ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli da  124
a 137 del decreto-legge  luogotenenziale  19  agosto  1917,  n.  1399
(Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate  in
conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908), e dell'art. 1, comma
2, del decreto legislativo 1° dicembre  2009,  n.  179  (Disposizioni
legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui  si  ritiene
indispensabile la permanenza in  vigore,  a  norma  dell'articolo  14
della legge  28  novembre  2005,  n.  246),  promossi  dal  Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania,
con due ordinanze del 15 ottobre 2013 ed una  del  20  gennaio  2014,
rispettivamente iscritte ai nn. 41, 42 e 134 del  registro  ordinanze
2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15  e
36, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti  gli  atti  di  costituzione   delle   societa'   Crescenti
Costruzioni srl e Madonna Nuova srl, in liquidazione; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2016 il Giudice relatore
Nicolo' Zanon; 
    udito  l'avvocato  Antonio  Saitta,  per  le  societa'  Crescenti
Costruzioni srl e Madonna Nuova srl, in liquidazione. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   la
Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre  ordinanze  di  analogo
tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 della  Costituzione
e 14, primo comma, lettere f) ed s), del regio decreto legislativo 15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 2, questioni di legittimita' costituzionale degli articoli da  124
a 137 del decreto-legge  luogotenenziale  19  agosto  1917,  n.  1399
(Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate  in
conseguenza  del  terremoto  del  28  dicembre  1908),  nonche',   in
riferimento all'art. 76 Cost., dell'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  1°  dicembre  2009,  n.  179  (Disposizioni  legislative
statali  anteriori  al  1°  gennaio   1970,   di   cui   si   ritiene
indispensabile la permanenza in  vigore,  a  norma  dell'articolo  14
della legge 28 novembre 2005, n. 246); 
    che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  state
sollevate nel corso di  giudizi  instaurati  per  l'annullamento:  di
provvedimenti amministrativi aventi ad oggetto  l'indizione  di  gare
per l'aggiudicazione di comparti edificatori relativi  a  determinati
isolati «ai sensi degli artt. 127 e ss. del TU  19  agosto  1917,  n.
1399» (giudizi iscritti al reg. ord. n. 41, n. 42 e n. 134 del 2014);
di determinazioni dirigenziali di approvazione di «atti di stima»  di
immobili  ricadenti  nei  suddetti  comparti   edificatori   (giudizi
iscritti al reg. ord. n. 42 e n. 134 del 2014); di  provvedimenti  di
espropriazione  e  di  occupazione  permanente  di  aree  nonche'  di
approvazione di piani di divisione in comparti edificatori  (giudizio
iscritto al reg. ord. n. 134 del 2014); 
    che, secondo i rimettenti, in punto di rilevanza, i  ricorsi  non
potrebbero essere decisi «senza sollevare questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli da 124  a  137  compresi  nel  D.L.Lgt.
1399/1917, nonche' dell'art. 1, comma 2, del D. Lgs. 179/2009,  nella
parte in cui sottrae il D.L.Lgt. 1399/1917 all'effetto abrogativo  di
cui all'articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200»; 
    che, per i giudici  a  quibus,  da  un  lato,  il  dato  testuale
dell'art. 1, comma 2,  del  d.lgs.  n.  179  del  2009  -  oltre  che
«l'orientamento stabile» assunto dalla  giurisprudenza  pur  dopo  la
legge regionale siciliana 27 dicembre 1978, n. 71 (Norme  integrative
e  modificative  della  legislazione  vigente  nel  territorio  della
Regione siciliana in materia urbanistica), che  avrebbe  disciplinato
l'istituto del  comparto  edificatorio  nell'ambito  dell'ordinamento
siciliano - osterebbe alla decisione di  ritenere  abrogato  il  d.l.
lgt.  n.  1399  del  1917;  dall'altro  lato,  alcune  delle  censure
contenute nei ricorsi  presupporrebbero  proprio  l'applicazione  del
d.l. lgt. n. 1399 del 1917; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza, i giudici rimettenti
dubitano, in primo luogo, della compatibilita' delle norme  impugnate
con il principio di ragionevolezza,  prospettando  un  «[e]ccesso  di
potere legislativo per irragionevolezza», giacche' l'utilizzo di  una
norma  emergenziale  risalente  al  1917,  ai  fini  della   gestione
dell'attuale    assetto    urbanistico,    sarebbe    intrinsecamente
irragionevole, «in  considerazione  della  natura  temporanea  ed  "a
termine" delle norme di natura emergenziale», oltre che  del  «mutato
assetto urbanistico ed edilizio  della  Citta'  di  Messina  e  degli
intervenuti mutamenti dell'ordinamento giuridico»; 
    che, per giustificare  una  deroga  sine  die  alla  legislazione
ordinaria, non  sarebbero  sufficienti  le  esigenze  di  snellimento
procedurale rispetto  alla  legislazione  successiva  in  materia  di
comparti edificatori, di cui all'art. 23 della legge 17 agosto  1942,
n. 1150 (Legge urbanistica), ed all'art.  11  della  legge  regionale
siciliana n. 71 del 1978; 
    che, sempre a giudizio dei rimettenti, tale irragionevolezza  non
potrebbe essere superata dalla «sottrazione  all'effetto  abrogativo»
del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 - originariamente  previsto  dall'art.
