ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  5,
comma 2, 61, comma 1, alinea  e  lettera  a),  e  85,  comma  1,  del
decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge 9 agosto 2013, n.  98,  promosso  dalla  Regione
siciliana con ricorso notificato il 19 ottobre  2013,  depositato  in
cancelleria il 25 ottobre 2013 ed iscritto  al  n.  97  del  registro
ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  27  maggio  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato Beatrice Fiandaca per  la  Regione  siciliana  e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 ottobre  2013  e  depositato  il
successivo 25  ottobre  (reg.  ric.  n.  97  del  2013),  la  Regione
siciliana ha promosso questioni di legittimita' costituzionale  degli
articoli 5, comma 2, 61, comma 1, alinea e lettera a), e 85, comma 1,
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per  il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, per violazione degli artt.
36 e 37 dello Statuto della Regione siciliana (approvato con il regio
decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.  455,  convertito  in  legge
costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  2)  e
dell'art. 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica  26  luglio
1965, n. 1074  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana in materia finanziaria). 
    In particolare la ricorrente ha ritenuto illegittimi:  «il  comma
1, alinea e lettera a) dell'art. 61, ove  applicabile  ricomprendendo
nell'aumento  di  gettito,  derivante  dalle  misure  previste  dagli
articoli 5, comma 1, e 55, da  utilizzare  a  copertura  degli  oneri
derivanti  allo  Stato  per  effetto  delle   disposizioni   indicate
nell'alinea, anche la parte relativa ai tributi riscossi in Sicilia»;
«comma 2 dell'art. 5, ove applicabile ricomprendendo  nelle  maggiori
entrate come ivi previste e  destinate  anche  la  parte  relativa  a
tributi ricossi  in  Sicilia»;  «le  suindicate  norme  in  combinato
disposto ove, per effetto del medesimo, non risulti salvaguardata  la
spettanza alle  Regione  delle  maggiori  entrate  riscosse  nel  suo
territorio»; «l'art. 85, comma 1, ove applicabile ricomprendendo fino
all'anno 2024 nella quota  parte  delle  maggiori  entrate  derivanti
dall'applicazione delle disposizioni di cui  all'art.  28,  commi  1,
lettera a), e 2, della legge 12 novembre 2011, n.183 [...]  anche  la
parte di gettito riscossa in Sicilia». 
    1.1.-  Si   tratta   delle   maggiori   entrate   che   derivano:
dall'estensione  della  platea   dei   contribuenti   soggetti   alla
cosiddetta "Robin  Hood  Tax"  per  effetto  dell'abbassamento  delle
soglie  di  ricavi  e  di  reddito  imponibile   previsti   ai   fini
dell'assoggettamento all'addizionale sull'imposta sui  redditi  delle
societa' (art. 5, comma 1); dall'esclusione  del  rimborso,  mediante
norma di interpretazione autentica, dell'imposta sul valore  aggiunto
assolta sulla  cessione  di  beni  o  sulle  prestazioni  di  servizi
effettuate da terzi nei confronti di  agenzie  di  viaggio  stabilite
fuori dell'Unione  europea  (art.  55,  comma  1);  dall'aumento  del
contributo unificato per i giudizi di impugnazione, nella misura  del
50% per l'appello e del 100% per il ricorso in cassazione  (art.  28,
comma 1, lettera a), della legge 12 novembre 2011,  n.  183,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2012»). 
    1.2.- Per le maggiori entrate  relative  alla  cosiddetta  "Robin
Hood Tax" e alla norma di interpretazione autentica con la  quale  si
e' escluso il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto,  l'impugnato
art. 61, comma 1, lettera a), stabilisce che esse  siano  utilizzate,
per  quota  parte,  a  copertura  degli  oneri  derivanti  da   varie
iniziative comprese nel medesimo provvedimento e dirette al  rilancio
dell'economia. 
    Inoltre,  limitatamente  alle  maggiori  entrate  relative   alla
cosiddetta "Robin Hood Tax", il censurato art. 5, comma 2, stabilisce
che  esse  siano  parzialmente  «destinate   alla   riduzione   della
componente A2 della tariffa elettrica deliberata  dall'Autorita'  per
l'energia elettrica e il gas sulla base delle  modalita'  individuate
con decreto adottato dal Ministro dell'economia e  delle  finanze  di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico»  entro  60  giorni
dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge. 
    Per  le  maggiori  entrate  relative,  invece,  all'aumento   del
contributo unificato per i giudizi di impugnazione, l'impugnato  art.
