ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettere c) e d), della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2014,
n. 32, recante «Modifiche ed  integrazioni  alla  legge  regionale  7
ottobre 2002, n. 20 (Contenimento della nutria - Myocastor  coypus)»,
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 2-4 febbraio  2015,  depositato  in  cancelleria  il  3
febbraio 2015 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito nell'udienza pubblica  del  1°  dicembre  2015  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Maria  Gabriella  Mangia  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Pio  Dario  Vivone
per la Regione Lombardia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio  postale  il  2-4
febbraio 2015 e depositato il 3  febbraio  2015,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale in via principale  di  due  disposizioni  della  legge
della Regione Lombardia 4 dicembre 2014, n. 32, recante «Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 7 ottobre 2002, n. 20 (Contenimento
della nutria - Myocastor coypus)». 
    1.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, in  primo
luogo, l'art. 1, comma 1, lettera c), della citata  legge  regionale,
deducendone il contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera  g),
della Costituzione. 
    Il ricorrente premette che la norma impugnata sostituisce  l'art.
2 della legge regionale lombarda  7  ottobre  2002,  n.  20,  recante
«Contenimento  ed  eradicazione  della  nutria  (Myocastor   Coypus)»
(titolo cosi' sostituito dall'art. 1 della stessa legge regionale  n.
32 del 2014). Il comma 2 dell'articolo novellato, dopo aver  previsto
che le Province  predispongono  appositi  piani  di  contenimento  ed
eradicazione della nutria, alla lettera b) stabilisce che i  medesimi
enti  «istituiscono  il  Tavolo  provinciale  di  coordinamento   con
prefetture, comuni, associazioni  agricole,  associazioni  venatorie,
consorzi di bonifica e altri  soggetti  interessati,  finalizzato  al
monitoraggio annuale degli obiettivi di eradicazione». 
    Secondo  il  ricorrente,   includendo   le   prefetture   tra   i
partecipanti al «Tavolo provinciale di coordinamento» in  assenza  di
un  previo  accordo  con  lo  Stato,  la  Regione  avrebbe   disposto
unilateralmente il coinvolgimento  di  organi  statali  nei  relativi
compiti, gravandoli degli obblighi a cio' conseguenti, in  violazione
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  g),  Cost.,  che  annovera
l'«organizzazione amministrativa dello Stato e  degli  enti  pubblici
nazionali» tra le materie di legislazione esclusiva statale. 
    Come  piu'  volte  affermato  dalla  Corte   costituzionale   con
riferimento al menzionato parametro, difatti, le Regioni non  possono
porre a carico di organi o  amministrazioni  dello  Stato  compiti  e
attribuzioni  ulteriori  rispetto  a  quelli  individuati  con  legge
statale (sono citate le sentenze n. 322 del 2006, n. 429 e n. 134 del
2004). 
    1.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, altresi',
l'art. 1, comma 1, lettera d), della legge reg. Lombardia n.  32  del
2014 - che sostituisce l'art. 3 della legge reg. n. 20 del 2002 - per
asserito contrasto con l'art. 117, commi primo e secondo, lettere  h)
e s), Cost. 
