ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  della
legge della Regione Piemonte 24 dicembre 2014,  n.  22  (Disposizioni
urgenti in materia fiscale e tributaria), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso spedito  per  la  notifica  il  27
febbraio 2015, depositato in cancelleria il 9 marzo 2015 ed  iscritto
al n. 43 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 2016 il Giudice relatore
Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Giovanna  Scollo  per  la
Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 27 febbraio 2015 e depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 9 marzo, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha  promosso,  ai  sensi  dell'art.  127  della
Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7
della  legge  della  Regione  Piemonte  24  dicembre  2014,   n.   22
(Disposizioni  urgenti  in  materia  fiscale   e   tributaria),   per
violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   e),   della
Costituzione. 
    L'Avvocatura generale dello Stato osserva che con la disposizione
censurata la Regione Piemonte ha stabilito la misura del canone annuo
per l'uso di acqua pubblica a fini energetici e  di  riqualificazione
dell'energia,    misura    che    e'    diversificata     all'interno
dell'utilizzazione idroelettrica in modo decrescente  in  proporzione
alla potenza media di concessione. Tale  disciplina  non  sarebbe  in
linea con quanto previsto dalla legislazione statale all'art. 37  del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per  la  crescita
del Paese), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 7 agosto 2012, n. 134. 
    La normativa statale -  che  intende  agevolare  l'accesso  degli
operatori  economici  al  mercato  dell'energia  secondo   condizioni
uniformi su tutto il territorio nazionale, garantendo in tal modo  la
tutela della concorrenza - ha previsto che «[a]l fine  di  assicurare
un'omogenea disciplina sul territorio nazionale  delle  attivita'  di
generazione idroelettrica e parita' di trattamento tra gli  operatori
economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico,  previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti
i  criteri  generali  per  la  determinazione,  secondo  principi  di
economicita' e ragionevolezza, da  parte  delle  regioni,  di  valori
massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico» (art.  37,
comma 7, del d.l.  n.  83  del  2012).  Alla  legislazione  regionale
sarebbe bensi' demandata la fissazione dei canoni di concessione,  ma
all'interno ed entro i «valori massimi» stabiliti dallo Stato. 
    Rileva  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  che,  pertanto,  la
determinazione dei predetti canoni sarebbe stata attratta nell'ambito
della suddetta disciplina,  espressione  della  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela della concorrenza», ai sensi  dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  come  peraltro   avrebbe
riconosciuto questa Corte con la sentenza n. 28  del  2014.  In  tale
pronuncia si e' affermato, infatti, che le norme di cui all'art.  37,
commi 4, 5, 6, 7 e 8, del  d.l.  n.  83  del  2012  «rientrano  nella
materia "tutela della concorrenza",  di  competenza  esclusiva  dello
Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.)». 
    Secondo  la  ricorrente,  dunque,   la   disposizione   regionale
impugnata - riservando alla Regione  l'attivita'  di  approvazione  e
modulazione del canone per l'uso di acqua pubblica  relativo  all'uso
energetico e  di  riqualificazione  dell'energia,  attivita'  che  la
disposizione statale,  indicata  come  norma  interposta,  ha  invece
riservato  allo  Stato  -  avrebbe  invaso  con  tutta  evidenza   la
competenza  esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza». 
    2.- Con memoria depositata il 9 aprile 2015 si e'  costituita  in
giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
infondato. 
    La difesa regionale -  dopo  aver  sottolineato  che  il  decreto
ministeriale di cui all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012 non
sia ancora stato emanato - osserva, innanzitutto, che  la  ricorrente
erroneamente sostiene che  i  canoni  di  concessione  vanno  fissati
all'interno ed entro i «valori massimi»  stabiliti  dallo  Stato.  Il
decreto ministeriale di cui alla normativa  statale  dovrebbe  invece
stabilire, peraltro d'intesa con le Regioni, i «criteri generali» che
le Regioni stesse devono seguire per  la  determinazione  di  «valori
massimi» dei canoni di concessione. 
