ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 16,  commi
3,  4  e  9,  e  24-bis  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto  2012,  n.
135; dell'art 1, comma 118, della legge  24  dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2013), e dell'art. 11, comma 8, del
decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35  (Disposizioni  urgenti  per  il
pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione,  per  il
riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in  materia
di  versamento  di  tributi  degli  enti  locali),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64, promossi dalla Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste,
dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano,   dalla   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,
dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Regione  autonoma
Sardegna e dalla Regione  siciliana,  rispettivamente  notificati  il
12-17, il 9, il 13, il 15, il 12 e il 13 ottobre 2012, il  19-22,  il
25, il 27, il 26 e il 27 febbraio e il 5 agosto 2013,  depositati  il
16, il 17, il 18, il 19 e il 23 ottobre 2012, il 25 febbraio,  il  4,
il 5, l'8 marzo e il 12 agosto 2013 e iscritti ai nn. 144, 149,  155,
156, 159, 160 e 170 del registro ricorsi 2012 ed ai nn. 24,  30,  32,
33, 35, 41, 43 e 80 del registro ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 2015 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    uditi gli  avvocati  Francesco  Saverio  Marini  per  la  Regione
autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste,  Michele  Costa  e  Cristina
Bernardi per la Provincia autonoma di  Bolzano,  Giandomenico  Falcon
per  la  Provincia  autonoma  di  Trento,  per  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  e  per  la  Regione  autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol, Massimo Luciani per  la  Regione  autonoma  Sardegna,
Beatrice  Fiandaca  e  Marina  Valli  per  la  Regione  siciliana   e
l'avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per notificazione  il  12  ottobre  2012,
ricevuto il successivo 17 ottobre e depositato  il  16  ottobre  2012
(reg. ric. n. 144 del 2012), la Regione autonoma Valle d'Aosta/Valle'
d'Aoste  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di   legittimita'
costituzionale  degli  artt.  16,  commi  3  e  4,   e   24-bis   del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli artt.
2, lettera a), 3,  lettera  f),  4,  12,  48-bis  e  50  della  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la  Valle
d'Aosta),  e  alla  legge  26  novembre  1981,  n.   690   (Revisione
dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), nonche' in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione),  e  ai  principi  di   leale   collaborazione   e   di
ragionevolezza. 
    L'art. 16, comma 3, nel testo oggetto di ricorso, stabilisce  che
«Con le procedure previste dall'articolo  27  della  legge  5  maggio
2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome  di
Trento e Bolzano assicurano un concorso  alla  finanza  pubblica  per
l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno  2012,  1.200
milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di  euro  per  l'anno
2014 e 1.575  milioni  di  euro  a  decorrere  dall'anno  2015.  Fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto  articolo
27, l'importo del concorso complessivo di cui al  primo  periodo  del
presente comma e' annualmente accantonato, a valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo
sancito tra le medesime autonomie  speciali  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del  Ministero
dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso  di
mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i  rapporti  tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano,
l'accantonamento   e'   effettuato,   con   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 ottobre 2012, in
proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi  desunte,  per
l'anno 2011, dal SIOPE. Fino all'emanazione delle norme di attuazione
di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto  di  stabilita'
interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati  tenendo
conto degli importi derivanti dalle predette procedure». 
    La ricorrente evidenzia che la norma impugnata pone a carico  del
bilancio regionale, «senza limiti temporali precisi»,  un  contributo
che ne compromette la  solidita'  finanziaria  e  che  viene  imposto
unilateralmente, in violazione del principio  pattizio  che  dovrebbe
regolare «tutti i rapporti finanziari tra lo  Stato  e  le  Autonomie
speciali». In particolare, sarebbe inadeguato il rinvio operato dalla
norma impugnata all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42  (Delega
al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione), posto che non si prevede alcun
termine  entro  il  quale  adottare  la   normativa   di   attuazione
statutaria. 
    In secondo luogo, la  normativa  statale  non  potrebbe  incidere
sulla partecipazione della Regione ai tributi erariali stabilendo che
il contributo dovuto dalla prima sia accantonato a valere  su  quanto
spettante alla Valle d'Aosta a tale titolo. 
    Come precisato dall'art. 1  del  decreto  legislativo  22  aprile
1994, n. 320  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione Valle d'Aosta), la  compartecipazione  ai  tributi  erariali,
nella misura determinata dalla legge n. 690  del  1981  in  relazione
all'art. 12 dello statuto, non sarebbe modificabile se non attraverso
il procedimento di revisione dello statuto e di adozione delle  norme
di attuazione (artt. 48-bis e 50 dello statuto regionale speciale). 
    Per mezzo della norma impugnata, il legislatore  statale  avrebbe
percio' violato la competenza regionale  in  materia  di  ordinamento
contabile (art. 2, lettera a, dello statuto) e di finanze regionali e
comunali (art. 3, lettera f, dello statuto) anche in riferimento agli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., applicabili in  forza  dell'art.
10  della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001.  Tale  violazione
ricadrebbe in  danno  dell'esercizio  delle  funzioni  amministrative
spettanti alla Regione ai sensi dell'art. 4 dello statuto. 
    Per i medesimi motivi il meccanismo  introdotto  dal  legislatore
statale contrasterebbe con i principi di ragionevolezza  e  di  leale
collaborazione, quest'ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost. 
    L'art.  16,   comma   4,   impugnato,   si   riferisce,   invece,
all'ulteriore  concorso  delle  autonomie   speciali   alla   manovra
finanziaria previsto dall'art. 32, comma 10, della legge 12  novembre
2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2012). L'art. 32, commi
11 e 12, prevede che un accordo tra lo Stato e le autonomie  speciali
determini, sulla base degli importi indicati dal comma 10, il livello
delle  spese  correnti  e  in  conto  capitale  (comma  11)   e,   in
alternativa, quanto alla sola  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  alle
Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  il  saldo  programmatico
(comma 12). La disposizione censurata aggiunge all'art. 32  un  comma
12-bis, che regola l'ipotesi in cui l'accordo non sia raggiunto entro
il 31 luglio, imponendo  alle  autonomie  speciali  l'osservanza  dei
contributi specificamente indicati dalle lettere a) e b),  oltre  che
di ogni altro contributo gravante su di esse (lettera d). 
    La ricorrente  ritiene  che  tale  previsione  sia  afflitta  dai
medesimi vizi gia' dedotti a proposito del precedente  comma  3,  con
particolare riferimento alla violazione  del  principio  dell'accordo
tra Stato ed autonomie speciali. 
    Infine, per i medesimi motivi, sarebbe illegittima la clausola di
salvaguardia recata dall'art. 24-bis del d.l. n. 95  del  2012,  dato
che essa prevederebbe la diretta applicabilita'  alla  Regione  Valle
d'Aosta delle regole enunciate dall'impugnato art. 16. 
    2.- Con un secondo ricorso spedito per  la  notificazione  il  19
febbraio 2013, ricevuto il successivo 22 febbraio e depositato il  25
febbraio 2013 (reg. ric. n. 24 del 2013), la Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Valle' d'Aoste  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di  stabilita'  2013),  in
riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis  e
50 della legge costituzionale n. 4 del 1948 e agli artt.  da  2  a  7
della legge n. 690 del 1981, nonche' in riferimento agli  artt.  117,
terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l'art.  10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001, e ai principi di ragionevolezza e
di leale collaborazione, quest'ultimo desunto dagli  artt.  5  e  120
Cost. 
    La norma impugnata modifica l'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95
del  2012,  stabilendo  che,  fino  all'emanazione  delle  norme   di
attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, gli importi
posti a carico delle autonomie  speciali  sono  incrementati  di  500
milioni di euro annui. 
    La ricorrente ritiene illegittima tale previsione per le medesime
ragioni enunciate con riguardo all'art. 16, comma 3, del d.l.  n.  95
del 2012. 
    3.- Con ricorso notificato il 9 ottobre 2012 e depositato  il  17
ottobre 2012 (reg. ric. n. 149 del 2012), la  Provincia  autonoma  di
Bolzano  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di   legittimita'
costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l.  n.  95
del 2012, in riferimento agli artt. 69, 70, 75, 79, 103,  104  e  107
del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), agli artt. 9,  10,  10-bis  e  16  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), all'art. 2 del decreto legislativo 16  marzo  1992,  n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), all'art. 2, commi 106 e 108, della legge 23  dicembre
2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2010),  nonche'  ai
principi di ragionevolezza e di leale collaborazione. 
