ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8,  secondo
comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
penale), promosso dal Tribunale ordinario di Imperia nel procedimento
vertente tra P.T. ed altro e la Provincia di Imperia,  con  ordinanza
del 25 novembre 2014, iscritta al n. 48 del registro ordinanze 2015 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 2 dicembre  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il 25  novembre  2014,  il
Tribunale ordinario di Imperia ha sollevato, in riferimento  all'art.
3,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della  legge  24  novembre
1981,  n.  689  (Modifiche  al  sistema  penale)  -  come  modificato
dall'art. 1-sexies del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688  (Misure
urgenti in materia previdenziale, di tesoreria  e  di  servizi  delle
ragionerie provinciali dello Stato), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 31 gennaio  1986,  n.  11  -  nella
parte in cui  limita  la  continuazione,  ed  il  conseguente  cumulo
giuridico delle sanzioni, alle sole violazioni di leggi in materia di
previdenza ed assistenza obbligatorie; 
    che il  Tribunale  rimettente  riferisce  di  essere  chiamato  a
decidere in ordine al ricorso avverso un'ordinanza-ingiunzione emessa
dalla Provincia di Imperia il 2 aprile 2014, con la  quale  e'  stata
irrogata  nei  confronti   delle   parti   ricorrenti   la   sanzione
amministrativa di 16.200 euro, per violazione degli artt. 193,  comma
1, lettera b), e 258, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 (Norme  in  materia  ambientale),  in  particolare  per  avere
effettuato  il  trasporto  di  rifiuti   speciali   non   pericolosi,
utilizzando 8 formulari privi dell'indicazione  della  quantita'  dei
rifiuti trasportati; 
    che,  dopo  avere  evidenziato   l'infondatezza   delle   censure
formulate dalle  parti  ricorrenti,  il  Tribunale  osserva  che,  in
applicazione  dell'art.  8  della  legge  n.   689   del   1981,   la
determinazione  della  sanzione  andrebbe  effettuata  applicando  la
disciplina del cumulo materiale delle sanzioni; 
    che  la  questione  di   legittimita'   costituzionale,   sarebbe
rilevante e non  manifestamente  infondata  nella  parte  in  cui  la
disposizione in esame limita l'applicabilita'  del  cumulo  giuridico
delle sanzioni alle sole violazioni di leggi in materia di previdenza
ed assistenza obbligatorie; 
    che, ad avviso del giudice a  quo,  tale  previsione,  introdotta
dalla legge n. 11 del 1986, con cui e' stato convertito  il  d.l.  n.
688 del 1985, violerebbe l'art. 3, primo comma,  Cost.,  determinando
un'irrazionale disparita' di trattamento tra chi commetta  violazioni
in materia previdenziale e  assistenziale  e  chi,  invece,  commetta
illeciti amministrativi in altri ambiti; 
    che il Tribunale richiama integralmente,  facendoli  propri,  gli
argomenti  gia'  svolti  dal  Consiglio  di  Stato,  prima   sezione,
nell'ordinanza  depositata  il  15  aprile  2014,  pubblicata   nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014, con la quale e' stata sollevata la medesima questione
di legittimita' costituzionale; 
    che, in particolare, si evidenzia che -  mediante  un  intervento
settoriale  inserito  all'interno  della  disciplina  generale  sulla
repressione degli illeciti amministrativi - sarebbe stato  introdotto
un istituto, parimenti generale, di mitigazione  delle  sanzioni,  ma
tale trattamento piu' favorevole sarebbe  stato  limitato  alla  sola
materia considerata dalla  legge  settoriale,  cosi'  immotivatamente
escludendolo per tutte le altre; 
    che tale limitazione  sarebbe  irrazionale,  tanto  piu'  che  la
continuazione, come istituto di mitigazione delle sanzioni, in  linea
di principio e salvo ragionevoli eccezioni, sarebbe estensibile  alla
generalita' delle leggi repressive; 
    che  la  limitazione  del   cumulo   giuridico   prevista   dalla
disposizione  censurata  non  sarebbe  qualificabile  in  termini  di
discrezionalita', quanto piuttosto di casualita', determinata  da  un
intervento di carattere  settoriale;  e  d'altra  parte  non  sarebbe
comprensibile  il  richiamo,  contenuto  in  precedenti  pronunce  di
inammissibilita' della medesima questione,  alla  necessita'  di  una
«disciplina  organizzativa  in   ordine   all'accertamento   e   alla
contestazione della continuazione» (ordinanze n. 23 del 1995 e n. 468
del 1989); 
    che il Tribunale rimettente ritiene necessario un  riesame  della
stessa questione, in forza del fatto che l'ordinanza di questa  Corte
n. 421 del 1987, non richiamata dal Consiglio di Stato  nella  citata
ordinanza  di  rimessione  del  15  aprile  2014,  aveva  ad  oggetto
l'originario  testo  dell'art.  8,  antecedente  all'inserimento  del
secondo e del terzo comma, entrati in vigore il 31  gennaio  1986,  i
quali hanno introdotto il regime del cumulo giuridico delle  sanzioni
amministrative, limitandolo alle sole violazioni di leggi in  materia
di assistenza e previdenza obbligatoria; 
    che il giudice a quo evidenzia, inoltre, che l'art. 12 del d.lgs.