85,  comma  1,  stabilisce  che  «quota  parte»  delle  stesse  siano
utilizzate per la copertura delle spese relative ai giudici ausiliari
di Corte di appello  e  al  tirocinio  formativo  presso  gli  uffici
giudiziari. 
    1.3  -  La  Regione  lamenta  che,   ritenendo   applicabili   le
disposizioni di cui sopra (artt. 5, comma 2, 61, comma  1,  alinea  e
lettera a), e 85, comma 1) anche ai tributi riscossi in  Sicilia,  si
violerebbe l'assetto finanziario stabilito dagli artt. 36 e 37  dello
statuto - in base ai quali spettano  alla  Regione  siciliana,  oltre
alle entrate tributarie da essa  direttamente  deliberate,  tutte  le
entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo  territorio,
dirette o indirette, comunque  denominate,  ad  eccezione  di  quelle
espressamente riservate allo Stato - e dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074
del 1965, ai sensi del quale possono essere destinate allo  Stato  le
nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato, alla copertura
di oneri diretti a soddisfare  particolari  finalita'  contingenti  o
continuative  dello  Stato,  specificate  nelle  apposite  leggi  che
prevedano tale destinazione. 
    In ordine all'applicazione della disciplina  finanziaria  di  cui
sopra, viene richiamata la sentenza n. 348 del 2000 di questa  Corte,
secondo cui  la  riserva  allo  Stato  di  nuove  entrate  tributarie
rappresenta  un  meccanismo  derogatorio  rispetto  al  principio  di
attribuzione alla Regione siciliana dei tributi statali ivi riscossi:
perche' tale riserva sia legittima devono  congiuntamente  sussistere
tutte le condizioni stabilite dal citato art. 2 del  d.P.R.  n.  1074
del  1965.  Esse  sono  costituite,  segnatamente,  da:   la   natura
tributaria dell'entrata, la novita' della stessa  e  la  destinazione
del gettito a specificate finalita' particolari dello Stato. 
    La  ricorrente  ritiene,  peraltro,  che  dette  condizioni   non
sussistano, difettando  in  particolare  i  requisiti  della  novita'
dell'entrata tributaria e della specificita' della finalizzazione del
gettito. 
    Per quanto riguarda le maggiori entrate relative alla  cosiddetta
"Robin Hood Tax", infatti, le  medesime  non  originerebbero  ne'  da
tributi nuovi, ne' da aumento di aliquote  di  tributi  esistenti,  e
neppure avrebbero ricevuto una specifica destinazione. 
    Analogamente non potrebbero ritenersi nuove le entrate  derivanti
dai mancati rimborsi dell'imposta  sul  valore  aggiunto,  in  quanto
relativi a una norma di interpretazione autentica,  corrispondente  a
pronunciamenti comunitari in proposito, che  avrebbe  dovuto  operare
anche in precedenza. 
    Neppure nuova dovrebbe considerarsi l'entrata dovuta  all'aumento
del contributo unificato per i giudizi  di  impugnazione,  in  quanto
l'aumento era gia' stato disposto con il precedente art. 28, comma 1,
lettera a), della legge n. 183 del 2011, mentre  il  successivo  art.
85, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, convertito, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 98 del 2013 - oggi  impugnato  -
ha ora destinato senza limiti di tempo quota  parte  dell'aumento  di
gettito alla copertura delle spese per i giudici ausiliari e  per  il
tirocinio formativo,  sottraendo  cosi'  alla  Regione  siciliana  il
maggiore gettito che  le  sarebbe  spettato  a  partire  dal  periodo
successivo a quello di cinque anni per il quale esso era  gia'  stato
riservato allo Stato dall'art. 28, comma 2, della medesima  legge  n.
183 del 2011  e  in  tali  limiti  giudicato  legittimo  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 265 del 2012. 
    D'altro canto, che le maggiori entrate portate dalle disposizioni
di cui sopra siano riservate allo Stato anche per la  parte  riscossa
in  Sicilia,  si  desumerebbe,  ad  avviso  della  ricorrente,  dalle
procedure di calcolo impiegate per la stima delle  maggiori  entrate,
quali evidenziate nella relazione tecnica, e che sembrano prendere  a
riferimento l'intero territorio nazionale  e,  quindi,  anche  quello
della Regione siciliana. 
    2.- Con atto depositato il 28 novembre 2013, si e' costituito nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata. 
