ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n.  11  (Modifiche
alla legge regionale 16 aprile 1985,  n.  33  "Norme  per  la  tutela
dell'ambiente" e  successive  modificazioni),  sostitutivo  dell'art.
65-bis, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 aprile 1985,  n.
33 (Norme  per  la  tutela  dell'ambiente),  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Verona nel procedimento vertente tra la Garda Uno Spa  e
la Provincia di Verona con ordinanza del 24 febbraio  2014,  iscritta
al n. 101 del registro ordinanze 2015  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 22,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visto l'atto di intervento della Regione Veneto. 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2016  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di  Verona,  con  l'ordinanza
indicata  in  epigrafe,  dubita  della  legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 1, della legge della Regione  Veneto  24  febbraio
2012, n. 11 (Modifiche alla legge regionale 16  aprile  1985,  n.  33
"Norme per la  tutela  dell'ambiente"  e  successive  modificazioni),
nella parte in cui attribuisce alle Province il compito  di  irrogare
le sanzioni amministrative pecuniarie di  competenza  della  Regione,
previste dall'art. 133 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152
(Norme in materia ambientale); 
    che il giudice rimettente ritiene la  questione  di  legittimita'
costituzionale  rilevante,  in  quanto  la  determinazione  circa  la
legittimita' costituzionale delle disposizioni che attribuiscono alle
Provincie  ordinarie  il  potere  di   irrogare   siffatte   sanzioni
amministrative  sarebbe  pregiudiziale  alla  decisione  nel  merito,
concernente l'impugnazione di  un'ordinanza  di  ingiunzione  emanata
dalla Provincia di Verona; 
    che, secondo il rimettente, la disposizione censurata invaderebbe
la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema»  e  di  «giurisdizione   e   norme
processuali», determinando  una  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettere s) ed l), della Costituzione; 
    che, secondo il rimettente, anche a  voler  ricondurre  la  norma
regionale  censurata   nell'ambito   di   una   materia   legislativa
concorrente, trattandosi di determinazione dei principi  fondamentali
della materia, vi sarebbe comunque violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. e dei relativi principi fondamentali della materia; 
    che, con atto depositato in data 22 aprile 2015,  e'  intervenuta
la  Regione   Veneto,   contestando   l'ammissibilita'   e   comunque
argomentando per la manifesta infondatezza delle censure promosse dal
giudice rimettente; 
    che  la  Regione  interveniente,  richiamando  la  giurisprudenza
costituzionale e in particolare la sentenza n. 259 del 2004,  afferma
che, al fine di valutare la legittimita' costituzionale di una norma,
statale o regionale, attributiva di una competenza amministrativa, il
parametro di riferimento  e'  rinvenibile  non  tanto  nell'art.  117
Cost., che attiene alla ripartizione  della  competenza  legislativa,
quanto nell'art. 118 Cost., e nel  principio  di  sussidiarieta'  ivi
enunciato; 
    che, secondo la Regione, le  sanzioni  amministrative,  ancorche'
misure afflittive, devono essere distinte dalla  sanzione  penale  (o
civile),  con  la  conseguenza  che  le   prime   non   sono   dunque
riconducibili all'esercizio di una potesta' giurisdizionale; 
    che, infine, sempre ad avviso dell'interveniente, il  giudice  ha
omesso di indicare l'ambito materiale di legislazione  concorrente  a
cui sarebbe da ascrivere la legge  regionale  impugnata,  nonche'  il
principio  fondamentale  della  legislazione  statale  che  la  legge
regionale avrebbe, in ipotesi, violato. 