    Cio' premesso, la resistente rileva  che  questa  Corte,  con  la
sentenza n. 85 del 2014, ha dichiarato in parte  inammissibile  e  in
parte infondata una  questione  proposta  nei  confronti  di  analoga
disposizione prevista da una legge della Regione  Abruzzo.  In  detta
pronuncia questa Corte ha affermato che, per effetto degli artt. 86 e
88 del decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), e'  stata  demandata  alle  Regioni  competenti  per  territorio
l'intera gestione del demanio idrico, comprensiva della competenza  a
determinare i canoni di concessione, ambito  in  relazione  al  quale
«l'unico  principio  fondamentale  della  materia  e'  quello   della
onerosita' della concessione e della proporzionalita' del canone alla
entita' dello sfruttamento  della  risorsa  pubblica  e  all'utilita'
economica che il concessionario ne ricava». 
    La Regione Piemonte prosegue  poi  sottolineando  che  con  altra
sentenza, la n. 64 del 2014, questa  Corte  aveva  precisato  che  la
disciplina statale, gia' nell'art. 35 del regio decreto  11  dicembre
1933, n. 1775 (Approvazione del testo  unico  delle  disposizioni  di
legge sulle acque e sugli impianti elettrici),  e  poi  nell'art.  18
della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse
idriche), ha definito il canone, confermandone la previsione generale
«per ogni kilowatt di potenza nominale concessa o  riconosciuta,  per
le concessioni di derivazioni ad uso idroelettrico». 
    Alla luce  della  richiamata  giurisprudenza  costituzionale,  la
difesa regionale afferma, dunque, che, in assenza  del  d.m.  di  cui
all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83  del  2012,  il  solo  principio
della legislazione statale nel cui perimetro deve  essere  esercitata
la potesta' legislativa concorrente in materia di energia resta e  si
compendia nella onerosita' della concessione e  nella  determinazione
del canone in base all'effettiva  entita'  dello  sfruttamento  della
risorsa idrica. 
    D'altra  parte,  continua  la  resistente,  questa  Corte   nella
sentenza n. 64 del 2014 ha affermato che l'esigenza  di  tutelare  la
concorrenza, attraverso l'uniformita'  della  disciplina  sull'intero
territorio nazionale, e' sorta soltanto con il d.l. n. 83  del  2012.
Conseguentemente, si dovrebbe ritenere che  l'operativita'  dell'art.
37, comma 7, di detto decreto, in  quanto  demandata  ad  un  decreto
ministeriale concordato con le Regioni, e' differita a  tale  evento.
Nel frattempo, permarrebbe la competenza regionale  concorrente,  che
le Regioni potrebbero esercitare applicando i criteri previsti  dalla
normativa vigente e il cui esercizio sarebbe sindacabile  solo  sotto
il profilo della congruita', salvo adeguarsi, una volta  adottato  il
suddetto decreto, a quanto in esso stabilito. 
    3.- In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio  dei
ministri  ha  depositato  memoria,   con   la   quale   insiste   per
l'accoglimento del proposto ricorso. 
    Il ricorrente, dopo aver ripercorso il contenuto normativo  della
disposizione regionale impugnata e di quella statale  indicata  quale
parametro interposto, afferma che, contrariamente a  quanto  rilevato
dalla  Regione  Piemonte  nel  proprio  atto  di   costituzione,   la
determinazione dei «valori massimi»  dei  canoni  di  concessione  da
parte delle Regioni dovrebbe avvenire, al fine di rendere omogenea la
disciplina sul territorio nazionale, «all'interno ed entro i  criteri
generali stabiliti dallo Stato». Sarebbe pertanto evidente, in questa
prospettiva, che l'art. 7 della legge della Regione  Piemonte  n.  22
del 2014 ha invaso la competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
tutela della concorrenza. 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  prosegue   richiamando   la
giurisprudenza   costituzionale   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza» e rilevando, in particolare, che dato il suo  intrinseco
carattere finalistico quest'ultima puo' influire anche su materie  di
competenza legislativa - concorrente o residuale -  delle  Regioni  e
che, quando cio' accada, il legislatore regionale non puo'  prevedere
requisiti  ulteriori  rispetto  a  quelli  ammessi  dalla  disciplina
statale. 
    Cio' premesso, il ricorrente afferma che, a seguito dell'adozione
del d.l. n. 83 del 2012,  la  determinazione  dei  canoni  per  l'uso
energetico e di riqualificazione dell'energia  e'  espressione  della
competenza  esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza». A sostegno di cio' richiama la gia' citata sentenza  n.
