ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  62-quater
del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative concernenti le imposte  sulla  produzione  e
sui consumi e relative sanzioni penali  e  amministrative),  promossi
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con   due
ordinanze del 29 aprile 2014, rispettivamente iscritte ai nn.  164  e
165 del  registro  ordinanze  del  2014,  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 42,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2014. 
    Visto l'atto di  costituzione  della  Flavourart  srl  ed  altre,
nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 2015 e nella camera  di
consiglio del 15 aprile 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato; 
    udito l'avvocato Fabio Francario per Flavourart srl ed  altre,  e
gli avvocati dello Stato Anna Collabolletta  e  Francesco  Meloncelli
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,  con  due
ordinanze del 29 aprile 2014 (reg. ord. n. 164 e n. 165 del 2014), ha
sollevato  -  in  riferimento  agli  artt.  3,  23,  41  e  97  della
Costituzione - questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
62-quater del decreto legislativo 26  ottobre  1995,  n.  504  (Testo
unico delle disposizioni legislative  concernenti  le  imposte  sulla
produzione   e   sui   consumi   e   relative   sanzioni   penali   e
amministrative),  nella  parte  in  cui  assoggetta  alla  preventiva
autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei  monopoli  la
commercializzazione dei prodotti succedanei dei prodotti  da  fumo  e
sottopone, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i  medesimi  prodotti  ad
imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo  di
vendita al pubblico. 
    La disposizione impugnata e' stata introdotta dall'art. 11, comma
22, del decreto- legge  28  giugno  2013,  n.  76  (Primi  interventi
urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile,
della coesione sociale, nonche' in  materia  di  Imposta  sul  valore
aggiunto - IVA - e altre misure finanziarie urgenti), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9  agosto  2013,  n.
99. 
    In particolare i primi due commi dell'art. 62-quater,  in  vigore
dal 23 agosto 2013, prevedono quanto segue: «1. A  decorrere  dal  1°
gennaio 2014 i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a
sostituire il consumo dei tabacchi  lavorati  nonche'  i  dispositivi
meccanici ed elettronici, comprese  le  parti  di  ricambio,  che  ne
consentono il consumo, sono assoggettati ad imposta di consumo  nella
misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al  pubblico.  2.
La  commercializzazione  dei  prodotti  di  cui  al   comma   1,   e'
assoggettata alla preventiva  autorizzazione  da  parte  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli nei confronti di soggetti  che  siano  in
possesso dei  medesimi  requisiti  stabiliti,  per  la  gestione  dei
depositi  fiscali  di  tabacchi   lavorati,   dall'articolo   3   del
regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 22  febbraio
1999, n. 67». 
    2.- Il giudice a quo riferisce di essere chiamato a  decidere  in
ordine ai ricorsi proposti da  alcuni  operatori  del  settore  della
produzione e commercializzazione  delle  sigarette  elettroniche,  al
fine di ottenere l'annullamento del  decreto  emanato  dal  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  il  16   novembre   2013,   recante
«Disciplina, ai sensi dell'articolo 62-quater, comma 4,  del  decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni,  del
regime della commercializzazione dei prodotti contenenti  nicotina  o
altre sostanze, idonei a sostituire il consumo dei tabacchi  lavorati
nonche' i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti  di
ricambio, che ne consentono il consumo». 
    La disposizione dell'art. 62-quater viene censurata  nella  parte
in cui, senza  curarsi  di  specificare  quali  prodotti  o  sostanze
possano  essere  considerati  idonei  a  sostituire  il  consumo  del
tabacco,  ha  assoggettato  a  regime  autorizzativo,  tariffario   e
all'imposta di consumo qualsiasi sostanza  liquida  e  vaporizzabile,
anche  non  contenente  nicotina;  qualsiasi   dispositivo   atto   a
consentire la vaporizzazione, a prescindere dal fatto che essa  abbia
ad oggetto sostanze contenenti nicotina o,  comunque,  oggettivamente
qualificabili come succedanee del tabacco; ed infine anche i prodotti
accessori e strumentali, aventi uso promiscuo. 
    Osserva il TAR Lazio che le disposizioni  del  d.m.  16  novembre
2013,  impugnato  dai   ricorrenti,   rappresentano   la   pedissequa
riproduzione del contenuto della fonte primaria,  ed  in  particolare
dell'art.  62-quater  del  d.lgs.  n.  504  del  1995.  Peraltro,  la
contestuale entrata in vigore della disciplina dell'autorizzazione  e
dell'imposta sarebbe  indicativa  del  fatto  che  l'unica  finalita'
dell'autorizzazione, come strutturata dalla  disposizione  censurata,
e' rappresentata dalla vigilanza fiscale, in funzione strumentale  al
versamento, all'accertamento e alla riscossione dell'imposta. 
    3.- Il giudice a quo denuncia,  in  primo  luogo,  la  violazione
dell'art.   3   Cost.,   per   l'intrinseca   irrazionalita'    della
disposizione, che non  individua  in  maniera  oggettiva  i  prodotti
succedanei dei prodotti da fumo, colpiti dall'imposta.  Infatti,  con
la nozione di "bene succedaneo" si fa riferimento ad un bene idoneo a
sostituirne altri per  soddisfare  un  bisogno  o  un  reimpiego.  Si
tratterebbe,  pertanto,  di  un  concetto  di  natura   empirica   ed
economica, che riflette preferenze soggettive dei consumatori. 
