ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
454,  456,  457  e  459,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.   228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge  di  stabilita'  2013),  promossi  dalle  Regioni
autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e Friuli-Venezia Giulia e dalla
Regione siciliana, con ricorsi notificati  il  19-22  e  27  febbraio
2013, depositati in cancelleria il 25 febbraio,  il  5  e  l'8  marzo
2013, rispettivamente iscritti ai  nn.  24,  32  e  43  del  registro
ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  12  maggio  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi gli  avvocati  Francesco  Saverio  Marini  per  la  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste,  Giandomenico  Falcon  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Marina Valli per  la  Regione
siciliana nonche'  l'avvocato  dello  Stato  Stefano  Varone  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato, a mezzo  servizio  postale,  in  data
19-22 febbraio 2013 e depositato il successivo 25 febbraio (reg. ric.
n. 24 del 2013), la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  ha
promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  tra  l'altro,
dell'art. 1, commi 454 e 456, della legge 24 dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2013) per violazione degli artt. 3,
comma 1, lettera f), e 12  della  legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 4 (Statuto speciale per la  Regione  Valle  d'Aosta),  degli
artt. 117, terzo comma, 119, secondo comma,  della  Costituzione,  in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), degli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre  1981,
n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario  della  regione  Valle
d'Aosta), nonche' del principio consensualistico che deve presiedere,
per  costante   giurisprudenza   della   Corte   costituzionale,   la
regolamentazione dei rapporti finanziari tra lo Stato  e  la  Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
    La ricorrente sostiene che, con gli impugnati commi 454 e 456, il
legislatore  ha  rideterminato  unilateralmente  gli  obiettivi   del
concorso  valdostano  alla  manovra  finanziaria  prevedendo  che  la
"rimodulazione" da parte dello Stato del patto  di  stabilita'  operi
anche nel caso in cui non venga raggiunto l'accordo con  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze.  Con  cio'  si   originerebbe   una
violazione degli artt. 3, comma 1, lettera f), ("finanze regionali  e
comunali") e 12 dello statuto speciale, letti anche alla  luce  degli
artt. 117, terzo comma, e 119, secondo  comma,  Cost.,  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del  2001,  e
della legge, n. 690 del 1981 (articoli da 2 a 7, che fissano le quote
di tributi erariali spettanti alla  Regione  autonoma),  nonche'  del
principio consensualistico nei rapporti finanziari tra lo Stato e  la
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. In  particolare,  tale
principio consensualistico  sarebbe  violato  dalle  disposizioni  in
oggetto che "svuotano" del tutto i contenuti del previsto accordo con
il Ministro dell'economia e delle finanze, consentendo allo Stato  di
rimodulare i meccanismi del patto anche in assenza della  conclusione
dell'accordo. 
    1.1.- Con memoria depositata in data 2 aprile 2013, il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito in giudizio chiedendo  che  le
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
siano dichiarate non fondate. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che, nel caso di
specie, non sussista alcuna violazione del principio dell'accordo  in
materia  finanziaria,  in  quanto  non   verrebbe   in   alcun   modo
pregiudicata la procedura volta a salvaguardare la speciale autonomia
finanziaria di cui godono  le  Regioni  a  statuto  speciale.  Queste
ultime, infatti, concordano con il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze gli obiettivi in termini di patto di stabilita' interno  loro
assegnati. La previsione di cui al  comma  456,  troverebbe,  invece,
applicazione unicamente nell'eventualita' in  cui  non  si  riesca  a
raggiungere il predetto accordo e soltanto in via  provvisoria,  fino
alla   conclusione   dell'accordo,   che   puo'   intervenire   anche
successivamente (sentenza n. 82 del 2007). 
    La difesa erariale sottolinea come per il 2012 si sia  registrato
un significativo ritardo  nella  definizione  degli  accordi  con  le
autonomie speciali previsti dall'art.  32  della  legge  12  novembre
2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge  di  stabilita'  2012),  propedeutici
all'applicazione del patto di  stabilita'  interno.  La  clausola  di
salvaguardia previgente, che disponeva  l'applicazione  delle  regole
previste per le Regioni a statuto ordinario, sarebbe  risultata  poco
efficace, considerata la diversita' strutturale di tali ultime regole
rispetto a quelle delle autonomie speciali.  Le  norme  impugnate  si
porrebbero l'obiettivo di ovviare a tale problematica e di evitare il
rischio di non conseguire  gli  effetti  positivi  sull'indebitamento
netto previsti a legislazione vigente. 
    2.- Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2013 e  depositato
il successivo 5 marzo (reg. ric. n. 32 del 2013), la Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  ha   promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale, tra l'altro, dell'art. 1, commi 454, 456, 457 e  459,
della legge n. 228 del 2012, per violazione  degli  artt.  4,  numero
1-bis),  48,  51,  54,  63,  quinto  comma,   e   65,   della   legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia) - anche in riferimento all'art. 1, commi 154 e
155, della legge 13  dicembre  2010,  n.  220  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2011) -, dell'art. 9 del  decreto  legislativo  2  gennaio
1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti  locali  e
delle relative circoscrizioni), degli artt. 3 e 119 Cost. nonche' del
"principio dell'accordo" in materia finanziaria e  del  principio  di
leale collaborazione. 
    La ricorrente premette che  alcune  disposizioni  impugnate  sono
destinate ad applicarsi ad essa, in quanto includono espressamente la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia tra i propri  destinatari.  In
altri casi, l'intenzione del legislatore di  riferire  le  discipline
contestate  alla  ricorrente  non  sarebbe  certa  e,  anzi,  sarebbe
possibile intenderle nel senso che queste ultime non si applichino ad
essa. La ricorrente riporta, al riguardo, il contenuto della clausola
di salvaguardia di cui al  comma  554  dell'art.  1:  «Le  regioni  a
statuto speciale e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
attuano le disposizioni  di  cui  alla  presente  legge  nelle  forme
stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative  norme
di attuazione».  Ad  avviso  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, tale clausola dovrebbe essere intesa nel senso di  un  rinvio
al meccanismo generale  delle  norme  di  attuazione  previsto  dagli
statuti  speciali  nonche'  ad  eventuali  meccanismi   differenziati
previsti dalle stesse norme di attuazione per  specifici  ambiti.  La
ricorrente ritiene che ne' la particolare formulazione della clausola
(con l'assegnazione alle stesse Regioni a  statuto  speciale  e  alle
Province autonome di un compito attuativo), ne'  il  contenuto  delle
singole   disposizioni    impugnate    consentano    di    escluderne
l'applicabilita' - sia  pure  indirettamente  -  anche  alla  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia. La stessa  osserva  che,  qualora  si
dovesse  condividere  che  il   comma   554   dell'art.   1   escluda
l'applicabilita' delle norme impugnate nella Regione ricorrente senza
porre per il futuro vincoli di contenuto  alle  norme  di  attuazione
dello statuto, le ragioni di doglianza verrebbero meno in relazione a
tutte le disposizioni che non si riferiscono espressamente  ne'  alle
Regioni  speciali  ne',  in  particolare,   alla   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia. 
    La    Regione    autonoma    Friuli-Venezia    Giulia    sospetta
l'illegittimita' costituzionale dei commi 454 e 456 dell'art. 1 della
legge n. 228 del 2012, in riferimento all'art. 48 della  legge  cost.
n. 1 del 1963 - anche in relazione all'art. 1, comma 155, della legge
n.  220  del  2010  -,  all'art.  119   Cost.,   sotto   il   profilo
dell'autonomia finanziaria regionale,  all'art.  119,  quarto  comma,
Cost., sotto  il  profilo  del  principio  della  corrispondenza  tra
funzioni regionali e risorse, all'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo
della  violazione  del  principio  di  ragionevolezza,   nonche'   al
principio di leale collaborazione codificato nell'art. 1, comma  155,
della legge n. 220 del 2010 e negli artt.  63,  comma  5,  e  65  del
richiamato statuto speciale. 