28 del 2014  di  questa  Corte,  per  poi  sottolineare  altresi'  il
contrasto  della  disposizione  censurata  con  le  finalita'   poste
dall'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012, dal momento  che  una
disciplina dei canoni non omogenea dettata da parte delle Regioni  e'
in  grado  di  alterare  l'equilibrio  concorrenziale  fra   i   vari
operatori. 
    Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri esclude  che  la
sentenza n. 85 del 2014 della Corte costituzionale si attagli al caso
in esame, perche' e' stata pronunciata con riferimento  a  una  legge
regionale adottata prima dell'emanazione del d.l. n. 83 del  2012.  A
tal proposito rileva, altresi', che la sentenza n.  64  del  2014  di
questa Corte, gia' richiamata dalla Regione Piemonte nel suo atto  di
costituzione, aveva affermato che e' solo con il suddetto d.l. n.  83
del 2012 che lo Stato  ha  ritenuto  di  attrarre  nell'ambito  della
tutela della concorrenza la quantificazione del  corrispettivo  delle
concessioni  per  l'utilizzo  delle  acque  a  scopo   idroelettrico.
Conseguentemente, la determinazione del canone  per  l'uso  di  acqua
pubblica  compiuta  dalla  Regione  Piemonte  con   la   disposizione
censurata risulterebbe in violazione dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), della Costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  della  legge
della Regione Piemonte 24 dicembre 2014, n. 22 (Disposizioni  urgenti
in materia fiscale  e  tributaria),  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), della Costituzione. 
    La disposizione regionale censurata - che  stabilisce  la  misura
del canone annuo per l'uso di acqua pubblica a fini energetici  e  di
riqualificazione  dell'energia,  misura   diversificata   all'interno
dell'utilizzazione idroelettrica in modo decrescente  in  proporzione
alla potenza media  di  concessione  -  avrebbe  invaso,  secondo  il
ricorrente, la competenza esclusiva statale  in  materia  di  «tutela
della concorrenza». Osserva infatti l'Avvocatura generale dello Stato
che l'art. 37, comma 7, del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83
(Misure  urgenti  per  la  crescita  del  Paese),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto  2012,  n.
134, ha  previsto  che  «con  decreto  del  Ministro  dello  sviluppo
economico, previa intesa in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
Bolzano, sono stabiliti i criteri  generali  per  la  determinazione,
secondo principi di economicita' e  ragionevolezza,  da  parte  delle
regioni, di valori  massimi  dei  canoni  delle  concessioni  ad  uso
idroelettrico». La determinazione dei predetti canoni sarebbe  stata,
pertanto, attratta nell'ambito di tale disciplina, espressione  della
competenza  esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza». 
    2.- Per un compiuto inquadramento  della  proposta  questione  di
legittimita', e' necessario ripercorrere  l'evoluzione  normativa  in
materia  di  derivazioni  di  acqua  a   scopo   idroelettrico,   con
particolare riferimento alla disciplina concernente la determinazione
dei canoni. 
    2.1.- L'art. 6 del  regio  decreto  11  dicembre  1933,  n.  1775
(Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque
e sugli impianti elettrici), tanto nel  testo  originario  quanto  in
quello oggi vigente a seguito della sostituzione operata dall'art.  1
del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (Riordino  in  materia
di concessione di acque pubbliche), stabilisce che le utenze di acqua
pubblica hanno per oggetto grandi e piccole  derivazioni  e  precisa,
per quel che maggiormente rileva ai fini del presente  giudizio,  che
sono grandi derivazioni quelle che per produzione  di  forza  motrice
eccedono la potenza nominale media annua di kilowatt 3000 e  che  per
costituzione di scorte idriche a fini  di  sollevamento  a  scopo  di
riqualificazione di energia superano i 100 litri al minuto secondo. 
    L'art. 35 del medesimo testo unico stabilisce che  le  utenze  di
acqua pubblica sono sottoposte  al  pagamento  di  un  canone  annuo,
ancorato, per quel  che  qui  rileva,  a  ogni  kilowatt  di  potenza
nominale concessa o riconosciuta. 