    Parimenti  incerta  ed  opinabile  sarebbe  l'individuazione  dei
prodotti che «consentono» il  consumo  dei  succedanei  del  tabacco,
potendo, in tale generica nozione, essere ricompresa tutta una  serie
di beni di natura promiscua, il cui uso non  sarebbe  necessariamente
ed  esclusivamente  strumentale  al  fumo  elettronico   e   la   cui
commercializzazione, in altri settori, e' del tutto libera. 
    Tale situazione spiegherebbe quindi la  contraddittorieta'  delle
prime indicazioni operative contenute  nelle  circolari  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli, le quali, pur  escludendo  che  prodotti
accessori,  come  caricabatterie  e  custodie,   siano   assoggettati
all'imposta, hanno comunque  stabilito  che,  qualora  il  prezzo  di
vendita del prodotto succedaneo comprenda anche gli  accessori,  esso
concorre integralmente a formare la base imponibile. 
    Dall'imprecisa formulazione  della  norma  e  dalla  mancanza  di
criteri atti ad individuare con certezza  le  componenti  della  base
imponibile,  discenderebbe  inoltre  la  previsione  di   un'aliquota
indifferenziata, destinata a gravare con lo stesso peso su  tutta  la
filiera del fumo elettronico e anche su prodotti ad uso promiscuo, in
aperta violazione dei principi di  eguaglianza  e  ragionevolezza  in
materia tributaria. 
    3.1.- In assenza di un contenuto sufficientemente determinato,  e
quindi di una  valida  base  legislativa,  l'amministrazione  sarebbe
sostanzialmente libera di includere (o meno)  nella  base  imponibile
qualsivoglia bene che, secondo il  suo  insindacabile  apprezzamento,
venga ritenuto idoneo a sostituire il consumo dei tabacchi  lavorati.
Cio' determinerebbe la violazione dell'art. 23 Cost. e della  riserva
di legge in materia di prestazioni imposte, nonche' dei  principi  di
imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui
all'art. 97 Cost. 
    3.2.- L'indeterminatezza  del  precetto  sarebbe  inoltre  lesiva
dell'art. 41 Cost. e del diritto di libera iniziativa  economica,  in
quanto gli operatori del settore si troverebbero  nell'impossibilita'
di pianificare correttamente i propri investimenti e di  adeguare  le
strutture aziendali alla nuova imposizione. 
    4.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio relativo al reg. ord. n. 165 del 2014 con memoria depositata
il 28 ottobre 2014, nella quale  ha  eccepito,  in  via  preliminare,
l'inammissibilita' delle questioni sollevate dal TAR  Lazio,  per  la
mancata indicazione dei parametri costituzionali violati, nonche' per
l'omessa individuazione della disciplina di raffronto che consenta di
ritenere irragionevole quella  sospettata  d'incostituzionalita'.  In
particolare, il TAR rimettente non  avrebbe  motivato  la  denunciata
irrazionalita'   della   normativa   primaria   che   sottopone    ad
autorizzazione il commercio dei  prodotti  succedanei,  al  pari  dei
tabacchi lavorati. 
    4.1.- In punto di rilevanza, l'Avvocatura  generale  dello  Stato
esclude la sussistenza di un nesso di strumentalita'  necessaria  tra
il  regime  autorizzativo  e  l'obbligazione  tributaria,  in  quanto
l'imposta sarebbe comunque dovuta, a prescindere  dall'autorizzazione
al commercio. Si osserva,  a  questo  riguardo,  che  il  presupposto
dell'imposta non e' costituito dall'istituzione e  dall'esercizio  di
un deposito fiscale, ma dall'immissione in consumo dei beni (art. 61,
comma 1, lettera a), del d.lgs.  n.  504  del  1995).  Parimenti,  la
determinatezza del presupposto impositivo sarebbe del  tutto  slegata
dal regime di autorizzazione. Pertanto, la questione di  legittimita'
costituzionale relativa all'imposta in se'  sarebbe  irrilevante  nel
giudizio a quo, il quale ha ad oggetto  la  legittimita'  del  regime
autorizzatorio. 
    4.1.1.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato  eccepisce  inoltre
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per
il mancato  assolvimento  dell'obbligo  di  interpretazione  conforme
della norma alla luce del diritto comunitario. In particolare, il TAR
Lazio non avrebbe tenuto conto  della  direttiva  n.  2014/40/UE  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  3   aprile   2014,   sul
ravvicinamento  delle  disposizioni  legislative,   regolamentari   e
amministrative degli Stati membri  relative  alla  lavorazione,  alla
presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei  prodotti
correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE. 
    Si osserva in  particolare  che,  nell'art.  2  della  direttiva,
vengono fornite le definizioni  di  «sigaretta  elettronica»  (numero
16), di «contenitore di liquido di ricarica» (numero 17), di  «aroma»
(numero 24) e di «aroma caratterizzante» (numero 25). 
    Ne discenderebbe l'inammissibilita' della questione formulata dal
TAR   rimettente,   nella   parte    in    cui    viene    denunciata
l'indeterminatezza della definizione normativa nel  diritto  interno,
dovendosi integrare la  disposizione  nazionale  con  la  definizione
comunitaria del prodotto. 