    Dopo avere riportato il contenuto dei  citati  commi  454  e  456
dell'art. 1, la ricorrente precisa, in primo luogo, che il comma  454
prevede in teoria l'accordo tra la Regione  autonoma  e  il  Ministro
dell'economia e delle finanze con riferimento al patto di stabilita',
ma, in realta', dispone unilateralmente che «il  saldo  programmatico
e' determinato riducendo il complesso delle spese finali  in  termini
di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo  2011»  degli
importi previsti da alcune leggi; in secondo luogo, che il comma  456
conferma il carattere illusorio della determinazione  concordata  del
patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. 
    Ad avviso della ricorrente, i commi 454 e 456 violano,  in  primo
luogo, l'art. 1, comma 155,  della  legge  n.  220  del  2010,  norma
adottata sulla base di  un  accordo  tra  Stato  e  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  che  codifica,  in  relazione  al  patto  di
stabilita', il principio  consensuale  nei  rapporti  finanziari  tra
Stato e Regioni speciali (vengono richiamate le sentenze n.  133  del
2010; n. 82 del 2007; n. 353 del 2004; n. 98  del  2000;  n.  39  del
1984), stabilendo che «a decorrere dall'esercizio  finanziario  2011,
l'accordo annuale relativo  al  patto  di  stabilita'  interno  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' costruito  considerando  il
complesso delle spese finali al netto delle  concessioni  di  crediti
valutate prendendo a riferimento le corrispondenti spese  considerate
nell'accordo per l'esercizio precedente». 
    La ricorrente ricorda che, in base alla sentenza n. 118 del 2012,
«l'accordo  e'  lo  strumento,  ormai  consolidato  (in  quanto  gia'
presente nella legge 27 dicembre 1997, n. 449 recante "Misure per  la
stabilizzazione della finanza pubblica" e poi confermato da tutte  le
disposizioni che si sono occupate successivamente della materia)  per
conciliare e regolare in modo negoziato il  doveroso  concorso  delle
Regioni a statuto speciale alla manovra  di  finanza  pubblica  e  la
tutela   della   loro   autonomia   finanziaria,   costituzionalmente
rafforzata (ex plurimis, sentenza  n.  353  del  2004)».  La  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia osserva come la  Corte  costituzionale
abbia sottolineato che «[n]el solco  di  questo  indirizzo  normativo
l'art. 1, comma 132, della legge n. 220 del 2010, ha  stabilito  che,
per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni  a  statuto  speciale,
escluse la Regione Trentino-Alto Adige  e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, concordano  con  il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze le concrete modalita' attuative del patto di stabilita'
e del concorso alla manovra di finanza pubblica». 
    La ricorrente richiama, altresi', la pronuncia  di  questa  Corte
(sentenza  n.  3  del  2013)  con  la  quale  e'   stata   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale di una norma della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  per  violazione  del  principio   di   leale
collaborazione, in quanto  contrastava  con  una  disposizione  della
legge n. 220 del 2010, adottata in ricezione del Protocollo  d'intesa
firmato a Roma il 29 ottobre 2010. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia sottolinea che,  mentre
l'art. 1, comma 155, della legge n. 220 del 2010 prevedeva come punto
di  partenza  per  il  patto  di  stabilita'  le  «spese  considerate
nell'accordo per l'esercizio precedente», il comma 454 della legge n.
228 del 2012 fa riferimento  al  «complesso  delle  spese  finali  in
termini  di  competenza  eurocompatibile  risultante  dal  consuntivo
2011»: cioe' alle spese effettivamente sostenute, anziche'  a  quelle
sostenibili  nei  termini  dell'accordo.  Il  tetto   di   competenza
eurocompatibile per il 2013 sarebbe, pertanto, piu' basso  (di  quasi
600 milioni di euro) rispetto  al  previgente  tetto  di  cassa  2013
(rectius:  2011),  il  tutto  anteriormente  all'applicazione   delle
manovre statali previste per gli anni 2013 e seguenti. La  ricorrente
evidenzia  che,  per  un  effetto  cumulato  delle  manovre  e  della
ridefinizione  della  base   di   partenza,   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia si trovera' a dovere osservare  nell'anno  2013
un limite ai propri  impegni  di  spesa  di  1,4  miliardi  inferiore
rispetto al tetto 2011, con un'incidenza percentuale  del  23,55  per
cento. L'entita' della  riduzione  delle  spese  comporterebbe  -  ad
avviso della ricorrente  -  il  grave  rischio  che  sia  compromesso
l'esercizio di funzioni fondamentali della Regione e  che  lo  stesso
risulti insostenibile qualora rapportato alle grandezze rappresentate
dai dovuti trasferimenti al sistema sanitario, alle autonomie  locali
nonche' alle spese obbligatorie. 
    Tale distorsione sarebbe  determinata  dall'utilizzazione,  quale
base di partenza, delle risultanze finali di un esercizio finanziario
scelto  sulla  base  di  criteri  non  esplicitati  e  senza   alcuna
considerazione  delle  peculiarita'   che   possono   avere   segnato
l'andamento della spesa e non  averne  permesso  il  perfezionamento,
talora per importi molto rilevanti. Secondo la ricorrente,  l'essersi
mantenuti al di sotto dei tetti di  spesa  per  l'anno  2011  avrebbe
indotto a delle conseguenze ben piu'  gravi  di  quelle  che  avrebbe
comportato, nel medesimo  esercizio,  l'inosservanza  del  patto  per
sforamento dei tetti in questione. La ricorrente  sottolinea  che  le
spese  effettivamente  sostenute,  spesso  condizionate   da   eventi
ascrivibili  all'esercizio  di  riferimento,  possono  incongruamente
incidere  sull'accordo  relativo   agli   esercizi   successivi.   La
ricorrente ritiene, pertanto, che il comma 454 del citato art. 1  sia
in  contrasto  con  l'art.  3   Cost.,   sotto   il   profilo   della
irragionevolezza, con l'art. 48 dello statuto speciale e  con  l'art.
119 Cost., quanto all'autonomia finanziaria  regionale,  nonche'  con
l'art. 119, quarto comma, Cost., sotto il profilo del principio della
corrispondenza tra funzioni regionali e risorse. 
    Ad   avviso   della   ricorrente,   un   ulteriore   aspetto   di
irragionevolezza   insito   nell'aprioristica   applicazione    delle
risultanze di un esercizio, quale base di  partenza  per  l'obiettivo
del patto di stabilita',  sarebbe  rappresentato  dal  fatto  che  la
minore spesa puo' essere determinata,  anche  solo  in  parte,  dalla
decisione  di  avvalersi  di   una   specifica   previsione   statale
(precisamente, l'art. 1, comma 138, della  legge  n.  220  del  2010,
secondo cui «[a] decorrere dall'anno 2011,  le  regioni,  escluse  la
regione Trentino-Alto Adige e le province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a
peggiorare il loro saldo  programmatico  attraverso  un  aumento  dei
pagamenti in conto capitale e contestualmente per lo  stesso  importo
procedono a  rideterminare  il  proprio  obiettivo  programmatico  in
termini di cassa o di  competenza»)  che  consente  alle  Regioni  di
abbassare volontariamente i propri obiettivi di  spesa,  al  fine  di
cedere spazi finanziari agli enti locali del proprio  territorio  per
un  importo  definito  annualmente  e   con   esclusivo   riferimento
all'esercizio  in  corso.  Pertanto,  una   riduzione   della   spesa
autonomamente e  provvisoriamente  determinata  da  una  Regione  per
sopperire a gravi esigenze di spesa dei propri  enti  locali  sarebbe
fatta  propria  dallo  Stato  senza  alcuna  disamina   della   ratio
sottostante o delle conseguenze. 