    La Provincia autonoma osserva che, con l'art. 16, commi  3  e  4,
del d.l. n. 95 del 2012,  il  legislatore  statale  ha  imposto  alla
ricorrente contributi alla finanza pubblica in via unilaterale, e  in
violazione  del  principio  dell'accordo  tra  Stato   ed   autonomie
speciali, desunto dagli artt. 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, e
del principio di leale collaborazione. Ne' varrebbe replicare che  le
disposizioni impugnate producono effetti solo fino  alla  conclusione
dell'accordo o comunque fino  all'adozione  di  norme  di  attuazione
dello statuto, posto che non e' previsto,  ne'  puo'  esserlo,  alcun
termine perentorio a tali fini. 
    Inoltre, il carattere immediatamente  applicativo  dell'art.  16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 genererebbe un contrasto con  l'art.
2 del d.lgs. n. 266  del  1992,  che,  nelle  materie  di  competenza
provinciale, pone  a  carico  della  Provincia  un  mero  obbligo  di
adeguamento alla sopravvenuta normativa statale, e non  consente  che
essa produca subito effetti. Nel caso di specie, sarebbero  in  gioco
le competenze della Provincia in  materia  di  autonomia  finanziaria
(art. 83 dello statuto e  art.  16  del  d.lgs.  n.  268  del  1992),
ordinamento degli uffici e del personale  (art.  8,  numero  1  dello
statuto), finanza locale (artt. 80 e  81  dello  statuto),  igiene  e
sanita'  (art.  9,  numero  10  dello  statuto),  con   riguardo   al
finanziamento del sistema sanitario. 
    La ricorrente aggiunge, in riferimento all'art. 16, comma 3,  del
d.l. n. 95 del 2012 che, in base agli artt. 69, 70,  75  e  79  dello
statuto, nonche' all'art. 2, commi 106 e 108, della legge n. 191  del
2009, approvata ai sensi dell'art. 104 dello statuto,  le  quote  dei
proventi  erariali  spettanti  alla  Provincia  non  possono   venire
trattenute dallo Stato, ma vanno immediatamente poste a  disposizione
presso la tesoreria provinciale dello  Stato,  secondo  le  modalita'
definite dal decreto del Ministro dell'economia e  delle  finanze  20
luglio 2011 (Attuazione dell'articolo 2, comma 108,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, in materia di versamenti diretti  delle  quote
dei  proventi   erariali   spettanti   alla   Regione   Trentino-Alto
Adige/Südtirol ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano). 
    Infine la Provincia autonoma di Bolzano lamenta, con riguardo  ai
parametri gia' enunciati,  che  il  concorso  alla  finanza  pubblica
indicato dall'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 non  incontra
limiti temporali. 
    La ricorrente impugna, con riferimento ai parametri gia' esposti,
anche l'art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui rende
direttamente applicabile l'art.  16,  comma  3,  alla  Provincia.  Si
tratterebbe di norma di  dettaglio,  che  irragionevolmente  comprime
l'autonomia statutaria. 
    4.- Con un secondo ricorso spedito per  la  notificazione  il  25
febbraio 2013, ricevuto il successivo 5 marzo e depositato il 4 marzo
2013 (reg. ric. n. 30 del 2013), la Provincia autonoma di Bolzano  ha
promosso, tra le  altre,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012,  in  riferimento
agli artt. 75, 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, all'art.  2  del
d.lgs. n. 266 del 1992, all'art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992  e  ai
principi  di   leale   collaborazione,   di   ragionevolezza   e   di
delimitazione temporale. 
    La ricorrente ribadisce che l'incremento del contributo  previsto
dall'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 nella  misura  di  500
milioni di euro all'anno incorre nei medesimi vizi gia'  dedotti  nei
confronti dell'art. 16. 
    5.- Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il  18
ottobre 2012 (reg.  ric.  n.  155  del  2012),  la  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra le altre, questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del
d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104 e 107  del
d.P.R. n. 670 del 1972 e all'art. 2, comma 108, della  legge  n.  191
del 2009. 
    L'art. 16, comma  3,  impugnato,  determinerebbe  «una  ulteriore
rilevante sottrazione di risorse alle Regioni speciali» che  «non  ha
alcuna base statutaria». 
    La ricorrente evidenzia, in particolare,  che  il  concorso  alla
finanza pubblica avviene o  nei  modi  indicati  dall'art.  79  dello
statuto o in forza dell'accordo con lo Stato ivi previsto.  Pertanto,
un accantonamento unilaterale,  come  quello  derivante  dalla  norma
impugnata, lede il principio dell'accordo, in riferimento agli  artt.
79, 104 e 107 dello statuto. 
    Esso, inoltre, contrasta con tali parametri anche sotto tre altri
profili.   La   norma   impugnata,   predeterminando   il   contenuto
dell'accordo  quanto  al  rispetto  degli  importi  indicati,   rende
meramente fittizio il rinvio alla fonte  concertata  e  introduce  un
criterio per ripartire  il  contributo  tra  le  autonomie  speciali,
quello relativo alle spese sostenute per consumi intermedi,  che  non
e' stato oggetto di concertazione. Infine, il contributo e'  disposto
a decorrere dall'anno  2015,  e  dunque  a  tempo  indeterminato,  in
contrasto con la natura necessariamente transitoria che esso dovrebbe
rivestire. 
    La  Regione  aggiunge  che  disporre  un   accantonamento   sulla
compartecipazione ai tributi erariali assicurati dall'art.  69  dello
statuto viola tale ultima previsione, nonche' l'art.  2,  comma  108,
della legge n. 191 del 2009, che assicura il diretto versamento delle
somme mediante il deposito  presso  la  tesoreria  provinciale  dello
Stato. 
    L'art. 16, comma 4, a propria volta, violerebbe gli  artt.  79  e
104 dello statuto ed il principio dell'accordo, perche'  prevede  una
modalita' di partecipazione della  Regione  al  patto  di  stabilita'
incompatibile con tali previsioni. Peraltro, nella parte  in  cui  la
disposizione impugnata ribadisce la vigenza  di  contributi  posti  a
carico della ricorrente da altra normativa,  anch'essa  impugnata  in
separati  giudizi  innanzi   a   questa   Corte,   vi   sarebbe   una
illegittimita' in via derivata. 
    L'art. 16, comma 4, lederebbe il principio pattizio anche perche'
prevede un termine perentorio di conclusione dell'accordo, scaduto il
quale vengono imposte  alla  ricorrente  conseguenze  unilateralmente
determinate dallo Stato, con l'effetto di  vanificare  la  previsione
stessa dell'intesa. 
    Infine,   l'art.   24-bis,   nella   parte   in    cui    afferma
l'applicabilita' alle autonomie speciali dell'art. 16, comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012, incorrerebbe nei medesimi vizi dedotti  rispetto
a quest'ultima disposizione. 
    6.- Con un secondo ricorso  notificato  il  27  febbraio  2013  e
depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 33  del  2013),  la  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol  ha  promosso,  tra  le  altre,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  118,
della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104  e
107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all'art. 2, comma 108,  della  legge
n. 191 del 2009. 
    La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel  precedente
ricorso (reg. ric. n. 155 del 2012) avverso l'art. 16, comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012. 
    7.- Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il  18
ottobre 2012 (reg. ric. n. 156 del 2012), la  Provincia  autonoma  di
Trento  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l.  n.  95
del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del  d.P.R.  n.
670 del 1972 e all'art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009. 
    Il  ricorso  e'  analogo  a   quello   proposto   dalla   Regione
Trentino-Alto Adige (reg. ric. n. 155 del 2012) e svolge le  medesime
censure. 
    8.- Con un secondo ricorso  notificato  il  27  febbraio  2013  e
depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 35 del 2013),  la  Provincia
autonoma  di  Trento  ha  promosso,  tra  le  altre,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118,  della  legge  n.
228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del  d.P.R.
n. 670 del 1972 e all'art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009. 
    La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel  precedente
ricorso (reg. ric. n. 156 del 2012) avverso l'art. 16, comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012. 
    9.- Con ricorso notificato il 15 ottobre 2012 e depositato il  19
ottobre 2012 (reg.  ric.  n.  159  del  2012),  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 16, comma 3, del d.l.  n.  95
del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119  Cost.,  agli  artt.
49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale
collaborazione. La medesima Regione ha poi impugnato l'art. 16, comma
9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis,
e 51 dello statuto. La ricorrente, con riguardo all'art. 16, comma 3,
impugnato, premette che i rapporti finanziari tra Stato ed  autonomie
speciali sono retti dal principio  dell'accordo,  in  conformita'  al
quale e' stato approvato l'art. 1, commi 152 e 156,  della  legge  13
dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge  di  stabilita'  2011).
