ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito della Delibera della Giunta regionale della  Regione  Abruzzo
28 marzo  2013,  n.  218  (Determinazioni  inerenti  il  rilascio  di
autorizzazioni di competenza regionale ai sensi dell'art. 109  D.lgs.
3.04.2006, n. 152 "Norme in materia ambientale"- Ripartizione tra  le
Direzioni regionali di competenza afferenti al  mare),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con  ricorso  notificato  il  9
luglio 2013, depositato in cancelleria l'11 luglio 2013  ed  iscritto
al n. 7 del registro conflitti tra enti 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  14  aprile  2015  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Fabio Francesco Franco per la
Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso  notificato  il  9  luglio  2013,  depositato  il
successivo 11 luglio,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto  conflitto  di  attribuzione  nei  confronti  della  Regione
Abruzzo, in relazione  alla  delibera  adottata  dalla  Giunta  della
predetta Regione in data  28  marzo  2013,  n.  218,  pubblicata  sul
Bollettino Ufficiale della Regione dell'8 maggio 2013, n. 17, recante
«Determinazioni inerenti il rilascio di autorizzazioni di  competenza
regionale ai sensi dell'art. 109 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152  "Norme
in materia ambientale"- Ripartizione tra le  Direzioni  regionali  di
competenza afferenti al mare». 
    Il ricorrente contesta che spetti alla  Regione  Abruzzo,  ed  in
particolare  alla  Giunta  regionale,  introdurre,  con   la   citata
delibera, una norma di natura regolamentare, in base  alla  quale  la
movimentazione di materiali in ambiente marino, inferiore alla soglia
dei 25.000 metri cubi, non e' soggetta ad autorizzazione, ma  ad  una
mera  comunicazione  all'Autorita'  regionale  competente.  Pertanto,
chiede  che  venga  annullata,  almeno  in  parte  qua,  la  predetta
delibera. 
    Quest'ultima, infatti, nella parte in cui esclude dal  regime  di
autorizzazione la movimentazione di  materiali  in  ambiente  marino,
inferiore alla soglia di 25.000 metri cubi, invaderebbe la  sfera  di
competenza statale esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente»  di
cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,
ponendosi, peraltro, in  contrasto  con  la  normativa  nazionale  in
materia e con i principi contenuti nelle convenzioni e negli  accordi
internazionali. 
    1.1.- Il ricorrente premette in fatto che  l'art.  24,  comma  1,
lettera d), del decreto-legge 9 febbraio  2012,  n.  5  (Disposizioni
urgenti in materia di semplificazioni e di sviluppo), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4  aprile  2012,  n.
35, e' intervenuto a modificare il comma 2 dell'art. 109 del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),
rubricato «Immersione in mare di materiale derivante da attivita'  di
escavo e attivita' di posa in mare di cavi  e  condotte»,  stabilendo
che l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali  di  escavo
di fondali marini o  salmastri  o  di  terreni  litoranei  emersi  e'
rilasciata  dalle  Regioni  (fatta  eccezione  per   gli   interventi
ricadenti in aree protette nazionali) in conformita'  alle  modalita'
stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio  e  del  mare,  di   concerto   con   i   Ministri   delle
infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e  forestali
e  delle  attivita'  produttive,  previa  intesa  con  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano. 
    Nelle more dell'adozione del citato decreto interministeriale, il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con
nota circolare dell'11 aprile 2012, prot. n. 7433,  ha  comunicato  a
tutte le Regioni che  le  norme  tecniche  di  riferimento  avrebbero
dovuto  essere  individuate  in  quelle  contenute  nel  decreto  del
Ministero  dell'ambiente  24  gennaio  1996  (Direttive  inerenti  le
attivita' istruttorie per il rilascio  delle  autorizzazioni  di  cui
all'art. 11  della  legge  10  maggio  1976,  n.  319,  e  successive
modifiche ed integrazioni, relative allo scarico delle acque del mare
o in ambienti ad esso contigui, di materiali provenienti da escavo di
fondali di ambienti marini o salmastri o di terreni litoranei emersi,
nonche' da ogni altra movimentazione di sedimenti in ambiente marino)
e che, per la valutazione dei risultati delle analisi del materiale e
l'espressione dei pareri inerenti alle autorizzazioni  in  argomento,
avrebbero dovuto essere  utilizzati  i  valori  soglia  previsti  dal
«Manuale per la movimentazione dei  sedimenti  marini»,  redatto  nel
2006 dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente  e  per  i  servizi
tecnici (APAT) e dall'Istituto Centrale per la ricerca scientifica  e
tecnologica  applicata  al  mare  (ICRAM)  per  conto  del  Ministero
dell'ambiente e successivamente aggiornato nel 2007. 