    4.2.- Nel  merito,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ritiene
infondata la censura relativa alla violazione dell'art. 3 Cost. e del
principio di ragionevolezza, in primo luogo per  quanto  riguarda  la
previsione dei prodotti contenenti nicotina, idonei a  sostituire  il
consumo dei tabacchi lavorati. In particolare, laddove viene indicato
- quale caratteristica del prodotto - il contenuto  di  nicotina,  la
determinatezza del precetto sarebbe evidente. 
    Quanto all'altra  parte  della  definizione  normativa,  relativa
all'idoneita'  a  sostituire  il  consumo  dei  tabacchi,  ad  avviso
dell'Avvocatura generale dello Stato, la stessa  sarebbe  altrettanto
determinata, alla luce della  definizione  normativa  comunitaria  di
sigaretta elettronica di cui all'art. 2, numero 16), della  direttiva
n. 40 del 2014, che chiarisce il  concetto  d'idoneita'  sostitutiva,
indicando - quale caratteristica della sigaretta elettronica - il suo
utilizzo per il consumo di vapore contenente nicotina. 
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  l'idoneita'
sostitutiva dei prodotti succedanei  dei  prodotti  da  fumo  sarebbe
quindi  determinata  proprio  dalla   qualificazione   impressa   dal
produttore  o  dal  rivenditore,  in  ordine  alla  destinazione  dei
prodotti ad essere usati per il consumo di fumo o vapore. 
    4.2.1.-  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sarebbe
infondata anche in riferimento ai prodotti contenenti altre  sostanze
idonee a sostituire il consumo di tabacchi lavorati. 
    La disposizione impugnata  avrebbe  assoggettato  ad  imposta  di
consumo i prodotti che consentono di aspirare la sostanza  rilasciata
dal riscaldamento del  prodotto,  producendo  fumo  inteso  in  senso
estensivo,  ossia  quale  vapore  avente  apparenza   del   fumo   da
combustione. 
    In definitiva, poiche' il  vapore  da  sigaretta  elettronica  e'
ragionevolmente  assimilabile  al   fumo,   per   il   principio   di
sostituzione  equivalente,  sarebbe   ragionevole   e   proporzionata
l'imposta di consumo sul commercio delle sigarette  elettroniche,  in
quanto calibrata in maniera analoga a  quella  delle  accise  per  le
sigarette. La ragionevolezza si manifesterebbe infatti  nel  concetto
giuridico  di  "sostituzione  nel   consumo",   contenuto   nell'art.
62-quater  in  esame,  che  ha  assoggettato  consumi  analoghi  alla
medesima imposizione, indipendentemente dal processo tecnico con  cui
il consumo e' reso possibile. 
    4.2.2.-   L'infondatezza   della   questione   di    legittimita'
costituzionale  sarebbe   rilevabile   anche   con   riferimento   ai
dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di  ricambio,
che consentono il consumo dei prodotti sostitutivi  del  consumo  del
tabacco. 
    Al riguardo, si  osserva  che  -  per  determinare  gli  elementi
costitutivi dell'imposta - sarebbe rilevante non solo la  natura  del
bene, ma anche la destinazione d'uso impressa allo  stesso  bene  dal
soggetto   passivo    d'imposta.    L'idoneita'    sostitutiva    non
riguarderebbe, quindi, soltanto il prodotto vaporizzato, ma anche  lo
strumento che ne consente il consumo. Inoltre,  l'assoggettamento  ad
imposta delle parti di  ricambio  svolgerebbe  una  chiara  finalita'
antielusiva,  allo  scopo  di  evitare  che  la   scomposizione   dei
dispositivi consenta di aggirare la norma impositiva. 
    4.2.3.-   D'altra   parte,   non   sarebbe   ravvisabile   alcuna
irragionevolezza nella previsione di un'aliquota indifferenziata  per
le sostanze,  i  dispositivi  e  le  parti  di  ricambio,  attesa  la
concorrente finalita' della disposizione di disincentivare il consumo
di prodotti succedanei dei prodotti da fumo, per obiettivi di  tutela
della  salute  umana  e  di  lotta   al   tabagismo.   Tali   ragioni
giustificherebbero l'assoggettamento ad imposta di consumo in  misura
analoga a quella prevista per i tabacchi lavorati. 
    4.3.- Con riferimento alle censure relative alla violazione degli
artt. 23 e 97 Cost., l'Avvocatura generale dello  Stato  ritiene  che
l'art. 62-quater impugnato non  disponga  alcuna  delegificazione  in
materia  fiscale.  La  norma  di  fonte  primaria   sarebbe   infatti
autosufficiente e non necessiterebbe di alcuna integrazione  in  sede
attuativa. All'autorita' amministrativa non sarebbe  lasciata  alcuna
possibilita'  di  ampliare  arbitrariamente  l'oggetto  dell'imposta.
Pertanto, anche la paventata violazione dell'art.  97  Cost.  sarebbe
infondata. 