    In particolare,  la  difesa  dello  Stato  ha  osservato  che  la
questione dovrebbe essere considerata inammissibile  per  genericita'
della motivazione e «mancanza  di  autosufficienza»,  non  avendo  il
ricorrente quantificato  il  pregiudizio  lamentato  e  gli  elementi
finanziari e contabili di  propria  competenza  che  sarebbero  stati
lesi, non adempiendo cosi' all'onere di allegazione del danno patito,
che  sarebbe  richiesto   in   questi   casi   dalla   giurisprudenza
costituzionale (sentenza n. 246 del 2012). 
    In  ogni  caso  il  ricorso  sarebbe  infondato,  essendo   state
rispettate le disposizioni statutarie - e,  segnatamente,  quelle  di
cui all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, costituite dal  carattere
tributario dell'entrata, della sua novita' e specifica destinazione a
particolari  finalita'  contingenti  o  continuative  dello  Stato  -
previste per la riserva del gettito allo Stato in deroga al principio
generale dell'attribuzione alla Regione siciliana di quelle  riscosse
nel suo territorio. 
    Infatti, risultando pacifica la natura tributaria  delle  entrate
in discussione, le stesse dovrebbero considerarsi «nuove» sulla  base
della giurisprudenza costituzionale - in particolare viene richiamata
la sentenza n. 135 del 2012, che a sua volta cita la sentenza n.  198
del 1999 - in quanto per integrare tale requisito cio' che rileva  e'
la novita' del  provento,  intesa  come  «incremento  di  gettito»  o
«entrata aggiuntiva», e non la novita' del tributo. 
    Proprio perche' le modifiche normative introdotte producono nuovi
proventi, le stesse costituirebbero nuove entrate tributarie  che  lo
Stato puo' a se' riservare purche' le destini a specificate finalita'
particolari dello Stato medesimo, che possono  essere  contingenti  o
continuative. 
    Simile destinazione sarebbe stata specificamente  prevista  nella
specie,  disponendosi  che:  le  maggiori   entrate   relative   alla
cosiddetta "Robin Hood Tax" e al mancato  rimborso  dell'imposta  sul
valore aggiunto, siano utilizzate quota parte per la copertura  degli
oneri particolari e specifici, puntualmente  indicati,  quali  quelli
relativi alla  previsione  di  contributi  a  tasso  agevolato,  alla
proroga del credito d'imposta per il  settore  cinematografico,  alla
realizzazione del fascicolo sanitario elettronico e  all'acquisto  di
mobili e arredi ad uso scolastico e per l'infanzia. 
    Pienamente  legittime  risulterebbero,  pertanto,  le   impugnate
disposizioni. 
    3.- In data 6 maggio 2015, la difesa dello  Stato  ha  depositato
memoria con la  quale  ha  insistito  per  il  rigetto  del  ricorso,
rimarcando  che  sussistono  nella  specie  i  presupposti   per   la
destinazione  allo  Stato  di  nuove  entrate  tributarie,   mediante
specifica  finalizzazione  a  particolari  finalita'  contingenti   o
continuative,  anche  sulla  base   dei   principi   ribaditi   dalla
giurisprudenza costituzionale successiva, con particolare riguardo  a
quelli affermati dalla sentenza n. 207 del 2014. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso n. 97 del 2013, la Regione siciliana ha  promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 5,  comma  2,
61, comma 1, alinea e lettera a), e 85, comma 1, del decreto-legge 21
giugno  2013,  n.  69   (Disposizioni   urgenti   per   il   rilancio
dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,
della legge 9 agosto 2013, n. 98, per violazione degli artt. 36 e  37
dello Statuto della Regione siciliana (approvato con il regio decreto
legislativo  15  maggio   1946,   n.   455,   convertito   in   legge
costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  2)  e
dell'art. 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica  26  luglio
1965, n. 1074  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana in materia finanziaria). 
    Si tratta di disposizioni che destinano al bilancio  dello  Stato
le maggiori entrate derivanti da: l'abbassamento (stabilito dall'art.
5, comma 1, del medesimo decreto) della soglia di ricavi e di reddito
previsti per  l'assoggettamento  all'«addizionale»  sull'imposta  sui
redditi  delle  societa'  di  cui  all'art.   81,   comma   16,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2008, n.  133;  l'esclusione  dal  rimborso  dell'imposta  sul
valore aggiunto assolta sulla  cessione  di  beni  e  prestazioni  di
servizi effettuate da terzi  nei  confronti  di  agenzie  di  viaggio
stabilite fuori dell'Unione europea, per effetto dell'interpretazione
autentica dell'art. 74-ter, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica  26  ottobre  1972,  n.  633  (Istituzione  e   disciplina
dell'imposta sul valore aggiunto), operata dall'art. 55, comma 1, del
medesimo  d.l.  n.  69  del  2013,  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  n.  98  del  2013;  l'aumento  del
contributo unificato per i giudizi di impugnazione, nella misura  del
50% per l'appello e del 100% per il ricorso in cassazione,  stabilito
dall'art. 28, comma 1, lettera a), della legge 12 novembre  2011,  n.