    Il nuovo art. 3 della legge regionale n. 20 del 2002 prevede,  al
comma  1,  che  «L'eradicazione  delle  nutrie  avviene  secondo   le
modalita' disciplinate  dai  piani  provinciali  di  contenimento  ed
eradicazione  di  cui  all'articolo  2,  comma  2,  in  ogni  periodo
dell'anno, su tutto il territorio  regionale,  anche  quello  vietato
alla caccia, con i seguenti metodi di controllo  selettivo:  a)  armi
comuni da sparo; b) armi da  lancio  individuale;  c)  gassificazione
controllata; d)  sterilizzazione  controllata;  e)  trappolaggio  con
successivo abbattimento dell'animale  con  narcotici,  armi  ad  aria
compressa o armi comuni da sparo; f) metodi e strumenti  scientifici,
messi a disposizione  dalla  comunita'  scientifica;  g)  ogni  altro
sistema di controllo selettivo individuato dalla Regione  e  validato
dall'Istituto superiore per la protezione  e  la  ricerca  ambientale
(ISPRA)  o  dal  Centro  di  referenza  nazionale  per  il  benessere
animale». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione   ora   riprodotta
consentirebbe di utilizzare, per l'eradicazione delle nutrie,  metodi
che, benche' definiti «di controllo selettivo», non escluderebbero in
realta' con certezza l'abbattimento o la cattura di specie  di  fauna
selvatica tutelate - a differenza  delle  nutrie,  ormai  considerate
specie nociva - dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio) e dalla direttiva 30 novembre  2009,  n.  2009/147/CE  del
Parlamento europeo e  del  Consiglio,  concernente  la  conservazione
degli uccelli  selvatici:  ponendosi,  con  cio',  in  contrasto  con
specifici divieti stabiliti dalle normative ora citate. 
    In particolare, l'art. 21, comma 1, della legge n. 157  del  1992
vieta espressamente di «usare munizione spezzata  nella  caccia  agli
ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre  sostanze
adesive,  trappole,  reti,  tagliole,  lacci,  archetti  o   congegni
similari; fare impiego di civette; usare  armi  da  sparo  munite  di
silenziatore o impostate  con  scatto  provocato  dalla  preda;  fare
impiego di balestre» (lettera u), nonche'  di  «produrre,  vendere  e
detenere trappole per la fauna selvatica» (lettera z). 
    La norma regionale impugnata, di contro, permette l'uso - in ogni
periodo dell'anno e su tutto il  territorio  regionale,  comprese  le
zone in cui e' vietata la caccia - oltre che di tutte le armi  comuni
da sparo, anche di armi da lancio individuale (categoria nella  quale
possono farsi rientrare le balestre) e di  trappole.  Queste  ultime,
essendo idonee a catturare, con elevato grado di probabilita',  anche
animali selvatici appartenenti a specie  diverse  dalla  nutria,  non
potrebbero  essere  qualificate  «strumenti  selettivi»  ed  il  loro
utilizzo e' espressamente proibito anche dall'art. 8, in  riferimento
all'Allegato IV, [lettera a)], della direttiva n. 2009/147/CE. 
    Il contrasto con i  divieti  contenuti  nell'art.  21,  comma  1,
lettere u) e z), della legge n.  157  del  1992  -  rientranti  senza
dubbio nell'ambito della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei
beni culturali», alla luce della costante giurisprudenza della  Corte
costituzionale - comporterebbe la violazione dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato  la  competenza
legislativa nella suddetta materia. 
    A sua  volta,  il  contrasto  con  la  direttiva  n.  2009/147/CE
determinerebbe la violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  che
prescrive, anche al legislatore regionale, di conformarsi alle  norme
dell'Unione europea. 
    La  disposizione  impugnata  lederebbe,  infine,  la   competenza
esclusiva statale  in  materia  di  «ordine  pubblico  e  sicurezza»,
stabilita dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    La disciplina nazionale in materia di porto e trasporto  di  armi
comuni da sparo, infatti, consente di rilasciare la licenza di  porto
d'arma solo per scopi di difesa personale, per il tiro  a  volo  (uso
sportivo) e per le altre attivita' previste dalla legge  n.  157  del
1992. 
    In particolare, l'art. 42 del regio decreto 18  giugno  1931,  n.
773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza)
e gli artt. 61 e seguenti del regio decreto 6  maggio  1940,  n.  635
(Approvazione del regolamento per l'esecuzione  del  testo  unico  18
giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza)  disciplinano
la licenza di porto d'armi per esigenze di difesa personale; la legge
25 marzo 1986, n. 85 (Norme in materia  di  armi  per  uso  sportivo)
regolamenta l'uso di armi per uso  sportivo;  infine,  e'  la  stessa
legge n. 157 del 1992 (art. 22) a disciplinare la  licenza  di  porto
d'arma per uso di caccia. 