    Tanto premesso, il ricorrente ritiene che la Regione Abruzzo, con
la delibera n. 218  del  2013  della  Giunta,  nell'assumere  proprie
determinazioni, nell'esercizio delle proprie competenze, al  fine  di
disciplinare il rilascio delle autorizzazioni all'immersione in  mare
di materiale derivante da attivita' di escavo, abbia  ecceduto  dalle
proprie competenze, introducendo una norma di carattere regolamentare
in base alla quale la movimentazione di materiali in ambiente marino,
inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi, non e' piu' soggetta  ad
alcuna autorizzazione, essendo  sufficiente  una  mera  comunicazione
all'Autorita' regionale competente, in  contrasto  con  la  normativa
nazionale ed internazionale vigente. 
    L'obbligo dell'autorizzazione per lo  svolgimento  dell'attivita'
in esame  discenderebbe  sia  dalla  normativa  nazionale,  contenuta
nell'art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 152 del  2006  e  nel  d.m.  24
gennaio  1996,  sia  dalle  convenzioni  internazionali  vigenti   in
materia,  quali  il  Protocollo  alla  Convenzione  del  1972   sulla
prevenzione dell'inquinamento dei  mari  causato  dall'immersione  di
rifiuti, definito a Londra il 7 novembre 1996  (artt.  4  e  9),  cui
l'Italia ha aderito con la legge 13 febbraio 2006,  n.  87  (Adesione
della Repubblica italiana al Protocollo del 1996 alla Convenzione del
1972   sulla   prevenzione   dell'inquinamento   dei   mari   causato
dall'immersione di rifiuti, fatto a Londra il 7  novembre  1996,  con
allegati), nonche', nell'ambito della Convenzione sulla  salvaguardia
del mar Mediterraneo dall'inquinamento, adottata a Barcellona  il  16
febbraio  1976,  dal  Protocollo   relativo   alla   prevenzione   ed
all'eliminazione dell'inquinamento del  mar  Mediterraneo  dovuto  ad
operazioni di immersione  effettuate  da  navi  e  da  aeronavi  o  a
incremento in mare, reso esecutivo, in specie, con gli artt. 5,  6  e
7, della legge 25 gennaio 1979, n. 30 (Ratifica ed  esecuzione  della
Convenzione    sulla    salvaguardia     del     mar     Mediterraneo
dall'inquinamento, con due protocolli e relativi allegati, adottata a
Barcellona il 16 febbraio 1976). 
    Nessuna deroga a tale regime sarebbe prevista  in  corrispondenza
di specifiche soglie quantitative, poiche' in ogni caso e'  richiesta
un'attenta verifica dei materiali oggetto dell'intervento. 
    La  previsione  di   una   mera   comunicazione   nel   caso   di
movimentazione in mare  di  quantitativi  di  materiali  inferiori  a
25.000 metri cubi non si potrebbe peraltro giustificare,  secondo  il
ricorrente, sulla  base  di  quanto  indicato  nel  «Manuale  per  la
movimentazione dei sedimenti marini». Tale richiamo  sarebbe  erroneo
in quanto la deroga al principio generale dell'autorizzazione sarebbe
prevista, nel citato Manuale, nel caso indicato al  punto  4.4.2,  al
solo fine di consentire il «ripristino della navigabilita' in  ambito
portuale  o  di  corsi  d'acqua,  nonche'  al  fine   di   realizzare
imbasamenti di opere marittime o agevolare l'operativita'  portuale»,
e sarebbe subordinata a condizioni e puntuali verifiche di  carattere
tecnico-scientifico relative al materiale movimentato ed all'area  di
riferimento, del tutto assenti nella delibera regionale. 
    2.- Nel giudizio si e' costituita la Regione Abruzzo, in  persona
del  suo  Presidente  pro  tempore,  chiedendo  che  il  ricorso  per
conflitto sia dichiarato inammissibile e comunque non fondato. 
