ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
36, lettere c), d) ed e), 44, lettera a), 51, 127, lettere b)  e  c),
140 e 183, della legge della Regione Campania 6 maggio  2013,  n.  5,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale  2013  e
pluriennale  2013-2015  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale 2013)» pubblicata nel Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Campania n. 24  del  7  maggio  2013,  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso  spedito  per  la  notifica  il  4
luglio 2013, depositato in cancelleria l'11 luglio 2013  ed  iscritto
al n. 75 del registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  12  maggio  2015  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto
per la Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha proposto  questione  di  legittimita'  costituzionale  di
talune disposizioni della legge della Regione Campania 6 maggio 2013,
n. 5, recante «Disposizioni per la formazione  del  bilancio  annuale
2013  e  pluriennale  2013-2015   della   Regione   Campania   (Legge
finanziaria regionale 2013)». 
    E' stato, in particolare, denunciato l'art. 1,  in  relazione  ai
seguenti commi: 
    1) 127, lettere b) e c), sulla destinazione alla  Regione  di  un
indennizzo per i casi di utilizzazione di beni del demanio  marittimo
senza titolo ovvero in modo da questo difforme, per contrasto con gli
artt. 117, secondo comma, lettere l) ed  e)  e  119,  secondo  comma,
della Costituzione; 
    2) 140, che attribuirebbe all'autorita' regionale  competente  in
materia di VIA un potere discrezionale sanzionatorio (sospensione dei
lavori)  in  quelle  stesse  ipotesi  (mancanza  della  verifica   di
assoggettabilita' o di valutazione o di difformita'  sostanziali  dal
provvedimento finale) che la disciplina statale (comma 4 dell'art. 29
del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  recante  «Norme  in
materia ambientale») sanziona con  l'obbligo  della  sospensione  dei
lavori, per dedotta violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost.; 
    3) 183, sulla revisione dei prezzi contrattuali per l'acquisto di
beni e servizi alla stregua dei parametri  utilizzati  dalla  CONSIP,
per contrasto con l'art. 117, terzo comma Cost., nella parte  in  cui
tale adeguamento e' differito alla data di scadenza dei contratti  in
essere; 
    4)  36,  lettere  c),  d)  ed  e)  -  relativamente,   quanto   a
quest'ultima,  alla  verifica  dei  requisiti  per   l'accreditamento
definitivo  delle  strutture  sanitarie  private   da   parte   delle
commissioni  locali  -  alla  cui  impugnativa   il   ricorrente   ha
successivamente rinunciato con atto depositato il 21 aprile 2015; 
    5) 36, lettera e), nella parte, esclusa  dalla  rinunzia  di  cui
sopra, relativa alla decadenza dei direttori generali  delle  aziende
sanitarie della Regione «In caso di mancato rispetto del  termine  di
centoquaranta giorni per la verifica del possesso dei requisiti [...]
per l'accreditamento istituzionale», che violerebbe l'art. 117, terzo
comma Cost., in  relazione  all'art.  3-bis,  comma  7,  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino  della  disciplina  in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421); 
    6) 44,  lettera  a),  prevedente  l'adozione  di  un  regolamento
regionale  per  l'organizzazione  dell'Agenzia  regionale   sanitaria
(ARSAN), quale struttura  tecnica  di  supporto  all'attivita'  della
Giunta e del Consiglio regionali in materia sanitaria, per  contrasto
con gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120, secondo comma, Cost.; 
    7) 51, sul finanziamento delle attivita' assistenziali del Centro
di ricerca di ingegneria genetica - Biotecnologie  avanzate  societa'
consortile srl  (CEINGE),  non  ancora  accreditato,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    2.-  Si  e'  costituita  la  Regione  Campania   contestando   la
fondatezza, in ogni sua  parte,  della  impugnativa  dello  Stato  e,
preliminarmente,  eccependone   l'inammissibilita'   per   tardivita'
quanto, in particolare, alla denuncia che, «pur  essendo  formalmente
rivolta contro l'art. 1, comma 127, lettere  b)  e  c),  della  legge
regionale n. 5  del  2013,  di  modifica  dell'art.  12  della  legge
regionale n. 1 del 2012, in realta' colpisce  tale  ultima  norma  in
parti che non sono state  toccate  dalle  modifiche  apportate  dalla
legge regionale n. 5 del 2013». 
