ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7,
della legge 15 dicembre 2014, n.  186  (Disposizioni  in  materia  di
emersione e rientro di capitali detenuti all'estero  nonche'  per  il
potenziamento  della  lotta  all'evasione  fiscale.  Disposizioni  in
materia di autoriciclaggio), promosso dalla  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste con ricorso spedito  per  la  notifica  il  12
febbraio 2015, depositato in  cancelleria  il  17  febbraio  2015  ed
iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e l'avvocato dello Stato  Paolo  Gentili
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha  proposto   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 7, della legge 15 dicembre 2014, n.
186 (Disposizioni in materia  di  emersione  e  rientro  di  capitali
detenuti  all'estero  nonche'  per  il  potenziamento   della   lotta
all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio), in
riferimento all'art. 116 della Costituzione ed agli artt. 48-bis e 50
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4  (Statuto  speciale
per la Valle d'Aosta),  in  relazione  agli  artt.  2,  primo  comma,
lettere a) e b), 3, secondo comma, 4, terzo comma, e 8 della legge 26
novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento  finanziario  della
regione Valle d'Aosta), ed all'art.  1  del  decreto  legislativo  22
aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione Valle d'Aosta), nonche' in riferimento al principio di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge n. 186  del  2014,
inserendo nel decreto-legge 28 giugno 1990,  n.  167  (Rilevazione  a
fini fiscali di taluni trasferimenti da e  per  l'estero  di  denaro,
titoli e valori) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma
1, della legge 4 agosto 1990, n. 227 - gli  articoli  da  5-quater  a
5-septies,  ha  istituito  e  disciplinato  una  nuova  procedura  di
collaborazione volontaria attraverso la quale i contribuenti  di  cui
all'art. 4, comma 1, del d.l. n. 167 del 1990 possono  spontaneamente
indicare all'amministrazione le attivita' finanziarie e  patrimoniali
costituite o detenute all'estero e definire, attraverso il versamento
di quanto dovuto, anche a titolo di sanzione, le violazioni  commesse
fino al 30 settembre 2014  «in  materia  di  imposte  sui  redditi  e
relative addizionali, di imposte sostitutive,  di  imposta  regionale
sulle attivita' produttive e di imposta sul valore aggiunto», nonche'
le eventuali violazioni relative  alla  dichiarazione  dei  sostituti
d'imposta. 
    Il comma 2 del medesimo art. 1 estende la  fruibilita'  di  detta
procedura  di  collaborazione  volontaria  -  con   le   integrazioni
prescrizionali  dettate  dai  successivi  commi  3  e  4  -  anche  a
contribuenti diversi da quelli indicati dal citato art. 4 del d.l. n.
167 del 1990. 
    Infine, l'art. 1, comma 7, della legge n. 186  del  2014  prevede
che «Le entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni  di  cui
agli articoli da 5-quater a 5-septies  del  decreto-legge  28  giugno
1990, n. 167, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  agosto
1990, n. 227,  introdotti  dal  comma  1,  nonche'  quelle  derivanti
dall'attuazione dei commi 2, 3 e 4 del presente articolo, affluiscono
ad apposito capitolo  dell'entrata  del  bilancio  dello  Stato,  per
essere destinate, anche mediante riassegnazione: a) al pagamento  dei
debiti  commerciali  scaduti  in  conto  capitale,  anche  prevedendo
l'esclusione  dai  vincoli  del  patto  di  stabilita'  interno;   b)
all'esclusione dai medesimi vincoli delle risorse assegnate a  titolo
di cofinanziamento nazionale dei programmi dell'Unione europea  e  di
quelle derivanti dal riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione;
c) agli investimenti pubblici; d) al Fondo  per  la  riduzione  della
pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni». 
    1.1.- La Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  lamenta
che il citato comma 7, devolvendo integralmente all'Erario  le  somme
riscosse all'esito delle nuove procedure di collaborazione volontaria
a titolo di imposte sui redditi  e  delle  relative  addizionali,  di
imposte sostitutive di quelle sui redditi, di imposta regionale sulle
attivita' produttive (IRAP), di imposta sul valore aggiunto  (IVA)  e
di  dichiarazione  dei   sostituti   d'imposta,   violi   l'autonomia
finanziaria riconosciutale dalla legge n. 690 del 1981,  adottata  ai
sensi dell'art. 50 dello statuto. 