    Le  disposizioni  impugnate  sarebbero,   inoltre,   affette   da
irragionevolezza,   in   quanto:   per   un    verso,    internamente
contraddittorie, prevedendo, da un lato, un  accordo  e,  dall'altro,
vanificandolo tramite una definizione aprioristica del suo contenuto;
per altro verso, sarebbero in contrasto anche con il  comma  458,  in
base al quale «L'attuazione dei commi 454,  455  e  457  avviene  nel
rispetto degli statuti delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano e delle  relative  norme  di
attuazione». La Regione ricorrente precisa di  essere  legittimata  a
fare valere la violazione del principio  di  ragionevolezza  (art.  3
Cost.), in quanto le  dette  norme  rientrano  in  materia  regionale
(attenendo  al  coordinamento  della  finanza  pubblica)  e  incidono
sull'autonomia finanziaria regionale. 
    In particolare, il comma 456 avrebbe l'effetto di  vanificare  la
previsione di un'intesa di natura forte con lo Stato, stabilendo  che
al «mancato accordo» segua la determinazione unilaterale (predefinita
dalla  legge)  degli  obiettivi  finanziari.  Cio'  implicherebbe  la
violazione del principio  di  leale  collaborazione  che  si  declina
nell'art. 1, comma 155, della legge n. 220 del 2010 e nelle norme che
richiedono il consenso della Regione per la disciplina  dei  rapporti
finanziari con lo Stato (artt.  63,  comma  5,  e  65  dello  statuto
speciale). La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia sottolinea  come
la  previsione  legislativa  della  possibilita'  di  una   decisione
unilaterale semplicemente «in caso di mancato accordo» vanificherebbe
la   previsione   dell'intesa,   caratterizzata    dalla    paritaria
codeterminazione dell'atto (viene richiamata la sentenza n.  121  del
2010).  Ed  evidenzia,  come  messo  in  luce  dalla   giurisprudenza
costituzionale, la necessita' che il legislatore  preveda  meccanismi
paritetici volti a superare il dissenso (sentenza n. 383 del 2005). 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia impugna,  altresi',  il
comma 457 dell'art. 1 della legge n. 228  del  2012,  per  violazione
degli artt. 4, numero  1-bis),  51  e  54,  dello  statuto  speciale,
dell'art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, anche in  riferimento  all'art.
1, commi 154 e 155, della legge n. 220 del 2010. Dopo avere riportato
il contenuto del comma 457, la ricorrente osserva,  in  primo  luogo,
che la previsione secondo la quale la Provincia definisce il patto di
stabilita' per gli enti locali «nell'ambito degli accordi di  cui  ai
commi 454 e 455» violerebbe, anzitutto, gli artt. 4,  numero  1-bis),
51 e 54, dello statuto speciale e l'art. 9 del d.lgs. n. 9 del  1997,
che attribuiscono competenza  alla  Regione  in  materia  di  finanza
locale; in secondo luogo, i commi 154 e 155 dell'art. 1  della  legge
n. 220 del 2010 (fonte cosiddetta  "rinforzata"),  che  attribuiscono
alla Regione poteri di coordinamento finanziario  sugli  enti  locali
(in particolare, il comma 155 dispone che: «in merito agli  obiettivi
sui saldi di finanza pubblica, spetta alla regione  individuare,  con
riferimento  agli  enti  locali  costituenti  il  sistema   regionale
integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le  modalita'  necessarie
al raggiungimento degli  obiettivi  complessivi  di  volta  in  volta
concordati con lo Stato per il periodo di  riferimento,  compreso  il
sistema  sanzionatorio»).  La  ricorrente  ritiene  che  siano   tali
disposizioni - e non gia' gli accordi di cui ai commi 454 e 455  -  a
definire il quadro entro il quale la Regione definisce  il  patto  di
stabilita' per i rispettivi enti locali.  Inoltre,  ad  avviso  della
ricorrente, l'illegittimita' costituzionale del comma 454  (il  comma
455 non riguarda la ricorrente) si riverbererebbe in via derivata sul
comma 457. 
    In secondo luogo,  ad  avviso  della  ricorrente,  il  comma  457
sarebbe incostituzionale anche nella parte in cui assoggetta gli enti
locali del territorio della Regione  «all'obiettivo  complessivamente
determinato in applicazione dell'articolo 31 della legge 12  novembre
2011, n. 183» per gli enti locali del restante territorio  nazionale.
Tale disposizione si porrebbe in contrasto con la citata clausola  di
salvaguardia di cui al comma 458, contrasto che - data la puntualita'
della disposizione impugnata -  non  sembrerebbe  superabile  in  via
interpretativa. Inoltre, il suddetto comma 457 violerebbe i commi 154
e 155 dell'art. 1 della legge n. 220 del 2010, che attribuiscono alla
Regione poteri di coordinamento  finanziario  sugli  enti  locali  in
attuazione della competenza regionale in materia  di  finanza  locale
(artt. 4, numero 1-bis, 51 e 54 dello statuto speciale e art.  9  del
d.lgs. n. 9 del  1997).  In  particolare,  il  richiamato  comma  155
prevede che, salvo il caso di  inerzia  regionale,  «le  disposizioni
statali  relative  al  patto  di  stabilita'  interno   non   trovano
applicazione con riferimento agli enti locali costituenti il  sistema
regionale integrato». 
    Infine, ad avviso della Regione ricorrente, il comma 457  sarebbe
costituzionalmente illegittimo anche nella parte  in  cui  stabilisce
che, in caso di mancato accordo, si applicano le regole stabilite per
gli enti locali del restante territorio nazionale  (al  riguardo,  la
ricorrente rimanda alle medesime ragioni gia' illustrate a  proposito
delle censure mosse al comma 456). Inoltre, la  diretta  applicazione
agli enti  locali  della  Regione  di  norme  statali  contraddirebbe
l'esclusiva responsabilita'  di  quest'ultima  per  il  coordinamento
finanziario degli enti locali (artt. 4, numero 1-bis, 51 e 54,  dello
statuto speciale, art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, art. 1, commi  154
e 155, della legge n. 220 del 2010). 
    La    Regione    autonoma    Friuli-Venezia    Giulia    denuncia
l'illegittimita' costituzionale anche del comma 459 dell'art. 1 della
legge n. 228 del 2012, per violazione  degli  artt.  48  e  65  dello
statuto speciale, nonche' dell'art. 119, quarto comma, Cost. 
    Dopo avere riportato il contenuto del comma 459 del  citato  art.
1, la ricorrente osserva che  detta  disposizione  viola  l'autonomia
finanziaria regionale (art. 48 e seguenti dello statuto speciale)  e,
in particolare, il principio  della  corrispondenza  tra  funzioni  e
risorse  (art.  119,  quarto  comma,  Cost.),   in   quanto   prevede
l'assunzione da parte regionale dell'esercizio  di  funzioni  statali
senza un corrispondente trasferimento di risorse; inoltre, ad  avviso
della ricorrente, il comma  459  violerebbe  anche  l'art.  65  dello
statuto speciale in  quanto  pretende  di  vincolare,  in  parte,  il
contenuto delle norme di attuazione statutaria. 
    2.1.- Con memoria  depositata  in  data  8  aprile  2013,  si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
siano dichiarate inammissibili o non fondate. 
    In particolare, relativamente ai commi  454  e  456  dell'art.  1
della legge n. 228 del 2012, la difesa erariale evidenzia la  mancata
violazione del principio  dell'accordo  in  materia  finanziaria,  in
quanto non verrebbe in alcun modo pregiudicata la procedura  volta  a
salvaguardare la speciale autonomia finanziaria delle Regioni e delle
Province a statuto speciale, le  quali  concordano  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze gli obiettivi loro assegnati in termini
di patto di stabilita' interno. 