    La Regione sostiene, anzitutto, che il ricorrente sia incorso  in
un errore nel richiamare  una  disciplina  statale  relativa  ad  una
fattispecie diversa. La normativa nazionale richiamata riguarderebbe,
infatti, le attivita' di immersione in mare di materiali di scavo  di
fondali  marini  o  salmastri   o   di   terreni   litoranei   emersi
assoggettandole  al  regime  dell'autorizzazione.   La   disposizione
regionale avrebbe ad oggetto, invece, la semplice  movimentazione  di
materiale  gia'  presente  nell'ambito  marino,  senza  che  vi   sia
emersione, o successiva immersione del medesimo. Tale materia sarebbe
assoggettata  al  regime  semplificato   della   comunicazione,   ove
inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi. 
    Pertanto, la previsione regionale censurata non  avrebbe  operato
alcuna riduzione di protezione rispetto ai livelli minimi  di  tutela
dell'ambiente previsti dalla normativa statale, ne'  si  porrebbe  in
contrasto  con  quest'ultima,   risultando   assolutamente   conforme
all'unica  fonte  statale  recante  la  disciplina  dell'ipotesi  del
semplice spostamento di sedimenti in ambiente sommerso:  il  «Manuale
per la movimentazione dei sedimenti marini»,  redatto  nel  2006  per
conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, e successivamente aggiornato nel 2007. La delibera n.  218  del
2013, nella parte censurata, avrebbe, infatti, assoggettato al regime
semplificato della comunicazione  esclusivamente  gli  interventi  di
spostamento di sedimenti che si realizzano in ambiente  sommerso,  in
coerenza con le previsioni ed i limiti quantitativi di cui  al  punto
4.4.2 del predetto Manuale. 
    Secondo  la  Regione,  la  previsione  introdotta  dalla   Giunta
regionale con  la  contestata  delibera  rientrerebbe  nelle  proprie
competenze in virtu' del conferimento  alle  Regioni,  operato  dagli
artt. 70 ed  89  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59), di tutte la funzioni amministrative  inerenti  ai
compiti  di  protezione,  programmazione   e   pianificazione   degli
interventi di difesa delle zone costiere. La  resistente  osserva,  a
tal proposito, che la materia della tutela dell'ambiente, pur essendo
di competenza esclusiva statale, non esclude la titolarita'  in  capo
alle Regioni  di  competenze  legislative  su  materie  (governo  del
territorio, tutela della salute, difesa delle coste ed altre) per  le
quali  l'ambiente  assume  rilievo  quale  valore  costituzionalmente
tutelato. In altri termini, la tutela dell'ambiente si configurerebbe
come una competenza statale,  inestricabilmente  connessa  con  altre
competenze regionali nell'ambito delle  quali  gli  interventi  delle
Regioni sono legittimi se, come nel caso di  specie,  effettuati  nel
rispetto  dei  principi  fondamentali  disposti  dalla   legislazione
statale. 
    La delibera di  Giunta  regionale  sarebbe,  pertanto,  legittima
poiche' attinente a materia di competenza legislativa  concorrente  e
non in contrasto con il livello minimo di tutela dell'ambiente marino
garantito dalle norme statali e/o sovranazionali. 
    3.-  All'udienza  pubblica   le   parti   hanno   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni contenute nelle memorie scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
conflitto di attribuzione nei  confronti  della  Regione  Abruzzo  in
relazione alla delibera adottata dalla Giunta della predetta  Regione
in data 28 marzo 2013, n. 218, pubblicata  sul  Bollettino  Ufficiale
della Regione dell'8 maggio  2013,  n.  17,  recante  «Determinazioni
inerenti il rilascio di autorizzazioni  di  competenza  regionale  ai
sensi dell'art. 109  D.lgs.  3.04.2006,  n.  152  "Norme  in  materia
ambientale"- Ripartizione tra le Direzioni  regionali  di  competenza
afferenti al mare». 