Quest'ultima disposizione, percio', regola  gia'  il  concorso  della
Regione alla finanza pubblica, e non potrebbe  essere  modificata  in
via unilaterale dal legislatore statale. 
    L'art. 16, comma 3, sarebbe, pertanto, lesivo  del  principio  di
leale collaborazione e degli artt. 63 e 65 dello statuto,  posto  che
le sole modifiche consentite all'accordo andrebbero introdotte con il
procedimento di revisione statutaria o di adozione della normativa di
attuazione. 
    Sarebbe  violato  anche  l'art.   49   dello   statuto,   perche'
l'accantonamento disposto a carico della compartecipazione  regionale
ai tributi erariali priva la  Regione  di  entrate  assicurate  dalla
previsione statutaria, senza che ricorrano i presupposti richiesti  a
tale scopo dall'art. 4 del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114  (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
in materia di finanza regionale), quanto alla riserva  all'erario  di
determinati tributi. Ne' gioverebbe il  rinvio  operato  dalla  norma
impugnata  alla  normativa  di  attuazione  statutaria,   posto   che
l'accantonamento ha efficacia immediata e considerato che l'art.  16,
comma 3, introdurrebbe un  vincolo  di  contenuto  per  le  norme  di
attuazione, tale da rendere fittizio il rinvio alla fonte concertata. 
    L'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 sarebbe in  contrasto
con tali parametri anche nella parte in cui  adotta  un  criterio  di
riparto del contributo tra le autonomie  speciali  non  pattuito  con
queste ultime, e nella parte in  cui  prescrive  un  contributo  alla
finanza pubblica privo di limite temporale. 
    La ricorrente aggiunge che l'art. 16, comma  3,  contrasta  anche
con gli artt. 3, 116 e 119 Cost. e con l'art. 48 dello statuto  sotto
molteplici profili. Anzitutto, esso non terrebbe conto della speciale
autonomia finanziaria della Regione Friuli-Venezia Giulia, ed anzi le
imporrebbe un trattamento deteriore rispetto alle Regioni ordinarie. 
    In secondo luogo, il sacrificio richiesto  alla  Regione  sarebbe
manifestamente irragionevole, perche' gravoso. 
    In terzo  luogo,  spetterebbe  allo  Stato  dimostrare  che  tali
interventi sono compatibili con il corretto esercizio delle  funzioni
assegnate al sistema regionale, anzitutto valutando il fabbisogno  di
spesa regionale: nel  caso  di  specie,  tale  valutazione  e'  stata
omessa, cio' che avrebbe comportato il paventato effetto in danno del
regolare adempimento delle funzioni pubbliche regionali. 
    Viene poi impugnato l'art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del  2012,
in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51  dello  statuto.  Tale
disposizione vieta  alle  Province  di  assumere  personale  a  tempo
indeterminato  nelle  more  dell'attuazione  delle  disposizioni   di
riduzione e razionalizzazione di tali enti. 
    La  ricorrente  ritiene  che  la  norma  impugnata  non  le   sia
applicabile, in forza della clausola di salvaguardia di cui  all'art.
24-bis del d.l. n. 95 del 2012. In caso contrario, la Regione ritiene
la  disposizione  illegittima,  in  ragione  dell'incostituzionalita'
delle procedure di razionalizzazione indicate dall'art. 17  del  d.l.
n. 95 del 2012, impugnato con l'odierno  ricorso.  In  ogni  caso  si
tratterebbe di disposizione «specifica e puntuale», tale da ledere la
competenza regionale in materia  di  ordinamento  degli  enti  locali
(art. 4, comma 1-bis, dello statuto, non richiamato espressamente)  e
di  finanza  locale  (art.   51   dello   statuto,   non   richiamato
espressamente). 
    10.- Con un secondo ricorso notificato  il  27  febbraio  2013  e
depositato il 4 marzo 2013 (reg. ric. n. 32  del  2013),  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le  altre,  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118, della legge n.
228 del 2012, in riferimento agli artt. 3,  116  e  119  Cost.,  agli
artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale  n.  1  del  1963  e  al
principio di leale collaborazione. 
    La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel  precedente
ricorso (reg. ric. n. 159 del 2012) avverso l'art. 16, comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012. 
    11.- Con ricorso notificato il 12 ottobre 2012 e depositato il 19
ottobre 2012 (reg.  ric.  n.  160  del  2012),  la  Regione  autonoma
Sardegna  ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l.  n.  95
del 2012, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., agli artt. 6,  7
e 8 della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna) e al principio di leale collaborazione. 
    Con riguardo all'art. 16, comma 3, la ricorrente premette che  lo
Stato non ha ancora provveduto a conferire piena attuazione  all'art.
8 dello statuto, che ha rideterminato le forme  di  compartecipazione
della Regione Sardegna ai tributi erariali. Il  contributo  richiesto
appare percio' lesivo,  secondo  la  ricorrente,  dell'art.  8  dello
statuto e del principio di leale collaborazione, non potendo lo Stato
operare accantonamenti prima di avere adempiuto ai propri obblighi. 
    Sarebbero poi lesi l'art. 119, quinto comma,  Cost.  e  l'art.  6
dello statuto,  perche'  il  contributo  richiesto  impedirebbe  alla
Regione di finanziare e porre in essere le funzioni pubbliche di  cui
e' titolare. 
    Infine  la  natura  temporalmente  indeterminata  del  contributo
sarebbe in contrasto con l'autonomia finanziaria regionale  garantita
dall'art. 119 Cost. e dall'art. 7 dello statuto. 
    Quanto all'art. 16,  comma  4,  del  d.l.  n.  95  del  2012,  la
ricorrente osserva che esso ha carattere peggiorativo  riguardo  alle
modalita' di partecipazione della Regione al patto di stabilita'.  La
previsione secondo cui le misure indicate dalla  norma  impugnata  si
applicano ove l'accordo tra Stato e Regioni non sia  raggiunto  entro
il 31 luglio violerebbe il principio di leale collaborazione  per  un
duplice  profilo.  Anzitutto,  il  termine  del  31  luglio   sarebbe
«sostanzialmente impossibile da rispettare», posto che il d.l. n.  95
del 2012 e'  stato  pubblicato  solo  il  6  luglio  e  la  legge  di
conversione il 14 agosto. In  secondo  luogo,  tale  termine  sarebbe
perentorio, anche perche' posteriore al termine del  31  marzo  2012,
entro il quale la Regione deve inviare la proposta di intesa.  Ma  la
perentorieta' non si concilierebbe con il principio dell'accordo, cui
sono ispirati i rapporti finanziari tra Stato ed autonomie speciali. 
    La ricorrente impugna inoltre l'art. 24-bis del d.l.  n.  95  del
2012, evidenziando che la  norma,  nella  parte  in  cui  afferma  la
diretta  applicabilita'  dell'art.  16,  comma  3,   alle   autonomie
speciali,  e'  affetta  dai  medesimi  vizi  denunciati  rispetto   a
quest'ultima disposizione. 
    12.- Con un secondo ricorso notificato  il  26  febbraio  2013  e
depositato l'8 marzo 2013 (reg. ric. n.  41  del  2013),  la  Regione
autonoma  Sardegna  ha  promosso,  tra   le   altre,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118,  della  legge  n.
228 del 2012, in riferimento agli artt. 3,  117  e  119  Cost.,  agli
artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e al
principio di leale collaborazione. 
    Approfondendo le censure gia' rivolte verso l'art. 16,  comma  3,
del d.l.  n.  95  del  2012,  la  ricorrente  denuncia  anzitutto  la
violazione  del  metodo  dell'accordo  nel  disciplinare  i  rapporti
finanziari con lo Stato, come imposto dagli artt. 117  e  119  Cost.,
dagli  artt.  7  e  8  dello  statuto  e  dal  principio   di   leale
collaborazione. 
    Vengono poi riproposte le censure gia'  mosse  verso  l'art.  16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, sottolineando  che  il  pregiudizio
relativo al corretto esercizio delle  funzioni  amministrative  della
Regione determina la violazione  degli  artt.  3,  4,  5  e  6  dello
statuto. 
    Infine, la ricorrente reputa  particolarmente  "odioso"  nei  sui
confronti  l'accantonamento  delle  compartecipazioni   sui   tributi
erariali, poiche' l'art. 8 dello statuto continuerebbe a non ricevere
applicazione da parte dello Stato, come  questa  Corte  avrebbe  gia'
affermato con le sentenze n. 99 e n. 118 del  2012.  Sarebbe  percio'
manifestamente irragionevole e contraddittorio (art. 3 Cost.) imporre
un ulteriore sacrificio alle finanze regionali, mentre si  nega  alla
Regione di elevare il livello delle spese in ragione  dell'incremento
delle compartecipazioni assicurato dall'art. 8 dello statuto. 