    4.4.- In riferimento all'art. 41 Cost., la  determinatezza  della
norma censurata escluderebbe qualsivoglia violazione  della  liberta'
d'iniziativa  economica  privata.  Data  la  chiarezza   del   quadro
normativo,  per  gli  imprenditori  sarebbe  piena  la  facolta'   di
pianificazione della loro attivita' nel settore. 
    5.- Nel giudizio relativo all'ordinanza di rimessione n. 165  del
2014, con memoria depositata il 28 ottobre 2014, si  sono  costituite
le parti ricorrenti nel giudizio a quo, le quali  hanno  chiesto  che
sia dichiarata la illegittimita' costituzionale  dell'art.  62-quater
del d.lgs. n. 504 del 1995. 
    5.1.- Viene dedotta, in primo luogo, la violazione degli artt. 3,
11, 53 e 117 Cost., attesa l'irragionevolezza dell'equiparazione  tra
tabacchi  e  sigarette  elettroniche  sul  piano   della   disciplina
autorizzatoria e fiscale. 
    Infatti,  mentre  il  regime  fiscale  dell'accisa  sui  tabacchi
sarebbe  giustificato  dal  disfavore  nei  confronti  di   un   bene
universalmente riconosciuto come gravemente nocivo per  la  salute  e
del quale si cerca di scoraggiare il  consumo,  l'inesistenza  di  un
tale presupposto in relazione alle sigarette elettroniche  renderebbe
manifestamente inapplicabile  il  medesimo  regime  amministrativo  e
tributario a beni che con il consumo del tabacco non hanno  nulla  in
comune. 
    L'irragionevolezza sarebbe evidenziata anche dal contrasto con la
direttiva  2014/40/UE,  adottata  il  3  aprile  2014,  la  quale  ha
consentito  l'assoggettamento  della   sigaretta   elettronica   alle
disposizioni previste per la lavorazione, presentazione e vendita dei
prodotti del tabacco solo nel caso in cui  la  sigaretta  elettronica
comporti consumo di nicotina. 
    5.1.1.- Viene, inoltre, dedotto che, in realta', la  disposizione
in esame non  opera  un  intervento  perequativo  -  volto  cioe'  ad
equiparare il trattamento fiscale della sigaretta tradizionale  e  di
quella elettronica -  ma  un  intervento  assolutamente  peggiorativo
rispetto  a  quello  riservato  alle  sigarette  tradizionali.   Tale
conclusione discenderebbe da un duplice ordine di considerazioni. 
    Da un lato, l'accisa del 58,5  per  cento  incide  non  solo  sul
quantitativo dei liquidi contenenti nicotina immessi in commercio, ma
- indiscriminatamente -  su  tutto  il  complesso  di  beni  (liquidi
vaporizzabili, dispositivi elettronici e relativi accessori) che, nel
loro insieme, costituiscono il kit comunemente  denominato  sigaretta
elettronica. 
    Dall'altro lato, l'imposta  sui  tabacchi  lavorati  e'  comunque
strutturata in modo da garantire un sistema di aliquote differenziate
per ciascuna tipologia di prodotto (sigarette,  sigari  e  sigaretti,
tabacco da fumo trinciato, tabacco da fiuto e da mastico). Viceversa,
l'attuale imposta sulle sigarette elettroniche prevede l'applicazione
di un'aliquota proporzionale, unica ed indifferenziata, pari al  58,5
per cento. 
    5.2.- Con riferimento alla denunciata  violazione  del  principio
della capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., si  sottolinea
che lo stesso, secondo la giurisprudenza della Corte,  debba  «essere
inteso come espressione dell'esigenza che  ogni  prelievo  tributario
abbia causa giustificatrice in  indici  concretamente  rivelatori  di
ricchezza» (e' richiamata la sentenza n. 120  del  1972).  Viceversa,
nel caso in esame, non si comprenderebbe quale sia il fatto indice di
capacita' contributiva considerato dal legislatore quale  presupposto
dell'imposta. 
    Il  vulnus  sarebbe  aggravato,   inoltre,   dalla   duplicazione
impositiva derivante dall'applicazione dell'aliquota  sul  prezzo  di
vendita dei prodotti al pubblico e,  quindi,  in  riferimento  ad  un
importo al lordo dell'IVA. 
    Si  osserva,  d'altra  parte,  che   la   sigaretta   elettronica
rappresenta un valido strumento per la lotta contro  il  fumo  e  non
sarebbe, pertanto, neppure invocabile un  principio  di  precauzione,
che  giustifichi  l'introduzione  dell'imposta  in   funzione   della
finalita' extrafiscale di ostacolare  la  produzione  ed  il  consumo
delle sigarette elettroniche. 
    L'imposta sarebbe,  inoltre,  sproporzionata  in  relazione  alla
capacita' contributiva  delle  singole  aziende  sulle  quali  grava,
poiche' la stessa si attesterebbe su un importo superiore  all'intero
utile aziendale di ciascuna annualita', essendo calcolata sul  prezzo
di vendita dal dettagliante al consumatore (e non gia' sul prezzo  di
vendita  dal  produttore  al  grossista).  Il  tributo  non   sarebbe
commisurato ad alcun indice di capacita'  economica  del  produttore,
ossia del soggetto passivo dell'imposta, in  relazione  al  quale  va
valutato  il  rispetto  del  principio  costituzionale  di  capacita'
contributiva. 