183,  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2012). 
    La Regione lamenta che, ritenendo applicabili le disposizioni  di
cui sopra  anche  ai  tributi  riscossi  in  Sicilia,  si  violerebbe
l'assetto finanziario stabilito dagli artt. 36 e 37 dello  statuto  -
in base ai quali spettano alla Regione siciliana, oltre alle  entrate
tributarie da essa direttamente deliberate, anche  tutte  le  entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o  indirette,   comunque   denominate,   ad   eccezione   di   quelle
espressamente riservate allo Stato - e dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074
del 1965, secondo cui possono essere destinate allo  Stato  le  nuove
entrate tributarie il cui gettito sia destinato,  alla  copertura  di
oneri  diretti  a  soddisfare  particolari  finalita'  contingenti  o
continuative  dello  Stato,  specificate  nelle  apposite  leggi  che
prevedano tale destinazione. 
    2.- In via preliminare devono essere esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita'  prospettate  dal  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri. 
    2.1.- Il resistente chiede, in primo luogo, che  il  ricorso  sia
dichiarato   inammissibile   per   genericita'    e    mancanza    di
«autosufficienza». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Essa, infatti, non trova riscontro nella motivazione del  ricorso
presentato dalla Regione siciliana, dove sono state enunciate sia  le
disposizioni oggetto di censura, sia i  parametri  statutari  che  si
ritengono violati e  le  ragioni  della  violazione,  sostanzialmente
riconnesse alla mancanza dei  requisiti  della  novita'  dell'entrata
tributaria e della specificita' della finalizzazione  delle  entrate,
che soli possono giustificarne la riserva allo Stato ai  sensi  delle
disposizioni di attuazione finanziaria dello statuto regionale. 
    L'atto introduttivo del giudizio risulta,  quindi,  adeguatamente
motivato, seppure succintamente, con argomentazioni specifiche e  del
tutto autosufficienti. 
    E' pur vero, peraltro,  che  l'impugnazione  regionale  e'  stata
proposta   in   riferimento   alle   disposizioni   censurate    «ove
applicabil[i] ricomprendendo nelle maggiori entrate come ivi previste
e destinate anche la parte relativa a tributi  ricossi  in  Sicilia».
Tuttavia, le questioni formulate sulla base di  una  delle  possibili
interpretazioni della disposizione impugnata  -  in  questo  caso  il
dubbio riguarda l'applicabilita' o meno della disposizione  censurata
ai tributi riscossi nel territorio della  Regione  siciliana  -  sono
gia' state ritenute ammissibili da questa Corte  (da  ultimo  con  la
sentenza n. 207 del 2014). 
    Infatti,  secondo  il  costante  indirizzo  della  giurisprudenza
costituzionale, il giudizio  in  via  principale,  a  differenza  del
giudizio in via  incidentale,  puo'  concernere  questioni  sollevate
sulla  base  di  interpretazioni  prospettate  dal  ricorrente   come
possibili (sentenze n. 255 del 2013, n. 228  del  2003,  n.  412  del
2001, n. 244 del 1997 e n. 242 del 1989) e sempre che, come in questo
caso, sia raggiunta la «soglia minima  di  chiarezza  e  completezza»
(sentenze  n.  255  e  n.  187  del  2013).  Piu'  precisamente,   le
interpretazioni  prospettate  dal  ricorrente   non   devono   essere
implausibili  o  irragionevolmente  scollegate   dalle   disposizioni
impugnate, cosi' da farle ritenere del tutto astratte  o  pretestuose
(sentenze n. 228 del 2003, n. 412 del 2001, n. 244 del 1997 e n.  242
del 1989), cio' in quanto «il giudizio di legittimita' costituzionale
proposto in via principale non  puo'  essere  azionato  con  la  sola
finalita' di definire un mero contrasto sulla  interpretazione  della
norma» (sentenza n. 412 del 2001). 