    Pertanto, l'aver autorizzato l'uso  di  armi  in  ipotesi  e  con
modalita' tali da risultare in contrasto con la suddetta legge n. 157
del 1992 costituirebbe anche una  violazione  della  normativa  sulla
sicurezza pubblica e,  dunque,  dell'anzidetta  potesta'  legislativa
statale esclusiva. 
    2.- Si e' costituita la Regione Lombardia, la  quale  ha  chiesto
che le questioni siano dichiarate non fondate. 
    2.1.- Dopo aver illustrato la genesi e le finalita'  della  legge
in esame, la Regione ha contestato la fondatezza della censura  mossa
alla previsione dell'art. 1, comma 1, lettera c), osservando come  la
disposizione impugnata  non  imponga  affatto  la  partecipazione  di
organi statali al procedimento di  monitoraggio  degli  obiettivi  di
eradicazione della nutria, ma si limiti ad indicare  una  metodologia
intesa a  coinvolgere  i  soggetti  potenzialmente  interessati  alla
materia, in coerenza con i principi  di  sussidiarieta'  e  di  leale
collaborazione, di cui all'art.  120  Cost.  Il  principio  di  leale
collaborazione,  difatti,  dovrebbe  tradursi  in   un   metodo   che
privilegia  l'intesa  e,  ove  possibile,  l'utilizzo  in  comune  di
risorse. In questa prospettiva, non sarebbe affatto  arbitrario  aver
auspicato la partecipazione delle prefetture al  «Tavolo  provinciale
di coordinamento», posto che l'art. 10 della legge 5 giugno 2003,  n.
131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), affida, appunto, al
prefetto il compito di «assicurare il rispetto del principio di leale
collaborazione tra Stato e Regione». 
    Anche prima dell'attivazione del «Tavolo»  si  potrebbe,  dunque,
ricercare un'intesa che regoli la  partecipazione  delle  prefetture,
allo stato comunque non obbligatoria. 
    2.2.- Con riferimento, poi, al  dedotto  contrasto  dell'art.  1,
comma 1, lettera d), della legge regionale lombarda in esame  con  la
legge n. 157 del 1992 e con la  direttiva  n.  2009/147/CE  -  e,  di
conseguenza, con l'art. 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost.
- la Regione resistente evidenzia, innanzitutto,  come  la  normativa
richiamata dal ricorrente non risulti conferente. 
    A seguito, infatti, della modifica dell'art. 2,  comma  2,  della
legge n. 157 del 1992 operata dall'art. 11, comma  12  (recte:  comma
12-bis), del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91  (Disposizioni
urgenti  per  il   settore   agricolo,   la   tutela   ambientale   e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,
n. 116, le nutrie risultano classificate tra le «specie  nocive»,  in
quanto dannose e infestanti. Di conseguenza, esse esulano dall'ambito
della «fauna selvatica omeoterma», il  cui  prelievo  e'  rigidamente
regolato dalla legislazione nazionale e dell'Unione europea. 
    In ogni caso, il legislatore regionale avrebbe  garantito  che  i
metodi utilizzati per l'eradicazione delle nutrie fossero  selettivi,
secondo  le  indicazioni  fornite  dall'Istituto  superiore  per   la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Tale Istituto si  sarebbe
espresso, infatti, favorevolmente in ordine all'impiego tanto di armi
da sparo che da lancio individuale,  e  ancor  piu'  delle  trappole,
formulando l'avviso che i piani di controllo  numerico  delle  nutrie
trovino nell'utilizzo di  «gabbie-trappole»,  con  successiva  rapida
soppressione  dell'esemplare  catturato,  «la  tecnica  piu'   idonea
poiche' rispondente ai necessari requisiti  di  massima  selettivita'
d'azione, efficacia e ridotto disturbo verso specie  non  bersaglio».