    5.3.- Sotto un diverso profilo, la  difesa  delle  parti  private
costituite ha, inoltre, denunciato la  violazione  del  principio  di
riserva di legge in materia tributaria, di cui all'art. 23 Cost., del
principio di buon andamento della pubblica  amministrazione,  di  cui
all'art. 97 Cost., e del principio di certezza del  diritto,  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    Viene rilevato che l'ambito applicativo dell'art.  62-quater  del
d.lgs. n. 504 del 1995 sarebbe cosi'  ampio  da  non  consentire  una
predeterminazione  legislativa  della  concreta  imposizione  fiscale
applicabile alle singole fattispecie, lasciando  all'amministrazione,
la decisione in ordine alla determinazione della base imponibile,  in
violazione  del  principio   di   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.,  atteso  che  quest'ultima
non sarebbe posta nelle condizioni di operare legittimamente  per  il
perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla sua azione. 
    L'indeterminatezza del precetto normativo  comporterebbe  inoltre
l'impossibilita' - per gli operatori economici - di comprendere quale
sia la base imponibile, con conseguente violazione dei  principi  del
legittimo affidamento e della certezza del diritto, il cui fondamento
e' individuato nell'art. 3 Cost. 
    5.4.- Viene, inoltre, denunciata la violazione del  diritto  alla
salute di cui all'art. 32  Cost.,  poiche'  la  normativa  censurata,
equiparando  ai  fini  impositivi  le  sigarette  tradizionali   alle
sigarette  elettroniche,  i  liquidi  e  gli  accessori  alle  stesse
destinati, a prescindere dal loro contenuto, finirebbe  per  favorire
il settore dei tabacchi tradizionali, concorrendo al suo  sviluppo  e
proteggendolo dalle "turbative" determinate  dalla  diffusione  delle
sigarette elettroniche. 
    5.5.- La difesa delle parti private denuncia infine la violazione
del principio di liberta' economica, di cui all'art.  41  Cost.;  del
principio della tutela del lavoro, di cui all'art.  35  Cost.;  degli
artt.  30,  34,  35,  110  e  119  del  Trattato  sul   funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), fatto a Roma il 25 marzo 1957;  dell'art.
16  della  Carta  dei  diritti  fondamentali   dell'Unione   europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000; dell'art. 1 della direttiva n.
118/2008/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008,  relativa  al  regime
generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE;  dell'art.
401 della direttiva di rifusione n. 112/2006/CE, del Consiglio del 28
novembre 2006,  relativa  al  sistema  comune  d'imposta  sul  valore
aggiunto,  anche  in  riferimento   agli   artt.   3   e   53   Cost.
L'illegittimita' dell'imposizione fiscale in esame deriverebbe  dalla
violazione del  principio  di  iniziativa  economica  privata  e  del
principio di libera concorrenza anche nell'ambito del  mercato  unico
europeo. 
    L'imposizione fiscale nazionale avrebbe l'effetto di deprimere il
mercato  italiano,  indebolendo  i  suoi  operatori,   i   quali   si
troverebbero a vendere lo stesso  prodotto  di  un  loro  concorrente
europeo ad un prezzo circa  tre  volte  superiore.  Cio'  sarebbe  in
contrasto con gli artt. 34  e  35  del  TFUE  e  rappresenterebbe  un
concreto  pregiudizio  per  l'esercizio  della   libera   concorrenza
nell'ambito  del  mercato  comune,   determinando   distorsioni   tra
discipline dei singoli Stati  membri  in  ordine  alle  modalita'  di
commercializzazione dei prodotti. 
    Viene infine denunciata la violazione della normativa comunitaria
in materia  di  accise.  Al  riguardo  si  evidenzia  che  -  sebbene
l'imposta di cui all'art. 62-quater non rientri nella categoria delle
cosidette imposte armonizzate - la stessa debba comunque rispettare i
criteri di cui all'art. 1 della direttiva n. 118/2008/CE, che esclude
la possibilita' di introduzione di imposte che abbiano  il  carattere
di imposta sul  volume  d'affari  o  che  possano  creare  formalita'
connesse  all'attraversamento  delle   frontiere.   Viceversa,   tali
parametri non sarebbero rispettati dall'art. 62-quater in esame. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,  con  due
ordinanze del 29 aprile 2014 (reg. ord. n. 164 e n. 165 del 2014), ha
sollevato - in riferimento  agli  artt.  3,  23,  41  e  97  Cost.  -
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  62-quater  del
decreto legislativo 26  ottobre  1995,  n.  504  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative concernenti le imposte  sulla  produzione  e
sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), nella parte
in  cui  assoggetta   alla   preventiva   autorizzazione   da   parte
dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la  commercializzazione  dei
prodotti succedanei dei prodotti da fumo e sottopone  i  medesimi,  a
decorrere dal 1° gennaio 2014, ad imposta  di  consumo  nella  misura
pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico. 
    2.- Le due ordinanze di rimessione pongono questioni identiche, o
tra  loro  strettamente  connesse,  in   relazione   alla   normativa
censurata. 