2, comma 1, del  decreto-legge  22  dicembre  2008,  n.  200  (Misure
urgenti in materia di  semplificazione  normativa),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 18 febbraio 2009, n.
9 - «operata a mezzo dell'art. 1, comma  2,  del  D.Lgs.  1  dicembre
2009, n. 179 (cd. decreto "salvaleggi")»; 
    che, infatti, la sottrazione all'effetto abrogativo  non  sarebbe
avvenuta per una  valutazione  in  concreto  della  indispensabilita'
delle norme, ma in considerazione del fatto che l'art. 14, comma  17,
lettera a), della legge 28 novembre 2005, n. 246  (Semplificazione  e
riassetto normativo per l'anno  2005),  prescrive  la  permanenza  in
vigore delle disposizioni  contenute,  tra  l'altro,  in  ogni  testo
normativo - quale appunto quello in esame - recante «nell'epigrafe la
denominazione codice ovvero testo unico»; 
    che i giudici a quibus dubitano, altresi',  della  compatibilita'
delle norme censurate del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 con  l'art.  14,
primo  comma,  lettere  f)  ed  s),  dello  statuto  siciliano,   che
attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva in  materia
di «urbanistica» e di «espropriazione per pubblica utilita'»; 
    che, a  parere  dei  rimettenti,  la  Regione  siciliana  avrebbe
disciplinato, a mezzo dell'art. 11 della legge regionale  n.  71  del
1978, la  materia  della  formazione  dei  comparti  edificatori  con
previsioni «radicalmente diverse da quelle degli artt. 124 e ss.  del
D.L.Lgt.  1399/1917»,  sicche',  per  il  principio  della  «naturale
cedevolezza» delle norme della legge ordinaria statale rispetto  alle
successive disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme
di attuazione, la legge regionale n. 71 del 1978 ben potrebbe  essere
considerata direttamente applicabile  alla  formazione  dei  comparti
della citta' di Messina, ma a cio'  osterebbe  il  «diritto  vivente»
orientatosi nel senso contrario della  perdurante  vigenza  del  d.l.
lgt. n. 1399 del 1917  (sono  citate:  la  sentenza  della  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili,  3  dicembre  1990,  n.  11552;  la
sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, 12  gennaio
1988, n. 133; la sentenza del Consiglio di  giustizia  amministrativa
per la Regione siciliana 28 gennaio 1993, n. 8); 
    che, con riferimento all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n.  179  del
2009, i giudici a quibus prospettano la violazione dei limiti imposti
per l'esercizio della delega, ritenendo che la sottrazione  del  d.l.
lgt. n. 1399 del 1917 all'effetto abrogativo (disposto  dal  d.l.  n.
200 del 2008, come convertito), operata dalla  norma  censurata,  sia
legata non ad una valutazione  in  concreto  della  indispensabilita'
delle norme, ma alla circostanza che l'art. 14, comma 17, lettera a),
della legge n. 246 del 2005,  prescriveva  la  permanenza  in  vigore
delle disposizioni contenute in ogni altro  testo  normativo  recante
«nell'epigrafe la denominazione codice ovvero testo  unico»,  laddove
il precedente comma 14  dell'art.  14  della  medesima  legge  delega
imponeva al Governo di escludere,  nell'individuare  le  disposizioni
legislative statali  pubblicate  anteriormente  al  1°  gennaio  1970
ritenute ancora indispensabili, quelle che avessero «esaurito la loro
funzione» o  fossero  «prive  di  effettivo  contenuto  normativo»  o
«comunque obsolete»; 
    che  nei  giudizi  sono   intervenute   le   societa'   Crescenti
Costruzioni  srl  e  Madonna  Nuova  srl,  in   liquidazione,   parti
costituite nei giudizi  a  quibus,  sostenendo  l'infondatezza  delle
sollevate questioni di legittimita' costituzionale e prospettando, in
via preliminare, l'inammissibilita' delle stesse; 
    che, in particolare, secondo le intervenienti,  le  ordinanze  di
rimessione nulla riferiscono in ordine alle controversie che, dinanzi
ai  giudici  a  quibus,  hanno  dato  origine   alle   questioni   di
legittimita'  costituzionale,   rendendo   impossibile   qualsivoglia
accertamento  sulla  rilevanza  e,  in  particolare,  sul  necessario
rapporto  di  pregiudizialita'  tra  la  soluzione  delle   sollevate
questioni  di  legittimita'  costituzionale  e  la  definizione   dei
giudizi; 
    che  l'inammissibilita'  deriverebbe  anche  dal  fatto   che   i
rimettenti hanno sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale
in riferimento «a ben tredici articoli» del d.l.  lgt.  n.  1399  del