    In particolare, la norma censurata contrasterebbe: con l'art.  2,
primo comma, lettere a) e b),  della  legge  n.  690  del  1981,  che
attribuisce alla Regione «il gettito  delle  sotto  indicate  imposte
erariali  sul  reddito  e  sul  patrimonio  percette  nel  territorio
regionale, nonche' delle imposte sostitutive: a) imposta sul  reddito
delle persone fisiche; b) imposta sul reddito  delle  societa'»;  con
l'art. 3, secondo  comma,  della  medesima  legge,  secondo  cui  «E'
altresi' attribuito  alla  regione  Valle  d'Aosta  l'intero  gettito
dell'imposta  sul   valore   aggiunto,   compresa   quella   relativa
all'importazione,  al  netto  dei  rimborsi   effettuati   ai   sensi
dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente della  Repubblica  26
ottobre  1972,  n.  633,  e  successive  modificazioni,   determinato
assumendo  a  riferimento  i  consumi  finali  rilevati   nell'ultimo
triennio disponibile»; con il successivo art. 4, terzo comma, secondo
cui «Sono, altresi', attribuiti alla regione  Valle  d'Aosta  i  nove
decimi di  tutte  le  altre  entrate  tributarie  erariali,  comunque
denominate, percette nel territorio regionale, ad eccezione di quelle
relative ai giochi pubblici». 
    Il  mancato  rispetto  delle  citate  disposizioni   -   relative
all'ordinamento finanziario regionale alla  stregua  di  quanto  loro
demandato dall'art. 116, primo comma, Cost. per il tramite  dell'art.
50 dello statuto e modificabili  solo  con  il  procedimento  di  cui
all'art. 48-bis dello statuto  medesimo  ai  sensi  dell'art.  1  del
d.lgs. n. 320 del 1994 - si risolverebbe anche in una violazione  dei
citati parametri costituzionali e statutari. 
    Secondo la ricorrente, inoltre, la norma censurata  non  potrebbe
trovare fondamento nell'art. 8 della legge n. 690 del  1981,  secondo
cui  «Il  provento  derivante   alla   regione   Valle   d'Aosta   da
maggiorazioni di aliquote e da altre  modificazioni  dei  tributi  ad
essa devoluti, disposte successivamente alla entrata in vigore  della
legge 6 dicembre 1971, n. 1065, ove sia destinato per legge, ai sensi
dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, per la  copertura
di nuove o maggiori  spese  che  sono  da  effettuare  a  carico  del
bilancio statale, e' riversato allo Stato. 
    L'ammontare di cui al comma precedente e' determinato per ciascun
esercizio finanziario con decreto dei Ministri delle  finanze  e  del
tesoro, d'intesa con il presidente della giunta regionale». 
    Da un lato, infatti,  nella  fattispecie  non  si  riscontrerebbe
alcuna maggiorazione di aliquota o altra modificazione dei tributi in
considerazione,  trattandosi  del  recupero  di  somme   dovute   fin
dall'origine  ed  evase.  Dall'altro,  l'ammontare  devoluto  avrebbe
dovuto essere determinato d'intesa con  il  Presidente  della  Giunta
regionale e  non  unilateralmente,  come  in  concreto  avvenuto,  in
violazione dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 690 del 1981  e
del principio di leale collaborazione di  cui  agli  artt.  5  e  120
Cost., anche nel caso in cui il legislatore avesse inteso  perseguire
scopi perequativi o solidaristici, circostanza da escludere alla luce
della destinazione impressa alle somme riservate. 
    2.- Con atto depositato il 1° aprile 2015  si  e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo l'infondatezza
del ricorso. 