    La previsione di cui al comma 456  troverebbe  applicazione  solo
nell'eventualita' in cui non si  riesca  a  raggiungere  il  predetto
accordo. Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ne  evidenzia  la
legittimita' alla luce della sentenza di questa Corte n. 82 del 2007,
per cui l'applicazione automatica, in caso di mancato accordo,  delle
regole di cui al comma  456  dovrebbe  intendersi  come  provvisoria,
ossia fino alla conclusione dell'accordo, che puo' intervenire  anche
successivamente. La difesa erariale ricorda  che,  nel  2012,  si  e'
registrato un significativo ritardo nella definizione  degli  accordi
con le autonomie speciali previsti dall'art. 32 della  legge  n.  183
del 2011,  propedeutici  all'applicazione  del  patto  di  stabilita'
interno.  Sottolinea,  inoltre,  come  la  clausola  di  salvaguardia
previgente - che disponeva l'applicazione delle regole  previste  per
le Regioni  a  statuto  ordinario  -  sia  risultata  poco  efficace,
considerato che tali ultime regole sono ormai strutturalmente diverse
da  quelle  delle  autonomie  speciali   e,   quindi,   difficilmente
adattabili. Pertanto, ad avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, le norme impugnate si pongono l'obiettivo di ovviare a tale
problematica e di evitare il rischio di non  conseguire  gli  effetti
positivi sull'indebitamento netto previsti a legislazione vigente. 
    Quanto alle censure mosse in ordine al comma 457 dell'art. 1,  la
difesa erariale sostiene che tale previsione, lungi  dal  violare  le
prerogative statutarie in materia di  finanza  locale,  consentirebbe
alla Regione di definire autonomamente gli obiettivi  concordati,  di
volta in volta, con lo Stato da attribuire  ai  propri  enti  locali,
mentre  l'accordo  di  cui  ai  commi  454  e  455  costituirebbe  il
necessario strumento di recepimento di tali  obiettivi.  La  prevista
applicazione,  in  caso  di  mancato  accordo,   delle   disposizioni
stabilite in materia di patto di  stabilita'  interno  per  gli  enti
locali  del  restante  territorio  nazionale  risulterebbe,  inoltre,
necessaria  considerato  che  la  definizione  degli   obiettivi   da
attribuire agli enti locali deve realizzarsi,  comunque,  nell'ambito
dei  principi   di   coordinamento   finanziario   attribuiti   dalla
Costituzione allo Stato, assicurando gli effetti positivi  sui  saldi
di finanza pubblica previsti a legislazione  vigente.  Il  Presidente
del Consiglio dei ministri evidenzia come l'applicazione, in caso  di
mancato accordo, dei limiti di spesa previsti nel restante territorio
nazionale dovrebbe  intendersi  come  provvisoria,  ossia  fino  alla
conclusione dell'accordo, che puo' intervenire anche successivamente,
e, pertanto,  non  dovrebbe  considerarsi  lesiva  delle  prerogative
provinciali (sentenza n. 82 del 2007). 
    In merito al comma 459 dell'art. 1, l'Avvocatura  generale  dello
Stato ricorda che, in merito ad analoga norma, questa Corte (sentenza
n. 145 del 2008) ha precisato la inesistenza  di  un'alterazione  del
rapporto  tra  complessivi  bisogni  regionali  e  insieme  di  mezzi
finanziari per farvi fronte. Il Presidente del Consiglio dei ministri
osserva, inoltre, che la previsione per cui le  misure  contenute  in
tale disposizione trovano applicazione attraverso apposite  norme  di
attuazione statutaria, ovvero norme determinate  da  una  Commissione
paritetica,   deve   considerarsi   a   tutela   delle    prerogative
costituzionali  delle  autonomie   speciali.   Tale   interpretazione
troverebbe conferma nella consolidata giurisprudenza  costituzionale,
secondo  cui  il  semplice  richiamo  alle  modalita'  di  attuazione
statutaria, contenuto nelle leggi statali che trasferiscono  funzioni
alle Regioni, e' sufficiente  a  garantire  la  determinazione  delle
relative norme di attuazione nel rispetto dell'autonomia regionale. 
    2.2.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia il 21 aprile 2015
ha depositato una  memoria,  nella  quale,  per  quanto  riguarda  le
disposizioni oggetto del presente giudizio, ha dato conto  di  alcune
modifiche normative  e  ha  replicato  alla  memoria  dell'Avvocatura
generale dello Stato. 
    In particolare, riguardo all'art. 1,  comma  454,  la  ricorrente
segnala che esso e' stato a piu' riprese modificato: prima  dall'art.
1, comma 499, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2014); poi dall'art. 46, comma 2, del decreto-legge  24
aprile 2014, n.  66  (Misure  urgenti  per  la  competitivita'  e  la
giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma
1, della legge 23 giugno 2014, n. 89; e, infine, dall'art.  1,  comma
415, della legge 23  dicembre  2014,  n.  190  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge  di
stabilita' 2015). L'ambito temporale della disciplina e' esteso  fino
al 2018  e  ulteriori  importi  sono  stati  addossati  alla  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, quali riduzioni  di  spesa.  Inoltre,
l'art. 1, comma  517,  della  medesima  legge  n.  190  del  2014  ha
ridisciplinato il patto di  stabilita'  per  gli  anni  2014-2017,  a
seguito dell'accordo tra Stato e Regione Friuli-Venezia Giulia del 23
ottobre 2014. E il successivo comma 518 ha disposto che «[n]egli anni
dal 2014 al 2017 non si applica alla  regione  Friuli-Venezia  Giulia
quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454  dell'articolo
1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228». 
    Ad avviso della ricorrente queste modifiche non sarebbero  idonee
a far cessare la materia del contendere, in  quanto,  per  un  verso,
esse sarebbero da considerarsi "sostanzialmente peggiorative" e,  per
altro verso, la norma impugnata avrebbe comunque  avuto  applicazione
nel 2013. La ricorrente critica, peraltro, il richiamo alla  sentenza
n.  82  del  2007  di   questa   Corte,   contenuto   nella   memoria
dell'Avvocatura generale dello  Stato,  con  cui  e'  stata  ritenuta
legittima  una  disposizione  provvisoriamente  adottata  fino   alla
conclusione  dell'accordo,  in  quanto  essa  aveva  ad  oggetto  una
fattispecie diversa, visto che essa prevedeva un  reale  accordo  sul
livello delle spese, e  non  un  accordo  svuotato  dalla  preventiva
indicazione legislativa degli importi di riduzione delle spese. 
    Relativamente all'art. 1, comma 457, non  modificato  nelle  more
del giudizio, la ricorrente ribadisce che  la  diretta  applicazione,
anche  provvisoria,  delle   disposizioni   statali   violerebbe   la
competenza regionale in  materia  di  finanza  locale  e  l'esclusiva
responsabilita' della Regione per il coordinamento finanziario  degli
enti locali. 
    Infine, con riferimento all'art. 1,  comma  459,  non  modificato
nelle more del giudizio, la ricorrente rileva che la sentenza n.  145
del 2008 di questa Corte, richiamata dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, si fonderebbe in parte su motivi  inapplicabili  nel  caso  di
specie,  posto  che  la  prova  del  "grave"  squilibrio  finanziario
andrebbe fornita di fronte a  norme  che  producono  una  limitazione
delle risorse della Regione, mentre l'attribuzione  di  funzioni  non
accompagnata da un corrispondente trasferimento di risorse violerebbe
di per se' l'autonomia finanziaria  regionale.  La  Regione  autonoma
Friuli-Venezia    Giulia    dichiara    poi    di    prendere    atto
dell'interpretazione "adeguatrice" che  l'Avvocatura  generale  dello
Stato propone dell'art. 1, comma 459, secondo cui  tale  disposizione
non  potrebbe  realmente  condizionare  l'autonomia   regionale   con
riferimento all'adozione delle norme di attuazione. 