    Secondo il ricorrente, la Regione con la delibera impugnata,  nel
provvedere  a  ripartire  le  proprie   competenze   istruttorie   ed
autorizzatorie relative al mare fra  le  varie  Direzioni  regionali,
riconducibili alla generale  attivita'  di  gestione  delle  coste  e
derivanti dall'art. 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale), oltre che dagli  artt.  70,  comma  1,
lettera a), e 89, comma 1, lettera h),  del  decreto  legislativo  31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del  capo
I della legge 15 marzo 1997, n. 59), avrebbe escluso,  con  norma  di
carattere regolamentare, la necessita'  della  previa  autorizzazione
per la movimentazione di sedimenti marini inferiore  a  25.000  metri
cubi, eccedendo dalle proprie competenze e determinando una riduzione
degli standards di «tutela dell'ambiente» garantiti  dal  legislatore
statale, in violazione dell'art.117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione. 
    Infatti, sia l'art. 109 del d.lgs. n. 152 del 2006 ed il connesso
decreto  del  Ministero  dell'ambiente  24  gennaio  1996  (Direttive
inerenti   le   attivita'   istruttorie   per   il   rilascio   delle
autorizzazioni di cui all'art. 11 della legge 10 maggio 1976, n. 319,
e successive modifiche ed integrazioni, relative allo  scarico  nelle
acque  del  mare  o  in  ambienti  ad  esso  contigui,  di  materiali
provenienti da escavo di fondali di ambienti marini o salmastri o  di
terreni litoranei emersi, nonche' da  ogni  altra  movimentazione  di
sedimenti in ambiente marino), sia il Protocollo alla Convenzione del
1972   sulla   prevenzione   dell'inquinamento   dei   mari   causato
dall'immersione di rifiuti, definito a  Londra  il  7  novembre  1996
(artt. 4 e 9), cui l'Italia ha aderito con la legge 13 febbraio 2006,
n. 87 (Adesione della Repubblica italiana al Protocollo del 1996 alla
Convenzione del 1972 sulla  prevenzione  dell'inquinamento  dei  mari
causato dall'immersione di rifiuti, fatto  a  Londra  il  7  novembre
1996, con allegati), nonche',  nell'ambito  della  Convenzione  sulla
salvaguardia  del  mar  Mediterraneo  dall'inquinamento,  adottata  a
Barcellona  il  16  febbraio  1976,  il  Protocollo,  relativo   alla
prevenzione   ed   all'eliminazione   dell'inquinamento    del    mar
Mediterraneo dovuto ad operazioni di immersione effettuate da navi  e
da aeronavi o a incremento in mare, reso esecutivo con gli artt. 5, 6
e 7 della legge 25 gennaio 1979, n. 30 (Ratifica ed esecuzione  della
Convenzione    sulla    salvaguardia     del     mar     Mediterraneo
dall'inquinamento, con due protocolli e relativi allegati, adottata a
Barcellona  il  16  febbraio  1976),  imporrebbero  l'obbligo  di  un
procedimento di autorizzazione per lo svolgimento  dell'attivita'  in
esame. 
    2.- In linea preliminare, occorre riconoscere l'idoneita'  lesiva
dell'atto impugnato, in  linea  con  la  giurisprudenza  costante  di
questa Corte. 
    Si  e',  infatti,  ripetutamente  affermato  che  «e'  idoneo   a
innescare un  conflitto  intersoggettivo  di  attribuzione  qualsiasi
atto, dotato di efficacia e rilevanza esterna, diretto a esprimere in
modo chiaro e inequivoco la pretesa di esercitare una competenza,  il
cui svolgimento possa determinare una invasione, o  una  menomazione,
della altrui sfera di attribuzioni» (sentenza n. 232 del 2014; fra le
altre, sentenze n. 122 del 2013 e n. 332 del 2011). 
    Nella specie, e' indiscutibile l'efficacia e la rilevanza esterna
della delibera impugnata, nella parte in cui stabilisce che,  per  la
movimentazione di sedimenti marini di entita' inferiore  alla  soglia
dei 25.000 metri cubi, e' sufficiente una comunicazione all'autorita'
regionale competente, in luogo dell'autorizzazione. 
    Tale delibera e', infatti, censurata in quanto, cosi' disponendo,
invaderebbe  la  competenza   esclusiva   in   materia   di   «tutela
dell'ambiente» che l'art. 117, secondo comma, lettera s), attribuisce
allo Stato, al quale solo spetta definire i criteri e gli  ambiti  di
applicazione del regime di  autorizzazione  all'immersione  in  mare,
nonche' di movimentazione di sedimenti  marini.  A  tali  criteri  le
Regioni devono attenersi nel rilascio delle relative autorizzazioni. 