    3.- Nelle more del giudizio, la Regione Campania ha  adottato  la
legge 7 agosto  2014,  n.  16  (Interventi  di  rilancio  e  sviluppo
dell'economia  regionale  nonche'  di   carattere   ordinamentale   e
organizzativo - collegato alla legge di stabilita'  regionale  2014),
il cui art. 1, al comma 173, abroga l'art. 1, comma 183, della  legge
regionale 6 maggio 2013, n. 5, oggetto della presente impugnativa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Con ricorso, resistito dalla Regione Campania, il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato - per  denunciato  contrasto  con
gli artt. 117, comma secondo, lettere c), l), ed s), e  comma  terzo;
118; 119, secondo comma, e 120, secondo comma, della  Costituzione  -
la legge  della  Regione  Campania  6  maggio  2013,  n.  5,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2013   e
pluriennale  2013-2015  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale  2013)»,  relativamente  all'art.  1,   e   con   riguardo,
nell'ordine, ai suoi commi 127,  lettere  b)  e  c);  140;  183;  36,
lettere c), d) ed e); 44, lettera a), e 51. 
    1.- La disposizione di cui al comma 127, lettere b) e  c),  della
legge in esame - modificativa di quella di cui all'art. 12, comma  2,
della precedente legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale 2012 e  pluriennale  2012-2014
della Regione  Campania  -  Legge  finanziaria  2012)  -  prevede  la
destinazione alla Regione di un indennizzo, variamente parametrato in
relazione ai casi di utilizzazione  di  beni  del  demanio  marittimo
senza titolo ovvero in modo da questo difforme. 
    Il ricorrente denuncia, al riguardo, la  violazione  degli  artt.
117, secondo comma, lettere l) ed e), e 119,  secondo  comma,  Cost.,
sul rilievo che l'indennizzo anzidetto rappresenti «una  duplicazione
dell'indennizzo  dovuto  allo  Stato»  ai  sensi  dell'art.   8   del
decreto-legge  5  ottobre  1993,  n.   400   (Disposizioni   per   la
determinazione  dei   canoni   relativi   a   concessioni   demaniali
marittime), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  dicembre
1993, n. 494, ponendosi, quindi, in contrasto con lo  stesso  art.  8
citato, nonche' con l'art. 1, comma  257,  della  legge  27  dicembre
2006, n. 296, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» e con  le
disposizioni del codice della navigazione (artt. 32 e seguenti),  che
riservano allo Stato la potesta' di imposizione e  riscossione  degli
indennizzi in  quanto  inerenti  alle  funzioni  dominicali  ad  esso
spettanti in base all'art. 822 del codice civile. 
    1.1.- La questione e' ammissibile,  non  rilevando  in  contrario
che, come eccepito dalla resistente, non  sia  stata,  a  suo  tempo,
impugnata dallo Stato la disposizione originaria modificata da quella
ora oggetto di censura, poiche' -  a  prescindere  dal  contenuto  di
novita' riconducibile alla  modifica  in  questione  -  viene,  nella
specie, in rilievo il  principio  di  inapplicabilita'  dell'istituto
dell'acquiescenza  nei  giudizi  in  via  principale  (ex   plurimis,
sentenze n. 139 del 2013, n. 71 del 2012 e n. 187 del 2011). 
    1.2.- Nel merito,  la  questione  e'  fondata,  in  relazione  al
profilo, assorbente, della inerenza della disciplina  impugnata  alla
materia «ordinamento civile», di  competenza  esclusiva  dello  Stato
(art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.). 
    E cio' alla  stregua  anche  della  prospettazione  della  stessa
Regione  Campania,   per   la   quale   l'indennizzo   in   questione
rappresenterebbe una misura di «natura risarcitoria, costituendo  una
quantificazione  predeterminata  di   un   danno   subito   dall'Ente
regionale»: una misura, dunque, di natura innegabilmente civilistica,
che rimanda, appunto,  agli  istituti  tipici  della  responsabilita'
civile e della forfetizzazione del danno. 