    3.- Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2013 e  depositato
il successivo 8  marzo  (reg.  ric.  n.  43  del  2013),  la  Regione
siciliana ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale,  tra
l'altro, dell'art. 1, comma 459, della legge n.  228  del  2012,  per
violazione degli artt. 36 e  43  del  regio  decreto  legislativo  15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 2 nonche' del principio di leale collaborazione. 
    La ricorrente premette che il censurato comma 459 - come, in modo
identico, l'art. 32, comma 16, della legge n. 183 del 2011, impugnato
con il ricorso n. 15 del 2012 - dispone un aggravio di spese  per  le
Regioni a statuto speciale, tra cui la Sicilia, mediante la  generica
attribuzione dell'esercizio di funzioni statali,  senza  che  vengano
individuate ed impinguate le risorse finanziarie  per  farvi  fronte,
mediante un  indefinito  rinvio  a  specifiche  norme  di  attuazione
statutaria volte unicamente a precisare le modalita' e l'entita'  del
risparmio per il bilancio dello Stato da ottenere in modo  permanente
o,  comunque,  per   annualita'   definite.   Da   qui   la   assunta
illegittimita' costituzionale di detta disposizione, che  inciderebbe
sulle disponibilita' finanziarie della Regione siciliana,  sottraendo
risorse da questa destinate allo svolgimento di sue funzioni  proprie
al  fine  di   finalizzarle   all'esercizio   di   funzioni   statali
genericamente indicate. 
    In particolare, ad avviso della ricorrente, la norma in questione
risulterebbe in contrasto  con  gli  artt.  36  e  43  dello  Statuto
speciale della Regione siciliana nonche' con il  principio  di  leale
collaborazione. Essa violerebbe detti parametri nella misura  in  cui
non prevede che, in sede  di  Commissione  paritetica,  debba  essere
determinato l'importo delle somme che lo Stato dovra' trasferire alla
Regione per l'assunzione dell'esercizio delle dette funzioni,  ovvero
che tali  funzioni  siano  esercitate  dalla  Regione  senza  aggravi
finanziari. 
    3.1.- Con  memoria  depositata  in  data  8  aprile  2013  si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
siano dichiarate non fondate. In particolare, ad avviso della  difesa
erariale, le censure mosse con riguardo al comma 459 dell'art. 1,  in
riferimento agli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale  della  Regione
siciliana e al  principio  di  leale  collaborazione,  non  sarebbero
fondate. 
    La difesa erariale ricorda  che,  in  merito  ad  analoga  norma,
questa Corte (sentenza n. 145 del 2008) ha precisato  la  inesistenza
di un'alterazione del rapporto tra complessivi  bisogni  regionali  e
insieme di mezzi finanziari  per  farvi  fronte.  Il  Presidente  del
Consiglio dei ministri osserva, inoltre, che la previsione per cui le
misure previste da tale disposizione trovano applicazione  attraverso
apposite norme di attuazione statutaria, ovvero norme determinate  da
una  Commissione  paritetica,  deve  considerarsi  a   tutela   delle
prerogative   costituzionali   delle   autonomie    speciali.    Tale
interpretazione sarebbe confermata dalla  consolidata  giurisprudenza
costituzionale, secondo cui il semplice richiamo  alle  modalita'  di
attuazione   statutaria,   contenuto   nelle   leggi   statali    che
trasferiscono funzioni alle Regioni, e' sufficiente  a  garantire  la
determinazione  delle  relative  norme  di  attuazione  nel  rispetto
dell'autonomia regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato, a mezzo  servizio  postale,  in  data
19-22 febbraio 2013 e depositato il successivo 25 febbraio  (iscritto
al n. 24 del  registro  ricorsi  2013),  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha  promosso   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 454 e 456, della legge 24  dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013),  per  violazione
degli artt. 3, comma 1, lettera f), e 12 della  legge  costituzionale
26 febbraio 1948,  n.  4  (Statuto  speciale  per  la  Regione  Valle
d'Aosta), degli artt. 117, terzo comma,  119,  secondo  comma,  della
Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), degli articoli  da  2  a  7  della
legge  26  novembre  1981,   n.   690   (Revisione   dell'ordinamento
finanziario della  regione  Valle  d'Aosta),  nonche'  del  principio
consensualistico che deve  presiedere,  per  costante  giurisprudenza
costituzionale, la regolamentazione dei rapporti  finanziari  tra  lo
Stato e la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
    Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2013 e  depositato  il
successivo 5 marzo (iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2013),  la
Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale, tra l'altro,  dell'art.  1,  commi  454,
456, 457 e 459, della legge n. 228 del  2012,  per  violazione  degli
artt. 4, numero 1-bis), 48, 51, 54, 63, quinto  comma,  e  65,  della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  (Statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia) - anche  in  riferimento  all'art.  1,
commi 154 e 155 della legge 13 dicembre 2010,  n.  220  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
Legge di stabilita' 2011) -, dell'art. 9 del  decreto  legislativo  2
gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Friuli-Venezia Giulia in materia di  ordinamento  degli  enti
locali e delle relative circoscrizioni), degli artt. 3 e  119  Cost.,
nonche' del "principio dell'accordo" in  materia  finanziaria  e  del
principio di leale collaborazione. 
    Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2013 e  depositato  il
successivo 8 marzo (iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2013),  la
Regione   siciliana   ha   promosso   questioni    di    legittimita'
costituzionale, tra l'altro, dell'art. 1, comma 459, della  legge  n.
228 del 2012, per violazione degli artt. 36 e 43  del  regio  decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2 nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni promosse nei confronti di altre disposizioni della legge n.
228 del 2012, i richiamati tre ricorsi devono essere  riuniti  e  qui
esaminati congiuntamente, limitatamente ai commi 454, 456, 457 e 459,
censurati dalle ricorrenti in riferimento a parametri  e  per  motivi
almeno in parte coincidenti (ex plurimis, sentenze n. 82 e n. 77  del
2015, n. 144, n. 44, n. 28 e n. 23 del 2014). 
    Il Presidente del Consiglio dei  ministri  si  e'  costituito  in
tutti i giudizi. 
    2.- Nell'esaminare le censure conviene  muovere  da  un  problema
preliminare, sollevato  in  particolare  nel  ricorso  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, relativo all'effetto  della  clausola
di salvaguardia generale, contenuta nell'art.  1,  comma  554,  della
legge n. 228 del 2012, ai sensi  del  quale  «Le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e  di  Bolzano  attuano  le
disposizioni di cui alla presente legge  nelle  forme  stabilite  dai
rispettivi  statuti  di  autonomia  e   dalle   relative   norme   di
attuazione», la quale in ipotesi porrebbe in dubbio  l'applicabilita'
alle autonomie speciali delle disposizioni contestate. 
    Nel medesimo ricorso e' altresi' richiamata, al fine di sostenere
la contraddittorieta' interna della disciplina in esame, la  clausola
di salvaguardia piu' specifica - riferita cioe'  a  due  dei  quattro
commi sulla cui legittimita' costituzionale la Corte e'  chiamata  ad
esprimersi - di cui all'art. 1, comma 458, della  legge  n.  228  del
2012, nella quale si afferma che «[l]'attuazione dei commi 454, 455 e
457 avviene nel  rispetto  degli  statuti  delle  regioni  a  statuto
speciale e delle province autonome di Trento e  di  Bolzano  e  delle
relative norme di attuazione». 