    Nella  specie  la  ricorrente  ha  certamente   prospettato   una
interpretazione  non  implausibile  delle   disposizioni   impugnate,
traendo argomenti circa l'applicabilita' della  disposizione  oggetto
di giudizio dalla mancanza di una clausola di  salvaguardia  e  dalla
relazione tecnica allegata al provvedimento, cosi' da  escludere  che
l'odierno  giudizio  principale  sia  stato  azionato  con  la   sola
finalita' di definire un contrasto interpretativo. 
    2.2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   ha   piu'
specificamente chiesto che venga  dichiarata  l'inammissibilita'  del
ricorso,  in  considerazione  della  «mancata   quantificazione   del
pregiudizio  lamentato,  [de]i  criteri   utilizzati   per   la   sua
definizione e [del]le partite dei rispettivi bilanci finanziari dalle
quali si ricavano le relative  censure»,  avendo  la  ricorrente  non
adempiuto all'onere di quantificazione affermato, come incombente  in
questi casi sulla ricorrente, dalla sentenza n. 246  del  2012  della
Corte costituzionale. 
    Anche questa eccezione non e' fondata. 
    Il principio della necessaria allegazione  del  danno,  affermato
dalla sentenza n. 246 del 2012, vale solo quando la  norma  censurata
dispone una minore entrata per la Regione e non  anche  quando,  come
nella specie, comporti l'esclusione dal beneficio del maggior gettito
da essa stessa introdotto (sentenza n. 207 del 2014). Non  e'  dunque
richiesto che la Regione siciliana specifichi la quantificazione  del
minor gettito quando lamenta la  violazione  dei  principi  stabiliti
nello statuto di autonomia e nelle relative norme  di  attuazione  in
merito alla riserva all'erario delle entrate ricosse  sul  territorio
regionale. 
    2.3.- Ancora in punto di ammissibilita', va rilevato che, con  la
sentenza n. 10  del  2015,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'«addizionale»  dell'imposta  sui
redditi delle societa' (IRES) prevista dall'art. 81, commi 16,  17  e
18, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n.  133  del  2008,  «e  successive
modificazioni». 
    Tra le «successive modificazioni» al citato art.  81,  dichiarate
illegittime, e' compresa la disposizione dell'art. 5,  comma  1,  del
d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni dall'art. 1, comma
1, della legge n. 98 del 2013, che abbassa le soglie di ricavi  e  di
reddito  imponibile  previsti  ai  fini   dell'assoggettamento   alla
predetta «addizionale». Tali maggiori entrate  rientrano  tra  quelle
che gli impugnati artt. 5, comma 2, e 61, comma 1, alinea  e  lettera
a), dello stesso decreto riservano allo Stato anche se  riscosse  nel
territorio della Regione ricorrente. 
    Pur  essendo  stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
della disposizione che prevede la maggiore entrata, non puo' peraltro
ritenersi che, nella specie, sia cessata la materia del contendere. 
    Infatti,  la  sentenza  n.  10  del  2015   ha   chiaramente   ed
espressamente  stabilito  che  gli  effetti  della  norma  dichiarata
illegittima cessino solo dal  giorno  successivo  alla  pubblicazione
della   decisione   sulla   Gazzetta   Ufficiale   della   Repubblica
(intervenuta l'11 febbraio 2015), sicche', per le ragioni specificate
nella  decisione  medesima,   la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale non produce gli effetti retroattivi previsti dall'art.
30 della legge n. 87 del 1953. 
    In conseguenza di tale regolazione degli effetti temporali  della
dichiarazione di illegittimita' del citato art. 5, comma 1 -  le  cui
maggiori entrate sono riservate allo Stato in forza  delle  impugnate
disposizioni di cui agli artt. 5, comma 2, e 61, comma  1,  alinea  e
lettera a)  -,  persiste  l'interesse  della  Regione  alla  relativa
impugnazione, in considerazione degli effetti, che  si  sono  in  tal
modo consolidati, della norma a base degli atti impositivi  pregressi
e della conseguente legittima riscossione dei relativi  tributi  sino
al giorno della pubblicazione della sentenza di  questa  Corte  sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica. 
    3.- Nel merito deve osservarsi quanto segue. 
    3.1.-   La   Regione   siciliana   contesta    la    legittimita'
costituzionale  delle  impugnate  disposizioni  nella  parte  in  cui
destinano allo Stato le  maggiori  entrate  tributarie,  riscosse  in
Sicilia, in forza delle previsioni contenute negli impugnati artt. 5,
comma 2, 61, comma 1, alinea e lettera a), e 85, comma 1. 