    La delibera in esame, recante determinazioni inerenti al rilascio
delle autorizzazioni  di  competenza  regionale,  riconducibili  alla
generale attivita' di gestione delle coste, avrebbe  determinato  una
riduzione degli standards di tutela  dell'ambiente  marino  garantiti
dal legislatore statale, idonea a ledere  la  sfera  di  attribuzione
statale, nella parte in cui ha introdotto una  deroga  al  regime  di
autorizzazione  in  riferimento  ad  ipotesi  non  contemplate  dalla
normativa statale  vigente.  Essa,  in  altri  termini,  nella  parte
impugnata, contiene  una  chiara  manifestazione  di  volonta'  della
Regione  di  delimitare  l'ambito  di  applicazione  del  regime   di
autorizzazione, escludendolo nel caso di movimentazione di  sedimenti
marini di entita' inferiore alla soglia dei 25.000  metri  cubi,  sul
presupposto  che  la  disciplina  di  tale  caso  non  rientri  nella
competenza statale, ma nella propria. 
    Al   presente   giudizio,   pertanto,   va   riconosciuto   «tono
costituzionale»  (sentenza  n.  89  del  2006),  in  quanto   involge
questioni afferenti al riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni
(sentenza n. 255 del 2007). 
    3.- Nel merito il ricorso  e'  fondato  nei  termini  di  seguito
precisati. 
    3.1.- L'immersione in mare di materiale  di  escavo  dei  fondali
marini e dei terreni litoranei emersi, nonche' la movimentazione  dei
sedimenti marini sono stati espressamente disciplinati dall'art.  109
del d.lgs. n. 152 del 2006, nell'esercizio della competenza esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente». Tale disposizione  che,
sin dalla sua originaria formulazione, ha consentito  lo  svolgimento
delle  predette   attivita'   solo   subordinatamente   ad   apposita
autorizzazione, da rilasciarsi in conformita' a  modalita'  stabilite
con decreto interministeriale, ha riprodotto quanto  gia'  prescritto
dall'art.  35  del  decreto  legislativo  11  maggio  1999,  n.   152
(Disposizioni  sulla   tutela   delle   acque   dall'inquinamento   e
recepimento della direttiva  91/271/CEE  concernente  il  trattamento
delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa  alla
protezione  delle  acque  dall'inquinamento  provocato  dai   nitrati
provenienti da fonti agricole) in  vista  dell'obiettivo  prioritario
della tutela dell'ambiente marino dall'inquinamento  provocato  dalla
diffusa presenza di contaminanti nei sedimenti dei fondali. La misura
e' in linea con svariate convenzioni internazionali, fra le quali  il
Protocollo   alla   Convenzione   del    1972    sulla    prevenzione
dell'inquinamento  dei  mari  causato  dall'immersione  di   rifiuti,
definito a Londra il 7 novembre 1996 (artt. 4 e 9), reso esecutivo in
Italia con la legge n. 87 del 2006, nonche'  il  Protocollo  relativo
alla  prevenzione  ed  all'eliminazione  dell'inquinamento  del   mar
Mediterraneo dovuto ad operazioni di immersione effettuate da navi  e
da aeronavi o a incremento in mare, reso esecutivo,  in  specie,  con
gli artt. 5, 6 e 7 della legge n. 30 del 1979. 
    La considerazione della  stretta  connessione  fra  attivita'  di
«difesa del mare e della costa marina  dall'inquinamento»  (art.  80,
comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 112 del 1998), affidate allo Stato
e riconducibili alla competenza in materia di «tutela dell'ambiente»,
ed attivita' di «protezione  ed  osservazione  delle  zone  costiere»
(art. 70, comma 1 lettera a) del d.lgs. n. 112 del  1998),  conferite
alle Regioni ed inerenti a varie  competenze  regionali  concorrenti,
come ad esempio  quelle  in  materia  di  «governo  del  territorio»,
«porti» e «tutela della salute», ha indotto il legislatore statale ad
affidare a queste ultime, dapprima, con  l'art.  21  della  legge  31
luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in  materia  ambientale),  poi  con
l'art. 24, comma 1,  lettera  d),  numero  1),  del  decreto-legge  9
febbraio  2012,  n.   5   (Disposizioni   urgenti   in   materia   di
semplificazione  e  di  sviluppo),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  4  aprile  2012,  n.  35,  che  ha
modificato l'art. 109 del d.lgs.  n.  152  del  2006,  la  competenza
all'istruttoria  ed  al  rilascio   delle   autorizzazioni   per   lo
svolgimento delle attivita' di immersione di materiali di  escavo  di
fondali marini,  o  salmastri  o  di  terreni  litoranei  emersi,  in
aggiunta  a  quelle  di  movimentazione  dei  fondali  marini  e   di
ripascimento della fascia costiera, in una  prospettiva  di  gestione
integrata delle coste marine. 