    2.1.- L'intervenuto  sostiene  che  la  normativa  censurata,  in
attuazione delle direttive 10 giugno 1991, n.  91/308/CEE  (Direttiva
del  consiglio  relativa  alla  prevenzione  dell'uso   del   sistema
finanziario  a  scopo  di  riciclaggio  dei  proventi  di   attivita'
illecite), 4 dicembre 2001, n. 2001/97/CE (Direttiva  del  Parlamento
europeo e del Consiglio recante modifica della  direttiva  91/308/CEE
del  Consiglio  relativa  alla  prevenzione  dell'uso   del   sistema
finanziario  a  scopo  di  riciclaggio  dei  proventi  di   attivita'
illecite) e 26 ottobre 2005, n. 2005/60/CE (Direttiva del  Parlamento
europeo e  del  Consiglio  relativa  alla  prevenzione  dell'uso  del
sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di  attivita'
criminose e di finanziamento del terrorismo), avrebbe la finalita' di
consentire l'emersione delle  attivita'  finanziarie  e  patrimoniali
occultate  all'estero  allo  scopo   di   permettere   una   migliore
tracciabilita' dei  movimenti  internazionali  di  capitale  e  cosi'
accrescere le possibilita' di intervento preventivo e repressivo  del
riciclaggio  internazionale.   In   tale   ottica   andrebbe   intesa
l'attenuazione dell'ordinario regime sanzionatorio che, tra  l'altro,
esclude la punibilita' per i fatti di riciclaggio che l'adesione alla
collaborazione  volontaria  abbia   fatto   emergere,   al   contempo
aggravando le pene per quelli commessi in futuro. 
    Tanto premesso, la devoluzione all'Erario di quanto riscosso  per
effetto  delle  procedure   di   collaborazione   volontaria,   senza
differenziazioni territoriali, sarebbe giustificata dalla  necessita'
di immettere nuovamente le somme «nel circuito dell'economia  lecita»
attraverso le destinazioni loro impresse dall'art. 1, comma 7,  della
legge n. 186 del 2014. Tale  esigenza  impedirebbe  di  tenere  conto
delle  norme  di  attuazione   statutaria   che   in   via   generica
attribuiscono alle autonomie speciali il gettito integrale o parziale
di  entrate  erariali.  Ove  cio'  non  fosse,  le  nuove  misure  si
tradurrebbero in un vantaggio per gli  autori  delle  violazioni  non
adeguatamente compensato da un  equivalente  beneficio  pubblico,  in
violazione della discrezionalita'  del  legislatore  che  li  avrebbe
correlati e degli artt. 3 e 53 Cost. 
    Secondo il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  le  medesime
ragioni  impedirebbero  differenziazioni  temporali   nell'attuazione
della manovra, come accadrebbe se, con riferimento  alla  ricorrente,
si dovesse attendere il raggiungimento dell'intesa. Peraltro, essendo
prevista la destinazione del gettito, anche mediante  riassegnazione,
e l'adozione di piu' decreti per stabilire  criteri  e  modalita'  di
ripartizione delle nuove entrate  tra  le  finalita'  indicate  dalle
norme censurate, nonche' di attribuzione delle somme per ciascuna  di
esse,  il  principio  di  leale   collaborazione   potrebbe   trovare
applicazione in dette sedi. 
    Infine, in via subordinata, quand'anche si volesse considerare la
normativa in esame alla stregua di un condono fiscale, mancherebbe il
presupposto  della  percezione  delle  entrate   in   questione   nel
territorio regionale, ossia un collegamento territoriale tra  esse  e
la ricorrente. A  seguito  della  costituzione  o  del  trasferimento
all'estero, infatti, in virtu'  della  procedura  in  esame  la  base
imponibile  assumerebbe  un  connotato  di  extraterritorialita'  che
separerebbe la componente  «estera»  dal  coacervo  delle  altre,  in
deroga al principio di unicita' della base imponibile. 