    In effetti, la mancanza  di  una  clausola  di  salvaguardia  che
preveda l'inapplicabilita' delle disposizioni in esame  alle  Regioni
ad autonomia speciale, ove siano in contrasto con gli  statuti  e  le
relative norme di attuazione,  e  la  circostanza  che  la  relazione
tecnica, nel quantificare ed esporre i dati  contabili  ed  economici
ricollegabili alle misure introdotte, prenda a riferimento le entrate
riscosse in tutto il  territorio  nazionale,  compreso  quello  della
Regione interessata, portano a ritenere, come gia' si era  accennato,
che le disposizioni impugnate  comprendano  effettivamente  anche  le
maggiori  entrate  derivanti  dai  tributi  riscossi  nella   Regione
siciliana. 
    3.2.- Occorre ancora rammentare che in ordine  alla  destinazione
del gettito derivante dai tributi erariali  riscossi  nel  territorio
della   Regione   siciliana,   sussistono   ben    precisi    vincoli
costituzionali, stabiliti dall'art. 36, primo  comma,  dello  Statuto
della  Regione  siciliana  e   dalle   disposizioni   di   attuazione
statutarie, contenute nell'art. 2, primo comma, del  d.P.R.  n.  1074
del 1965, secondo  cui  spettano  alla  Regione  siciliana  tutte  le
entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del  suo  territorio
(ad eccezione di alcuni specifici tributi, tra i quali non  rientrano
quelli in discussione). Tuttavia e' possibile per  la  legge  statale
prevedere diversamente, attribuendo allo Stato il  gettito  derivante
da uno o piu' tributi, purche' siano rispettate tutte le seguenti tre
tassative condizioni: a) la natura  tributaria  dell'entrata;  b)  la
novita' di tale entrata; c) la sua destinazione «con  apposite  leggi
alla copertura di oneri diretti a  soddisfare  particolari  finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime». L'art. 37 del citato statuto regionale precisa,  poi,  che
spetta alla Regione anche la quota di tributo relativa ad impianti  e
stabilimenti con sede nel territorio regionale, anche se  di  imprese
commerciali o industriali che hanno sede centrale al di fuori. 
    Questa Corte ha gia'  avuto  modo  di  precisare  che  i  tributi
istituiti e regolati da una legge dello Stato, ma il cui  gettito  e'
parzialmente destinato  a  un  ente  territoriale  (nella  specie  la
Regione siciliana), conservano inalterata la loro natura  di  tributi
erariali (ex multis, sentenze n. 97 del 2013, n. 123 del 2010, n. 216
del 2009, n. 397 del  2005,  n.  37  del  2004,  n.  296  del  2003).
Conseguentemente il  legislatore  statale  puo'  sempre  modificarli,
diminuirli  o  persino  sopprimerli,  senza  che  cio'  comporti  una
violazione dell'autonomia finanziaria regionale, in quanto lo statuto
di  autonomia  non  assicura  alla  Regione  siciliana  una  garanzia
quantitativa di entrate, con il solo limite che  la  riduzione  delle
entrate non sia, pero', di entita' tale  da  rendere  impossibile  lo
svolgimento delle funzioni regionali o  da  produrre  uno  squilibrio
incompatibile con le esigenze complessive della spesa  regionale  (ex
plurimis, sentenze n. 241 del 2012, n. 298 del 2009, n. 256 del 2007,
n. 155 del 2006, n. 138 del 1999). 
    Tuttavia, quando, il legislatore statale intende  destinare  allo
Stato  tributi  riscossi  nel  territorio  della  Regione  siciliana,
occorre che vengano rispettate le condizioni cui l'art. 2 del  d.P.R.
n. 1074 del 1965 subordina la deroga al principio generale (contenuto
negli artt. 36 e 37 dello Statuto della Regione siciliana) della loro
destinazione alla medesima Regione siciliana (ex plurimis sentenze n.
207 e n. 145 del 2014, n. 97 e n. 42 del 2013, n.  241,  n.  143,  n.
142, n. 135 e n. 99 del 2012). Ai fini dello scrutinio delle promosse
questioni, e' percio' necessario verificare, in relazione  a  ciascun
tributo e a ciascuna norma impugnata, se la riserva allo Stato  della
maggiore  entrata  da  essa  prevista  sia  conforme  alla  normativa
statutaria  ed  alle  relative  disposizioni  di  attuazione  e,   in
particolare, se sia verificata la natura  erariale  del  tributo,  la
novita' dell'entrata e la specifica finalizzazione della stessa. 