L'efficacia selettiva dei metodi in questione sarebbe resa,  inoltre,
ancora maggiore dal previsto affidamento delle operazioni a  soggetti
qualificati e dalla fissazione, nel  redigendo  piano  regionale,  di
criteri tecnici adeguati. 
    Ne',  d'altra  parte,  le  suddette  modalita'  di   eradicazione
sarebbero consentite - come sostiene  il  ricorrente  -  senza  alcun
limite spazio-temporale, essendo espressamente previsto dal novellato
art. 3, comma 3, della legge regionale  n.  20  del  2002  che  nelle
riserve e nei parchi gli interventi vadano effettuati in  conformita'
al regolamento delle aree protette. 
    Quanto,  infine,  all'asserito   contrasto   della   disposizione
regionale impugnata con la normativa statale in materia  di  porto  e
trasporto di armi comuni da  sparo  -  e,  quindi,  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. -  la  censura  rappresenterebbe  un
mero riflesso della dedotta violazione della legge n. 157  del  1992:
legge non riferibile, per quanto detto, all'attivita' di eradicazione
delle nutrie. 
    Ad  ogni  modo,   la   Regione   Lombardia   rammenta   come   la
sovrappopolazione  delle  nutrie  costituisca  una  vera  e   propria
emergenza, trattandosi di animali  che  danneggiano  gli  argini  dei
fiumi e dei canali, rovinano le  colture  agricole  e  minacciano  la
sopravvivenza di molte specie faunistiche  autoctone  protette  e  di
intere comunita' biotiche.  Numerosi  Comuni  hanno  reagito  a  tale
situazione con l'adozione di ordinanze contingibili ed  urgenti,  che
prevedono  l'abbattimento   delle   nutrie   mediante   cattura   con
gabbie-trappola, o con armi da fuoco da parte dei  cacciatori  e  dei
proprietari di fondi. 
    Al fine di evitare il ricorso a tali provvedimenti  emergenziali,
il legislatore regionale  lombardo  si  sarebbe  assunto  l'onere  di
promuovere, con la normativa censurata, un'«eradicazione governata  e
presidiata», che si avvalga di  piu'  misure  senza  pregiudicare  la
sicurezza pubblica e la fauna  protetta.  I  limiti  stabiliti  dalla
legge regionale (sostanzialmente gli stessi previsti nelle  ordinanze
sindacali  contingibili  e  urgenti)  sarebbero,  infatti,  idonei  a
prevenire  detti  rischi:  prospettiva   nella   quale   la   censura
apparirebbe speciosa, ponendo l'interrogativo  se  l'abbattimento  di
specie nocive sia riconducibile  o  meno  all'attivita'  venatoria  o
sportiva, senza una previa verifica della concreta  attitudine  degli
interventi a minacciare la sicurezza pubblica. 
    3.- Con memoria depositata il 10 novembre 2015, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  replicato  alle  difese  della  Regione
Lombardia, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
    In particolare, ha dedotto che, dal tenore dell'art. 1, comma  1,
lettera c), della  legge  regionale  n.  32  del  2014,  non  sarebbe
possibile escludere che la  partecipazione  delle  prefetture,  quale
organo del Governo, al «Tavolo provinciale  di  coordinamento»  abbia
carattere obbligatorio. 
    Il riferimento della Regione al principio di leale collaborazione
di cui all'art. 120  Cost.  non  sarebbe  inoltre  pertinente.  Detto
principio atterrebbe,  infatti,  alle  sole  materie  indicate  nella
citata norma costituzionale e andrebbe riferito alle ipotesi, diverse
da quelle in esame, di  interferenza  tra  materie  devolute  a  piu'
istituzioni o nelle quali comunque il  comportamento  dell'una  possa
incidere sul comportamento dell'altra. 
    Ne',  infine,  l'illegittimita'  della   disposizione   regionale
potrebbe essere esclusa dall'eventualita' che,  solo  successivamente
alla sua entrata in vigore, la partecipazione  delle  prefetture  sia
regolata, di fatto, da un'intesa. 