    L'art. 18 della legge 5 gennaio  1994,  n.  36  (Disposizioni  in
materia di risorse idriche), ha stabilito che i canoni relativi  alle
utenze di acqua pubblica costituiscono il corrispettivo per  gli  usi
delle acque prelevate e ne  ha  fissato  l'importo  in  relazione  ai
diversi usi. Per quel che concerne le concessioni di  derivazione  ad
uso idroelettrico, ha determinato il canone,  per  ogni  kilowatt  di
potenza nominale concessa o riconosciuta, in lire 20.467. 
    2.2.-  Con  il  decreto  legislativo  31  marzo  1998,   n.   112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59), e' stata conferita alle  regioni  competenti  per
territorio  l'intera  gestione  del   demanio   idrico   (art.   86),
specificando che detta gestione comprende, tra le altre, le  funzioni
amministrative relative alla determinazione dei canoni di concessione
e all'introito dei relativi proventi (art. 88). 
    Nel conferire tali funzioni, il citato decreto ha peraltro  fatto
temporaneamente salva la competenza dello Stato in materia di  grandi
derivazioni, prevedendo che, fino all'entrata in vigore  delle  norme
di  recepimento  della  direttiva  19  dicembre  1996,  n.   96/92/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  concernente  norme
comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), le concessioni
sono rilasciate dallo  Stato  d'intesa  con  la  Regione  interessata
ovvero, in caso di mancata intesa nel termine di sessanta giorni, dal
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato  (art.  29,
comma 3). Successivamente, con il decreto legislativo 16 marzo  1999,
n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme  comuni  per
il mercato interno dell'energia elettrica), e' stata data  attuazione
a tale direttiva e si e' pertanto realizzata  la  condizione  cui  la
sopracitata   disposizione   subordinava   il   trasferimento   delle
competenze alle Regioni. 
    L'art. 12, comma 11, di questo  stesso  d.lgs.  n.  79  del  1999
prevedeva, inoltre, che con altro decreto legislativo sarebbero state
stabilite le modalita' per la  fissazione  dei  canoni  demaniali  di
concessione. 
    Infine, con  la  riforma  del  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione e' stata attribuita alle  Regioni  ordinarie,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, la competenza legislativa concorrente  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia». 
    2.3.-  In  seguito,  con  l'art.  154,  comma  3,   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  si
e' disposto che «[a]l fine di assicurare un'omogenea  disciplina  sul
territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e  delle
finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sono  stabiliti  i  criteri  generali  per  la
determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per
l'utenza di acqua pubblica». Con lo stesso decreto legislativo si  e'
proceduto, nell'art. 175, all'abrogazione della citata  legge  n.  36
del 1994. 
    Infine, e' intervenuto il gia' menzionato art. 37, comma  7,  del
d.l. n. 83  del  2012,  con  il  quale,  secondo  il  ricorrente,  la
disposizione censurata nel presente giudizio non  sarebbe  in  linea,
violando in tal modo l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    3.- Tanto premesso, la  questione  di  legittimita'  dell'art.  7
della legge della Regione Piemonte n. 22 del 2014 non e' fondata. 
    3.1.  -  La  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  espressamente
ricondotto la quantificazione della misura dei canoni  idroelettrici,
ambito ben diverso da quello afferente al servizio  idrico  integrato
(sentenza n. 85 del 2014), alla competenza legislativa concorrente in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 85
e 64 del 2014), cosi' come aveva gia' ascritto al medesimo ambito  di
competenza  la  disciplina  inerente  alle  concessioni   di   grandi
derivazioni d'acqua per uso idroelettrico (sentenze n. 205 del 2011 e
n. 1 del 2008). 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  come  si  e'  visto,
assume che, con l'art. 37, comma 7, del  d.l.  n.  83  del  2012,  la
disciplina della determinazione dei canoni delle concessioni  ad  uso
idroelettrico sia stata attratta nell'ambito  della  materia  «tutela
della concorrenza», come sarebbe stato anche riconosciuto  da  questa
Corte con la sentenza n. 28  del  2014.  Il  ricorso  statale  muove,
tuttavia, da una affermazione erronea, che tradisce  il  senso  della
disposizione  evocata  quale  parametro   interposto.   Ne   consegue
l'infondatezza della questione (sentenze n. 182 del 2011 e n. 365 del
2006). 
    Con detta disposizione, infatti, lo Stato e'  bensi'  intervenuto
in tema di canoni delle concessioni ad uso idroelettrico, ma al  solo
fine di demandare a un successivo decreto ministeriale, da  adottarsi
d'intesa con le Regioni, esclusivamente la definizione  dei  «criteri
generali» per la determinazione dei  «valori  massimi»  dei  suddetti
canoni, che deve essere operata, pero', dalle  Regioni  medesime.  In
altri termini, e' ribadita espressamente la  competenza  regionale  -
gia'  prevista  dalla   normativa   statale   pregressa   (si   veda,
specialmente,  l'art.  88  del  d.lgs.  n.  112  del  1998)  -   alla
determinazione dei canoni, precisando soltanto che essa deve avvenire
nel  rispetto  dei   «criteri   generali»   stabiliti   dal   decreto
ministeriale. 
    E' in relazione a questo contenuto normativo dell'art. 37,  comma
7, che si e' pronunciata questa Corte con la sentenza n. 28 del 2014.
Pertanto, se e' vero che in  quella  occasione,  nel  dichiarare  non
fondati due ricorsi delle Province autonome di Trento  e  di  Bolzano
avverso diversi commi del citato art. 37, tra  cui  quello  rilevante
nel  presente  giudizio,  si  e'  affermato  che  tali   disposizioni
«rientrano nella materia "tutela della concorrenza"»,  e'  del  tutto
evidente che la riconduzione alla competenza esclusiva  statale  vale
unicamente per la disciplina ivi dettata: ovvero, per la  definizione
dei  «criteri  generali»  cui  devono  attenersi  le  Regioni   nella
determinazione dei «valori massimi» dei canoni. Altrimenti detto,  e'
ascrivibile alla tutela della  concorrenza  non  l'intera  disciplina
della  determinazione   dei   canoni   delle   concessioni   ad   uso
idroelettrico - come invece afferma lo Stato nel proprio ricorso - ma
soltanto la definizione dei «criteri generali» che debbono poi essere
seguiti dalle Regioni al momento di stabilire la misura  dei  canoni:
il che, d'altra parte, e' in linea con la costante giurisprudenza  di
questa Corte secondo cui  la  natura  di  materia  trasversale  della
tutela  della  concorrenza  fa  si'  che   essa   possa   intersecare
qualsivoglia titolo di  competenza  legislativa  regionale,  ma  «nei
limiti strettamente necessari per assicurare gli  interessi»  cui  e'
preposta (sentenze n. 452 del 2007 e n. 272 del 2004). 
    Alla luce dell'evoluzione del quadro normativo e della richiamata
giurisprudenza costituzionale, pertanto, si  deve  precisare  che  la
determinazione  e  quantificazione  dei   canoni   idroelettrici   e'
riconducibile alla materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», salvo che per la  definizione  dei  «criteri
generali»  per  la  determinazione   dei   loro   «valori   massimi»,
ascrivibile invece alla materia «tutela della concorrenza». 
    3.2.- La determinazione, da parte delle Regioni, della misura dei
canoni delle concessioni ad uso idroelettrico e' dunque condizionata,
secondo la normativa  vigente,  dai  «criteri  generali»  che  devono
essere  dettati  dal  decreto  ministeriale,  da  adottarsi  peraltro
d'intesa con le Regioni. Quest'ultimo, difatti, «[fa]  corpo  con  la
disposizione  legislativa»  che  ad  esso  rinvia,   completando   il
principio in quella contenuto (sentenza n. 11 del 2014). 
    Il citato d.m. non risulta, a oggi, ancora essere stato adottato.
Questa circostanza non puo'  portare  a  considerare  paralizzata  la
competenza regionale alla  determinazione  della  misura  dei  canoni
idroelettrici,   sul   presupposto   che   altrimenti   le    Regioni
disporrebbero in violazione della  competenza  esclusiva  statale  in
materia di «tutela della concorrenza». Da un  lato,  infatti,  se  e'
vero che il d.m. integra la normativa legislativa, in sua assenza  la
disposizione che ad esso rinvia non e' ancora pienamente operante  ed
efficace; dall'altro, in mancanza del d.m.,  «il  contrasto  e'  solo
ipotetico, ben potendo la normativa statale prevedere  modalita'  del
tutto compatibili» con quelle della normativa regionale (sentenza  n.