    4.- La Regione siciliana contesta la legittimita'  costituzionale
della destinazione allo Stato, in forza  delle  disposizioni  di  cui
agli impugnati artt. 5, comma 2, e 61, comma 1, alinea e lettera  a),
delle  maggiori  entrate  derivanti  dall'aumento  della  platea  dei
contribuenti soggetti all'«addizionale» IRES, previsto  dall'art.  5,
comma 1, del d.l. n. 69  del  2013,  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 98 del 2013. 
    La questione non e' fondata. 
    Pacifica risulta  la  natura  erariale  del  tributo,  in  quanto
l'imposta sui redditi delle societa' rappresenta un tributo  diretto,
istituito con  legge  statale  -  configurante  percio'  un  prelievo
coattivo con riferimento a un presupposto  economicamente  rilevante,
collegato ad una pubblica spesa  -  rispetto  al  quale  la  speciale
«addizionale» in  esame  costituisce  in  realta'  una  maggiorazione
d'aliquota dell'imposta applicabile  al  medesimo  presupposto  e  al
medesimo imponibile di quest'ultima, come  recentemente  riconosciuto
da questa Corte (sentenza n. 10 del 2015). 
    Deve poi ritenersi sussistente anche la novita' dell'entrata. 
    Invero, questa Corte ha gia' avuto modo di precisare (sentenza n.
49 del 1972 e, piu' recentemente, ex plurimis, sentenze  n.  198  del
1999, n. 348 del 2000, n. 265, n. 241 e n. 143 del 2012, n.  145  del
2014) che la novita'  dell'entrata  non  equivale  alla  novita'  del
tributo, ma sussiste ogni qual volta si verifichi  un  incremento  di
gettito dovuto ad una modifica normativa della struttura dell'imposta
-  e,  quindi,  del  conseguente  atto  impositivo  -  che  ben  puo'
riguardare, come nella specie, i volumi di ricavi o  l'ammontare  del
reddito che determinano l'applicazione dell'aliquota maggiorata. 
    Nessun  dubbio,   infine,   circa   la   specifica   destinazione
dell'aumento  di  gettito  a  particolari  finalita'  contingenti   o
continuative dello Stato indicate nella legge medesima. 
    L'aumento del gettito in esame e', infatti,  destinato  in  parte
alla riduzione della componente A2 della tariffa elettrica deliberata
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas  e,  in  parte,  alla
copertura degli oneri  derivanti  dalle  previsioni  contenute  negli
artt. 2, comma 8, 11, 17, 18, comma 8-septies, 22, comma 3,  23,  32,
comma 7-ter, 42-ter, 46,  comma  1-bis,  46-bis  e  56  dello  stesso
decreto, e cioe' degli oneri relativi alla previsione di contributi a
tasso agevolato, alla proroga del credito d'imposta  per  il  settore
cinematografico,   alla   realizzazione   del   fascicolo   sanitario
elettronico, all'acquisto di mobili e arredi ad uso scolastico e  per
l'infanzia, alle spese per la sicurezza degli ambiti  portuali,  alle
spese per il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico,
al pagamento dei contribuiti previdenziali in misura ridotta  per  le
cooperative non operanti  in  zone  svantaggiate,  agli  accertamenti
sugli affetti da sindrome di Down, alla promozione della Expo  Milano
2015, alla proroga del termine  di  versamento  delle  imposte  sulle
transazioni finanziarie. 
    Risultano pertanto integrate tutte le condizioni che giustificano
la deroga al principio della destinazione alla Regione siciliana  dei
tributi erariali riscossi nel suo territorio. 
    5.- La Regione siciliana contesta la legittimita'  costituzionale
della destinazione allo Stato, in forza  della  disposizione  di  cui
all'impugnato art. 85, comma  1,  delle  maggiori  entrate  derivanti
dall'aumento del contributo unificato per i giudizi  di  impugnazione
previsto dall'art. 28, comma 1, lettera a), della legge  n.  183  del
2011. 
    Quest'ultima norma aveva gia' previsto la destinazione allo Stato
delle  entrate  in  esame,  riscosse  sul  territorio  della  Regione
siciliana, per la durata di cinque anni ed era gia'  stata  giudicata
non illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 265 del
2012, che aveva verificato la natura erariale del tributo, la novita'
dell'entrata e la specifica finalizzazione della stessa. 
    La disposizione oggi impugnata (art. 85, comma 1, del d.l. n.  69
del 2013, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge n. 98 del 2013), si e' limitata ad estendere  temporalmente  la
destinazione di tale nuova maggiore entrata a copertura  delle  spese
per i giudici ausiliari e per il tirocinio formativo. 