    Quanto alla successiva lettera d), il ricorrente precisa  che  la
illegittimita'  costituzionale  e'  stata  dedotta   in   riferimento
all'asserita «selettivita'» dei metodi di eradicazione  delle  nutrie
ivi previsti, metodi che,  invece,  sarebbero  idonei  a  determinare
l'uccisione anche di animali appartenenti a specie diverse. 
    Inoltre, la previsione  che  l'eradicazione  delle  nutrie  debba
avvenire in  conformita'  al  regolamento  delle  aree  protette  non
escluderebbe  che   essa   non   sia   soggetta   ad   alcun   limite
spazio-temporale  e  che,  comunque,  al  di  fuori  di  tali   aree,
l'operazione non incontri limitazioni di sorta. 
    4.- Con memoria depositata il 25 novembre 2015 e, dunque, oltre i
termini previsti dall'art. 10 delle norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, la Regione Lombardia  ha  ribadito
le ragioni dedotte a sostegno della legittimita'  delle  disposizioni
censurate, insistendo per il rigetto del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale in  via  principale  di  due
disposizioni della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2014,  n.
32, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 ottobre
2002, n. 20 (Contenimento della nutria - Myocastor coypus)». 
    2.- Il ricorrente impugna, in primo luogo,  l'art.  1,  comma  1,
lettera c), della citata  legge  regionale,  nella  parte  in  cui  -
sostituendo l'art. 2 della legge regionale 7  ottobre  2002,  n.  20,
recante  «Contenimento  ed  eradicazione  della   nutria   (Myocastor
Coypus)» - include  anche  le  «prefetture»  tra  i  partecipanti  al
«Tavolo provinciale di  coordinamento»  finalizzato  al  monitoraggio
degli obiettivi annuali di eradicazione delle nutrie. 
    Ad avviso del ricorrente, la norma  censurata  violerebbe  l'art.
117, secondo comma, lettera g), della Costituzione,  che  riserva  in
via   esclusiva   alla   legislazione    statale    l'«organizzazione
amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti   pubblici   nazionali»,
addossando unilateralmente funzioni e obblighi ad organi statali. 
    2.1.- La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha, in  effetti,  ripetutamente  affermato  che  «le
Regioni non possono porre a carico di organi e amministrazioni  dello
Stato compiti e attribuzioni ulteriori rispetto a quelli  individuati
con legge statale» (sentenza n. 322 del 2006). Tale preclusione opera
- in forza del parametro costituzionale evocato - anche con  riguardo
alla previsione di «forme di collaborazione e di  coordinamento»,  le
quali, ove coinvolgano compiti e attribuzioni di organi dello  Stato,
«non possono essere disciplinate unilateralmente e  autoritativamente
dalle   Regioni,   nemmeno   nell'esercizio   della   loro   potesta'
legislativa»,  dovendo  «trovare  il  loro  fondamento  o   il   loro
presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano,  o  in
accordi tra gli enti interessati» (sentenza n. 429 del 2004). 
    2.2.- Nel caso  in  esame,  tuttavia  -  conformemente  a  quanto
sostenuto dalla Regione resistente - il tenore della norma  censurata
consente di escludere che quest'ultima imponga ad organi dello  Stato
il compimento di determinate attivita'. 
    L'art. 2, comma 2, lettera b), della legge reg. Lombardia  n.  20
del 2002 -  nel  testo  sostituito  dalla  disposizione  impugnata  -
prevede che  le  Province  «istituiscono  il  Tavolo  provinciale  di
coordinamento  con   prefetture,   comuni,   associazioni   agricole,
associazioni  venatorie,  consorzi  di  bonifica  e  altri   soggetti
interessati, finalizzato al monitoraggio annuale degli  obiettivi  di
eradicazione» delle nutrie. 