    Tale attribuzione di competenza, tuttavia,  non  ha  scalfito  in
alcun  modo  il  riconoscimento  di  un  dato:  la  disciplina  delle
richiamate attivita' di immersione di materiali da escavo di  fondali
marini, o  salmastri  o  di  terreni  litoranei  emersi,  nonche'  di
movimentazione di sedimenti marini deve  ricondursi  alla  competenza
esclusiva dello Stato in materia di  «tutela  dell'ambiente».  Questa
Corte ha gia' avuto occasione di affermare che  quest'ultima  non  e'
incompatibile,  con  riferimento   alle   predette   attivita',   con
interventi specifici del legislatore regionale che si attengano  alle
proprie competenze e che siano, pertanto, rispettosi degli  standards
di tutela dell'ambiente predisposti dal legislatore statale, mediante
la prescrizione dell'autorizzazione  allo  svolgimento  delle  stesse
(sentenza n. 259 del 2004; in tal senso, anche  sentenza  n.  44  del
2011). 
    Di recente, anche se con riferimento a diversa fattispecie, si e'
ribadito che spetta al legislatore statale  definire  gli  ambiti  di
applicazione della normativa a tutela dell'ambiente,  oltre  i  quali
puo' legittimamente dispiegarsi la  competenza  regionale.  Pertanto,
restano fermi i vincoli posti dal d.lgs. n. 152 del 2006, al fine  di
assicurare che le attivita' affidate alle Regioni non siano svolte in
maniera da danneggiare l'ambiente o mettere  in  pericolo  la  salute
umana (sentenza n. 16 del 2015). 
    Nella specie, la Regione Abruzzo, con la delibera  impugnata,  ha
inteso adottare una serie di «Determinazioni inerenti il rilascio  di
autorizzazioni di competenza regionale» ai sensi  dell'art.  109  del
d.lgs.  n.  152  del  2006,  volte  essenzialmente  a  ripartire   le
competenze «afferenti al  mare»  fra  le  varie  Direzioni  regionali
«secondo le caratteristiche funzionali di ciascuna di esse». In  tale
prospettiva, la  delibera  in  esame  precisa,  in  coerenza  con  le
indicazioni del legislatore statale, che il rilascio delle prescritte
autorizzazioni «allo scarico nelle acque del mare o  in  ambienti  ad
esso contigui di  materiali  provenienti  da  escavo  di  fondali  di
ambienti marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonche' da
ogni altra movimentazione  di  sedimenti  in  ambiente  marino»  deve
avvenire  in  conformita'  alle  modalita'  stabilite  dal  Ministero
dell'ambiente con il d.m. 24 gennaio 1996,  le  cui  disposizioni  si
applicano «a tutte le movimentazioni di sedimenti in ambito marino» e
che «per la valutazione dei risultati delle analisi del  materiale  e
l'espressione dei pareri prodromici alle  autorizzazioni  in  parola,
debb[a]no essere utilizzati i valori-soglia  stabiliti  nel  "Manuale
per  la  movimentazione  dei  sedimenti  marini"  redatto  nel   2007
dall'APAT e dall'ICRAM per conto  del  Ministero».  Essa  interviene,
poi, a «fissare in 25000 mc3 la soglia limite superata  la  quale  la
movimentazione  di  materiali  in  ambiente  marino  e'  soggetta  ad
autorizzazione  da  parte  della  competente   Autorita'   regionale,
restando  soggetta  a  sola  comunicazione  alla   stessa   Autorita'
competente la movimentazione inferiore a  tale  soglia,  limite»,  in
deroga a quanto stabilito  dalla  normativa  statale  e  dalle  norme
tecniche contenute nel  citato  Manuale  per  la  movimentazione  dei
sedimenti marini redatto per conto del Ministero dell'ambiente,  alle
quali quest'ultimo ha fatto espresso rinvio  (in  specie  nella  nota
circolare dell'11 aprile 2012, prot. n. 7433) per  la  individuazione
degli specifici criteri inerenti al rilascio delle autorizzazioni  da
parte delle Regioni. L'indicato  Manuale,  infatti,  proponendosi  di
«sintetizzare  le  azioni  da   intraprendersi   per   una   gestione
ecosostenibile  della  materia  relativa   alla   movimentazione   di
materiale sedimentario in  ambito  marino-costiero»  e  tenuto  conto
della «diffusa presenza dei contaminanti contenuti nei sedimenti  dei
fondali», che impone «una  approfondita  conoscenza  della  natura  e
dell'origine  dei  sedimenti  e   un'attenta   analisi   delle   loro
caratteristiche  chimiche,  fisiche  e  biologiche»,  ai  fini  della
valutazione del loro impatto ambientale, peraltro in linea con l'art.