    Invero, a prescindere da quale sia la clausola di salvaguardia in
ipotesi applicabile ai commi impugnati nel presente  giudizio  e  dal
significato da attribuirsi a ciascuna di esse, ne' l'una ne'  l'altra
clausola  di  salvaguardia  paiono  suscettibili  di  incidere  sulla
applicabilita' dell'art. 1, commi 454, 456, 457 e 459, alle autonomie
speciali.  Tutti  e  quattro  i  commi  in  esame,  infatti,   recano
prescrizioni specificamente ed esclusivamente rivolte alle Regioni  a
statuto  speciale  e  alle  Province  autonome.  Deve  percio'  farsi
applicazione  del  principio,  gia'  affermato  dalla  giurisprudenza
costituzionale, secondo cui l'illegittimita'  costituzionale  di  una
previsione legislativa non e' esclusa dalla presenza di una  clausola
di salvaguardia allorquando tale clausola  entri  «in  contraddizione
con quanto affermato nel seguito della  disposizione,  con  esplicito
riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome»
(sentenza n. 133 del 2010). 
    3.- I commi 454 e 456 dell'art. 1 della legge  n.  228  del  2012
sono  congiuntamente   impugnati   dalle   Regioni   autonome   Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e  Friuli-Venezia  Giulia,  con  censure  in
entrambi i casi  incentrate  soprattutto  sul  carattere  unilaterale
della  disciplina  statale,  la  quale  delinea  una  procedura   per
determinare il concorso finanziario delle Regioni a statuto  speciale
agli obiettivi di finanza  pubblica,  con  la  sola  eccezione  della
Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e  di
Bolzano, cui e' specificamente dedicato il comma 455. 
    La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ritiene   che   le
modifiche successivamente intervenute con riferimento al comma 456  -
peraltro impugnate davanti a questa Corte con  successivi  ricorsi  -
non sarebbero idonee a far cessare  la  materia  del  contendere,  in
quanto, per un verso, esse sarebbero da considerarsi «sostanzialmente
peggiorative», e, per altro verso, la  disciplina  impugnata  avrebbe
comunque avuto applicazione nell'anno 2013. 
    3.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Questioni analoghe e strettamente connesse a quella in esame  nel
presente giudizio sono state affrontate e rigettate da  questa  Corte
con le sentenze n. 82, n. 77 e n. 19  del  2015,  aventi  ad  oggetto
modalita' di concorso finanziario delle Regioni ad autonomia speciale
che le disposizioni in esame richiamano e ribadiscono. 
    Infatti, il comma 454 qui impugnato stabilisce che «[a]l fine  di
assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, le regioni
a statuto speciale, escluse  la  regione  Trentino-Alto  Adige  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano, concordano, con il Ministro
dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni  dal  2013  al
2016,  l'obiettivo  in  termini  di  competenza  finanziaria   e   di
competenza eurocompatibile, determinato riducendo il complesso  delle
spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante  dal
consuntivo 2011: 
    a) degli importi indicati  per  il  2013  nella  tabella  di  cui
all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; 
    b)  del  contributo  previsto  dall'articolo  28,  comma  3,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'articolo 1, comma  1,  della  legge  22  dicembre
2011, n. 214, come  rideterminato  dall'articolo  35,  comma  4,  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall'articolo 4,  comma  11,  del
decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 26 aprile 2012, n. 44; 
    c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia
e delle finanze, relativi al 2013, 2014,  2015  e  2016,  emanato  in
attuazione dell'articolo 16, comma  3,  del  decreto-legge  6  luglio
2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  7  agosto
2012, n. 135; 
    d) degli ulteriori contributi disposti a carico  delle  autonomie
speciali. 
    Il  complesso  delle  spese  finali  in  termini  di   competenza
finanziaria di ciascuna autonomia speciale di cui al  presente  comma
non puo' essere superiore, per ciascuno degli anni dal 2013 al  2016,
all'obiettivo  di  competenza  eurocompatibile  determinato  per   il
corrispondente esercizio ai sensi del presente  comma.  A  tal  fine,
entro il 31 marzo di ogni anno, il Presidente dell'ente trasmette  la
proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze». 
    In sostanza, la disposizione di cui al comma  454  ha  inteso  in
qualche modo cristallizzare la situazione venutasi a determinare, per
il concorso delle Regioni speciali alla finanza pubblica,  nel  corso
degli ultimi esercizi e, al contempo, ribadirla  per  il  quadriennio
successivo, rimettendo agli accordi tra il Ministro  dell'economia  e
delle finanze e il Presidente di ciascuna  autonomia  speciale  -  da
raggiungersi entro il 31 luglio di  ogni  anno,  sulla  base  di  una
proposta del Presidente dell'ente autonomo, da trasmettere  entro  il
precedente 31 marzo - la determinazione delle modalita'  con  cui  le
singole autonomie sono chiamate a fornire tale concorso. 
    Ora, le singole disposizioni richiamate  nel  comma  454  qui  in
esame hanno gia' superato il vaglio  di  questa  Corte.  Infatti,  la
sentenza n. 19 del 2015 ha respinto le censure relative all'art.  32,
comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2012), richiamato dall'art.  1,  comma  454,  lettera  a),
della legge n. 228 del 2012; la sentenza n. 82 del 2015 ha  giudicato
non fondati i ricorsi avverso l'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214, richiamato dall'art. 1, comma 454, lettera b),  della  legge  n.
228 del 2012; la sentenza n. 77 del 2015 ha rigettato le questioni di
legittimita'  costituzionale  avverso  l'art.  16,   comma   3,   del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 135, richiamato, assieme ai relativi decreti attuativi,  dall'art.
1, comma 454, lettera c), della legge n. 228 del 2012. 
    Quindi, l'ammontare preso a base dalla disciplina impugnata,  che
determina l'obiettivo in  termini  di  competenza  finanziaria  e  di
competenza eurocompatibile per le autonomie speciali,  sottraendo  al
livello delle spese finali risultanti dal consuntivo 2011 gli importi
suddetti e quelli ulteriormente  disposti  a  carico  delle  medesime
autonomie speciali, deve ritenersi conforme a Costituzione. 
    3.2.-   I    ricorsi    censurano    altresi'    l'unilateralita'
dell'intervento statale, che emerge in particolare dal comma 456,  ai
sensi del quale: «[i]n caso di mancato accordo di cui ai commi 454  e
455 entro  il  31  luglio,  gli  obiettivi  delle  regioni  Sardegna,
Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta sono determinati sulla
base dei dati trasmessi, ai sensi dell'articolo 19-bis, comma 1,  del
decreto-legge  25   settembre   2009,   n.   135,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n.  166,  ridotti  degli
importi previsti dal comma 454 [...]» . A  questo  proposito  occorre
ancora  una  volta   ribadire   quanto   affermato   dalla   costante
giurisprudenza costituzionale, in particolare nella  sentenza  n.  19
del 2015: «la determinazione unilaterale da  parte  dello  Stato,  in
assenza di criteri condivisi con le autonomie speciali, e'  legittima
in  quanto  assolve  provvisoriamente  all'onere  di  assicurare   il
raggiungimento,  nei  termini  temporali  previsti,  degli  obiettivi
finanziari delle manovre di  bilancio  in  attesa  del  perfezionarsi
dell'intesa,  mentre  l'accordo  bilaterale  con  ciascuna  autonomia
costituisce momento di  ricognizione  e  di  eventuale  ridefinizione
delle relazioni finanziarie tra lo Stato e l'ente territoriale».  Per
un verso, infatti, la normativa vigente in ambito di  Unione  europea
riguardo alla  definizione  delle  manovre  finanziarie  negli  Stati
membri fa si' che non sia «ipotizzabile che lo Stato possa presentare
quella  inerente  al  concorso  regionale  dopo  aver  completato  il
complesso iter di negoziazione con  ciascuno  degli  enti  a  statuto
speciale    interessati».    Per    altro    verso,    una    lettura
costituzionalmente orientata della norma «dimostra che  lo  strumento
dell'accordo serve a determinare nel loro complesso punti controversi
o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia  ai
fini del raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  nel
rispetto  dei  vincoli  europei,  sia  al  fine  di  evitare  che  il
necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti  consentiti
l'autonomia finanziaria ad esse spettante. Cio'  anche  modulando  le
regole di evoluzione dei  flussi  finanziari  dei  singoli  enti,  in
relazione alla diversita'  delle  situazioni  esistenti  nelle  varie
realta' territoriali». 