    13.-  Con  un  terzo  ricorso  notificato  il  5  agosto  2013  e
depositato il 12 agosto 2013 (reg. ric. n. 80 del 2013),  la  Regione
autonoma Sardegna ha impugnato, tra le altre disposizioni, l'art. 11,
comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti
per il pagamento dei debiti scaduti della  pubblica  amministrazione,
per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,  nonche'  in
materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64, in riferimento agli artt. 117,  terzo  comma,  e  119  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001, agli artt. 7  e  8  dello  statuto  e  al  principio  di  leale
collaborazione. 
    La norma impugnata modifica l'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95
del 2012, stabilendo che,  in  alternativa  all'accantonamento  delle
compartecipazioni regionali ai  tributi  erariali,  la  Regione  puo'
concordare con il  Ministero  per  la  coesione  territoriale  ed  il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti  che  le  somme  siano
trattenute dalle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione. 
    La ricorrente reputa che tale previsione aggravi  il  vizio  gia'
contenuto nell'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, perche'  il
Fondo, disciplinato dall'art. 2 e seguenti del decreto legislativo 31
maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive  ed
interventi  speciali  per  la  rimozione  di  squilibri  economici  e
sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n.  42),
conferisce  attuazione  al  principio  di  perequazione  territoriale
fissato dall'art. 119, quinto comma, Cost. Tale  Fondo  non  potrebbe
venire «depauperato in ragione di un contributo di  finanza  pubblica
illegittimo», anche in forza dell'art. 8, comma 1, lettera l),  dello
statuto,  che  annovera  tra  le  entrate  regionali   i   contributi
straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche. 
    La Regione ribadisce, poi, le censure gia' svolte nel  precedente
ricorso (reg. ric. n. 160 del 2012) a proposito dell'art.  16,  comma
3, del d.l. n. 95 del 2012, anche  con  riferimento  alla  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., perche'  la  norma  eccederebbe  i
limiti dei principi di coordinamento della finanza pubblica. 
    14.- Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il 23
ottobre 2012 (reg. ric. n. 170 del 2012),  la  Regione  siciliana  ha
promosso, tra le  altre,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in  riferimento  agli
artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  e  all'art.  2
del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto
della Regione siciliana in materia finanziaria). 
    La ricorrente ritiene che il  contributo  posto  a  carico  della
Regione costituisca una «dissimulata riserva» a favore dello Stato di
quote regionali di compartecipazione ai tributi erariali, in  difetto
dei presupposti a tal fine imposti allo Stato dall'art. 2 del  d.P.R.
n. 1074 del 1965, ed in violazione  dell'art.  36  dello  statuto.  A
maggior ragione, sarebbe illegittimo  che  il  contributo  non  abbia
limiti temporali. 
    Con tale meccanismo, non derogato dalla clausola di salvaguardia,
la  norma  impugnata  violerebbe  il  principio  dell'accordo   nella
disciplina dei rapporti finanziari tra  Stato  e  Regione  siciliana,
desumibile dall'art. 43 dello statuto. Tale principio, a parere della
ricorrente, non sarebbe soddisfatto neppure in presenza di un accordo
in  sede  di  Conferenza  Stato-Regioni,  essendo  invece  necessario
osservare le procedure speciali previste dallo statuto. 
    Infine la ricorrente sottolinea che, per  effetto  delle  riserve
all'erario di quote regionali di tributi spettanti ai sensi dell'art.
36 dello statuto, la norma impugnata  compromette  l'esercizio  delle
funzioni amministrative da parte del sistema regionale. 
    15.- Con un secondo ricorso notificato  il  27  febbraio  2013  e
depositato l'8 marzo 2013 (reg. ric. n.  43  del  2013),  la  Regione
siciliana ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 118, della legge n. 228  del  2012,
in riferimento all'art. 43 dello statuto, all'art. 2  del  d.P.R.  n.
1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione. 
    La ricorrente ripropone le censure  gia'  svolte  nel  precedente
ricorso (reg. ric. n. 170 del 2012) nei riguardi dell'art. 16,  comma
3, ricostruendo l'evoluzione della  normativa  statale  in  punto  di
contributi alla finanza pubblica da parte delle autonomie speciali. 
    16.- In tutti i  ricorsi  si  e'  costituito  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con memorie di analogo  contenuto,  chiedendo
che essi siano dichiarati inammissibili o infondati. 
    Le  norme  impugnate  costituirebbero  principi  fondamentali  di
coordinamento  della   finanza   pubblica,   imposti   dall'emergenza
finanziaria, a fronte dei quali non vi sarebbe ragione di distinguere
Regioni ordinarie e  autonomie  speciali.  Le  prerogative  regionali
sarebbero  adeguatamente  salvaguardate,  sia  dal   rinvio   operato
all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, sia  dalla  natura  residuale
delle misure, che scattano solo se non e' raggiunto un accordo tra lo
Stato e le autonomie speciali. Con riguardo al riparto del contributo
tra le  autonomie  speciali,  aggiunge  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, l'accordo e' stato raggiunto e recepito  con  il  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze 27 novembre 2012 (Riparto  del
contributo alla finanza pubblica previsto dall'articolo 16, comma  3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95  tra  le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e  Bolzano.  Determinazione
dell'accantonamento). 
    Su tale profilo del contenzioso sarebbe percio'  sopraggiunta  la
cessazione della materia del contendere. 
    In questo contesto le norme impugnate  non  arrecherebbero  alcun
pregiudizio  alle  ricorrenti,  cosi'  da  renderne  inammissibili  i
ricorsi. In particolare le ricorrenti non avrebbero  allegato  alcuna
disparita' di trattamento tra le Regioni in conseguenza  delle  norme
impugnate, ne' l'esistenza di squilibri economico-finanziari. 
    Con specifico riferimento  all'art.  79  dello  statuto  speciale
regionale, applicabile alla Regione autonoma  Trentino-Alto  Adige  e
alle Province autonome di Trento e di Bolzano,  l'Avvocatura  afferma
che esso assoggetta al principio dell'accordo solo  le  modalita'  di
conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica,  ma  non   la
determinazione della misura del contributo,  la  quale  costituirebbe
oggetto di competenza legislativa statale. 
    Con riguardo all'impugnativa dell'art. 16, comma 9, del  d.l.  n.
95 del 2012 da parte della Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
l'Avvocatura dubita che la norma sia applicabile a  tale  ricorrente,
in forza della clausola di salvaguardia di  cui  all'art.  24-bis,  e
afferma che, in ogni caso, essa costituisce principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Con riferimento all'art. 11, comma 8, del d.l. n.  35  del  2013,
impugnato dalla Regione autonoma  Sardegna,  la  difesa  dello  Stato
sottolinea che si tratta di una norma applicabile solo  su  richiesta
della Regione,  sicche'  la  censura  sarebbe  inammissibile  e,  nel
merito, non fondata. 
    17.- Tutte le ricorrenti hanno depositato memorie, insistendo per
l'accoglimento dei ricorsi. 
    La Regione autonoma Valle d'Aosta, in  particolare,  contesta  il
carattere eccezionale dell'intervento normativo  statale,  posto  che
esso fa seguito ad analoghe norme volte  a  trattenere  le  quote  di
tributi erariali spettanti alle autonomie speciali, ovvero agli artt.
13, comma 17, 14, comma 13-bis, e 28, comma 3,  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214; all'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, e all'art. 1,
comma 132, della legge n. 228 del 2012. Da tali  misure  e'  derivata
una riduzione delle entrate pari ad euro 93,5 milioni su 1,2 miliardi
nel 2012, destinata a divenire di 163 milioni nel 2013. 
    La Provincia autonoma di Bolzano, alla luce delle sentenze n. 229
e n. 236 del 2013 di questa Corte, afferma di avere proposto  ricorso
solo in via cautelativa e reputa che l'art. 24-bis del d.l. n. 95 del
2012 imponga di escludere l'applicabilita' delle norme impugnate alle
autonomie  speciali.  Peraltro,  tale  applicazione  e'  stata   gia'
disposta con il decreto  ministeriale  27  novembre  2012  e  con  il
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 settembre  2013
(Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto  dall'articolo
16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 tra le regioni  a
statuto  speciale  e  le  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento), atti impugnati  dalla  Provincia
con conflitto di attribuzione. Essi hanno infatti operato il  riparto
del contributo tra le  autonomie  speciali  secondo  criteri  che  la
ricorrente reputa illegittimi, sulla base di argomenti che  non  sono
stati posti a base dei ricorsi trattati in questa sede. 
    La Provincia  ribadisce,  infine,  che  le  norme  impugnate  non
possono reputarsi transitorie, poiche' non e' previsto alcun  termine
ai fini  dell'adozione  delle  norme  di  attuazione  statutaria  che
renderebbero inapplicabili le misure da esse disposte. 
    La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e la  Provincia  autonoma
di Trento hanno depositato memorie di analogo contenuto, con  cui  si
e' replicato alle eccezioni  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
svolte con l'atto di costituzione, e con successive memorie. 
    Dopo avere rilevato che le modifiche normative intervenute  nelle
more del giudizio  non  hanno  attenuato  la  lesivita'  delle  norme
impugnate, le  ricorrenti  negano  che  il  decreto  ministeriale  27
novembre 2012 abbia  determinato  la  cessazione  della  materia  del
contendere  sul  contestato  criterio  di  riparto   del   contributo
enunciato dall'art. 16, comma 3, del d.l. n.  95  del  2012,  poiche'
tale decreto ministeriale avrebbe applicato una norma efficace, nelle
more    del    giudizio    finalizzato    alla    declaratoria     di
incostituzionalita'  di  tale  disposizione.  Inoltre  le  ricorrenti
contestano che, ai  fini  dell'ammissibilita',  i  ricorsi  dovessero
evidenziare  una  disparita'  di  trattamento  tra  Regioni,   ovvero
dimostrare che le norme  impugnate  arrechino  squilibri  finanziari,
essendo sufficiente, invece, denunciarne il contrasto con lo statuto. 
    Con riferimento all'art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, le
ricorrenti reputano  le  censure  ampiamente  motivate  e  del  tutto
autonome rispetto a quelle dedotte negli altri  contenziosi  pendenti
innanzi a questa Corte. 
    Inoltre esse osservano che l'art. 79 dello statuto assoggetta  al
principio  dell'accordo  non  le  modalita'  di  perseguimento  degli
obiettivi di finanza pubblica ma direttamente i  saldi  di  bilancio,
ovvero il risparmio pubblico (entrate  correnti-spese  correnti),  il
saldo netto da finanziare  (entrate  finali-spese  finali),  l'avanzo
primario e il ricorso al mercato. Si tratta, percio',  di  valori,  e
non di mere modalita'. 
    Sarebbe priva di rilievo la circostanza che le misure  contestate
trovino applicazione solo in caso di mancato accordo tra lo  Stato  e
le  autonomie  speciali,  posto  che  i  ricorsi   deducono   proprio
l'illegittimita' costituzionale di un simile meccanismo  con  cui  lo
Stato intende sfuggire all'obbligo di raggiungere l'intesa. 
    Infine andrebbe escluso che l'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95
del  2012  corrisponda  a  competenze   dello   Stato   diverse   dal
coordinamento della finanza pubblica. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  ha  svolto  deduzioni
analoghe a quelle appena esposte per i punti di comune interesse  con
la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e con la Provincia di Trento. 
    Quanto poi all'art. 16, comma 9, del d.l.  n.  95  del  2012,  la
ricorrente ribadisce che un divieto di assumere  personale  eccede  i
limiti  che  lo  Stato  puo'  imporre  a  titolo  di   principio   di
coordinamento della finanza pubblica, giacche' sarebbero  ammissibili
solo limiti alla spesa per il personale nel suo complesso. 
    Inoltre, una volta dichiarata, con la sentenza n. 220 del 2013 di
questa Corte, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17  del  d.l.
n. 95 del 2012, ne dovrebbe seguire l'inapplicabilita' dell'art.  16,
comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, che sarebbe stato applicabile nelle
more del processo di riduzione delle Province disposto dall'art. 17. 
    La  Regione  autonoma  Sardegna  rileva  che,  sulla  base  della
sentenza n.  236  del  2013  di  questa  Corte,  sarebbe  auspicabile
attribuire all'art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012 il significato  di
escludere  l'applicabilita'  integrale  delle  norme  impugnate  alle
autonomie speciali. 
    In caso contrario, la ricorrente ribadisce che il rinvio  operato
dall'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 alle procedure di  cui
all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 non vale  a  salvaguardare  le
prerogative regionali, anche perche' rimarra' comunque in  capo  alle
Regioni il contributo straordinario senza  limiti  temporali  fissato
dalla disposizione impugnata, mentre  potrebbe  mutare  solamente  il
modo in cui le regolazioni  finanziarie  si  traducono  in  effettivi
trasferimenti di liquidita' e di risorse. 
    Quanto   alle    eccezioni    di    inammissibilita'    sollevate
dall'Avvocatura generale dello Stato, la ricorrente  osserva  che  lo
squilibrio finanziario cui  e'  costretta  emerge  con  evidenza  dal
contenzioso, gia' rammentato,  relativo  all'attuazione  dell'art.  8
dello statuto, e che,  anzi,  proprio  la  modifica  di  quest'ultima
disposizione comprova la grave alterazione tra mezzi e risorse.  Alla
luce di cio' il ritardo nella definizione degli accordi tra  Stato  e
Regione attinenti alla finanza  pubblica  sarebbe  da  imputare  allo
Stato  e  non  potrebbe  giustificare  le  misure  imposte  a  titolo
suppletivo dalle norme impugnate. 
    Con riferimento all'art. 11, comma 8, del d.l. n.  35  del  2013,
per ribadire il grave pregiudizio che la norma impugnata  le  arreca,
la ricorrente si dilunga nuovamente sul contenzioso in corso  con  lo
Stato circa l'attuazione dell'art. 8 dello statuto. 
    La  Regione  siciliana  premette  che  le   modifiche   normative
intervenute sull'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 non  hanno
carattere  satisfattivo  e  sostiene  che,  per  effetto  di  plurime
normative, il contributo della ricorrente alla  finanza  pubblica  e'
ingente, e tale da comportare un pregiudizio rilevante. 
    18.-  Anche  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha  depositato
memorie, insistendo sulle conclusioni gia' formulate. 
    In  particolare,  l'Avvocatura  sottolinea  che  il  riparto  del
contributo di cui all'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del  2012,  in
proporzione alle spese sostenute per consumi  intermedi  desunti  dal
SIOPE, si affida ad un criterio  non  arbitrario,  ma  certificato  e
garantito. 
    L'accantonamento    delle    quote    di     tributi     erariali
corrisponderebbe, poi,  all'esercizio  della  competenza  statale  in
materia  di  «sistema  tributario  e  contabile  e  di   perequazione
finanziaria». 
    Viene poi dedotta l'inammissibilita' delle censure  svolte  dalla
Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalla  Provincia  autonoma  di
Trento rispetto all'art. 16, comma 4, del d.l. n. 95  del  2012,  per
genericita', anche con riguardo alle censure  di  illegittimita'  per
invalidita' derivata. 
    19.- Talune ricorrenti hanno  depositato  ulteriori  memorie.  La
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha rammentato che  l'art.  16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha  ricevuto  attuazione  anche  nel
2014 tramite il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17
giugno 2014 (Riparto del contributo alla  finanza  pubblica  previsto
dall'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95,
tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento  e
Bolzano. Determinazione dell'accantonamento). 
    La Provincia autonoma di Bolzano, allo stesso modo, riferisce che
l'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012  ha  trovato  attuazione,
prima con il decreto  ministeriale  27  novembre  2012,  poi  con  il
decreto ministeriale 23 settembre 2013,  ed  infine  con  il  decreto
ministeriale 17 giugno 2014, e aggiunge di avere proposto contro tali
atti conflitto di attribuzione. 
    La ricorrente specifica che i decreti ministeriali appena  citati
hanno determinato una sproporzione  tra  le  autonomie  speciali,  in
danno  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  perche'  sono  state
privilegiate  le  «amministrazioni  con  maggiore  spesa   indiretta,
rispetto a quelle con maggiore spesa diretta». Piu'  favorevole,  per
tale  aspetto,  appare  alla  ricorrente  l'art.  46,  comma  2,  del
decreto-legge  24  aprile  2014,  n.  66  (Misure  urgenti   per   la
competitivita'   e   la   giustizia   sociale),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno  2014,  n.
89. Questa stessa Corte, con la sentenza  n.  79  del  2014,  avrebbe
ritenuto che i criteri di riparto del  contributo  tra  le  autonomie
speciali,  in  quanto  basati  sul  livello  dei  consumi  intermedi,
sarebbero costituzionalmente illegittimi. 
    L'art. 1,  comma  118,  della  legge  n.  228  del  2012  avrebbe
ulteriormente  aggravato  il  pregiudizio  subito  dalla  ricorrente,
incrementando l'importo dovuto a titolo di contributo. Ogni  modifica
normativa intervenuta sul testo dell'art. 16, comma 3, impugnato,  e'
tale, secondo la ricorrente, da  comportare  il  trasferimento  delle
questioni sul testo attualmente vigente. 
    Da ultimo la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha depositato
due memorie, con  le  quali  ha  dichiarato  che  intende  rinunciare
all'impugnativa dell'art. 16, comma 3, del d.l. n.  95  del  2012,  e
dell'art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012. 
    La Regione insiste, invece, per  l'accoglimento  della  questione
relativa all'art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, rilevando che
tale disposizione non ha subito modifiche. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.
n. 144 del 2012), Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 155  del
2012), Sardegna (reg. ric. n. 160 del  2012),  Friuli-Venezia  Giulia
(reg. ric. n. 159 del 2012), la Regione siciliana (reg. ric.  n.  170
del  2012)  e  le  Province  autonome  di   Trento   e   di   Bolzano
(rispettivamente, reg. ric. n. 156 e n. 149 del 2012) hanno promosso,
tra le altre, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135. L'art.  16,  comma  4,  e
l'art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, invece, sono  stati  impugnati
da tutte le ricorrenti, con l'eccezione  della  Regione  siciliana  e
della Regione automa Friuli-Venezia Giulia. Quest'ultima ha censurato
anche l'art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012. 
    Tutte  le   ricorrenti   hanno   poi   proposto   altri   ricorsi
(rispettivamente, reg. ric. n. 24, n. 33, n. 41, n. 32, n. 43, n.  35
e n. 30 del 2013), con i quali hanno impugnato, tra  l'altro,  l'art.
1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2013), che apporta modifiche all'art. 16, comma 3,  del
d.l. n. 95 del 2012. La sola Regione autonoma Sardegna, con  separato
ricorso (reg. ric. n. 80 del 2013), ha impugnato, tra l'altro,  anche
l'art.  11,  comma  8,  del  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.   35
(Disposizioni urgenti per  il  pagamento  dei  debiti  scaduti  della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli  enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 giugno 2013, n. 64, che reca un'ulteriore  modifica  all'art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. 
    2.- Piu' in particolare, la Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  ha
impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del  d.l.  n.  95  del
2012, e l'art. 1,  comma  118,  della  legge  n.  228  del  2012,  in
riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis  e
50 della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  4  (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690
(Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta),
nonche' in riferimento agli artt.  117,  terzo  comma,  e  119  della
Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), e ai principi di ragionevolezza  e
di leale collaborazione, quest'ultimo desunto dagli  artt.  5  e  120
Cost. 
    La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e la  Provincia  autonoma
di Trento hanno impugnato gli artt. 16, commi 3 e  4,  e  24-bis  del
d.l. n. 95 del 2012, e l'art. 1, comma 118, della legge  n.  228  del
2012, in riferimento agli artt. 69, 75, 79, 104 e 107 del  d.P.R.  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige), e all'art. 2, comma 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2010). 
    La Regione autonoma Sardegna ha impugnato gli artt. 16, commi 3 e
4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 117  e
119 Cost., agli artt. 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio di leale
collaborazione. Ha impugnato, inoltre, sia l'art. 1, comma 118, della
legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119  Cost.,
agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948
e al principio di leale collaborazione, sia l'art. 11, comma  8,  del
d.l. n. 35 del 2013, in riferimento agli artt. 117,  terzo  comma,  e
119  Cost.,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10   della   legge
costituzionale n. 3 del 2001, agli artt. 7 e 8  dello  statuto  e  al
principio di leale collaborazione. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l'art. 16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e l'art. 1, comma 118, della  legge
n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119  Cost.,  agli
artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio  1963,  n.  1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio
di leale collaborazione. Ha impugnato inoltre l'art. 16, comma 9, del
d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis,  e  51
dello statuto. 
    La Regione siciliana ha impugnato l'art. 16, comma 3, del d.l. n.
95 del 2012, in riferimento agli artt. 36  e  43  del  regio  decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), e all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,  n.  1074
(Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria). Ha impugnato inoltre l'art. 1, comma 118,  della  legge
n. 228 del 2012, in riferimento all'art. 43 dello statuto, all'art. 2
del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione. 
    La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato gli artt. 16, commi
3 e 4, e 24-bis, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento  agli  artt.
69, 70, 75, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, agli artt.
9, 10, 10-bis e 16 del decreto legislativo  16  marzo  1992,  n.  268
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige in materia di finanza regionale e provinciale), all'art. 2  del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento), all'art. 2,  commi
106 e 108, della legge n. 191 del 2009, nonche' ai principi di  leale
collaborazione e di ragionevolezza. Ha impugnato  inoltre  l'art.  1,
comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 75,
79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, all'art. 2 del  d.lgs.  n.  266
del 1992, all'art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992  e  ai  principi  di
leale collaborazione, ragionevolezza e di «delimitazione temporale». 
    3.- I ricorsi  vertono  sulle  medesime  disposizioni  e  pongono
problemi analoghi, sicche' ne appare opportuna la riunione ai fini di
una  decisione  congiunta,  riservando  a   separate   decisioni   la
trattazione delle questioni vertenti  sulle  altre  disposizioni  con
essi impugnate. 
    4.- Nelle more del giudizio, le  Regioni  autonome  Trentino-Alto
Adige, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano hanno raggiunto con lo Stato accordi  in  materia
di finanza pubblica. Ne e' seguita, da parte di tali ricorrenti,  per
quanto qui di interesse, la rinuncia ai ricorsi, salva l'impugnazione
dell'art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 da parte della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
    Nonostante  abbia  raggiunto  un  analogo  accordo,  la   Regione
siciliana non ha rinunciato ai ricorsi. 
    L'accettazione della rinuncia, ai sensi dell'art. 23 delle  norme
integrative  per  i  giudizi  davanti  alla   Corte   costituzionale,
determina l'estinzione dei giudizi promossi  dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto  Adige  e  dalle  Province  autonome.  In  difetto   di
accettazione, ma anche  di  un  interesse  da  parte  dello  Stato  a
coltivare i giudizi, va dichiarata cessata la materia del  contendere
con riferimento a tutti i giudizi  promossi  dalle  Regioni  autonome
Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, con l'eccezione  del  ricorso  reg.
ric. n. 159 del 2012  di  quest'ultima,  limitatamente  all'art.  16,
comma 9, del d.l. n. 95 del 2012  (da  ultimo,  sentenza  n.  46  del
2015). 
    Restano altresi' da decidere i  ricorsi  della  Regione  autonoma
Valle d'Aosta e della Regione siciliana. 
    5.- L'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha subito,  nelle
more dei giudizi,  alcune  modifiche,  una  delle  quali,  introdotta
dall'art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, e' stata oggetto
di autonoma impugnazione da parte delle ricorrenti. L'art. 11,  comma
8, del d.l. n. 35 del 2013, ha permesso di imputare il concorso delle
autonomie speciali, previsto dalla norma impugnata, al Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione, mentre l'art. 1, comma 469,  della  legge  n.
228 del 2012 ha modificato le date dell'anno  entro  cui  dare  corso
agli adempimenti previsti dalla disposizione censurata. Si tratta  di
modificazioni marginali, che non incidono sulle censure svolte  dalle
ricorrenti e, in forza del principio  di  effettivita'  della  tutela
costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione  (da  ultimo,
sentenza n. 46 del  2015),  impongono  di  trasferire  le  originarie
questioni sul testo attualmente vigente dell'art. 16,  comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012. 
    6.-   L'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita' dei ricorsi,  perche'  non  e'  stata  dedotta  la
violazione  del  principio  di  uguaglianza  tra  le   Regioni   come
conseguenza  delle  norme  impugnate.  Si  tratta   di   un'eccezione
palesemente  infondata,  dato  che  non  vi  e'  alcuna  ragione  per
subordinare  l'ammissibilita'  di  un  giudizio  costituzionale  allo
svolgimento, da parte del ricorrente, di questa peculiare censura  di
merito. Parimenti non e' necessaria, come ha  eccepito  l'Avvocatura,
la deduzione, da parte della Regione, che le  disposizioni  impugnate
determinano un grave squilibrio economico-finanziario, posto  che  il
giudizio in via principale, avente ad oggetto una legge dello  Stato,
verte sull'osservanza dei criteri  costituzionali  di  riparto  della
competenza legislativa (sentenza n. 79 del 2014). 