    2.- La disposizione di cui al comma 140 - per la quale  «Se  sono
state accertate le violazioni di cui ai commi 138 e 139,  l'autorita'
competente in  materia  di  VIA,  come  individuata  dalla  normativa
regionale, puo' disporre  la  sospensione  dei  lavori  [...]»  -  e'
censurata per violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost. (sulla competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema»), per contrasto con  l'art.  29  del
d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Secondo  il  ricorrente  -  con  il  rimettere  ad   una   scelta
discrezionale dell'autorita' competente la sospensione dei lavori con
riguardo alle violazioni previste dai citati commi 138  e  139  -  la
Regione avrebbe dettato una disciplina difforme da quella  posta  dal
legislatore statale, la quale, la' dove si tratti di realizzazione di
opere ed interventi effettuati in assenza della  sottoposizione  alle
fasi di  verifica  di  assoggettabilita'  o  di  valutazione,  impone
all'autorita'  competente,  «valutata   l'entita'   del   pregiudizio
ambientale arrecato e  quello  conseguente  alla  applicazione  della
sanzione, [...] l'obbligo di  disporre  la  sospensione  dei  lavori,
eventualmente prevedendo la demolizione ed il ripristino dello  stato
dei luoghi e della situazione ambientale». 
    2.1.- La resistente non nega, peraltro,  che  detta  disposizione
attribuisca  un  potere  discrezionale  all'autorita'  regionale,  ma
sostiene che  la  stessa  costituisca,  in  realta',  «una  forma  di
adeguamento alla disciplina nazionale», e risponda «ad un'esigenza di
razionalita'  per  quei  casi  in  cui   l'eventuale   mancanza   del
provvedimento  di   VIA   sia   talmente   irrilevante   da   rendere
irragionevole   l'applicazione   della    sanzione    dell'automatica
sospensione dei lavori». 
    2.2.- La tesi difensiva della Regione Campania non vale, pero', a
porre  la  disposizione  in  esame  al  riparo   dalla   censura   di
illegittimita' costituzionale. 
    E' pur  vero,  infatti,  che  le  Regioni,  nell'esercizio  delle
proprie  competenze,  possono  aumentare  lo   standard   di   tutela
dell'ambiente (sentenze n. 92 del 2013 e n. 225 del 2009, per tutte),
ma tale principio (su cui evidentemente fa leva la resistente) non e'
utilmente invocato  nel  caso  di  specie,  nel  quale  non  e'  dato
ravvisare - e neppure e' dedotto -  quale  maggior  grado  di  tutela
ambientale  apporti  la  disciplina  regionale,  che   oggettivamente
privilegia, invece, le esigenze dell'utilizzatore rispetto  a  quelle
del bene tutelato dalla Costituzione. 
    2.3.- Per l'innegabile invasione della competenza esclusiva dello
Stato in materia di «tutela dell'ambiente», la disposizione di cui al
comma 140 dell'art. 1 della legge  regionale  in  esame  e',  quindi,
costituzionalmente illegittima. 
    3.- Il comma 183, dell'art. 1 della legge impugnata, testualmente
prevede che, «Nel rispetto della  vigente  normativa  in  materia  di
scelta del contraente, la Giunta regionale e il  Consiglio  regionale
procedono, a partire dal primo rinnovo contrattuale  successivo  alla
data di entrata in vigore della presente legge, ad una revisione  dei
prezzi contrattuali per l'acquisto di beni e servizi comparabili,  in
modo da adeguare gli stessi alle singole voci di costo  applicate  in
base ai parametri di prezzo-qualita' utilizzati da Consip [...]». 
    Nella  prospettazione  del  ricorrente,  detta  norma  violerebbe
l'art. 117, terzo comma, Cost., in materia  di  «coordinamento  della
finanza pubblica», poiche', con il differire alla  data  di  scadenza
dei contratti in essere  il  predetto  adeguamento,  si  porrebbe  in
contrasto con il principio fondamentale desumibile dall'art. 1, comma
13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per
la revisione della spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012,  n.  135,  il  quale  ha  introdotto,  «con  effetti  di
automatica inserzione nei contratti in essere, il diritto di  recesso
della pubblica amministrazione contraente, da esercitarsi prima della
scadenza contrattuale nel caso in cui i parametri  delle  convenzioni
stipulate da Consip successivamente alla sottoscrizione del contratto
siano migliorativi e l'appaltatore non  acconsenta  ad  una  modifica
delle condizioni economiche tale da adeguare l'onere contrattuale  ai
citati parametri». 
