione  nazionale,
finalizzata  a  combattere  la  penetrazione  della  malavita   nelle
commesse pubbliche. 
    6.- In ragione della stretta ed inscindibile connessione  con  le
norme sopra richiamate,  delle  quali  presuppongono  l'applicazione,
deve essere dichiarata, ai sensi dell'art. 27 della  legge  11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale),    l'illegittimita'    costituzionale     in     via
consequenziale dell'art. 2, comma 3, della legge reg. Sicilia  n.  15
del 2008. 
    7.- Ogni ulteriore profilo di censura rimane assorbito.