    2.2.- Con memoria depositata  il  2  febbraio  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato, evidenziata la  correlazione  della  disciplina
della  procedura  di   collaborazione   volontaria   con   la   lotta
all'evasione fiscale e con le linee tratteggiate  dall'Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), sostiene  che  lo
strumento in considerazione non possa  essere  inteso  come  relativo
alle ordinarie imposte  sul  reddito  delle  persone  fisiche  e  sul
reddito delle societa'. In particolare, dal fatto che il contribuente
possa corrispondere, ai sensi dell'art.  5-quinquies,  comma  8,  del
d.l.  n.  167  del  1990,  una  somma  forfettaria  in  deroga   alla
determinazione analitica e dal fatto che la  modalita'  ordinaria  di
cui  all'art.  5-quater,  comma   1,   lettera   b),   del   medesimo
decreto-legge rappresenti in realta' una  determinazione  transattiva
si desumerebbe la scissione della percezione delle imposte,  che  qui
vengono  in  rilievo,  dal  territorio  dello  Stato  e  da  una  sua
particolare area e che  la  procedura  di  collaborazione  concordata
esuli  dagli  schemi  statutari  di  compartecipazione  al   relativo
gettito, risultando una forma di adempimento dello Stato al complesso
delle obbligazioni internazionali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha  proposto   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 7, della legge 15 dicembre 2014, n.
186 (Disposizioni in materia  di  emersione  e  rientro  di  capitali
detenuti  all'estero  nonche'  per  il  potenziamento   della   lotta
all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio), in
riferimento all'art. 116 della Costituzione ed agli artt. 48-bis e 50
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4  (Statuto  speciale
per la Valle d'Aosta),  in  relazione  agli  artt.  2,  primo  comma,
lettere a) e b), 3, secondo comma, 4, terzo comma, e 8 della legge 26
novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento  finanziario  della
regione Valle d'Aosta), ed all'art.  1  del  decreto  legislativo  22
aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione Valle d'Aosta), nonche' in riferimento al principio di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    1.1.- In particolare, l'art. 1 della legge n. 186 del  2014,  nei
commi precedenti a quello  impugnato,  ha  istituito  e  disciplinato
procedure  di  collaborazione  volontaria  attraverso  le   quali   i
contribuenti possono spontaneamente definire, mediante il  versamento
di quanto dovuto, anche a  titolo  di  sanzione,  le  violazioni  «in
materia di imposte sui redditi e  relative  addizionali,  di  imposte
sostitutive, di imposta regionale sulle  attivita'  produttive  e  di
imposta  sul  valore  aggiunto»,  nonche'  le  eventuali   violazioni
relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, con  riferimento
ad attivita' finanziarie e patrimoniali costituite o  detenute  anche
all'estero. 
    Il  censurato  comma  7  prevede   che   le   entrate   derivanti
dall'attuazione delle procedure poc'anzi menzionate affluiscono ad un
apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato,  per  essere
successivamente  destinate  a  specifiche  finalita'  indicate  nella
disposizione medesima. 
    La ricorrente lamenta  che  la  norma,  devolvendo  integralmente
all'Erario  le  somme   riscosse,   violi   l'autonomia   finanziaria
riconosciutale dalla  legge  n.  690  del  1981,  adottata  ai  sensi
dell'art. 50 dello statuto e modificabile solo con il procedimento di
cui all'art. 48-bis del statuto medesimo. 
    In particolare,  la  disposizione  impugnata  contrasterebbe  con
quelle dell'ordinamento finanziario regionale che attribuiscono  alla
Regione, se percepito nel suo territorio, il  gettito  delle  imposte
erariali sul reddito delle persone fisiche e delle societa',  nonche'
delle  imposte  sostitutive,  il  gettito  dell'imposta  sul   valore
aggiunto (IVA) e - per nove decimi - il provento di  tutte  le  altre
entrate tributarie erariali, comunque  denominate,  ad  eccezione  di
quelle relative ai giochi pubblici. 
    Secondo la ricorrente, inoltre, la norma censurata  non  potrebbe
trovare fondamento nell'art. 8 della  legge  n.  690  del  1981,  che
disciplina la deroga al descritto regime di devoluzione,  consentendo
la riserva all'Erario di quanto altrimenti di spettanza regionale. Da
un lato, infatti, nella  fattispecie  non  si  riscontrerebbe  alcuna
modificazione dei tributi in considerazione, trattandosi del recupero
di somme originariamente dovute  ed  evase;  dall'altro,  l'ammontare
devoluto avrebbe dovuto essere determinato d'intesa con il Presidente
della Giunta  regionale  e  non  unilateralmente,  come  in  concreto
avvenuto.  Cio'  anche  in  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    2.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 7, della legge n. 186  del  2014,  in  riferimento  agli  artt.
48-bis e 50 dello statuto Valle d'Aosta ed in relazione agli artt. 2,
primo comma, lettere a) e b), 3, secondo comma, 4, terzo comma,  e  8
della legge n. 690 del 1981 ed all'art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994,
e' fondata. 
    Le entrate in  contestazione  riguardano  il  gettito  tributario
originariamente  evaso  attraverso  la  violazione   degli   obblighi
dichiarativi  e,  successivamente,  "emerso"  in  applicazione  delle
citate procedure. 
    In ragione del richiamo operato dal comma 7 ai precedenti commi 1
e 2 dell'art. 1 della legge n. 186 del 2014, si  tratta  del  gettito
delle imposte sui redditi, delle relative addizionali e delle imposte
sostitutive,  del  gettito  dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
produttive  (IRAP)  e  dell'IVA  nonche'  di  quello  derivante   dai
sostituti di imposta, ossia da chi «in forza di disposizioni di legge
e' obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per  fatti  o
situazioni a questi riferibili ed anche a titolo  di  acconto  [...]»
(art. 64, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, recante «Disposizioni comuni  in  materia  di
accertamento delle imposte sui redditi»). 
    Come dedotto in ricorso, l'ordinamento finanziario della  Regione
autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  (legge  n.  690  del  1981)
attribuisce integralmente alla stessa Regione il gettito dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche,  dell'imposta  sul  reddito  delle
societa', delle relative imposte sostitutive (art.  2,  primo  comma,
lettere a e b), dell'IVA (art. 3, secondo comma), nonche', per i nove
decimi,  quello  di  tutte  le  altre  entrate  tributarie  erariali,
comunque denominate, «percette» nel  territorio  regionale  (art.  4,
terzo comma). Dunque, il censurato comma 7, sottraendo alla  Regione,
in tutto o in parte, il gettito, ottenuto grazie  alle  procedure  di
collaborazione volontaria, di tributi erariali ad essa spettante,  si
pone  in  contrasto  con  le  evocate  disposizioni  dell'ordinamento
finanziario regionale che tale devoluzione prevedono. 
    Non e' applicabile al caso in esame l'art. 8, primo comma,  della
legge n. 690 del 1981, il quale  prevede  -  in  deroga  alla  regola
generale - che «Il provento derivante alla regione Valle  d'Aosta  da
maggiorazioni di aliquote e da altre  modificazioni  dei  tributi  ad
essa devoluti, disposte successivamente alla entrata in vigore  della
legge 6 dicembre 1971, n. 1065, ove sia destinato per legge, ai sensi
dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, per la  copertura
di nuove o maggiori  spese  che  sono  da  effettuare  a  carico  del
bilancio statale, e' riversato allo Stato».  Infatti,  la  disciplina
delle procedure di collaborazione  volontaria  non  determina  alcuna
maggiorazione di aliquota ne'  una  generale  modifica  dei  tributi,
trattandosi, a legislazione  fiscale  sostanzialmente  immutata,  del
gettito tributario originariamente dovuto ed illecitamente sottratto. 
    2.1.- E' destituita di fondamento la difesa  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, il quale giustifica la destinazione in deroga
alle previsioni dell'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta  con
la  necessita'  di  immettere  nuovamente  le  somme  percepite  «nel
circuito  dell'economia  lecita»  attraverso  le  destinazioni   loro
impresse dall'art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014. Occorre a
tal fine considerare che le procedure  di  collaborazione  volontaria
sono adottate con lo scopo di contrastare i fenomeni di evasione e di
elusione  fiscale,  in  conformita'  alle   linee   guida   tracciate
dall'Organizzazione per  la  cooperazione  e  lo  sviluppo  economico
(OCSE), le quali  mirano  a  conciliare  l'esigenza  di  ottenere  un
maggior gettito nel breve periodo con quella di migliorare  il  tasso
di  adempimento  agli  obblighi  fiscali  nel  lungo  periodo.   Cio'
attraverso la favorevole opzione di attenuare il regime sanzionatorio
per chi vi aderisce versando quanto originariamente dovuto  a  titolo
d'imposta. 
    In tale prospettiva la concreta devoluzione del gettito assume un
connotato di assoluta neutralita', poiche' la nuova immissione  delle
somme percepite nel circuito dell'economia  lecita  avviene  sia  nel
caso di destinazione allo Stato che in  quello  di  devoluzione  alla
Regione.  Diversamente  opinando,  vale  a  dire  ritenendo  che   la
devoluzione alla Regione non risponda a tale  scopo,  si  perverrebbe
all'implicita affermazione che  detta  destinazione,  pur  necessaria
secondo le disposizioni dell'ordinamento finanziario  regionale,  non
costituirebbe impiego lecito o rispondente all'interesse pubblico. 
    In definitiva la pretesa correlazione -  sostenuta  dalla  difesa
erariale - tra procedure di  collaborazione  volontaria  e  specifica
destinazione del  gettito  allo  Stato  non  emerge  dalla  obiettiva
configurazione delle norme che hanno introdotto tale istituto,  tutte
orientate alla finalita' di contrasto dell'evasione fiscale. 
    2.2.- Non si puo' neppure condividere la  difesa  del  Presidente
del Consiglio dei ministri, secondo cui le entrate in  considerazione
non  sarebbero  «percette»  nel  territorio  valdostano,  in   quanto
mancherebbe  un   collegamento   territoriale   per   effetto   della
connotazione  "estera"  dell'imponibile  (trattandosi  di   attivita'
finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio
nazionale). Anzitutto, il gettito tributario  destinato  al  bilancio
dello Stato non deriva soltanto  dalla  procedura  di  collaborazione
volontaria internazionale, ma anche da quella nazionale  afferente  a
violazioni  riguardanti  obblighi  di  dichiarazione  per   attivita'
detenute in Italia (commi 2, 3 e 4 del medesimo art. 1 della legge n.
186 del 2014). Inoltre, occorre evidenziare come la disciplina  delle
procedure  di  collaborazione  volontaria  non  innovi  l'ordinamento
quanto a modalita' di pagamento dei tributi, onde la configurabilita'
della loro percezione nel territorio della Regione ricorrente. 
    Tale conclusione non e' smentita dall'art. 2,  comma  1,  lettera
a), numero 2), del decreto-legge 30 settembre 2015,  n.  153  (Misure
urgenti per la finanza  pubblica)  -  come  modificato,  in  sede  di
conversione, dall'art. 1, comma 1, della legge 20 novembre  2015,  n.
187 - secondo cui «[...] la competenza alla  gestione  delle  istanze
presentate, per la prima volta, a decorrere dal 10  novembre  2015  e
all'emissione dei relativi atti, compresi quelli di accertamento e di
contestazione delle violazioni, per tutte le annualita' oggetto della
procedura    di    collaborazione    volontaria,    e'     attribuita
all'articolazione  dell'Agenzia   delle   entrate   individuata   con
provvedimento del direttore dell'Agenzia medesima, da  emanare  entro
la data di entrata in  vigore  della  presente  disposizione».  Detta
disposizione, diversamente dalla  fattispecie  scrutinata  da  questa
Corte con la sentenza n. 89 del 2015, la quale riguardava la  diversa
ipotesi di collegamento tra il luogo di versamento e la sede centrale
delle amministrazioni erogatrici dei compensi assoggettati ad imposta
«senza che vengano in considerazione ne'  il  domicilio  fiscale  del
dipendente, ne'  la  localizzazione  degli  impianti  e  stabilimenti
dell'amministrazione  presso  i  quali   viene   svolta   l'attivita'
lavorativa», non incide sulla fase di  riscossione  dei  tributi,  ma
comporta soltanto l'eventuale spostamento al di fuori del  territorio
regionale  della  competenza   alla   gestione   delle   istanze   di
collaborazione volontaria presentate, per la prima volta, a decorrere
dal 10 novembre 2015. 