    3.1.- La disposizione denunciata e' stata abrogata dal comma  173
dell'art. 1 della legge della Regione Campania 7 agosto 2014,  n.  16
(Interventi di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonche' di
carattere ordinamentale e organizzativo -  collegato  alla  legge  di
stabilita' regionale 2014), con effetto, ai sensi del comma  240  del
medesimo art. 1 citato, dall'8 agosto 2014  (giorno  successivo  alla
pubblicazione della stessa legge regionale nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione Campania). 
    Poiche' non si  puo',  pero',  escludere  -  ed  e'  logico  anzi
ritenere - che nel periodo (1 anno e 3 mesi) di vigenza  della  norma
censurata  questa  abbia  consentito,  nei  contratti  in  corso,  il
differimento dell'adeguamento ai parametri CONSIP, la  questione  va,
dunque, scrutinata nel merito. 
    3.2.- L'esame della censura induce a ritenerne la fondatezza. 
    La norma di cui all'art. 1, comma 13, del d.l. n.  95  del  2012,
come convertito dalla legge n. 135 del 2012 -  oltre  ad  essere  per
struttura  e  contenuto  riconducibile  alla   potesta'   legislativa
esclusiva statale in materia di «ordinamento  civile»,  di  cui  alla
lettera l) dell'art. 117, secondo comma, Cost.  -  riveste  anche  il
carattere di  principio  fondamentale  di  coordinamento  di  finanza
pubblica, in una prospettiva funzionale - teleologica che la porta ad
incidere sulla spesa pubblica al fine del conseguimento di  obiettivi
di risparmio. 
    Con detta norma statale interposta  confligge  manifestamente  la
disposizione regionale censurata (non a caso poi dalla stessa Regione
abrogata),  la  quale  va,  pertanto,  dichiarata  costituzionalmente
illegittima relativamente al periodo di sua vigenza. 
    4.- In conseguenza  della  rinunzia,  di  cui  infra  sub  n.  7,
l'impugnativa relativa alla lettera e) del comma 36 dell'art. 1 della
legge regionale n. 5 del 2013, modificativo del  comma  237-duodecies
dell'art. 1 della legge regionale 15 marzo 2011, n.  4  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale 2011 e  pluriennale  2011-2013
della Regione Campania - Legge  finanziaria  regionale  2011),  resta
circoscritta alla previsione  di  decadenza  dei  direttori  generali
delle aziende sanitarie della Regione Campania «In  caso  di  mancato
rispetto del termine di centoquaranta  giorni  per  la  verifica  del
possesso dei requisiti ulteriori previsti dalla normativa e richiesti
per l'accreditamento istituzionale» (di cui  all'ultimo  periodo  sub
lettera e del citato comma 36). 
    Il ricorrente denuncia, a tal riguardo, la  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost., per contrasto con  i  principi  fondamentali
della legislazione statale in materia di tutela della salute, di  cui
all'art. 3-bis, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.  421),  e  successive
modificazioni,  che  individua  specifiche  cause  di  decadenza  del
direttore generale (gravi  motivi,  situazione  di  grave  disavanzo,
violazione  di  leggi  o  del  principio  di  buon  andamento  e   di
imparzialita' dell'amministrazione). 
    4.1.- La questione non e' fondata. 
    E' pur vero, infatti, che l'anzidetta  norma  interposta  statale
pone un principio fondamentale della materia «tutela  della  salute»,
cui e' da ricondursi - come da giurisprudenza di questa  Corte  -  la
disciplina degli incarichi alla dirigenza sanitaria (sentenze n.  129
del 2012, n. 233 e n. 181 del 2006). 
    Tuttavia,  la  decadenza  per  inutile  decorso  del  termine  di
centoquaranta giorni, per  provvedere  all'accreditamento  definitivo
delle   strutture   provvisoriamente   accreditate   -   in    quanto
ricollegabile,  come  sostenuto  dalla   Regione,   all'inerzia   dei
direttori generali delle ASL relativamente al  rispetto  del  termine
anzidetto - e' pianamente riconducibile ad una delle ipotesi  tipiche
di decadenza previste dalla norma statale interposta di  riferimento,
quella cioe', della «violazione [...] del principio di buon andamento
[...] dell'amministrazione». 
