ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1,
lettera c), 2, punti 1-bis) e 1-ter), e 3, del disegno  di  legge  12
agosto 2013, n. 51-38-bis - Norme stralciate  I  stralcio  (Norme  in
materia   di   ineleggibilita'   dei   deputati   regionali   e    di
incompatibilita' con la carica di deputato regionale e di  componente
della Giunta regionale), approvato dall'Assemblea regionale siciliana
il 12 agosto 2013,  promosso  dal  Commissario  dello  Stato  per  la
Regione  siciliana,  con  ricorso  notificato  il  19  agosto   2013,
depositato in cancelleria il 26 agosto 2013 ed iscritto  al  registro
ricorsi n. 83 del 2013. 
    Udito nella camera di consiglio del 24  giugno  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
    Ritenuto che, con il ricorso in epigrafe,  il  Commissario  dello
Stato per la Regione siciliana ha promosso questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1, lettera c),  2,  punti  1-bis  e
1-ter, e 3 del disegno di legge 12 agosto 2013, n. 51-38 bis -  Norme
stralciate I  stralcio  (Norme  in  materia  di  ineleggibilita'  dei
deputati regionali e di incompatibilita' con la  carica  di  deputato
regionale  e  di  componente  della  Giunta   regionale),   approvato
dall'Assemblea regionale siciliana il 12 agosto 2013, in  riferimento
agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione; 
    che le disposizioni impugnate modificano gli artt.  10  e  10-ter
della legge regionale 20 marzo 1951, n.  29  (Elezione  dei  Deputati
all'Assemblea   regionale   siciliana),   estendendo   i   casi    di
ineleggibilita'  e  di  incompabilita'  alla   carica   di   deputato
dell'Assemblea   regionale   siciliana   a   «funzionari»,    «soci»,
«dipendenti», anche di «enti di diritto privato», ai quali la Regione
partecipa; 
    che, secondo il ricorrente, le citate  disposizioni  violerebbero
gli artt.  3  e  51  Cost.,  poiche'  -  alla  luce  del  consolidato
orientamento di questa Corte in  materia  di  diritto  all'elettorato
passivo, annoverato tra i diritti  fondamentali  di  cui  all'art.  2
Cost., rispetto al quale le cause  di  ineleggibilita'  costituiscono
un'eccezione  da  indicare  in  modo  determinato   e   tassativo   -
l'estensione delle cause  di  ineleggibilita'  a  soggetti  privi  di
poteri significativi all'interno e/o all'esterno dell'ente di diritto
privato,  al  quale  la  Regione  partecipa,  non  rispetterebbe   il
principio  di  razionalita'  e  di  tassativita',  stante   l'estrema
genericita' delle dizioni «funzionari», «soci»,  «dipendenti»,  anche
di «enti di diritto privato», ai quali la Regione partecipa; 
    che, sempre secondo il ricorrente, la menzionata estensione delle
cause di ineleggibilita' contrasterebbe altresi' con gli artt. 3 e 97
Cost., poiche' disciplinerebbe  in  maniera  uniforme  varie  ipotesi
rispondenti a diversi obiettivi di tutela delle  elezioni,  ignorando
la distinta ratio ispiratrice delle medesime; 
    che la Regione siciliana non si e' costituita in giudizio; 
    che, in sede di promulgazione del suddetto disegno di  legge  con
la legge della Regione siciliana 15 gennaio  2014,  n.  4  (Norme  in
materia di illegittimita' dei deputati regionali ed  incompatibilita'
con la carica di deputato regionale  e  di  componente  della  Giunta
regionale), sono state omesse le disposizioni oggetto della  presente
impugnazione; 
    che, successivamente alla proposizione del ricorso, e', peraltro,
intervenuta la sentenza di questa Corte n. 255 del 2014  (pronunciata
a seguito di autorimessione), che  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo, per contrasto con l'art. 10 della  legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione), l'art. 31, comma 2, della legge 11  marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), come sostituito dall'art. 9, comma 1, della legge  5
giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento  dell'ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3),
limitatamente alle parole «Ferma restando  la  particolare  forma  di
controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale  della  Regione
siciliana». 
    Considerato che, con la sopravvenuta citata sentenza n.  255  del
2014, questa Corte - sulla premessa che «il  peculiare  controllo  di
costituzionalita'  delle  leggi  [...]  della  Regione  siciliana   -
strutturalmente preventivo - e' caratterizzato da un minor  grado  di
garanzia dell'autonomia rispetto  a  quello  previsto  dall'art.  127
Cost.», ed in applicazione dell'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), che introduce la «clausola di maggior favore» ai  fini
della piu' compiuta garanzia delle autonomie speciali - ha  affermato
che «deve [...] estendersi anche alla Regione siciliana il sistema di
impugnativa  [successiva]  delle  leggi   regionali,   previsto   dal
riformato art. 127 Cost.»; 
    che,   a   tal   fine,   la   citata   sentenza   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale, in parte qua, della norma - ostativa
a siffatta estensione - di cui all'art. 31, comma 2, della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), come sostituito dall'art. 9,  comma  1,  della
legge  5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni   per   l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3); 
    che, in conseguenza dell'eliminazione del frammento normativo che
manteneva fermo il  particolare  sistema  di  controllo  delle  leggi
siciliane, risultano ora  «non  piu'  operanti  le  norme  statutarie
relative alle competenze del Commissario dello  Stato  nel  controllo
delle leggi siciliane, alla stessa stregua  di  quanto  affermato  da
questa Corte con riguardo a quelle dell'Alta  Corte  per  la  Regione
siciliana (sentenza n. 38  del  1957),  nonche'  con  riferimento  al
potere del Commissario dello Stato circa l'impugnazione delle leggi e
dei regolamenti statali (sentenza n. 545 del 1989)» (sentenza n.  255
del 2014); 
    che, pertanto, gli artt. 27  (sulla  competenza  del  Commissario
dello Stato  ad  impugnare  le  delibere  legislative  dell'Assemblea
regionale siciliana), 28, 29 e 30  dello  statuto  di  autonomia  non
trovano piu' applicazione, per effetto dell'estensione  alla  Regione
siciliana del controllo successivo previsto dagli artt. 127  Cost.  e
31 della legge n. 87 del 1953 per le  Regioni  a  statuto  ordinario,
secondo quanto gia'  affermato  dalla  richiamata  giurisprudenza  di
questa Corte per le altre Regioni ad autonomia differenziata e per le
Province autonome; 
    che cio' impedisce che il presente giudizio possa  avere  seguito
(anche agli effetti, quindi, di una  pronuncia  di  cessazione  della
materia del contendere per mancata promulgazione  delle  disposizioni
impugnate, circostanza quest'ultima che preclude anche la concessione
di un'eventuale rimessione in termini in favore della Presidenza  del
Consiglio dei ministri) e comporta che debba  dichiararsi  in  limine
l'improcedibilita' del ricorso (sentenza n. 17 del 2002 ed  ordinanze
n. 228, n. 182 e n. 65 del 2002).