    Ed  invero,  lo  stesso  giudice  rimettente  -   ravvisando   la
violazione  dei  medesimi  parametri  costituzionali  -  denuncia  la
disposizione sopra indicata,  nella  parte  in  cui  assoggetta  alla
preventiva  autorizzazione  la   commercializzazione   dei   prodotti
succedanei dei prodotti da fumo e sottopongono i medesimi prodotti ad
imposta di consumo. 
    I giudizi, pertanto,  vanno  riuniti  per  essere  congiuntamente
esaminati e decisi con unica pronuncia. 
    3.- In via preliminare, va  dichiarata  l'inammissibilita'  delle
deduzioni svolte dalla difesa  delle  parti  private  costituite  nel
giudizio iscritto al n. 165 del 2014, volte  ad  estendere  il  thema
decidendum - come fissato nella ordinanza di rimessione - anche  alla
violazione degli artt. 11, 32, 35, 53 e 117 Cost.;  degli  artt.  30,
34, 35, 110 e 119 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
(TFUE) fatto a Roma il 25 marzo 1957; dell'art. 16  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre  2000;  dell'art.  1  della  direttiva  n.  118/2008/CE  del
Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa  al  regime  generale  delle
accise e che abroga  la  direttiva  92/12/CEE;  dell'art.  401  della
direttiva di rifusione n. 112/2006/CE, del Consiglio del 28  novembre
2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, anche
in relazione agli artt. 3 e 53 Cost.  Tali  questioni  hanno  formato
oggetto di discussione nell'ambito del giudizio a quo e tuttavia  non
sono state recepite nell'ordinanza di  rimessione  che,  dopo  averle
valutate, le ha espressamente disattese. 
    Per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'oggetto  del
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale   e'
limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di
rimessione. Pertanto, non  possono  essere  presi  in  considerazione
ulteriori questioni o  profili  di  costituzionalita'  dedotti  dalle
parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti
ad ampliare o modificare successivamente il  contenuto  delle  stesse
ordinanze (fra le molte, sentenze n. 271 del 2011, n. 236 e n. 56 del
2009, n. 86 del 2008 e n. 244 del 2005; ordinanza n. 174 del 2003). 
    4.-  L'eccezione   di   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita'  costituzionale,  per  difetto   del   requisito   della
rilevanza nel giudizio a quo, e' infondata. 
    4.1.- L'Avvocatura generale dello Stato  ritiene  l'insussistenza
di un nesso di strumentalita' necessaria tra il regime  autorizzativo
e l'obbligazione tributaria, in  quanto  l'imposta  sarebbe  comunque
dovuta,  a   prescindere   dall'autorizzazione   al   commercio.   Il
presupposto dell'imposta, infatti, non e' costituito dall'istituzione
e dall'esercizio  di  un  deposito  fiscale,  ma  dall'immissione  in
consumo dei beni (art. 61, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 504 del
1995).  Parimenti,  la  determinatezza  del  presupposto   impositivo
sarebbe del tutto slegata dal regime di autorizzazione. Pertanto,  la
questione di legittimita' costituzionale relativa all'imposta in  se'
sarebbe irrilevante nel giudizio a quo, in cui si  controverte  della
legittimita' del regime autorizzatorio. 
    Tuttavia, la necessita' dell'autorizzazione che forma oggetto del
provvedimento impugnato dinanzi al giudice amministrativo e' prevista
dalla medesima disposizione legislativa che -  nel  successivo  comma
dello stesso articolo - regola anche l'imposizione, evidenziando  una
connessione funzionale inscindibile tra la disciplina  autorizzatoria
e quella impositiva. 
    Del  resto,  anche  dall'esame  dei  lavori   preparatori   della
disposizione censurata  e  dalla  valutazione  delle  caratteristiche
strutturali del regime autorizzatorio e di quello impositivo,  emerge
la preminenza dell'esigenza di carattere fiscale  nell'insieme  delle
disposizioni impugnate. 
    Da  cio'   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 62-quater del d.lgs. n.  504  del  1995  nel
giudizio  a  quo,  avente  ad  oggetto  l'impugnazione  del   decreto
ministeriale 16 novembre 2013, attuativo dell'art.  62-quater,  comma
4, del d.lgs. citato. 
    4.1.1.- La questione conserva la sua  rilevanza  nel  giudizio  a
quo, anche a seguito dell'entrata in vigore  dell'art.  1,  comma  1,
lettera  f),  del  decreto  legislativo  15  dicembre  2014,  n.  188
(Disposizioni in materia di tassazione  dei  tabacchi  lavorati,  dei
loro succedanei, nonche' di fiammiferi,  a  norma  dell  articolo  13
della legge 11 marzo 2014, n. 23). 
    Tale   disposizione   ha   modificato   l'art.   62-quater,   con
l'inserimento del comma 1-bis, il  quale  assoggetta  i  prodotti  da
inalazione  senza  combustione,  contenenti  o   meno   nicotina,   e
costituiti da sostanze liquide, a  un'imposta  modellata  in  termini
radicalmente differenti rispetto a  quelli  della  norma  oggetto  di
censura. 