    La norma affida, dunque, in sostanza alle Province il compito  di
promuovere  la  partecipazione  al  processo  di  definizione   degli
obiettivi  annuali  di  eradicazione   di   soggetti   potenzialmente
interessati agli interventi e in  possesso  di  informazioni  e  dati
utili allo scopo. Il carattere non obbligatorio della  partecipazione
degli interpellati e' desumibile, peraltro,  sia  dal  fatto  che  la
lista dei soggetti da coinvolgere include organismi di natura privata
(associazioni   agricole,   associazioni   venatorie),   sia    dalla
genericita' della formula di chiusura «altri soggetti interessati». 
    Anche per  quanto  attiene  alle  prefetture,  il  coinvolgimento
nell'attivita' in questione non e' dunque  stabilito  unilateralmente
dalla  Regione  in   modo   imperativo,   ma   resta   rimesso   alla
determinazione dello Stato. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  impugna,  altresi',
l'art. 1, comma 1, lettera d), della legge regionale n. 32 del  2014,
nella parte in cui - sostituendo l'art. 3 della legge regionale n. 20
del 2002 - include tra le metodologie di  eradicazione  delle  nutrie
l'utilizzo di armi comuni da sparo, di armi da lancio  individuale  e
di trappole. 
    Secondo il ricorrente, detti metodi,  sebbene  qualificati  dalla
legge regionale come di «controllo  selettivo»,  sarebbero  idonei  a
determinare, con elevata probabilita', la  cattura  e  l'abbattimento
anche di animali appartenenti a specie di  fauna  selvatica  protetta
dalla normativa nazionale e dell'Unione europea. 
    Il ricorso ad essi si porrebbe specificamente  in  contrasto  con
l'art. 21, comma 1, lettere u) e z), della legge 11 febbraio 1992, n.
157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio) - che vieta, tra  l'altro,  di  fare  impiego  di
trappole e balestre, nonche' di produrre, vendere e detenere trappole
per la fauna selvatica - e, di conseguenza, con l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., che attribuisce allo  Stato  la  competenza
legislativa  esclusiva   in   materia   di   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali»:  materia  alla  quale  gli
anzidetti divieti sarebbero pacificamente riconducibili. 
    Il divieto  di  impiego  delle  trappole  e'  sancito,  altresi',
dall'art. 8,  in  riferimento  all'Allegato  IV,  lettera  a),  della
direttiva 30 novembre 2009, n. 2009/147/CE del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli  selvatici:
profilo per il quale la norma regionale  censurata  violerebbe  anche
l'art. 117, primo comma, Cost. 
    Con particolare riguardo all'impiego di  armi  comuni  da  sparo,
risulterebbe lesa, infine, la competenza legislativa esclusiva  dello
Stato in materia di «ordine pubblico e sicurezza», sancita  dall'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost., posto che la normativa statale
in materia di porto e trasporto di armi consente  il  rilascio  della
licenza di porto d'arma solo per scopi di difesa  personale,  per  il
tiro a volo (uso sportivo) e per le attivita' previste dalla legge n.
157 del 1992. 
    3.1.- Anche tale questione non e' fondata. 
    Al riguardo, e' opportuno ricordare come la  legge  regionale  in
esame intervenga all'indomani della modifica dell'art.  2,  comma  2,
della legge n. 157 del 1992 ad opera dell'art. 11, comma 12-bis,  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91  (Disposizioni  urgenti  per  il
settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico
dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e  lo  sviluppo
delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche, nonche'  per  la  definizione  immediata  di  adempimenti
derivanti dalla normativa europea),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116: modifica a seguito della quale le
nutrie - al pari delle talpe, dei ratti, dei topi propriamente  detti
e delle arvicole - risultano escluse  dall'ambito  applicativo  delle
disposizioni in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma
dettate dalla medesima legge  n.  157  del  1992.  In  sostanza,  per
effetto della novella, le nutrie  -  che  in  precedenza  rientravano
nell'ambito della fauna selvatica protetta, la  cui  popolazione  era
suscettibile  di  controllo  nei  limiti  e  nelle  forme   stabilite
dall'art. 19 della legge n. 157 del 1992 -  sono  transitate  tra  le
specie nocive, in quanto considerate animali infestanti e dannosi. 