    7.- L'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95  del  2012,  nel  testo
attualmente vigente ed oggetto di scrutinio, stabilisce che  «Con  le
procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le Regioni a statuto speciale e le  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano assicurano un concorso alla finanza  pubblica  per  l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e  1.575
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle
norme di attuazione di cui al  predetto articolo  27,  l'importo  del
concorso complessivo di cui al primo periodo del  presente  comma  e'
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali, o, previo accordo tra la  Regione  richiedente,  il
Ministero  per  la  coesione  territoriale  e  il   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per  lo  sviluppo  e  la  coesione
sulla base di apposito accordo  sancito  tra  le  medesime  autonomie
speciali in sede di Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  e
recepito con decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di  mancato  accordo  in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  l'accantonamento  e'
effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze
da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione  alle
spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno  2011,  dal
SIOPE. Fino all'emanazione  delle  norme  di  attuazione  di  cui  al
citato articolo 27, gli obiettivi del  patto  di  stabilita'  interno
delle predette autonomie speciali sono  rideterminati  tenendo  conto
degli importi incrementati di 500 milioni  di  euro  annui  derivanti
dalle predette procedure. In caso di utilizzo delle risorse del Fondo
per lo sviluppo e la coesione per le finalita'  di  cui  al  presente
comma, la Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la
presa d'atto, la nuova programmazione nel limite delle disponibilita'
residue, con priorita' per il finanziamento di interventi finalizzati
alla  promozione  dello  sviluppo  in  materia   di   trasporti,   di
infrastrutture e di investimenti locali». 
    L'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito la cessazione della
materia del contendere, perche' per l'anno 2012 (decreto ministeriale
27 novembre 2012) e'  stato  raggiunto  l'accordo  con  le  autonomie
speciali sulle modalita' di riparto del contributo tra di esse. 
    L'eccezione non ha fondamento, dato  che  concludere  un  accordo
imposto da una norma di legge  mentre  la  si  impugna  non  comporta
alcuna acquiescenza nel giudizio in via principale  (sentenza  n.  98
del 2007). In ogni caso l'accordo non e' stato raggiunto ne' nel 2013
(decreto ministeriale 23  settembre  2013),  ne'  nel  2014  (decreto
ministeriale 17 giugno 2014). 
    8.- La Regione autonoma Valle  d'Aosta  e  la  Regione  siciliana
contestano, con  riferimento  all'art.  16,  comma  3,  impugnato,  e
all'art. 1, comma 118, della legge n. 228  del  2012,  che  la  legge
dello Stato possa imporre  loro  una  forma  di  partecipazione  alle
manovre di risanamento della finanza  pubblica  senza  che  essa  sia
stata precedentemente concordata.  Il  principio  pattizio,  infatti,
sarebbe desumibile dalle rispettive norme statutarie e di  attuazione
statutaria. 
    In  particolare,  le  competenze   valdostane   in   materia   di
ordinamento contabile, di ordinamento degli uffici (viene  richiamato
l'art. 2, comma 1, lettera a, dello statuto) e di finanze regionali e
comunali (art. 3, comma 1, lettera f, dello statuto; artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost.) sarebbero presidiate  dagli  artt.  48-bis  e  50
dello statuto, che vieterebbero, anche in riferimento al principio di
leale  collaborazione,   interventi   statali,   in   difetto   delle
particolari  procedure  previste  per  modificare   lo   statuto   ed
introdurre la normativa di attuazione di esso. 
    Analoga  conclusione  dovrebbe  essere  tratta  per  la   Regione
siciliana dagli artt. 36 e 43 dello statuto e dal principio di  leale
collaborazione. 
    Le questioni non sono fondate. 
    Questa Corte ha di recente ribadito, proprio  con  riguardo  alla
Regione siciliana (sentenza n.  46  del  2015),  che,  di  regola,  i
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  recati   dalla
legislazione statale si applicano  anche  ai  soggetti  ad  autonomia
speciale (sentenza n. 36 del 2004; in  seguito, sentenze  n.  54  del
2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del  2005 e n.
353 del 2004). E' vero che rispetto a questi ultimi merita di  essere
privilegiata la via dell'accordo (sentenza n. 353 del 2004),  con  la
quale si esprime un principio generale, desumibile anche dall'art. 27
della legge 5 maggio 2009, n.  42,  recante  «Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione» (sentenze n. 193 e n. 118 del 2012), ma e'  anche  vero
che quel principio, in casi particolari,  puo'  essere  derogato  dal
legislatore statale (sentenze n. 46 del 2015, n. 23 del 2014 e n. 193
del 2012). E'  da  aggiungere  che,  contrariamente  a  quanto  hanno
sostenuto le ricorrenti, si tratta di un principio che non  e'  stato
recepito dagli statuti di autonomia o dalle norme  di  attuazione  di
essi. 
    E' per questa ragione che l'art. 27, comma 1, della legge  n.  42
del 2009 prevede che le autonomie speciali  concorrono  al  patto  di
stabilita' interno «secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di
attuazione dei rispettivi statuti», nel presupposto  che  tali  fonti
non abbiano  ancora  provveduto  a  disciplinare  la  materia  e  non
abbiano, allo stato, recepito ne'  declinato  il  principio  pattizio
nelle  forme  necessarie  a  renderlo   opponibile   al   legislatore
ordinario.  Percio',  benche'  non  valga  ad  alterare  il   riparto
costituzionale delle competenze (sentenze n. 89 del 2014 e n. 39  del
2013), l'emergenza finanziaria, ove la legge ordinaria  non  incontri
un limite in una fonte  superiore,  ben  puo'  alimentare  interventi
settoriali, che, per quanto non oggetto di accordo  (sentenza  n.  23
del 2014), pongano, caso per caso, obblighi finanziari a carico delle
autonomie speciali, tanto piu' in casi come quello in esame,  in  cui
la norma impugnata si colloca in un  ampio  contesto  normativo,  nel
quale il principio pattizio e' gia' largamente adottato per  volonta'
dello  stesso  legislatore  ordinario,  posto  che   gli   interventi
unilaterali  dello  Stato  in  materia  di  finanza   pubblica   sono
accompagnati dall'obbligo di raggiungere comunque  con  le  autonomie
speciali un accordo di un contenuto piu' ampio di  quello  costituito
dalla mera definizione del livello delle spese correnti (sentenza  n.
19 del 2015). Anche la disposizione oggi censurata,  nel  definire  e
quantificare ulteriori contributi a carico delle  ricorrenti,  rinvia
alle procedure che verranno determinate in sede  di  revisione  delle
norme di attuazione statutaria e opera percio'  transitoriamente,  in
attesa che il principio dell'accordo venga recepito  da  tale  ultima
fonte. 
    9.- Le ricorrenti, sulla base dei medesimi parametri indicati  al
punto precedente, cui la Regione autonoma Valle d'Aosta  aggiunge  il
principio di ragionevolezza, censurano l'art. 16, comma 3,  del  d.l.
n. 95 del 2012, anche nella parte in cui impone un contributo a tempo
indeterminato, vale a dire «a decorrere dall'anno 2015». 
    Su  tale  questione  deve  ritenersi  cessata  la   materia   del
contendere. 
    Infatti, l'art. 1, comma 454, lettera c), della legge n. 228  del
2012 ha stabilito  che  le  ricorrenti  concordino  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze l'obiettivo finanziario  per  gli  anni
dal 2013 al 2017, riducendo il livello  delle  spese  finali  di  una
serie di importi,  tra  i  quali  quelli  determinati  in  attuazione
dell'art. 16, comma 3,  del  d.l.  n.  95  del  2012.  Il  contributo
previsto  in  tale  ultima  disposizione,  percio',  per   gli   anni
successivi al 2012, e' governato  da  una  nuova  norma,  che  lo  ha
espressamente circoscritto temporalmente fino al  2017.  La  modifica
normativa   ha   privato   tale   contributo   del   suo    carattere
cronologicamente illimitato e in tal modo ha abrogato tacitamente  la
norma impugnata, nella parte in cui ne prevedeva una durata destinata
a protrarsi indefinitamente, fino  all'approvazione  delle  norme  di
attuazione statutaria. 
    10.- Le ricorrenti, sempre con  riferimento  ai  parametri  sopra
indicati, impugnano l'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95  del  2012,
anche nella parte in cui si  prevede  che,  fino  al  perfezionamento
della procedura di cui all'art. 27 della legge n.  42  del  2009,  il
contributo sia  annualmente  accantonato  a  valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali che spettano loro in base  agli
statuti e alle norme di attuazione. Mentre la Regione autonoma  Valle
d'Aosta evidenzia  che  la  partecipazione  ai  tributi  erariali  e'
assicurata, oltre che dall'art. 12 dello statuto, anche  dalla  legge
di attuazione statutaria n. 690 del 1981, e non puo' pertanto  venire
modificata con legge ordinaria, la Regione siciliana aggiunge  che  i
soli casi in cui lo Stato puo' riservare a se' quote  di  tributi  di
spettanza regionale sono  tassativamente  elencati  nell'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del 1965, disposizione che sarebbe  percio'  anch'essa
violata dalla norma impugnata. 