    5.- La disposizione di cui al comma 44, lettera a),  dell'art.  1
della  legge  sottoposta  a  scrutinio  di   costituzionalita',   nel
modificare il comma 244 dell'art. 1 della  gia'  citata  legge  della
Regione Campania n. 4 del 2011, prevede l'adozione di un  regolamento
regionale di  disciplina  dell'ARSAN  (Agenzia  regionale  sanitaria)
quale ente di  supporto  all'attivita'  della  Giunta  stessa  e  del
Consiglio  regionale  in  materia  sanitaria,  strumentale  ai   fini
dell'attuazione del piano di rientro dal disavanzo  sanitario  e  dei
programmi operativi per la prosecuzione dello stesso. 
    Detta norma e' denunciata per sospetto contrasto  con  gli  artt.
117, terzo comma, 118 e 120, secondo comma, Cost. 
    La questione - dichiaratamente proposta sulla base delle medesime
argomentazioni  gia'  addotte  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri con un precedente ricorso avverso il citato comma 244  della
legge regionale n. 4 del 2011 - non e' fondata. 
    Con sentenza n. 141 del 2014, questa Corte ha dichiarato cessata,
infatti, la materia del  contendere,  in  ordine  alla  questione  di
legittimita' costituzionale del predetto comma 244 dell'art. 1  della
legge regionale n. 4 del 2011 proprio per il carattere  satisfattivo,
delle ragioni dello Stato, riconosciuto alle  modifiche  (da  ultimo)
apportate a detta norma dalle disposizioni di cui alle lettere  a)  e
b) del comma 44 dell'art. 1 della legge regionale n. 5 del  2013  ora
censurato. 
    E cio'  per  essere  stato,  con  la  suddetta  modifica  appunto
previsto - conformemente a  quanto  il  ricorrente  auspicava  -  che
l'ARSAN continui a svolgere  le  funzioni  gia'  esercitate  (quelle,
cioe', di ufficio strumentale ai fini dell'attuazione  del  piano  di
rientro del disavanzo  sanitario)  fino  all'entrata  in  vigore  del
regolamento suddetto. 
    6.- Il comma 51 dell'art. 1 della legge in esame stabilisce  che:
«Il  Ceinge  (Biotecnologie  avanzate   societa'   consortile   srl),
organismo di diritto pubblico ai sensi  del  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi  e  forniture  in  attuazione  alle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE  -  Codice  degli  appalti),  e'   centro   regionale   di
riferimento per la diagnostica di biologia molecolare clinica e delle
malattie congenite del metabolismo e delle malattie rare. Con decreto
del Commissario ad  acta  per  il  piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario, e' stabilito il finanziamento alle attivita' assistenziali
sulla base del tariffario regionale. Il  finanziamento,  modificabile
annualmente in base ad eventuali e motivati  fabbisogni  integrativi,
e'  erogato  a   partire   dall'anno   2013,   mediante   convenzioni
quinquennali  con  la  Regione  Campania.  Per  colmare  la   carenza
dell'offerta della rete laboratoristica  regionale,  il  Ceinge  puo'
presentare domanda di accreditamento istituzionale,  previa  verifica
di rispondenza ai requisiti di qualificazione richiesti. I  contratti
sono  stipulati  nei  limiti  fissati   da   appositi   provvedimenti
commissariali. Il predetto  istituto  opera  sulla  base  di  accordi
istituzionali  in  coerenza  e  nei  limiti  dei  vincoli  finanziari
previsti dal piano  di  rientro  e  connessi  programmi  operativi  e
comunque fatte salve le spettanze  di  cui  alle  poste  dei  bilanci
regionali degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012». 
    Questa disposizione contrasterebbe, secondo il ricorrente, l'art.
117, terzo comma Cost., in materia di «tutela della salute», giacche'
- nel prevedere «il finanziamento alle attivita' assistenziali  sulla
base del tariffario regionale, di una struttura quale il CEINGE  che,
come reso evidente dalla stessa norma, non e' ancora  accreditato»  -
violerebbe i principi fondamentali desumibili dagli artt. da 8-bis ad
8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992, in forza dei quali «le strutture
che erogano prestazioni sanitarie possono essere poste "a carico" del
servizio sanitario  nazionale  solo  dopo  stipulazione  di  appositi
accordi contrattuali con le strutture interessate, i  quali,  a  loro
volta,  presuppongono  che  le   stesse   siano   state   previamente
accreditate». 