1917, senza che sia possibile evincere quale di questi  debba  essere
concretamente applicato alla fattispecie; 
    che, quanto  al  merito,  secondo  le  intervenienti  le  censure
sollevate dai giudici a quibus contrasterebbero  con  il  divieto  di
sindacare la discrezionalita' del  legislatore,  in  quanto  l'intero
d.l. lgt. n. 1399 del 1917 sarebbe stato inserito nell'Allegato 2  al
d.lgs. n. 179 del 2009 su espressa  richiesta  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri e del Ministero degli interni, con una  scelta
del tutto  consapevole  del  legislatore  delegato,  in  forza  della
creazione,  ad  opera  del  testo  unico  del  1917,  di  un  modello
particolare  di  comparto  edificatorio,  che  non  potrebbe   essere
considerato espressione di una normativa  solo  emergenziale,  quanto
piuttosto frutto di una legge speciale riferita a due centri urbani -
citta' di Messina e Reggio Calabria - organicamente riprogettati dopo
la  distruzione  comune  del  1908  e  (non   ancora)   completamente
ricostruiti; 
    che,  con  riferimento  al  parametro  statutario   evocato,   le
intervenienti hanno contestato l'esistenza di  un  "diritto  vivente"
nel senso indicato dai rimettenti; 
    che, quanto al  prospettato  eccesso  di  delega  che  vizierebbe
l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 179 del 2009, il d.l. lgt.  n.  1399
del 1917, secondo le intervenienti, rientrerebbe perfettamente  nella
previsione del comma 17 dell'art. 14 della legge delega  n.  246  del
2005, che impone al legislatore delegato di mantenere in vita i testi
unici,   senza   necessita'   di   accertare   alcun   requisito   di
indispensabilita'. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre  ordinanze  di  analogo
tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 della  Costituzione
e 14, primo comma, lettere f) ed s), del regio decreto legislativo 15
maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 2, questioni di legittimita' costituzionale degli articoli da  124
a 137 del decreto-legge  luogotenenziale  19  agosto  1917,  n.  1399
(Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate  in
conseguenza  del  terremoto  del  28  dicembre  1908),  nonche',   in
riferimento all'art. 76 Cost., dell'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo  1°  dicembre  2009,  n.  179  (Disposizioni  legislative
statali  anteriori  al  1°  gennaio   1970,   di   cui   si   ritiene
indispensabile la permanenza in  vigore,  a  norma  dell'articolo  14
della legge 28 novembre 2005, n. 246); 
    che, quanto alle censure rivolte agli articoli da 124 a  137  del
d.l. lgt. n. 1399 del 1917, i giudici rimettenti dubitano,  in  primo
luogo, della  compatibilita'  delle  disposizioni  censurate  con  il
principio di ragionevolezza, giacche'  intrinsecamente  in  contrasto
con tale principio  sarebbe  l'utilizzo  di  una  norma  emergenziale
risalente al  1917,  ai  fini  della  gestione  dell'attuale  assetto
urbanistico ed edilizio della citta' di Messina; 
    che,  in  secondo  luogo,  i  giudici  a  quibus  dubitano  della
compatibilita' delle stesse disposizioni del d.l. lgt.  n.  1399  del
1917 con l'art. 14, primo comma, lettere  f)  ed  s),  dello  statuto
siciliano,  che  attribuisce  alla  Regione  competenza   legislativa
esclusiva in  materia  di  «urbanistica»  e  di  «espropriazione  per
pubblica utilita'», competenza di cui la  Regione  siciliana  avrebbe
fatto uso, disciplinando, a mezzo dell'art. 11 della legge  regionale
siciliana 27 dicembre 1978, n. 71 (Norme integrative  e  modificative
della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana  in
materia  urbanistica),  la  materia  della  formazione  dei  comparti
edificatori, con previsioni diverse  da  quelle  degli  artt.  124  e
seguenti del d.l. lgt. n. 1399 del 1917; 
    che, con riferimento all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n.  179  del
2009, i giudici a quibus lamentano la violazione dei  limiti  imposti
per l'esercizio della delega, e quindi dell'art. 76 Cost.,  ritenendo
che la sottrazione  del  d.l.  lgt.  n.  1399  del  1917  all'effetto
abrogativo (disposto dal decreto-legge  22  dicembre  2008,  n.  200,
recante «Misure urgenti in  materia  di  semplificazione  normativa»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  18
febbraio 2009, n. 9), operata dalla norma censurata, sia  legata  non