18 dicembre  1997,  n.  472  (Disposizioni  generali  in  materia  di
sanzioni amministrative per le  violazioni  di  norme  tributarie,  a
norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23  dicembre  1996,  n.
662), relativo alle sanzioni amministrative per violazione  di  norme
tributarie, ha sostituito il regime del cumulo materiale con  quello,
piu' favorevole, del cumulo giuridico delle sanzioni per il  concorso
di violazioni; 
    che  pertanto,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la   censurata
disparita' di trattamento «ha introdotto  nell'assetto  ordinamentale
un elemento di irrazionalita'  che  esula  dalle  scelte  fondate  su
considerazioni   politico-discrezionale»    e    rende    ammissibile
l'intervento della Corte costituzionale; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sollevata dal  Tribunale  ordinario
di Imperia sia dichiarata inammissibile e comunque infondata; 
    che la difesa statale sottolinea come, gia'  nelle  ordinanze  n.
468 del 1989 e n. 23 del 1995, la Corte abbia  valutato  la  medesima
questione, dichiarandola manifestamente inammissibile; 
    che in particolare,  in  tali  pronunce,  e'  stata  ritenuta  di
esclusiva competenza del legislatore la decisione «sul se e sul come»
configurare  il  concorso  tra  violazioni  omogenee  o   anche   tra
violazioni eterogenee, nonche' (e soprattutto) la predisposizione  di
un'idonea disciplina organizzativa in ordine all'accertamento ed alla
contestazione della continuazione; 
    che, inoltre, l'Avvocatura generale  dello  Stato  rileva  che  i
medesimi principi sono stati confermati dalla successiva ordinanza n.
280 del 1999, e condivisi dalla Corte di cassazione, che parimenti ha
escluso l'illegittimita' costituzionale della disciplina dell'art. 8-
pur dopo l'introduzione, ad opera della successiva previsione di  cui
all'art.  8  -  bis  della  medesima   legge,   dell'istituto   della
reiterazione  di  violazioni,  corrispondente  ad  alcune  forme   di
recidiva penale - ritenendo che la disparita' di trattamento rispetto
alle sanzioni penali sia giustificata dalla diversita' dei  due  tipi
di violazione; 
    che,  ad  avviso  della  difesa  statale,   tali   argomentazioni
conservano  la  loro  attualita',  non  essendovi   alcun   parametro
costituzionale che vincoli  il  legislatore  nello  stabilire  se  la
continuazione possa essere limitata alle  sole  violazioni  di  norme
amministrative omogenee o  anche  a  violazioni  di  norme  tra  loro
eterogenee; 
    che, inoltre, con riferimento alla tesi del rimettente secondo la
quale sarebbe  precluso  al  legislatore  limitare  l'istituto  della
continuazione  alla  sola  legge  settoriale  della   previdenza   ed
assistenza obbligatorie, l'Avvocatura generale  dello  Stato  ritiene
che rientri nella discrezionalita' del  legislatore  l'individuazione
dell'ambito di applicazione delle disposizioni normative; 
    che, d'altra parte, la scelta di  consentire  l'unificazione,  ai
fini   del   trattamento   sanzionatorio,   delle   sole   violazioni
amministrative  in  materia  previdenziale,   non   sarebbe   affatto
irragionevole, ne'  arbitrariamente  discriminatoria,  in  quanto  si
tratta  di  illeciti  che  quasi   necessariamente   riguardano   una
pluralita' di dipendenti; 
    che  d'altra  parte,  la   collocazione   di   tale   limitazione
nell'ambito della norma generale in tema di  illeciti  amministrativi
costituisce una scelta di mera tecnica legislativa, dalla  quale  non
si potrebbe  ricavare  la  conclusione  che  la  continuazione  degli
illeciti  amministrativi  abbia  assunto  la  qualita'  di   istituto
generale del diritto sanzionatorio; 
    che  con  memoria  depositata  in  prossimita'  della  camera  di
consiglio, l'Avvocatura generale dello  Stato  ha  insistito  per  le
conclusioni  gia'  rassegnate,  evidenziando,  in   particolare,   la
contraddittorieta' delle motivazioni del giudice rimettente, il quale
solleva la  questione  di  legittimita'  costituzionale  in  base  ad
argomentazioni che egli stesso riconosce essere state gia' disattese; 
    che, d'altra parte, a sostegno della fondatezza della  questione,
il  giudice  a  quo  non  avrebbe  addotto  argomentazioni  ulteriori
rispetto a quelle gia'  valutate,  in  piu'  occasioni,  dalla  Corte
costituzionale. 