    Considerato che il Tribunale ordinario  di  Verona  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della  legge  della
Regione  Veneto  24  febbraio  2012,  n.  11  (Modifiche  alla  legge
regionale 16 aprile 1985, n. 33 "Norme per la tutela  dell'ambiente",
e successive modificazioni), che attribuisce alle Province  ordinarie
il compito di  irrogare  le  sanzioni  amministrative  pecuniarie  di
competenza  della  Regione,  previste  dall'art.  133   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere s) ed  l),  e  terzo
comma della Costituzione; 
    che, nei termini in cui e' stata formulata, la questione presenta
plurimi e insuperabili profili di inammissibilita', data,  anzitutto,
la evidente inconferenza del riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettere s) ed l), Cost., che attribuisce  alla  competenza  esclusiva
dello Stato funzioni legislative in materia di «tutela  dell'ambiente
e dell'ecosistema» e di «giurisdizione e norme processuali»; 
    che, in riferimento ai medesimi  parametri,  l'ordinanza  e'  del
tutto priva di argomentazioni che illustrino le ragioni di  contrasto
tra   la   disposizione   censurata   e   gli   invocati    parametri
costituzionali, cio'  che,  per  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte,   integra   a   sua   volta   un'insuperabile    ragione    di
inammissibilita', non essendo sufficiente l'indicazione  delle  norme
da raffrontare, per valutare la compatibilita' dell'una  rispetto  al
contenuto precettivo dell'altra (ex plurimis,  sentenze  n.  120  del
2015 e n. 236 del 2011; ordinanze n. 26 del 2012, n. 321 del  2010  e
n. 181 del 2009); 
    che analoghe carenze argomentative sono  riscontrabili  anche  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost.,  dato  che  l'ordinanza
non individua la materia di legislazione concorrente  che  si  reputa
violata, ne' adduce motivazioni sufficienti a chiarire le ragioni per
cui  la  disposizione  censurata  comporterebbe  la  violazione   del
parametro invocato; 
    che,  rispetto  al  medesimo  art.  117,  terzo   comma,   Cost.,
l'ordinanza  risulta   anche   carente   sotto   il   profilo   della
ricostruzione del quadro normativo  di  riferimento  (tra  le  tante,
ordinanze n. 209 e n. 115 del 2015), con  conseguente  compromissione
dell'«iter logico argomentativo posto a  fondamento  della  sollevata
censura»  (sentenza  n.  18  del  2015),  ricostruzione  tanto   piu'
necessaria in casi, come quello all'esame  della  Corte,  in  cui  il
giudizio di legittimita' costituzionale non  puo'  risolversi  in  un
mero confronto binario, dato che la legge statale (art. 135, comma 1,
del d.lgs. n. 152 del 2006), modificando il  regime  previgente,  non
prevede piu' esplicitamente,  come  invece  disponeva  esplicitamente
l'art.  56  del  decreto  legislativo  11   maggio   1999,   n.   152
(Disposizioni  sulla   tutela   delle   acque   dall'inquinamento   e
recepimento della direttiva  91/271/CEE  concernente  il  trattamento
delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa  alla
protezione  delle  acque  dall'inquinamento  provocato  dai   nitrati
provenienti da fonti agricole),  il  potere  delle  Regioni  e  delle
Province autonome, soggetti titolari della potesta'  di  irrogare  le
sanzioni amministrative pecuniarie,  di  delegarne  l'esercizio  alle
Province ordinarie; 
    che tale omissione risulta ancora piu' evidente se  si  considera
che la giurisprudenza di merito, chiamata a  interpretare  il  citato
art. 135 del d.lgs. n. 152 del 2006 nel confronto con  il  previgente
art.  56  del  d.lgs.  n.  152   del   1999,   esprime   orientamenti
giurisprudenziali contrapposti, taluni favorevoli e altri contrari al
riconoscimento della facolta' di delegare  alle  Province  il  potere
sanzionatorio in questione; 
    che, dunque, alla luce della incompleta ricostruzione normativa e
del contrasto giurisprudenziale in atto, il presente giudizio  appare
impropriamente diretto a ottenere da questa  Corte  un  avallo  della
interpretazione gia' ritenuta incostituzionale dal giudice rimettente
(ex plurimis, ordinanze n. 198 del 2013 e n. 322 del 2010); 
    che,  pertanto,  la   sollevata   questione   e'   manifestamente
inammissibile.