ad una valutazione in concreto della indispensabilita'  delle  norme,
ma alla mera circostanza che l'art. 14, comma 17, lettera  a),  della
legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo
per  l'anno  2005),  prescriva  la   permanenza   in   vigore   delle
disposizioni contenute in testi normativi recanti  «nell'epigrafe  la
denominazione codice ovvero testo unico»; mentre il precedente  comma
14 dell'art. 14 della  medesima  legge  delega,  nell'individuare  le
disposizioni legislative statali da mantenere in  vigore,  imporrebbe
al Governo di escludere quelle che abbiano esaurito la loro  funzione
o siano prive di effettivo contenuto normativo o  risultino  comunque
obsolete (lettera b); 
    che le tre ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni,
sicche' i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  definiti  con
unica decisione; 
    che le descritte questioni di  legittimita'  costituzionale  sono
manifestamente inammissibili, per due assorbenti ragioni; 
    che, in primo  luogo,  ciascuna  delle  ordinanze  di  rimessione
elenca una serie di  provvedimenti  amministrativi  impugnati,  senza
illustrarne lo specifico contenuto e  senza  indicare  il  titolo  di
legittimazione che fonda l'interesse dei privati ad impugnarli; 
    che, nell'ambito del d.l. lgt. n.  1399  del  1917,  i  censurati
articoli da 124 a 137 recano «Norme speciali per i comparti del piano
regolatore di Messina», e delineano una complessa procedura  volta  a
facilitare la ricostruzione delle aree di quella citta' distrutte dal
terremoto del 1908; 
    che tale procedura e' scandita in fasi e  ricomprende  specifiche
disposizioni dedicate all'espropriazione e  alla  riassegnazione  dei
beni compresi nel comparto, ma nessuna delle ordinanze di  rimessione
chiarisce in quale fase di tale procedura ha origine  il  contenzioso
oggetto di ciascuno dei giudizi a quibus; 
    che le evidenziate lacune rendono percio' impossibile  verificare
se le disposizioni censurate debbano essere effettivamente  applicate
per definire i giudizi principali e se le ragioni esposte a  sostegno
del dubbio di costituzionalita' abbiano attinenza  con  l'oggetto  di
ciascuno dei medesimi giudizi; 
    che, dunque, tutte le ordinanze di rimessione  risultano  carenti
in punto  di  descrizione  delle  fattispecie  concrete  oggetto  dei
ricorsi che danno origine ai giudizi principali; 
    che tale carenza si traduce in un difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza delle questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate,
con conseguente  manifesta  inammissibilita'  di  queste  ultime  (ex
plurimis, tra le ultime, sentenze n. 241 e n. 185 del 2015, n. 98 del
2014; ordinanze n. 25 del 2016, n. 270, n. 209, n. 207,  n.  162,  n.
161, n. 147, n. 121, n. 104, n. 90 e  n.  36  del  2015),  del  resto
espressamente eccepita - proprio per questa  ragione  -  dalle  parti
private intervenute; 
    che, in secondo luogo, tutte le ordinanze di rimessione  dubitano
della legittimita' costituzionale di un gruppo di  disposizioni  (ben
quindici) contenute nel d.l. lgt. n. 1399 del 1917, le quali  vengono
censurate in blocco, senza una distinta disamina dei loro  rispettivi
contenuti,  nonostante  esse  disciplinino,  come  gia'  evidenziato,
differenti fasi della procedura speciale dettata, per i comparti  del
piano  regolatore  della  citta'   di   Messina,   in   vista   della
ricostruzione successiva al terremoto del 1908; 
    che, in tal modo, i rimettenti utilizzano i giudizi a quibus come
mere occasioni per contestare la legittimita'  costituzionale  di  un
intero settore della normativa recata dal d.l. lgt. n. 1399 del 1917,
ma, cosi' facendo, omettono del tutto di individuare - come e' invece
loro onere, alla luce della costante giurisprudenza di  questa  Corte
(ex plurimis, sentenza n. 218 del 2014; ordinanze n. 101 del 2015, n.
21 del 2003, n. 337  del  2002  e  n.  97  del  2000)  -  le  singole
disposizioni, o parti  di  esse,  la  cui  presenza  nell'ordinamento
determinerebbe la lamentata violazione dei parametri costituzionali e
statutari evocati; 
    che, anche sotto questo profilo,  si  evidenzia  un  insuperabile
difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate, cui
consegue   la   manifesta   inammissibilita'   delle   stesse,   come
espressamente eccepito -  pure  per  questa  ragione  -  dalle  parti
private intervenute.