    Secondo quanto si afferma anche  nella  circolare  del  Ministero
della salute e del Ministero delle politiche  agricole  alimentari  e
forestali del 31 ottobre 2014, prot. DGSAF n.  22732  e  DG  DISR  n.
21814, tale modifica legislativa ha  comportato  la  possibilita'  di
ricorrere,  per  la  gestione   delle   problematiche   relative   al
sovrappopolamento delle nutrie, a tutti gli strumenti  impiegati  per
le specie nocive, non solo in un'ottica di contenimento, ma anche per
l'eliminazione totale di detti animali, analogamente a quanto avviene
per le derattizzazioni. 
    Proprio in questa prospettiva, la legge della  Regione  Lombardia
oggetto  di  scrutinio,   al   fine   di   tutelare   le   produzioni
zoo-agro-forestali, la rete irrigua, il suolo e la  salute  pubblica,
si  propone  di  conservare   le   «caratteristiche   qualitative   e
quantitative  delle  comunita'  di  vertebrati  omeotermi,   mediante
l'eradicazione  delle  popolazioni  di  nutria   (Myocastor   Coypus)
presenti sul territorio regionale, attraverso  l'utilizzo  di  metodi
selettivi» (art. 1  della  legge  regionale  n.  20  del  2002,  come
sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera b, della legge regionale  n.
32 del 2014). 
    Essa prevede, in particolare, che l'azione di eradicazione  della
nutria sia regolata da un programma triennale regionale, attuato  per
il tramite di appositi piani predisposti dalle Province,  e  che  sia
eseguita con  metodi  di  controllo  selettivi  posti  in  essere  da
soggetti qualificati e  autorizzati,  nel  rispetto  delle  leggi  di
pubblica sicurezza e sanitarie (artt. 2 e 3 della legge regionale  n.
20 del 2002, come sostituiti dall'art. 1, comma 1,  lettere  c  e  d,
della legge regionale n. 32 del 2014). 
    3.2.- Cio' premesso, deve  escludersi  che  la  norma  censurata,
nell'individuare le metodologie di eradicazione delle nutrie,  invada
la competenza legislativa statale esclusiva  in  materia  di  «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali»  (art.  117,
secondo comma,  lettera  s,  Cost.),  in  ragione  del  suo  asserito
contrasto con i divieti stabiliti dall'art. 21, comma 1, lettere u) e
z), della legge n. 157 del 1992: divieti che - come gia' rilevato  da
questa Corte (sentenze n. 106 del 2012 e n. 193 del 2010)  -  debbono
ritenersi formulati nell'esercizio della suddetta competenza  statale
esclusiva, traducendosi nella  determinazione  di  livelli  minimi  e
uniformi di tutela della fauna, che la legge regionale puo'  variare,
in  considerazione  delle  specifiche  condizioni  e  necessita'  dei
singoli territori, solo nella direzione di un incremento e mai di una
attenuazione, comunque motivata. 
    Alla luce  di  quanto  dianzi  evidenziato,  infatti,  i  divieti
evocati dal ricorrente non sono riferibili, come tali,  all'attivita'
di controllo ed eradicazione delle nutrie,  stante  l'estraneita'  di
queste ultime alla fauna selvatica omeoterma tutelata dalla legge  n.
157 del 1992. 
    Neppure, d'altro canto, il vulnus  costituzionale  denunciato  e'
riscontrabile sotto il profilo del difetto  di  reale  "selettivita'"
delle tre metodologie di eradicazione su cui si appuntano le  censure
del Governo (impiego di «armi comuni da sparo», di  «armi  da  lancio
individuale» e «trappolaggio con successivo abbattimento dell'animale
con narcotici, armi ad aria compressa o armi comuni da sparo») e  del
conseguente rischio che esse  coinvolgano  esemplari  appartenenti  a
specie protette. 