    Viceversa, secondo la Regione Campania, il  CEINGE  non  potrebbe
essere equiparato ad un qualsiasi operatore privato,  «per  l'effetto
imponendogli  l'obbligo  del  preventivo  accreditamento  per   poter
accedere al "finanziamento delle attivita' assistenziali  sulla  base
del tariffario regionale"». 
    6.1.- Il CEINGE e'  effettivamente  riconducibile,  come  dedotto
dalla resistente, alla categoria degli Istituti di ricovero e cura di
carattere scientifico (IRCCS):  tale  qualifica  risultando  ad  esso
espressamente conferita con delibera della Giunta regionale 1° agosto
2008, n. 1298, e poi anche successivamente confermata con decreto  30
settembre 2010, n. 55, del Commissario ad acta  per  il  ripianamento
del disavanzo sanitario. 
    6.2.- Gli IRCCS rinvengono l'originaria loro disciplina nell'art.
42 della legge 23 dicembre 1978, n.  833  (Istituzione  del  servizio
sanitario nazionale), per la  quale  «Detti  istituti  per  la  parte
assistenziale sono considerati presidi ospedalieri multizonali  delle
unita' sanitarie locali nel cui territorio sono ubicati». 
    Successivamente il decreto legislativo 16 ottobre  2003,  n.  288
(Riordino della disciplina  degli  Istituti  di  ricovero  e  cura  a
carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge
16 gennaio 2003, n. 3) ha previsto: 
    a)  la  trasformazione  in  Fondazioni  degli  IRCCS  di  diritto
pubblico esistenti alla data di entrata  in  vigore  della  legge  16
gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica
amministrazione), con  attribuzione,  agli  enti  cosi'  trasformati,
della denominazione «Fondazione IRCCS» (art. 2, comma 1); 
    b) un atto di intesa in sede di «Conferenza Stato - regioni»  per
la disciplina delle modalita' di organizzazione,  di  gestione  e  di
funzionamento  degli  Istituti  di  ricovero  e  cura   a   carattere
scientifico non trasformati in Fondazioni (art. 5); 
    c) l'istituzione di nuovi IRCCS, «subordinata  al  riconoscimento
di cui al comma 3» (art. 13). 
    In quest'ultimo caso, a mente del comma 2 dello stesso  art.  13,
le  «strutture  pubbliche  che  chiedono  il  riconoscimento  possono
costituirsi nella forma delle Fondazioni di cui  all'articolo  2;  le
strutture private debbono costituirsi in una delle  forme  giuridiche
disciplinate dal codice civile». 
    Il riconoscimento  «del  carattere  scientifico  e'  soggetto  al
possesso, in base a titolo valido», di  taluni  requisiti,  tra  cui,
segnatamente,     la     «titolarita'      dell'autorizzazione      e
dell'accreditamento sanitari» (lettera b del comma 3 dell'art. 13). 
    Peraltro, secondo quanto previsto  dall'art.  15,  comma  1,  del
medesimo d.lgs. n. 288 del 2003, le «Fondazioni IRCCS,  gli  Istituti
non trasformati e quelli privati inviano ogni due anni  al  Ministero
della salute i dati aggiornati circa il possesso dei requisiti di cui
all'articolo 13». 
    In definitiva, con l'entrata in vigore del suddetto decreto anche
le Fondazioni e gli Istituti non trasformati, come gia' gli  Istituti
privati di nuova istituzione, sono tenuti ad ottenere - ogni due anni
(tre anni nella versione originaria della disposizione,  prima  della
modifica recata dal decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  recante
«Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese  mediante,
un  piu'  alto  livello  di  tutela  della  salute,  convertito,  con
modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189») - la conferma del
riconoscimento in base al possesso dei requisiti al cui  art.  13  e,
dunque, della «titolarita' dell'autorizzazione e  dell'accreditamento
sanitari». 
    Ne consegue che, al pari delle strutture pubbliche e strutture ad
esse equiparate, anche  gli  IRCCS  di  nuova  istituzione  e  quelli
confermati dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 288 del  2003  sono
tenuti a richiedere ed  ottenere  l'accreditamento  istituzionale  ai
sensi dell'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    6.3.- In ragione del suo  inquadramento  tra  gli  IRCCS  (ma  ad
identica conclusione  condurrebbe  l'alternativa  sua  qualificazione
come  struttura  equiparata  a  quelle  pubbliche),  il  CEINGE   e',
pertanto, tenuto a conseguire l'accreditamento istituzionale e, sulla
base di tale accreditamento, e' altresi' abilitato  alla  stipula  di
accordi  contrattuali   che   consentano   la   remunerazione   delle
prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale (S.S.N.). 