    Continuano, quindi, ad  essere  rispettate  tutte  le  condizioni
previste dalle disposizioni di attuazione ex art.  2  del  d.P.R.  n.
1074 del 1965 e in particolare la specificita'  della  finalizzazione
come stabilita  dalla  disposizione  impugnata.  Del  resto,  ne'  lo
statuto della Regione siciliana,  ne'  le  relative  disposizioni  di
attuazione richiedono in alcun modo - come accade, invece,  in  altri
Statuti regionali - che la destinazione  allo  Stato  della  maggiore
entrata debba essere temporalmente limitata; tanto meno esse  vietano
al legislatore statale di protrarre  nel  tempo  la  destinazione  di
nuove entrate al soddisfacimento  di  esigenze,  che  da  contingenti
possono divenire continuative, sempre che cio' avvenga nel  rispetto,
come avvenuto nella specie,  di  tutte  le  condizioni  previste  dal
richiamato art. 2 del d.P.R. n. 1074  del  1965  e,  in  particolare,
della specificita' della finalizzazione. 
    Devono, dunque, considerarsi integrate anche in questo caso tutte
le  condizioni  che  giustificano  la  deroga  al   principio   della
destinazione alla Regione siciliana dei tributi erariali riscossi nel
suo territorio. 
    6.- La Regione siciliana contesta la legittimita'  costituzionale
dell'impugnato art. 61, comma 1, alinea  e  lettera  a)  anche  nella
parte in cui destina allo Stato le maggiori entrate  derivanti  dalla
norma di interpretazione autentica di cui all'art. 55, comma  1,  del
medesimo decreto-legge. 
    La questione e' fondata, nei limiti di seguito precisati. 
    Manca invero nella specie il carattere di novita'  del  provento.
Infatti, l'atto  impositivo  connesso  all'interpretazione  dell'art.
74-ter, comma 3, del d.P.R. n. 633 del  1972  -  interpretazione  ora
divenuta obbligatoria, in forza dell'art. 55, comma  1,  del  decreto
impugnato - era ab origine non solo plausibile, ma anche probabile  e
concretamente praticata, senza che il relativo  gettito  fosse  stato
riservato allo Stato. 
    Occorre rammentare in proposito che il citato comma  3  dell'art.
74-ter pone un divieto di detrazione dell'«imposta relativa ai  costi
di cui al comma 2» - vale a dire a quelli «sostenuti per le  cessioni
di beni e prestazioni  di  servizi  effettuate  da  terzi  a  diretto
vantaggio dei viaggiatori, al lordo  della  relativa  imposta»  -  in
relazione alle operazioni effettuate dalle agenzie di  viaggio  e  di
turismo per la organizzazione di pacchetti  turistici  costituiti  da
viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il
pagamento di un corrispettivo globale. Tali detrazioni  sono  infatti
considerate come una prestazione di servizi unica ai sensi del  comma
1 del medesimo art. 74-ter ai fini  del  pagamento  dell'imposta  sul
valore aggiunto. 
    L'inammissibilita' della detrazione (comprensiva  della  relativa
imposta) e', quindi, prevista  dal  citato  art.  74-ter  in  termini
generali, come tali idonei a includere nel  divieto  anche  l'imposta
assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, di cui
al comma 2 dello stesso articolo, effettuate da terzi  nei  confronti
delle agenzie  di  viaggio  stabilite  fuori  dell'Unione  europea  a
diretto vantaggio dei viaggiatori, vale a dire l'imposta per la quale
l'art. 55, comma 1, del decreto impugnato ha precisato,  appunto  con
norma  di  interpretazione  autentica,  che  non  era  consentito  il
rimborso. 
    Nessuna nuova entrata, diversa da  quella  che  gia'  trovava  la
propria base normativa nell'art. 74-ter, e' stata  quindi  introdotta
ex novo dall'art. 55, comma 1, dell'impugnato decreto. 
    Difettando, dunque, il requisito della novita' dell'entrata,  cui
l'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 subordina la deroga al principio
generale ex artt. 36 e 37 dello Statuto della Regione  siciliana,  di
destinazione alla predetta  Regione  dei  tributi  riscossi  sul  suo
territorio,   deve   dichiararsi   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 61, comma 1, alinea e lettera a), limitatamente alla  parte
in cui ricomprende nell'aumento di gettito  derivante  dall'art.  55,
comma  1,  del  decreto  impugnato,  anche  i  tributi  riscossi  nel
territorio della Regione siciliana.