    Quanto alle armi comuni da sparo e alle  trappole,  le  soluzioni
accolte dal legislatore regionale si adeguano, nella  sostanza,  alle
indicazioni   fornite,   anteriormente   alla   novella   del   2014,
dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) - oggi Istituto
superiore per  la  protezione  e  la  ricerca  ambientale  (ISPRA)  -
relativamente all'applicazione dell'art. 19 della legge  n.  157  del
1992: norma in forza della quale il controllo delle popolazioni delle
specie di fauna selvatica (e,  dunque,  a  quel  tempo,  anche  delle
nutrie) doveva essere  «esercitato  selettivamente,  [...]  di  norma
mediante l'utilizzo di metodi  ecologici»,  su  parere  del  predetto
Istituto. 
    Nelle «Linee guida  per  il  controllo  della  Nutria  (Myocastor
coypus)» redatte nel 2001, l'INFS individuava, infatti, proprio nella
cattura  «in  vivo»  mediante   «gabbie-trappola»,   con   successiva
soppressione eutanasica degli esemplari  catturati,  il  metodo  piu'
idoneo allo  scopo,  perche'  rispondente  ai  requisiti  di  massima
selettivita' d'azione, efficacia  e  ridotto  disturbo  verso  specie
diverse da quella bersaglio. Le trappole in rete metallica,  infatti,
non   producono   normalmente    danni    ai    soggetti    catturati
(compatibilmente  con  i   tempi   di   permanenza   nella   gabbia),
consentendo, altresi', di verificare  preventivamente  la  specie  di
appartenenza  prima  della  soppressione.  Come  misura   suppletiva,
l'Istituto suggeriva, altresi', il ricorso all'abbattimento con  armi
da fuoco, specialmente in caso di persistenti gelate. 
    3.3.- Egualmente  insussistente,  per  analoghe  ragioni,  e'  la
dedotta violazione dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  conseguente
all'asserito contrasto della norma  censurata  con  la  direttiva  n.
2009/147/CE e, in modo particolare, con  il  divieto  di  impiego  di
trappole sancito dall'art. 8, in riferimento all'Allegato IV, lettera
a), della stessa direttiva. 
    La  direttiva  n.  2009/147/CE  non   e',   infatti,   riferibile
all'attivita' di controllo ed eradicazione delle nutrie, attenendo in
via esclusiva alla conservazione degli uccelli  selvatici.  Anche  il
divieto di fare impiego di trappole riguarda, in modo  specifico,  ai
sensi del citato art. 8, «la caccia,  la  cattura  o  l'uccisione  di
uccelli nel quadro della [...] direttiva» medesima. 
    Quanto, poi, al preteso carattere non selettivo  del  metodo  del
«trappolaggio», valgono i rilievi formulati in precedenza. 
    3.4.- Neppure, infine, e' ravvisabile - con riguardo al  previsto
utilizzo di armi da fuoco - la denunciata violazione  della  potesta'
legislativa esclusiva in materia di  «ordine  pubblico  e  sicurezza»
(art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.). 
    A prescindere da ogni altro possibile rilievo, vale  al  riguardo
osservare che l'art. 3, comma 2, della legge regionale 20  del  2002,
nel testo sostituito dalla norma censurata, esige  espressamente  che
l'abbattimento degli animali abbia luogo nel «rispetto delle leggi  e
delle norme di pubblica  sicurezza»,  richiedendo,  altresi',  che  i
soggetti che partecipano alle  operazioni  siano  «in  possesso,  ove
previsto dalla normativa vigente, di porto d'armi ad uso venatorio  o
ad uso sportivo e con copertura assicurativa in corso». 
    Tali previsioni, in quanto volte a far salva la normativa statale
in materia, rendono la disposizione regionale conforme, in parte qua,
al riparto di competenze fissato dalla Costituzione.