    Anche l'impugnata normativa si muove in questa logica, in  quanto
individua, da un lato, il limite entro il quale possono muoversi  gli
accordi  (art.  1,  comma  454,  penultimo   periodo)   e   contiene,
dall'altro, una determinazione unilaterale da applicarsi in  caso  di
mancato accordo (art. 1, comma 456). 
    3.3.- Alla luce di queste argomentazioni,  le  censure  sollevate
dalle Regioni autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e  Friuli-Venezia
Giulia riguardo ai commi 454 e 456 dell'art. 1 della legge n. 228 del
2012 vanno dichiarate non fondate. 
    4.- La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha  impugnato,
altresi', l'art. 1, comma 457, della legge n. 228 del 2012, il  quale
dispone che le Regioni a statuto speciale e le Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, che svolgono in via  esclusiva  le  funzioni  in
materia di finanza locale, definiscono  le  modalita'  attuative  del
patto di stabilita'  interno  per  gli  enti  locali  dei  rispettivi
territori  mediante  l'esercizio   delle   competenze   alle   stesse
attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme
di attuazione, con la precisazione che tale attuazione deve  avvenire
nell'ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455 e che,  comunque,
deve  rimanere  fermo  l'obiettivo  complessivamente  determinato  in
applicazione dell'art. 31 della legge n. 183  del  2011.  E'  inoltre
stabilito che, in caso di mancato accordo, si applichino per gli enti
locali di cui al suddetto  comma  457  le  disposizioni  previste  in
materia di patto di  stabilita'  interno  per  gli  enti  locali  del
restante territorio nazionale. 
    Le  censure  della  ricorrente  si  appuntano   soprattutto   nei
confronti di quest'ultima disposizione, la quale violerebbe: in primo
luogo, gli artt. 4, numero 1-bis), 51 e 54 dello statuto  speciale  e
l'art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, che attribuiscono competenza  alla
Regione in materia di finanza locale; in secondo luogo, i commi 154 e
155 dell'art. 1 della legge n. 220 del 2010 - qualificati come «fonte
"rinforzata"», in  quanto  recepiscono  i  contenuti  del  Protocollo
d'intesa tra lo Stato e la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
firmato a Roma il 29  ottobre  2010  -  i  quali  attribuiscono  alla
Regione  poteri  di  coordinamento  finanziario  sugli  enti   locali
costituenti  il  «sistema  regionale   integrato»,   derogando   alla
disciplina ivi prevista, previamente concordata tra  lo  Stato  e  la
Regione autonoma. 
    4.1.- Occorre anzitutto osservare che la  disciplina  di  cui  al
comma  457  costituisce  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, come tale pacificamente applicabile  anche  alle  autonomie
speciali (ex plurimis, sentenze n. 77 del 2015; n. 39  del  2014;  n.
219 del 2013; n. 30 del 2012; n. 229 del 2011; n. 120  del  2008,  n.
169 del 2007). Secondo quanto la Corte ha gia' osservato, i  principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, funzionali, tra l'altro, a garantire l'unita'
economica della Repubblica e a prevenire squilibri di bilancio,  sono
applicabili anche alle Regioni a statuto speciale  ed  alle  Province
autonome,   in   quanto   necessari   per   preservare   l'equilibrio
economico-finanziario del complesso delle  amministrazioni  pubbliche
in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.)
e  ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.):  equilibrio  e  vincoli
oggi ancor piu' pregnanti nel quadro delineato dall'art. 2, comma  1,
della legge costituzionale 20 aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del
principio del pareggio di bilancio nella Carta  costituzionale)  che,
nel comma premesso all'art. 97 Cost.,  richiama  il  complesso  delle
pubbliche   amministrazioni   ad   assicurare,   in   coerenza    con
l'ordinamento dell'Unione europea,  l'equilibrio  dei  bilanci  e  la
sostenibilita'  del  debito  pubblico  (sentenza  n.  60  del  2013).
Sicche', a fronte di un simile  intervento  legislativo  statale,  e'
naturale che derivi una,  per  quanto  parziale,  compressione  degli
spazi entro cui  possono  esercitarsi  le  competenze  legislative  e
amministrative di Regioni e Province autonome, nonche'  della  stessa
autonomia di spesa loro spettante (sentenza n. 175 del 2014). 
    I principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica
possono anche assumere la veste di limiti  complessivi  all'autonomia
di spesa delle Regioni e Province autonome,  a  condizione  che  essi
lascino agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle  risorse
tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa. Come  ha  chiarito  questa
Corte nella sentenza n.  236  del  2013,  «le  norme  statali  devono
limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere  in  modo
esaustivo strumenti e modalita' per  il  perseguimento  dei  suddetti
obiettivi  in  modo  che  rimanga  uno  spazio  aperto  all'esercizio
dell'autonomia regionale» e non devono  «ledere  il  canone  generale
della ragionevolezza  e  proporzionalita'  dell'intervento  normativo
rispetto all'obiettivo prefissato». 
    Per i medesimi motivi, la Corte ha, altresi', specificato che  la
competenza  in  materia  di  coordinamento  della  finanza   pubblica
consente allo Stato di imporre alle Regioni a statuto speciale e alle
Province autonome limiti analoghi a quelli che valgono per le Regioni
a statuto ordinario,  nelle  more  delle  trattative  finalizzate  al
raggiungimento degli accordi che si rendano necessari (sentenze n. 82
del 2015, n. 120 del 2008, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 353 del 2004). 
    Dalla qualificazione  della  disciplina  oggetto  della  presente
questione  di   legittimita'   costituzionale   come   principio   di
coordinamento della finanza pubblica  discende  l'infondatezza  della
censura di illegittimita' costituzionale avente ad oggetto  il  comma
457 e basata sulla violazione del principio consensualistico. 
    4.2.- Non e' fondata neppure la censura, riferita sempre al comma
457, per violazione dei commi 154 e 155 dell'art. 1  della  legge  n.
220 del 2010, che si assume come "fonte rinforzata". 
    Infatti, la qualifica di "fonte rinforzata" - qui  da  intendersi
nel senso di legge con forza passiva superiore a quella  delle  leggi
ordinarie, dal momento che  ogni  sua  modifica  richiede  la  previa
consultazione con la Regione speciale  interessata  -  puo'  al  piu'
attribuirsi esclusivamente al comma 157 dell'art. 1  della  legge  n.
220 del  2010,  il  quale,  in  esecuzione  del  Protocollo  d'intesa
sottoscritto  il  29  ottobre  2010,  ha  disposto  alcune   espresse
modificazioni allo statuto speciale del  Friuli-Venezia  Giulia.  Del
resto, e' solo a tale comma 157  che  fa  riferimento  il  successivo
comma 158, il quale risulta del seguente tenore:  «[l]e  disposizioni
recate dal comma 157 sono  approvate  ai  sensi  e  per  gli  effetti
dell'articolo 63, quinto comma, dello Statuto speciale della  regione
Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge  costituzionale  31  gennaio
1963, n. 1, e successive modificazioni»  (l'art.  63,  quinto  comma,
consentendo la modifica delle disposizioni contenute  nel  Titolo  IV
dello statuto con «leggi ordinarie, su  proposta  di  ciascun  membro
delle Camere, del Governo e della Regione, e, in ogni  caso,  sentita
la Regione»). 