    D'altra parte, occorre rammentare come, a presidio dell'autonomia
speciale, l'art. 5, secondo  comma,  della  legge  n.  690  del  1981
disponga che  nell'ammontare  dei  proventi  erariali  devoluti  alla
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste «sono comprese anche le
entrate afferenti all'ambito  regionale  ed  affluite,  per  esigenze
amministrative, dal territorio della regione stessa ad uffici situati
fuori del territorio medesimo». Tale previsione evita che  il  regime
di  compartecipazione  regionale   possa   essere   pregiudicato   da
interventi  normativi  che,  senza  determinare  un  mutamento  della
disciplina delle modalita' di pagamento  dei  tributi,  dirottino  il
relativo  afflusso  da  uffici  finanziari  situati  nel   territorio
regionale ad uffici ubicati all'esterno di esso solo per  contingenti
esigenze «amministrative» (contabili  o  di  organizzazione  interna)
degli uffici finanziari stessi (sentenza n. 116 del 2010). 
    2.3.-  Infine,  non  puo'  essere   accolta   neppure   la   tesi
dell'Avvocatura generale  dello  Stato,  secondo  la  quale  l'intesa
prevista dall'art. 8, secondo comma, della  legge  n.  690  del  1981
potrebbe essere posticipata ad un secondo momento, in  particolare  a
quello dell'adozione dei decreti di cui all'art. 1,  comma  8,  della
legge n. 186 del 2014, previsti per  i  criteri  e  le  modalita'  di
ripartizione delle nuove entrate tra le finalita' indicate dal  comma
precedente e per l'attribuzione delle somme a ciascuna  di  esse.  La
posticipazione dell'intesa nelle sedi indicate non e' realizzabile in
ragione del fatto che l'art. 8, secondo comma, della legge n. 690 del
1981  si  riferisce  alla  diversa   fattispecie   della   preventiva
determinazione dell'ammontare del  gettito  riscosso  nel  territorio
regionale  da  riversare  all'Erario.  E'  opportuno   ricordare   in
proposito che l'orientamento espresso da questa Corte secondo cui,  a
certe  condizioni,  allo   Stato   e'   consentito   di   prescindere
dall'accordo con la Regione e di  assumere  determinazioni  normative
unilaterali  afferenti   all'assetto   delle   reciproche   relazioni
finanziarie, riguarda le sole  ipotesi  per  le  quali  l'unilaterale
determinazione trovi giustificazione nella tempistica  della  manovra
finanziaria e nella temporaneita' di tale soluzione (sentenza  n.  19
del 2015).  Tale  opzione  e',  infatti,  configurabile  solo  quando
l'indifferibilita'   degli   adempimenti   connessi   alla    manovra
finanziaria impone allo Stato di rispettare senza indugi i vincoli di
bilancio  previsti  o  concordati   in   seno   all'Unione   europea,
realizzando  comunque  «la   [successiva]   negoziazione   di   altre
componenti  finanziarie  attive  e  passive,  ulteriori  rispetto  al
concorso fissato nell'ambito della manovra di  stabilita'»  (sentenza
n. 19 del 2015). 
    3.- In conclusione, l'art. 1, comma 7, della  legge  n.  186  del
2014 contrasta con gli artt. 2, primo comma,  lettere  a)  e  b),  3,
secondo comma, 4,  terzo  comma,  e  8  dell'ordinamento  finanziario
regionale di cui alla legge n. 690  del  1981.  Essendo  quest'ultimo
contemplato dall'art. 50, quinto comma, dello statuto e  suscettibile
di modificazione solo secondo le procedure previste dall'art.  48-bis
dello statuto medesimo, cosi' come disposto dalle norme di attuazione
(art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994), la disposizione  impugnata,  non
adottata  con  la   procedura   statutaria,   e'   costituzionalmente
illegittima (analogamente, sentenze n. 125 del  2015  e  n.  133  del
2010). 
    4.- Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.