    Considerato che, con ordinanza depositata il 25 novembre 2014, il
Tribunale ordinario di Imperia ha sollevato, in riferimento  all'art.
3,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della  legge  24  novembre
1981,  n.  689  (Modifiche  al  sistema  penale)  -  come  modificato
dall'art. 1-sexies del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688  (Misure
urgenti in materia previdenziale, di tesoreria  e  di  servizi  delle
ragionerie provinciali dello Stato), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 31 gennaio  1986,  n.  11  -  nella
parte in cui  limita  la  continuazione,  ed  il  conseguente  cumulo
giuridico delle sanzioni, alle sole violazioni di leggi in materia di
previdenza ed assistenza obbligatorie; 
    che il Tribunale rimettente osserva che la disposizione censurata
ha  introdotto  nel  sistema  sanzionatorio  amministrativo  il  piu'
favorevole regime del cumulo giuridico per il concorso  materiale  di
illeciti - corrispondente a quello previsto per le pene dall'art. 81,
secondo comma, del codice penale -  limitandolo  tuttavia  alle  sole
violazioni  di  leggi  in  materia  di   previdenza   ed   assistenza
obbligatorie; 
    che il giudice  a  quo  denuncia  la  disparita'  di  trattamento
derivante  dalla  limitazione  dell'ambito  applicativo  del   cumulo
giuridico delle  sanzioni  amministrative  alle  sole  violazioni  in
materia  di  previdenza  ed   assistenza   obbligatoria,   con   cio'
escludendolo per tutte le altre; 
    che tale limitazione violerebbe l'art.  3,  primo  comma,  Cost.,
determinando  un'irrazionale  disparita'  di  trattamento   tra   chi
commetta violazioni in materia previdenziale e assistenziale  e  chi,
invece,   commetta   illeciti   amministrativi   in   altri   settori
dell'ordinamento; 
    che tuttavia la  motivazione  dell'ordinanza  di  rimessione  non
contiene indicazioni sufficienti ad una completa ricostruzione  della
fattispecie a quo, necessaria al fine di valutare la rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale; 
    che, in particolare, l'ordinanza non chiarisce  quali  siano  gli
esatti  termini  degli  illeciti   amministrativi   contestati,   con
riferimento  alle  plurime  condotte  che   hanno   dato   luogo   al
provvedimento sanzionatorio impugnato; in  particolare,  non  vengono
fornite indicazioni  circa  le  concrete  modalita'  esecutive  delle
plurime violazioni, addebitate allo  stesso  titolo  a  due  distinti
soggetti,  nonche'   alla   riconducibilita'   di   tali   violazioni
all'esecuzione di un medesimo disegno  trasgressivo,  come  richiesto
dalla disposizione impugnata ai fini dell'applicabilita'  del  cumulo
giuridico; 
    che - alla luce del principio di  autosufficienza  dell'ordinanza
di rimessione - tale carenza costituisce motivo  di  inammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale, in quanto  preclusiva
della valutazione della rilevanza, non essendo stati forniti elementi
che consentano di ricondurre  le  plurime  violazioni  contestate  al
modello del concorso materiale  e  di  applicare  alle  stesse  -  in
ipotesi - il modello del cumulo giuridico, disciplinato dall'art.  8,
secondo comma, della legge n. 689 del 1981; 
    che, sotto un diverso ed ulteriore profilo, va  rilevato  che  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo  comma,
della legge n. 689 del 1981,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
possibilita' del cumulo giuridico delle  sanzioni  -  anche  per  gli
illeciti amministrativi diversi dalle violazioni di norme in  materia
previdenziale ed assistenziale -  risulta  inammissibile  poiche'  un
intervento  come  quello  invocato  dal  rimettente  deve   ritenersi
precluso dalla discrezionalita' del legislatore  nel  configurare  il
trattamento sanzionatorio per il  concorso  tra  plurime  violazioni,
nonche'  per  l'assenza  di  soluzioni  costituzionalmente  obbligate
(ordinanze n. 280 del 1999; n. 23 del 1995; n. 468 del 1989). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale.