ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma
5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per
la  stabilizzazione  finanziaria),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011,  n.  111,  promosso
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Sicilia,  sezione
staccata di Catania, nel procedimento vertente tra Tafuri  Gaetano  e
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con  ordinanza  del
25 ottobre 2013, iscritta al n. 190 del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.  46,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014. 
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 15  aprile  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  menzionata  in   epigrafe,   il
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,  sezione  staccata
di Catania, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  24,  25,  70,
77,  97  e  113  della  Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 21, comma  5,  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che tale disposizione  prevede,  per  finalita'  di  contenimento
della  spesa  pubblica  e  con  lo  scopo  di  assicurare  l'organico
completamento delle  procedure  di  trasferimento  alle  Regioni  dei
compiti  e  delle  funzioni  di  programmazione  ed   amministrazione
relativi  alle  ferrovie  in   regime   di   gestione   commissariale
governativa, che  tutte  le  funzioni  e  i  compiti  delle  gestioni
commissariali   governative   ferroviarie   siano   attribuite   alla
competente Direzione generale del Ministero  delle  infrastrutture  e
dei  trasporti;  e  che,  a  far  data  dall'entrata  in  vigore  del
decreto-legge in  cui  la  disposizione  e'  inserita,  i  commissari
governativi nominati cessino  dall'incarico  e  dall'esercizio  delle
funzioni; 
    che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale   e'   stata
sollevata nel corso di un giudizio instaurato da T.G. per  impugnare,
innanzi al TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, il provvedimento
con il quale gli era stato revocato, con provvedimento del  Ministero
delle infrastrutture  e  dei  trasporti,  l'incarico  di  commissario
governativo della gestione commissariale governativa  della  Ferrovia
Circumetnea; 
    che, in seguito a  tale  impugnazione,  il  provvedimento  veniva
sospeso, con decreto presidenziale del 21 giugno 2011, n. 789; 
    che, prima che la misura  cautelare  potesse  venir  discussa  in
contraddittorio tra le parti, e' intervenuto il d.l. n. 98 del  2011,
come convertito, contenente la norma impugnata; 
    che, con ordinanza  n.  1021  del  26  luglio  2011,  il  TAR  ha
dichiarato improcedibile la domanda cautelare in ragione  del  mutato
quadro normativo,  sicche'  il  ricorrente  ha  notificato  ulteriori
motivi  aggiunti  di  impugnazione   avverso   il   provvedimento   -
formalmente normativo, ma ritenuto sostanzialmente  amministrativo  -
contenuto nell'art. 21, comma 5,  del  d.l.  n.  98  del  2011,  come
convertito, nonche' avverso gli atti con i quali il Ministero ha dato
immediata esecuzione alla previsione normativa, sollevando  eccezione
di illegittimita' costituzionale del citato art.  21,  comma  5,  del
d.l. n. 98 del 2011; 
    che tale eccezione  e'  stata  accolta  dal  TAR  adito,  che  ha
sollevato la relativa questione con ordinanza del 25 ottobre 2013; 
    che il giudice rimettente, in punto di rilevanza, osserva che  il
ricorso   sarebbe   stato   certamente   accolto,   con   conseguente
annullamento dei provvedimenti impugnati, se la  sopravvenienza,  nel
corso del giudizio, della disposizione  normativa  censurata  non  si
fosse   posta    come    ostacolo    insuperabile    all'accoglimento
dell'impugnativa, stante la chiarezza e la perentorieta'  del  testo,
nonche' per l'evidente impossibilita' di  interpretazioni  differenti
da quelle prima facie emergenti ovvero costituzionalmente  orientate,
con conseguente necessita' di dichiarare  improcedibile  il  ricorso,
per sopravvenuta carenza di interesse; 
    che,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,   il   giudice
rimettente dubita, in primo luogo, della compatibilita'  della  norma
impugnata  con  i  parametri  di  cui  agli  artt.  3  e  97   Cost.,
evidenziando  che   il   ricorrente   sarebbe   l'unico   commissario
governativo  in  carica,   e   quindi   l'unico   a   dover   cessare
dall'incarico, in applicazione dell'art. 21, comma 5, del d.l. n.  98
del 2011,  come  convertito,  norma  asseritamente  destinata  a  non
trovare  ulteriori  applicazioni  in  futuro,  non   potendo   essere
istituite - per effetto, da ultimo, delle  disposizioni  del  decreto
legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento  alle  regioni  ed
agli enti locali di  funzioni  e  compiti  in  materia  di  trasporto
pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma  4,  della  legge  15
marzo 1997,  n.  59)  -  altre  ferrovie  in  gestione  commissariale
governativa; 
    che, secondo il rimettente, la norma impugnata  si  presenterebbe
percio' come una non rituale legge-provvedimento,  riguardante  nella
realta' un solo soggetto - ad onta  del  numero  plurale  piu'  volte
utilizzato nel testo normativo - e mossa dall'obbiettivo peculiare di
determinare la decadenza del ricorrente dall'incarico ricoperto,  con
violazione  dei  principi  di  eguaglianza,  ragionevolezza  e   buon
andamento (viene richiamata la sentenza di questa Corte  n.  267  del
2007); 
    che,  sempre  rispetto  all'art.   3   Cost.,   con   particolare
riferimento al  principio  di  ragionevolezza  e  non  arbitrarieta',
emergerebbe, ad avviso del rimettente, una contraddizione ed un salto
logico tra il preambolo del d.l. n. 98 del 2011 e la norma impugnata,
non  comprendendosi  come  la  cessazione  dall'incarico  dell'ultimo
commissario  governativo  possa   concorrere   alla   stabilizzazione
finanziaria e al  contenimento  della  spesa  pubblica,  eseguire  un
impegno assunto in sede comunitaria, ovvero  costituire  uno  stimolo
fiscale; 
    che il giudice rimettente dubita, inoltre,  della  compatibilita'
della norma impugnata con i parametri di cui agli artt. 24, 25 e  113
Cost., poiche' ulteriore  effetto  o  scopo  indiretto  della  norma,
ritenuto  non  perseguibile,  sarebbe  stato  quello  di  evitare  le
imminenti decisioni cautelari  e  di  merito,  dalla  amministrazione
temute  come  presumibilmente  sfavorevoli,  eludendone   quindi   il
contenuto precettivo (viene ancora richiamata la sentenza  di  questa
Corte n. 267 del 2007); 
    che, infine, il giudice rimettente dubita della conformita' della
norma censurata con i parametri di cui agli  artt.  70  e  77  Cost.,
essendo, a suo dire, evidente come tale norma non sia sussumibile tra
i casi straordinari di necessita' e urgenza che abilitano il  Governo
a derogare eccezionalmente all'ordinario riparto costituzionale delle
funzioni legislative; in particolare, la mancanza del requisito della
necessita' e dell'urgenza deriverebbe dall'assenza di qualunque nesso
tra  procedura  di  trasferimento  dei  compiti   alle   Regioni   ed
eliminazione delle gestioni commissariali governative; 
    che nel giudizio e' intervenuto  -  con  atto  depositato  il  25
novembre  2014  -  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
sostenendo l'infondatezza della sollevata questione  di  legittimita'
costituzionale,    e    prospettando,     in     via     preliminare,
l'inammissibilita' della stessa, per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sicilia, sezione  staccata  di  Catania,  dubita  della  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 70, 77, 97 e 113
della Costituzione, dell'art. 21, comma 5, del decreto-legge 6 luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che, ad avviso del rimettente, tale disposizione - nelle forme di
una non  rituale  "legge-provvedimento",  disomogenea  rispetto  agli
obiettivi del decreto-legge in cui e' inserita, priva  dei  richiesti
requisiti di necessita' e urgenza - dietro il  proclamato  obbiettivo
di  consentire  il  trasferimento   alle   Regioni   delle   funzioni
amministrative  relative  alle  ferrovie  in   regime   di   gestione
commissariale governativa, avrebbe lo scopo reale di  determinare  la
decadenza del ricorrente dalle funzioni  di  commissario  governativo
della Ferrovia Circumetnea, con l'ulteriore traguardo di incidere sul
giudizio in corso, evitando le imminenti  decisioni  cautelari  e  di
merito,   dalla   amministrazione   temute    come    presumibilmente
sfavorevoli; 
    che  tuttavia,  con  riferimento  alle  censure   relative   alla
violazione degli artt. 3, 24, 25, 97 e  113  Cost.,  la  disposizione
legislativa censurata, contrariamente a quanto sostenuto dal  giudice
rimettente,   non   si   presenta   affatto   nelle    forme    della
legge-provvedimento,   secondo   i    caratteri    enucleati    dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte,   non   mostrando   un   contenuto
particolare e concreto (ex plurimis, sentenze n. 20 del 2012 e n. 270
del 2010) ne', percio', producendo direttamente effetti nei confronti
di destinatari determinati o di numero limitato (ex multis,  sentenze
n. 275 e n. 154 del 2013 e n. 94 del 2009); 
    che essa infatti  interviene,  per  il  passato,  sulle  gestioni
commissariali governative esistenti - a prescindere dalla  questione,
meramente fattuale, relativa al loro numero odierno - facendo cessare
dagli incarichi e dalle funzioni i commissari  governativi  nominati,
e, per il futuro, disegna un nuovo assetto delle ferrovie  in  regime
di  gestione  commissariale  governativa,  attribuendone   tutte   le
funzioni e i compiti in capo alla Direzione  generale  del  Ministero
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  per  favorire   l'organico
completamento delle  procedure  di  trasferimento  alle  Regioni  dei
compiti amministrativi in materia; 
    che e' quindi la disposizione censurata ad impedire l'istituzione
di nuovi organismi, analoghi a quello cui era preposto il  ricorrente
nel giudizio a quo, e che, sotto questo profilo, essa non costituisce
affatto, come invece asserito  dal  giudice  rimettente,  un  inutile
doppione  di  disposizioni  gia'  esistenti,  giacche'   il   decreto
legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento  alle  regioni  ed
agli enti locali di  funzioni  e  compiti  in  materia  di  trasporto
pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma  4,  della  legge  15
marzo 1997, n. 59), non contiene, per  parte  sua,  alcuna  norma  di
divieto espresso di  istituzione  di  nuove  gestioni  commissariali,
mantenendone la possibilita' teorica  fino  al  definitivo  passaggio
delle funzioni di amministrazione alle Regioni; 
    che la norma censurata  costituisce  il  tassello  finale  di  un
progetto riformatore di ampio respiro, di cui si cerca di favorire la
definitiva e piena realizzazione con il superamento delle ferrovie in
gestione commissariale governativa, e del quale  la  specifica  norma
censurata - che comporta la decadenza dei commissari  governativi  in
carica - costituisce una mera e inevitabile conseguenza; 
    che  il   descritto   inquadramento   dell'intervento   normativo
censurato rende ultroneo il vaglio di costituzionalita' imposto dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte  sugli  atti   aventi   natura   di
leggi-provvedimento, non essendo configurabile ne' la violazione  del
principio  di  buon   andamento   della   pubblica   amministrazione,
prospettata dal rimettente, in relazione  all'arbitrarieta'  ed  alla
non  ragionevolezza  della  disciplina  denunciata,  ne'   l'asserita
lesione del diritto alla tutela giurisdizionale  dinanzi  al  giudice
amministrativo (sentenza n. 64 del 2014); 
    che, dunque, le censure relative alla presunta  violazione  degli
artt. 3, 24, 25, 97 e 113 Cost. sono manifestamente infondate; 
    che, quanto alla asserita violazione degli artt. 70 e 77 Cost., i
presupposti costituzionali per la decretazione  d'urgenza  riguardano
il  decreto-legge  nella  sua  interezza,  inteso  come  insieme   di
disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo (sentenza  n.  22
del 2012), e il sindacato sulla legittimita' dell'adozione, da  parte
del Governo, di un decreto-legge, va comunque  limitato  ai  casi  di
«evidente mancanza» dei presupposti  di  straordinaria  necessita'  e
urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost. o di  «manifesta
irragionevolezza o  arbitrarieta'  della  relativa  valutazione»  (ex
plurimis, sentenze n. 10 del 2015 e n. 22 del 2012); 
    che, nel caso  in  esame,  la  notoria  situazione  di  emergenza
economica posta a base del d.l. n. 98 del 2011,  che  ha  ad  oggetto
«Disposizioni urgenti per la stabilizzazione  finanziaria»,  consente
di escludere che  esso  sia  stato  adottato  in  una  situazione  di
evidente mancanza dei requisiti in parola; 
    che,  inoltre,  la  norma  impugnata,  inserita  gia'  nel  testo
originario del d.l. n. 98 del 2011 e non  modificata  nel  corso  del
procedimento  di  conversione  del  medesimo,  non   appare   affatto
dissonante  rispetto  al  contenuto   e   alla   materia   di   detto
decreto-legge; 
    che, infatti, con tale norma, come e' stato esplicitato nel corso
dei lavori preparatori della  legge  di  conversione,  si  e'  inteso
perseguire lo  scopo  di  contenimento  della  spesa  pubblica  e  di
completamento delle  procedure  di  trasferimento  alle  Regioni  dei
compiti  e  delle  funzioni  di  programmazione  ed   amministrazione
relativi  alle  ferrovie  in   regime   di   gestione   commissariale
governativa (come previsto dall'art.  8,  comma  1,  lettera  a,  del
d.lgs. n. 422 del 1997); 
    che la soluzione adottata appare coerente con queste finalita', a
loro volta armonicamente  collegate  agli  obiettivi  perseguiti  con
l'intero  atto  normativo  introdotto  in  via  di  urgenza   ed   ai
presupposti costituzionali su cui esso si fonda, sicche' non  risulta
la «evidente estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia
disciplinata dal complesso  del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita
(sentenze n. 128 del 2008 e n. 171 del 2007); 
    che, anche sotto  questo  profilo,  la  questione  va  dichiarata
manifestamente infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.