    La interdipendenza tra accreditamento e accordi contrattuali  e',
del resto, confermata dal comma  2  del  citato  art.  8-quater,  che
puntualizza come «La qualita' di soggetto accreditato non costituisce
vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale  a
corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori
degli  accordi  contrattuali  di  cui  all'articolo  8-quinquies.   I
requisiti ulteriori costituiscono presupposto per l'accreditamento  e
vincolo per la definizione delle prestazioni previste  nei  programmi
di  attivita'  delle  strutture  accreditate,  cosi'  come   definiti
dall'articolo 8-quinquies». 
    Ulteriore  e  decisa  conferma  proviene   altresi'   dal   comma
2-quinquies dell'art. 8-quinquies, secondo cui «In  caso  di  mancata
stipula degli accordi di cui al presente  articolo,  l'accreditamento
istituzionale di cui all'articolo  8-quater  delle  strutture  e  dei
professionisti eroganti prestazioni per conto del Servizio  sanitario
nazionale interessati e' sospeso». Ed in  siffatto  contesto  rileva,
per l'appunto, la previsione di cui al comma  2-quater  del  medesimo
art. 8-quinquies, introdotta dal comma 1-quinquies dell'art.  79  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133  -
dunque, in un assetto ordinamentale  che  gia'  imponeva  agli  IRCCS
l'accreditamento istituzionale - in  forza  della  quale  le  Regioni
possono stipulare «accordi con le fondazioni istituti di  ricovero  e
cura a carattere scientifico e con gli istituti di ricovero e cura  a
carattere scientifico  pubblici  e  contratti  con  gli  istituti  di
ricovero e cura a carattere scientifico privati,  che  sono  definiti
con le modalita'  di  cui  all'articolo  10,  comma  2,  del  decreto
legislativo 16 ottobre 2003, n. 288». 
    Significativamente l'art. 10, comma 2, si indirizza,  del  resto,
all'attivita' assistenziale degli IRCCS, da attuarsi «in coerenza con
la programmazione sanitaria regionale», cosi' da essere «finanziata a
prestazione dalla Regione competente per territorio, in base ai tetti
di spesa ed ai volumi di attivita' predeterminati  annualmente  dalla
programmazione regionale, nonche' sulla base di  funzioni  concordate
con le Regioni», dunque, secondo la remunerazione  delle  prestazioni
di cui all'art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    Previsione, questa, che conferma, per l'appunto,  la  distinzione
tra attivita' assistenziale - che soltanto viene in rilievo  ai  fini
della  impugnativa  statale  della  norma  regionale  campana  -   ed
attivita' di ricerca, la quale invece e' finanziata -  ai  sensi  del
comma 1 dello stesso art. 10 citato - solo per le Fondazioni IRCCS  e
gli Istituti non trasformati,  «nei  limiti  ed  in  coerenza  con  i
programmati obiettivi di finanza pubblica del  vigente  Documento  di
programmazione economico-finanziaria (DPEF),  [...]  a  valere  sugli
stanziamenti di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,  nonche'  dalle
Regioni  e  da  altri  organismi   pubblici   e   privati»;   dunque,
principalmente tramite il Fondo sanitario nazionale  (e,  quindi,  la
fiscalita' generale). 
    6.4.- Di qui, il contrasto della disposizione di legge  regionale
denunciata - che ammette il CEINGE al finanziamento per le  attivita'
assistenziali senza previo accreditamento (rimesso alla mera facolta'
di scelta dell'ente) - con i principi fondamentali della legislazione
statale in materia di «tutela della salute» evocati dal ricorrente. 
    7.- Relativamente alle disposizioni di cui all'art. 1, comma  36,
lettere c), d) ed e), per la parte non concernente la  decadenza  dei
direttori  generali  delle  ASL,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri ha, come detto, rinunziato al ricorso. La rinunzia e'  stata
ritualmente accettata dalla Regione Campania. 
    Ne consegue, ai sensi dell'art. 23 delle norme integrative per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, l'estinzione del  processo
in parte qua.