298 del 2013). 
    In attesa che sia adottato il d.m., pertanto, le Regioni  possono
continuare a determinare i  canoni  idroelettrici  nel  rispetto  dei
principi fondamentali statali nella materia «produzione, trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia».  Sotto  tale   aspetto,   la
giurisprudenza di questa Corte ha gia' escluso che sia  qualificabile
come principio fondamentale «il criterio di determinazione del canone
in base ad un importo fisso e non progressivo» (sentenza  n.  64  del
2014; analogamente anche Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,
sentenza 30 giugno  2009,  n.  15234)  ed  ha  invece  rilevato  come
«l'unico principio fondamentale  della  materia  [sia]  quello  della
onerosita' della concessione e della proporzionalita' del canone alla
entita' dello sfruttamento  della  risorsa  pubblica  e  all'utilita'
economica che il concessionario ne ricava» (sentenza n. 85 del  2014;
nello stesso senso anche Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,
sentenze 11 luglio 2011, n. 15144 e n. 15234 del 2009  gia'  citata).
Lo stesso art.  37,  comma  7,  del  d.l.  n.  83  del  2012  prevede
espressamente, in linea di continuita' coi principi fondamentali  ora
richiamati, che la determinazione dei canoni da parte  delle  Regioni
deve  essere  effettuata  «secondo   principi   di   economicita'   e
ragionevolezza», i quali, pertanto, gia' prima della definizione  con
d.m. dei «criteri generali», devono essere  rispettati  quando  viene
fissata la misura dei canoni idroelettrici. 
    Va, infine, soltanto precisato che, se  le  Regioni  possono,  in
assenza del d.m., determinare la misura dei canoni idroelettrici  nel
rispetto dei principi fondamentali statali, esse hanno pero'  l'onere
- nel rispetto del principio di leale collaborazione cui peraltro  e'
ispirato l'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012 -  di  adeguarsi
ai «criteri generali» una volta che essi siano  stati  stabiliti  dal
d.m., come peraltro pianamente riconosce la stessa  Regione  Piemonte
nell'atto di costituzione. 
    4.-  Cio'  posto,  ai  fini  della  risoluzione  della   presente
questione di  legittimita',  giova  innanzitutto  rammentare  che  il
Presidente del Consiglio dei ministri censura l'art.  7  della  legge
della Regione Piemonte n. 22  del  2014  soltanto  sotto  il  profilo
dell'invasione della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
«tutela  della  concorrenza».  Conseguentemente,  e'   indispensabile
verificare, in considerazione di quanto si e' detto sinora, se con la
disposizione   censurata   la   Regione   Piemonte   ha    provveduto
esclusivamente a quantificare i canoni  idroelettrici  -  nell'ambito
della propria  competenza  nella  materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» - o se, invece, ha  definito  i
«criteri generali» per la determinazione dei loro «valori massimi»  -
invadendo in tal modo la competenza esclusiva statale  nella  materia
«tutela della concorrenza». In altri termini, si deve procedere,  nel
rispetto    del    costante    orientamento    di    questa    Corte,
all'individuazione dell'ambito materiale nel  quale  va  ascritta  la
disposizione censurata «tenendo conto della ratio,  della  finalita',
del contenuto e dell'oggetto della disciplina» (cosi', da ultimo,  la
sentenza n. 245 del 2015). 
    Ebbene, l'art. 7 della legge della Regione  Piemonte  n.  22  del
2014  e'  riconducibile  alla  materia   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». Con la sua adozione,  difatti,
la Regione Piemonte non ha affatto dettato «criteri generali» per  la
determinazione dei canoni idroelettrici, che  dovranno  essere  posti
dal d.m. di cui all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012, bensi'
ha soltanto provveduto a stabilire la misura dei canoni idroelettrici
di cui alla disposizione impugnata. Quest'ultima, infatti, si  limita
a determinare, a decorrere dal 1° gennaio 2015 e fino all'adozione di
un nuovo regolamento della Giunta  regionale  in  materia,  l'importo
unitario del canone  annuo  per  l'uso  di  acqua  pubblica  relativo
all'uso energetico e di riqualificazione dell'energia.