2, paragrafo 3, della  direttiva  19  novembre  2008,  n.  2008/98/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti
e che abroga alcune direttive - Testo rilevante  ai  fini  del  SEE),
subordina la valutazione di compatibilita' ambientale  (e  quindi  la
deroga al regime dell'autorizzazione)  del  semplice  spostamento  di
sedimenti in ambiente sommerso ad una serie di  condizioni.  Infatti,
non   solo   prescrive   che   tale   spostamento   sia   finalizzato
esclusivamente al «ripristino della navigabilita' in ambito  portuale
o di corsi d'acqua, nonche' al  fine  di  realizzare  imbasamenti  di
opere marittime o agevolare l'operativita' portuale», ma impone anche
ulteriori  specifici  requisiti  inerenti  alle  caratteristiche  dei
sedimenti e dell'area in cui sono spostati, che vanno al di la' della
mera previsione che  i  quantitativi  coinvolti  siano  inferiori  ai
25.000 metri cubi, contenuta nella delibera regionale impugnata. Esso
richiede, infatti, che: «i sedimenti coinvolti siano di classe A (1 e
2) o di classe B1: casi 1-4 e casi 5-7 con saggi  biologici  negativi
su elutriato, paragrafo 2.3.2»; «l'area sulla quale vengono  spostati
i sedimenti abbia  le  stesse  caratteristiche  fisiche,  chimiche  e
biologiche dell'area di provenienza»; infine, che «sia  da  escludere
qualsiasi impatto su biocenosi sensibili presenti in loco». 
    Nessun  riferimento  viene  fatto,   nella   delibera   regionale
impugnata, ne' alle esclusive finalita' in  vista  delle  quali  tale
valutazione di  compatibilita'  ambientale  della  movimentazione  di
sedimenti  e'  resa  possibile,   ne'   alle   ulteriori   specifiche
caratteristiche dei sedimenti stessi e delle aree  nelle  quali  essi
vengono  spostati.  Ne'  puo'  ritenersi  che  sia  possibile,   come
sostenuto dalla difesa regionale, una lettura della parte  denunciata
della delibera regionale in armonia con le prescrizioni imposte dalla
normativa  statale,  considerato  che,   nella   predetta   delibera,
testualmente si legge che la Giunta, dopo aver dato atto che  per  la
valutazione dei risultati delle analisi del materiale e l'espressione
dei pareri prodromici alle autorizzazioni in parola,  debbono  essere
utilizzati i valori-soglia indicati nel Manuale per la movimentazione
dei sedimenti marini, prescrive  poi  puntualmente  ed  autonomamente
che, nel caso di movimentazione di materiali in  ambiente  marino  di
quantita' inferiore ai 25.000 metri  cubi,  e'  sufficiente  la  mera
comunicazione all'autorita' regionale competente, senza piu'  operare
alcun riferimento al predetto Manuale, ne' agli  ulteriori  rilevanti
requisiti ivi previsti. 
    Risulta, pertanto, evidente che la delibera regionale  in  esame,
nella parte in cui detta una  disposizione  volta  ad  escludere  dal
regime di autorizzazione l'attivita' di movimentazione dei  sedimenti
marini di entita' inferiore a 25.000 metri cubi, in contrasto con  la
normativa statale, ha leso la competenza statale esclusiva in materia
di «tutela dell'ambiente», determinando una riduzione degli standards
di tutela dell'ambiente marino e deve essere annullata.