ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  del
decreto del Presidente della  Repubblica  29  ottobre  2001,  n.  461
(Regolamento  recante  semplificazione  dei   procedimenti   per   il
riconoscimento  della  dipendenza  delle  infermita'  da   causa   di
servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria  e
dell'equo indennizzo, nonche' per il funzionamento e la  composizione
del comitato per le pensioni privilegiate  ordinarie),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Chieti, nel procedimento vertente tra  P.O.  e
il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e  della  ricerca  con
ordinanza del 13 gennaio  2009,  iscritta  al  n.  185  del  registro
ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2016  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
    Ritenuto che, con ordinanza del  13  gennaio  2009,  pervenuta  a
questa Corte il 4 maggio 2015 e  iscritta  al  n.  185  del  registro
ordinanze 2015, il Tribunale ordinario  di  Chieti,  in  funzione  di
giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  32
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica  29  ottobre
2001, n. 461 (Regolamento recante  semplificazione  dei  procedimenti
per il riconoscimento della dipendenza delle infermita' da  causa  di
servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria  e
dell'equo indennizzo, nonche' per il funzionamento e la  composizione
del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie), nella parte  in
cui stabilisce che, nell'ipotesi di  aggravamento  della  menomazione
dell'integrita' fisica, psichica o sensoriale, si puo' richiedere  la
revisione dell'equo indennizzo  entro  un  termine  di  decadenza  di
cinque anni, che decorre dalla data di comunicazione  dell'originario
provvedimento di concessione dell'equo indennizzo; 
    che il giudice rimettente espone di  dover  decidere  il  ricorso
depositato da P.O. il 20 settembre 2004, allo scopo di far dichiarare
l'illegittimita'  del  diniego  che  il  Ministero   dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  ha  opposto  alla  richiesta  di
revisione  dell'equo  indennizzo,  presentata  oltre  il  termine  di
decadenza quinquennale; 
    che il giudice  a  quo,  pertanto,  a  fronte  dell'eccezione  di
tardivita'  della  domanda,  afferma  di  dover  applicare  la  norma
censurata che, per la richiesta di  revisione  dell'equo  indennizzo,
statuisce un termine di decadenza quinquennale, con  un  dies  a  quo
ancorato  all'originario  provvedimento  di   concessione   di   tale
provvidenza; 
    che il giudice rimettente assume che tale normativa contrasti con
il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), in quanto,  con  riguardo
all'aggravamento delle condizioni di salute, discrimina senza  alcuna
ragione apprezzabile il dipendente in servizio, vincolato al rispetto
di un termine di decadenza per la richiesta  di  revisione  dell'equo
indennizzo, e il dipendente in pensione, che puo' reclamare  in  ogni
tempo, senza soggiacere a termini  di  decadenza,  la  revisione  del
trattamento pensionistico privilegiato; 
    che, ad avviso del giudice rimettente, la  disciplina  e'  lesiva
del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.), in quanto  priva
della  tutela  indennitaria  il  dipendente  che  abbia   subito   un
aggravamento  dell'infermita'  quando  il  termine  quinquennale   di
decadenza sia gia' decorso; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto  di  dichiarare  inammissibile,  improcedibile  o
comunque infondata la questione di legittimita' costituzionale; 
    che la difesa dello Stato, in via preliminare, ritiene le censure
inammissibili,  in  quanto  si  indirizzano  contro   un   atto   (un
regolamento delegato), sprovvisto di forza di legge; 
    che la questione, secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  e'
comunque infondata nel merito, in quanto la  normativa  regolamentare
individua un termine di decadenza congruo  e  ragionevole  e  mira  a
contemperare la tutela dei diritti dei dipendenti con le esigenze  di
certezza del diritto e di contenimento della spesa pubblica. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Chieti, in funzione  di
giudice  del  lavoro,  dubita   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 14 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 (Regolamento  recante
semplificazione  dei  procedimenti  per   il   riconoscimento   della
dipendenza delle infermita' da causa di servizio, per la  concessione
della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonche'
per il funzionamento e la composizione del comitato per  le  pensioni
privilegiate ordinarie), in riferimento  agli  artt.  3  e  32  della
Costituzione; 
    che la norma censurata confliggerebbe,  in  pari  tempo,  con  il
principio di eguaglianza e con la tutela del diritto alla salute; 
    che la previsione di un termine quinquennale di decadenza per  la
sola  ipotesi  di  revisione  dell'equo   indennizzo   determinerebbe
un'arbitraria  disparita'  di  trattamento  tra  il   dipendente   in
servizio, assoggettato a tale termine, e il dipendente  in  pensione,
legittimato a richiedere in ogni tempo la revisione  del  trattamento
pensionistico privilegiato; 
    che l'assetto normativo pregiudicherebbe,  per  altro  verso,  la
tutela  indennitaria  che  compete  al  dipendente,   in   attuazione
dell'art. 32 Cost.; 
    che e' fondata l'eccezione di inammissibilita',  formulata  dalla
difesa dello Stato; 
    che il  giudice  rimettente  impugna  una  disposizione,  che  si
prefigge  di  disciplinare  in  maniera  organica  la  procedura   di
revisione dell'equo indennizzo e  ricalca  l'art.  56  del  d.P.R.  3
maggio 1957, n. 686  (Norme  di  esecuzione  del  testo  unico  delle
disposizioni  sullo  statuto  degli  impiegati  civili  dello  Stato,
approvato con decreto del  Presidente  della  Repubblica  10  gennaio
1957, n. 3), atto di normazione secondaria che questa Corte  ha  gia'
escluso di poter sindacare direttamente (ordinanza n. 208 del 1997); 
    che le  censure  del  giudice  rimettente  si  appuntano  in  via
esclusiva contro questa disciplina di rango  regolamentare,  inserita
nel testo  finale  sulla  scorta  delle  osservazioni  della  sezione
consultiva del Consiglio di Stato ed emanata ai sensi  dell'art.  17,
comma  2,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri), nel rispetto dei  principi,  dei  criteri  e
delle procedure enunciati dall'art. 20 della legge 15 marzo 1997,  n.
59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti  alle
regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione
e per la semplificazione amministrativa); 
    che il giudice a quo denuncia un vizio del regolamento in  quanto
tale, e non gia' della legge di autorizzazione (per tale distinzione,
sentenza n. 427 del 2000); 
    che la questione, incentrata su un atto sprovvisto  di  forza  di
legge,  e'  sottratta  al  sindacato  incidentale  di  questa  Corte,
limitato alle fonti primarie (ordinanze n. 389 del 2004 e n.  43  del
1998): e' demandato ai giudici comuni il  sindacato  delle  fonti  di
normazione secondaria (sentenza n. 94 del 1964, ordinanza n. 484  del
1993); 
    che,  dalle  considerazioni   svolte,   discende   la   manifesta
inammissibilita' della questione sollevata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.