    Peraltro, la disposizione  originaria  dell'art.  62-quater,  che
gia'  aveva  trovato  attuazione  con  la  normativa   di   carattere
secondario, oggetto di impugnazione nel giudizio a quo, non e'  stata
abrogata. Il citato art. 1, comma 1, lettera f), del  d.lgs.  n.  188
del 2014, dispone espressamente, all'ultimo capoverso, che dalla data
di entrata in vigore della nuova disciplina (24 dicembre 2014) «cessa
di  avere  applicazione  l'imposta  prevista  dal  comma  1,  le  cui
disposizioni continuano ad avere applicazione esclusivamente  per  la
disciplina  delle  obbligazioni  sorte  in  vigenza  del  regime   di
imposizione previsto dal medesimo comma». 
    L'operativita'  della  precedente  disciplina  impositiva   viene
dunque circoscritta alle obbligazioni tributarie sorte nella  vigenza
di essa. Cosi' delimitato l'ambito di  efficacia  della  disposizione
censurata, permane  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 62-quater, nella formulazione in vigore sino
al 23 dicembre 2014. 
    Del resto, non forma oggetto di contestazione tra le parti  -  le
quali, anzi, vi hanno fatto espressamente riferimento nel corso della
discussione orale all'udienza del 14 aprile 2015 - la circostanza che
le stesse abbiano avanzato richiesta di autorizzazione  al  commercio
di prodotti succedanei dei prodotti da fumo e che tale attivita'  sia
stata effettivamente svolta nel corso dell'anno 2014,  nella  vigenza
della precedente disciplina. La  titolarita'  dell'autorizzazione  in
capo  alle  parti  ricorrenti   e   lo   svolgimento   dell'attivita'
autorizzata hanno quindi  determinato  l'insorgere  dell'obbligazione
tributaria nella vigenza  della  disciplina  previgente,  oggetto  di
censura da parte del rimettente. 
    4.2.- Anche l'eccezione di inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale per il mancato assolvimento  dell'obbligo
di interpretazione conforme e' infondata. 
    L'Avvocatura generale dello Stato contesta il mancato esperimento
del doveroso tentativo di  interpretazione  conforme  alla  luce  del
diritto comunitario, in particolare perche' il TAR Lazio non  avrebbe
tenuto conto della direttiva n. 2014/40/UE del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, sul  ravvicinamento  delle  disposizioni  legislative,
regolamentari e  amministrative  degli  Stati  membri  relative  alla
lavorazione, alla presentazione  e  alla  vendita  dei  prodotti  del
tabacco  e  dei  prodotti  correlati  e  che  abroga   la   direttiva
2001/37/CE. 
    Tuttavia  la  direttiva  richiamata,  la  cui  pubblicazione   e'
comunque successiva alla disposizione impugnata, non e' stata  ancora
recepita nell'ordinamento interno e non e' direttamente  applicabile.
Il termine fissato per il suo recepimento e' il 20 maggio 2016. 
    Va, inoltre, rilevato che la stessa direttiva,  sebbene  fornisca
una analitica definizione della sigaretta elettronica, distingue  tra
i prodotti contenenti nicotina e  gli  altri  prodotti  aromatizzati,
rimettendo agli Stati membri «la responsabilita'  di  adottare  norme
sugli aromi», nonche' di motivare e di notificare «qualsiasi  divieto
di tali prodotti aromatizzati» (considerando n. 47). Ne consegue  che
dalla stessa direttiva sono ricavabili principi  e  definizioni  oggi
non ancora vigenti in Italia e comunque non utilmente applicabili  ai
fini dell'interpretazione della disposizione censurata. 
    5.-  La  questione  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.
62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 e' fondata. 
    5.1.- La disposizione impugnata, introdotta dall'art.  11,  comma
22, del decreto- legge  28  giugno  2013,  n.  76  (Primi  interventi
urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile,
della coesione sociale, nonche' in  materia  di  Imposta  sul  valore
aggiunto - IVA - e altre misure finanziarie urgenti), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9  agosto  2013,  n.
99, ha previsto  una  disciplina  autorizzatoria  ed  impositiva  per
l'attivita' di commercio dei prodotti  sostitutivi  dei  prodotti  da
fumo. 
    Come  emerge  dall'esame  dei  lavori  preparatori,  essa   trova
primaria  giustificazione  nell'esigenza  fiscale,  di  recupero   di
un'entrata erariale - l'accisa sui tabacchi, con particolare riguardo
alle sigarette - la quale  ha  subito  una  rilevante  erosione,  per
effetto dell'affermazione sul mercato delle sigarette elettroniche. 
    Ma   anche   in   materia   tributaria,   il   principio    della
discrezionalita' e dell'insindacabilita'  delle  opzioni  legislative
incontra il limite della manifesta irragionevolezza, che nel caso  in
esame risulta varcato dalla indiscriminata sottoposizione ad  imposta
di qualsiasi prodotto  contenente  «altre  sostanze»,  diverse  dalla
nicotina,  purche'  idoneo  a  sostituire  il  consumo  dei  tabacchi
lavorati, nonche' dei dispositivi e delle parti di ricambio,  che  ne
consentono il consumo, e in definitiva  di  prodotti  che  non  hanno
nulla in comune con i tabacchi lavorati. 
    La violazione del parametro di cui all'art. 3 Cost. va  ravvisata
nell'intrinseca irrazionalita' della disposizione che  assoggetta  ad
un'aliquota unica e indifferenziata una serie eterogenea di sostanze,
non contenenti nicotina, e di beni, aventi uso promiscuo. 