    Le questioni non sono fondate. 
    E'  opportuno  partire  proprio  dalla  censura   della   Regione
siciliana relativa all'istituto della riserva, perche' mette in  luce
la differenza che corre  tra  questo  e  la  previsione  oggetto  del
ricorso. 
    Attraverso la riserva, lo Stato,  ove  sussistano  le  condizioni
previste, sottrae definitivamente all'ente territoriale una quota  di
compartecipazione al tributo erariale che gli sarebbe spettata, e  se
ne appropria a tutti  gli  effetti  al  fine  di  soddisfare  proprie
finalita' (ex plurimis, sentenze n. 145 del 2014, n. 97 del 2013 e n.
198 del 1999). Per mezzo  dell'accantonamento  previsto  dalla  norma
impugnata, invece, poste  attive  che  permangono  nella  titolarita'
della Regione, cui infatti spettano in forza degli  statuti  e  della
normativa di attuazione (sentenza n. 23 del 2014), sono  sottratte  a
un'immediata disponibilita'  per  obbligare  l'autonomia  speciale  a
ridurre di un importo corrispondente  il  livello  delle  spese.  Una
volta chiarito che il contributo imposto a tal fine  alle  ricorrenti
e' legittimo, si deve  concludere  che  l'accantonamento  transitorio
delle quote di compartecipazione, in  attesa  che  sopraggiungano  le
norme di attuazione cui rinvia l'art. 27 della legge n. 42 del  2009,
costituisce il mezzo procedurale con il quale le autonomie  speciali,
anziche' essere  private  definitivamente  di  quanto  loro  compete,
partecipano al risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a  tal
fine  le  risorse  che  lo  Stato  trattiene.  Le  quote  accantonate
rimangono, in tal  modo,  nella  titolarita'  della  Regione  e  sono
strumentali all'assolvimento di un  compito  legittimamente  gravante
sul sistema regionale. 
    Naturalmente non e' questa una situazione che si possa  protrarre
senza limite, perche' altrimenti l'accantonamento si tramuterebbe  di
fatto in appropriazione. Ma, nell'attuale contesto emergenziale,  ove
e'  particolarmente  forte  l'esigenza  di  obbligare  le  Regioni  a
contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri  dedotti
dalle ricorrenti, giacche' si risolve nell'omessa erogazione, in  via
transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque
impiegare per incrementare il livello della spesa. 
    Va inoltre ribadito che, per  effetto  dell'art.  1,  comma  454,
della legge n. 228 del 2012, il contributo prescritto  dall'art.  16,
comma 3, impugnato, e con esso l'accantonamento, cessera'  di  essere
dovuto, in ogni caso, nel 2017. 
    11.- Le ricorrenti, richiamando i parametri gia' indicati, cui la
Regione autonoma Valle  d'Aosta  affianca  l'art.  4  dello  statuto,
lamentano anche che il contributo previsto  dall'art.  16,  comma  3,
impedisce loro di svolgere adeguatamente le  funzioni  amministrative
cui sono preposte. 
    Le  questioni  non  sono   fondate,   perche'   manca   qualunque
dimostrazione di tale assunto (da ultimo, sentenze n. 26 e n. 23  del
2014). 
    12.- L'art. 16, comma 4, del d.l. n.  95  del  2012  aggiunge  un
comma 12-bis all'art.  32  della  legge  12  novembre  2011,  n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2012). Questo comma stabilisce che,
in caso di mancato accordo tra Stato ed autonomie speciali in materia
di finanza pubblica entro il 31 luglio di ciascun anno, gli obiettivi
di queste ultime sono rideterminati applicando all'obiettivo  fissato
con  l'ultimo  accordo  i  "miglioramenti"   indicati   dalla   norma
impugnata, ovvero tenendo in  conto  ulteriori  contributi  a  carico
delle Regioni e delle Province  autonome,  come  gia'  introdotti  da
separate disposizioni di legge. 
    La Regione autonoma Valle d'Aosta  censura  questa  disposizione,
con riferimento ai medesimi parametri dedotti rispetto  all'art.  16,
comma 3. La ricorrente sostiene che una predeterminazione unilaterale
dell'obiettivo lede  la  sua  autonomia  finanziaria  e  si  pone  in
contrasto con il principio dell'accordo. 
    La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' scrutinato  la  legittimita'  costituzionale
dell'art. 32, comma 12, della legge  n.  183  del  2011,  respingendo
analoghe  censure  (sentenza  n.   19   del   2015),   con   riguardo
all'imposizione unilaterale e preventiva di  misure  a  carico  delle
autonomie speciali, in attesa del raggiungimento dell'accordo. 
    La disposizione  oggi  impugnata  regola  appunto  l'ipotesi  che
l'accordo non si perfezioni nei termini  previsti,  e,  a  tal  fine,
recupera l'ultimo degli obiettivi concordati, apportandovi correttivi
gia' operanti in  forza  delle  disposizioni  normative  che  pongono
contributi a carico delle  autonomie  speciali,  comunque  dovuti  in
forza delle specifiche norme di legge che gia' li prevedono. 
    In  tal  modo  la  disposizione  impugnata  fa  salvo,  come   e'
possibile, il principio  consensualistico,  integrandolo  con  quanto
prescritto  da  specifiche  norme  di  legge,  la  cui   legittimita'
costituzionale deve essere eventualmente contestata impugnando queste
ultime nei termini stabiliti dall'ordinamento. 
    Ne' viene lesa l'autonomia finanziaria regionale, posto che si e'
in presenza di vincoli transitori al livello  generale  della  spesa,
che per lo piu' preservano l'autonomia  regionale  circa  i  modi  di
perseguimento dell'obiettivo programmato (sentenza n. 36 del 2004). 
    13.- La Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  impugna  anche  l'art.
24-bis del d.l. n. 95 del 2012, con riferimento agli stessi parametri
dedotti rispetto all'art. 16, commi 3 e 4. La disposizione  impugnata
contiene  una  clausola  di  salvaguardia,  che,  fermo  restando  il
contributo di cui agli artt. 15 e 16, comma 3, stabilisce che il d.l.
n. 95  del  2012  si  applica  alle  autonomie  speciali  secondo  le
procedure previste dai rispettivi statuti speciali e  dalle  relative
norme di attuazione. La ricorrente lamenta che questa clausola non la
sottrae all'applicazione dell'art. 16, commi 3 e 4, impugnati. 
    La questione e' inammissibile per carenza di  autonoma  lesivita'
della disposizione censurata. 
    Premesso che l'art. 16, commi 3 e 4, del d.l. n. 95 del  2012  e'
senza  dubbio  applicabile  alle  autonomie  speciali,  dato  che  le
riguarda espressamente (sentenza n. 219 del 2013), va  osservato  che
la norma impugnata non ha alcuna capacita' lesiva laddove fa salve le
procedure di attuazione degli statuti,  mentre,  come  si  e'  visto,
l'applicabilita' dell'art. 16, commi  3  e  4,  alla  ricorrente  non
dipende dalla clausola di salvaguardia,  ma  direttamente  da  queste
disposizioni, che sono percio' le sole a poter essere impugnate  allo
scopo di rimuovere la pretesa violazione. 
    14.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia censura l'art. 16,
comma  9,  del  d.l.  n.  95  del  2012,  secondo  cui  «Nelle   more
dell'attuazione delle disposizioni di riduzione  e  razionalizzazione
delle Province e' fatto comunque divieto alle stesse di procedere  ad
assunzioni di personale a tempo indeterminato». 
    La ricorrente osserva  che  la  norma  impugnata  si  collega  al
procedimento di riordino delle Province indicato dal successivo  art.
17, anch'esso impugnato, e sostiene che la stessa e' in contrasto con
le competenze provinciali in materia di ordinamento degli enti locali
e di finanza locale (art. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto). 
    Sulla questione e' cessata la materia del contendere. 
    L'art. 17 del d.l. n. 95 del 2012  e'  stato  infatti  dichiarato
costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 220 del 2013, e  di
conseguenza non puo' trovare  applicazione  un  divieto  che  a  tale
disposizione era strettamente collegato, ne' la ricorrente ha dedotto
che, nel breve periodo di vigenza della norma, essa  ha  impedito  il
perfezionamento di procedure di assunzione eventualmente in corso.