    Dunque, la qualifica di "fonte  rinforzata"  non  si  estende  ai
commi 154 e 155 dell'art. 1 della legge n. 220 del 2010,  invocati  a
parametro della questione di legittimita' costituzionale in esame. 
    La circostanza che alcune disposizioni della  legge  n.  220  del
2010 siano state il frutto del recepimento di un Protocollo  d'intesa
tra Stato e  singola  Regione  a  statuto  speciale  -  quale  quello
sottoscritto con la Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  il  29
ottobre 2010 - non rappresenta certamente ragione idonea, di per se',
a rendere tali disposizioni insuperabili  ad  opera  del  legislatore
statale successivo, qualora questi intervenga,  in  via  transitoria,
nell'attesa  di   un   nuovo   accordo,   in   un   mutato   contesto
economico-finanziario e sulla scorta  dell'esigenza  di  adempiere  a
nuovi e ulteriori obblighi assunti in sede di Unione europea e  senza
ledere  i  canoni  generali  di  ragionevolezza  e   proporzionalita'
dell'intervento normativo rispetto all'obiettivo prefissato. 
    Del  resto,  va  segnalato  che  la  disciplina  della  legge  di
stabilita'  per  il  2011,  nella  parte  in  cui  ha  delineato   la
costituzione, nella Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  di  un
«sistema regionale integrato» e  ha  determinato  il  concorso  della
Regione  autonoma   al   risanamento   della   finanza   pubblica   e
all'attuazione  del  federalismo  fiscale  -  analogamente  a  simili
previsioni adottate  nei  medesimi  anni  con  riferimento  ad  altre
autonomie speciali, che rimettevano ad un  accordo  con  ciascuna  di
esse la determinazione  del  loro  concorso  al  conseguimento  degli
obiettivi di finanza pubblica - ha subito una  serie  di  deroghe  da
parte della legislazione statale successiva in  materia  finanziaria,
in seguito all'aggravarsi della  situazione  economico-finanziaria  e
alla necessita' di conformarsi agli impegni assunti in sede  europea.
La conformita' a  Costituzione  di  misure  siffatte  e'  stata  gia'
riconosciuta, avendo la Corte rigettato le censure mosse nel giudizio
definito dalla piu' volte citata sentenza n.  19  del  2015,  per  la
quale non e' ipotizzabile che lo Stato possa  presentare  la  manovra
finanziaria inerente al  concorso  regionale  unicamente  «dopo  aver
completato il complesso iter di negoziazione con ciascuno degli  enti
a statuto speciale interessati». 
    Giova, infine, ricordare che un nuovo «protocollo di  intesa  tra
lo Stato e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia per la revisione
del protocollo del 23 ottobre 2010 e per la definizione dei  rapporti
finanziari negli esercizi 2014-2017»  e'  stato  sottoscritto  il  29
ottobre 2014, e che esso  ha  ad  oggetto,  tra  l'altro,  proprio  i
principi generali del «patto  di  stabilita'  interno  per  gli  enti
locali della Regione Friuli Venezia Giulia» e il  «sistema  regionale
integrato» (rispettivamente artt. 6 e 7 del Protocollo). 
    5.- La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e  la  Regione
siciliana hanno impugnato l'art. 1, comma 459, della legge n. 228 del
2012, il quale stabilisce che le Regioni  a  statuto  speciale  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono  al  riequilibrio
della finanza pubblica non solo con i modi stabiliti nei  commi  454,
455 e 457, ma anche mediante l'assunzione dell'esercizio di  funzioni
statali, attraverso l'emanazione di specifiche  norme  di  attuazione
statutaria. Tali norme, da adottare con le  modalita'  stabilite  dai
rispettivi  statuti,  sono  chiamate  a  precisare  le  modalita'   e
l'entita' dei risparmi per il bilancio dello Stato,  da  ottenere  in
modo permanente, o comunque per annualita' definite. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ritiene  che  il  comma
459 violi gli artt. 48 e 65 dello statuto  speciale,  nonche'  l'art.
119, quarto comma, Cost., poiche' si porrebbe  in  contrasto  con  il
principio della corrispondenza tra  funzioni  e  risorse  (art.  119,
quarto comma, Cost.), in quanto prevederebbe  l'assunzione  da  parte
regionale dell'esercizio di funzioni statali senza un  corrispondente
trasferimento  di  risorse;  inoltre,  ad  avviso  della  ricorrente,
l'impugnato  comma  459  pretenderebbe  di  vincolare   altresi'   il
contenuto delle norme di attuazione statutaria. 
    La Regione siciliana rileva che la disposizione di cui  al  comma
459 determinerebbe un aggravio di spese  per  le  Regioni  a  statuto
speciale, tra cui  la  Sicilia,  mediante  la  generica  attribuzione
dell'esercizio di funzioni statali, senza che vengano individuate  ed
impinguate le risorse  finanziarie  per  farvi  fronte,  mediante  un
indefinito rinvio a specifiche norme di attuazione  statutaria  volte
unicamente a precisare le modalita' e l'entita' del risparmio per  il
bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o, comunque,  per
annualita' definite. Da qui la assunta illegittimita'  costituzionale
di  detta  disposizione,   che   inciderebbe   sulle   disponibilita'
finanziarie della Regione siciliana,  sottraendo  risorse  da  questa
destinate allo  svolgimento  di  sue  funzioni  proprie  al  fine  di
impiegarle   per   finanziare   l'esercizio   di   funzioni   statali
genericamente indicate. 
    In tal modo si determinerebbe una violazione degli artt. 36 e  43
dello statuto speciale della Regione siciliana, nonche' del principio
di leale collaborazione per il fatto che  la  disposizione  impugnata
non prevede che, in sede  di  Commissione  paritetica,  debba  essere
determinato l'importo delle somme che lo Stato dovra' trasferire alla
Regione per l'assunzione dell'esercizio delle dette  funzioni  ovvero
che esse  funzioni  siano  esercitate  dalla  Regione  senza  aggravi
finanziari. 
    5.1.- Le questioni non sono fondate. 
    L'impugnato comma 459 ha un contenuto sostanzialmente  analogo  a
quello dell'art. 32, comma 16, della legge n.  183  del  2011.  Anche
tale disposizione e' stata oggetto di censura da parte della  Regione
siciliana, sulla base delle medesime motivazioni del ricorso in esame
(che a quelle, in effetti, fa rinvio). 
    Il ricorso avverso l'art. 32, comma 16, della legge  n.  183  del
2011 e' stato rigettato da questa Corte con la gia'  citata  sentenza
n. 19 del 2015, in quanto (punto 7. del Considerato in diritto) dalla
formulazione  della  disposizione  «emerge  chiaramente  che  la  sua
applicazione  e'  condizionata  al  rispetto  degli   statuti   delle
autonomie speciali, sia in termini procedurali che sostanziali, ed e'
proprio per questo motivo che  non  puo'  essere  considerata  lesiva
dell'autonomia  regionale  come  sostenuto  dalla   ricorrente».   La
medesima pronuncia ha ricordato che, «[c]ome gia' affermato da questa
Corte, il principio dell'autonomia regionale deve essere contemperato
con gli obiettivi e i vincoli di risparmio concordati in sede europea
(sentenza n.  118  del  2012)»  e  ha  fatto  presente  che  «[d]etti
obiettivi non si esauriscono negli ambiti discrezionali dell'accordo,
ma possono - nell'indefettibile rispetto  delle  norme  statutarie  -
prevedere, come nel caso in esame, forme  di  riorganizzazione  delle
funzioni amministrative e del  loro  riparto  tra  Stato  e  Regioni,
capaci di produrre effetti favorevoli in  termini  di  efficienza  ed
economicita'». 
    Sulla base di  questi  motivi  vanno,  pertanto,  dichiarate  non
fondate anche le questioni relative  all'art.  1,  comma  459,  della
legge n. 228 del 2012 sollevate dalla Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia e dalla Regione siciliana.