    Infatti, mentre il regime fiscale dell'accisa con riferimento  al
mercato dei tabacchi, trova la sua giustificazione nel disfavore  nei
confronti di un bene  riconosciuto  come  gravemente  nocivo  per  la
salute  e  del  quale  si  cerca  di  scoraggiare  il  consumo,  tale
presupposto non e' ravvisabile in relazione al commercio di  prodotti
contenenti  «altre  sostanze»,  diverse  dalla  nicotina,  idonee   a
sostituire il consumo del tabacco, nonche' dei  dispositivi  e  delle
parti di ricambio che ne consentono il consumo. 
    Appare quindi del tutto irragionevole l'estensione, operata dalla
disposizione  censurata,  del  regime  amministrativo  e   tributario
proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati e  di
dispositivi per il relativo  consumo,  i  quali  non  possono  essere
considerati succedanei del tabacco. 
    La sola indicazione dell'idoneita' a sostituire  il  consumo  dei
tabacchi lavorati - riferita ai prodotti non contenenti  nicotina,  e
ai dispositivi che ne consentono il  consumo  -  evidenzia,  inoltre,
l'indeterminatezza della base imponibile e la mancata indicazione  di
specifici e vincolanti criteri direttivi, idonei  ad  indirizzare  la
discrezionalita'  amministrativa  nella  fase  di  attuazione   della
normativa primaria. Discende da cio' il contrasto della  disposizione
in  esame  con  la  riserva  di  legge  in  materia  di   prestazioni
patrimoniali imposte, di cui all'art. 23 Cost. 
    Ed invero, se e' indubbio che la riserva di legge di cui all'art.
23 della Costituzione, abbia carattere relativo, nel senso che lascia
all'autorita' amministrativa consistenti margini di regolazione delle
fattispecie, va rilevato - in conformita' al consolidato orientamento
di questa Corte - che  cio'  «non  relega  tuttavia  la  legge  sullo
sfondo,  ne'  puo'  costituire  giustificazione  sufficiente  per  un
rapporto  con  gli  atti  amministrativi  concreti  ridotto  al  mero
richiamo  formale  ad  un   prescrizione   normativa   "in   bianco",
genericamente   orientata   ad   un   principio-valore,   senza   una
precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione
amministrativa  limitativa  della  sfera  generale  di  liberta'  dei
cittadini» (sentenza n. 115 del 2011). 
    Questa Corte ha inoltre ritenuto, sin dalle sue  prime  pronunce,
che «l'espressione "in base alla legge", contenuta nell'art. 23 della
Costituzione», si deve interpretare  «in  relazione  col  fine  della
protezione della liberta' e della proprieta' individuale,  a  cui  si
ispira tale fondamentale principio costituzionale»; questo  principio
«implica che la legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre
una  prestazione  non  lasci  all'arbitrio  dell'ente  impositore  la
determinazione della prestazione» (sentenza n. 4 del 1957). Lo stesso
orientamento e' stato ribadito in tempi recenti, quando la  Corte  ha
affermato che, per rispettare la riserva relativa di cui all'art.  23
Cost., e' quanto meno  necessaria  la  preventiva  determinazione  di
«sufficienti criteri direttivi di base e linee generali di disciplina
della discrezionalita' amministrativa» (sentenze n. 350 del 2007 e n.
105 del 2003), richiedendo in particolare che  «la  concreta  entita'
della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi
legislativi   che   riguardano   l'attivita'    dell'amministrazione»
(sentenze n. 190 del 2007 e n. 115 del 2011). 
    Viceversa, la norma dell'art. 62-quater  del  d.lgs  n.  504  del
1995, affida ad una valutazione soggettiva ed empirica - la idoneita'
di prodotti non contenenti nicotina alla  sostituzione  dei  tabacchi
lavorati - l'individuazione della base  imponibile  e  nemmeno  offre
elementi dai quali ricavare, anche in via indiretta, i  criteri  e  i
limiti volti a circoscrivere la discrezionalita' amministrativa nella
definizione  del  tributo.  Ne'   l'elasticita'   delle   indicazioni
legislative e' accompagnata da forme procedurali partecipative,  gia'
indicate da questa Corte come possibile correttivo (sentenze n. 180 e
n. 157 del 1996; n. 182 del 1994; n. 507 del 1988). 
    La disposizione in  esame  costituisce  quindi  violazione  della
riserva  di  legge  prevista  dall'art.  23  Cost.,  che  impone   al
legislatore  l'obbligo  di  determinare  preventivamente  i   criteri
direttivi e le linee generali di  disciplina  della  discrezionalita'
amministrativa. 
    Va,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art.  62-quater  del  d.l.gs.  n.  504  del  1995,   nel   testo
originario, antecedente alle modifiche apportate dall'art.  1,  comma
1, lettera f), del  d.lgs  n.  188  del  2014,  nella  parte  in  cui
sottopone ad imposta di consumo, nella misura pari al 58,5 per  cento
del  prezzo  di  vendita  al  pubblico,  la  commercializzazione  dei
prodotti non contenenti nicotina, idonei a sostituire il consumo  dei
tabacchi lavorati, nonche' i dispositivi  meccanici  ed  elettronici,
comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo. 
    Restano assorbite le ulteriori censure.