ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  10  della
legge della Regione Marche 13 aprile 2015,  n.  16  (Disposizioni  di
aggiornamento della  legislazione  regionale.  Modifiche  alla  legge
regionale 30 dicembre 2014, n. 36 "Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale 2015 e pluriennale 2015/2017  della  Regione.  Legge
finanziaria 2015" e alla legge regionale  30  dicembre  2014,  n.  37
"Bilancio di previsione per l'anno  2015  ed  adozione  del  bilancio
pluriennale per il triennio 2015/2017"), promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso spedito  per  la  notifica  il  12
giugno 2015 e ricevuto il 17 giugno 2015, depositato  in  cancelleria
il 22 giugno 2015 ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2016 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  l),  e  terzo  comma  della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10 della  legge  della  Regione
Marche 13 aprile 2015, n. 16  (Disposizioni  di  aggiornamento  della
legislazione regionale. Modifiche alla legge  regionale  30  dicembre
2014, n. 36 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2015
e pluriennale 2015/2017 della Regione. Legge finanziaria 2015" e alla
legge regionale 30 dicembre 2014, n. 37 "Bilancio di  previsione  per
l'anno 2015 ed adozione del  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2015/2017"). 
    1.1.- La disposizione  denunciata  sostituisce  l'art.  35  della
precedente legge regionale 4 dicembre 2014, n. 33  (Assestamento  del
bilancio 2014), inserendo la  parola  «e»  in  luogo  di  «ovvero»  e
sopprimendo la parola «altra», all'interno del  testo  originario  di
quella  disposizione,  che  (senza  ulteriori  modificazioni)   cosi'
attualmente recita: «In attuazione dell'articolo  2-bis  del  decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380  (Testo  unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia  edilizia),
gli  edifici  esistenti,  che  siano   oggetto   di   interventi   di
qualificazione del patrimonio edilizio esistente, di riqualificazione
urbana, di recupero  funzionale,  di  accorpamento  e  [in  luogo  di
«ovvero»]  di   ogni   [«altra»,   parola   espunta]   trasformazione
espressamente qualificata  di  interesse  pubblico  dalla  disciplina
statale e regionale vigente, possono essere  demoliti  e  ricostruiti
all'interno dell'area  di  sedime  o  aumentando  la  distanza  dagli
edifici antistanti, anche in deroga ai limiti di cui  all'articolo  9
del decreto del Ministro dei Lavori pubblici 2 aprile 1968,  n.  1444
[...]». 
    1.2.- Secondo il  ricorrente,  per  effetto  delle  due  indicate
modifiche lessicali, il testo  novellato  dell'art.  35  della  legge
regionale n. 33  del  2014  consentirebbe  di  estendere,  «anche  ad
interventi su singoli edifici non oggetto di un piu' ampio intervento
di trasformazione», la deroga  ai  limiti  di  distanza  fissati  dal
decreto del Ministro dei lavori  pubblici  2  aprile  1968,  n.  1444
(Limiti inderogabili di densita' edilizia, di  altezza,  di  distanza
fra i fabbricati e  i  rapporti  massimi  tra  spazi  destinati  agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici  o  riservati
alle attivita' collettive, al verde pubblico o parcheggi da osservare
ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti  urbanistici  o  della
revisione di quelli esistenti ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto
1967 n. 765): deroga consentita bensi' alle Regioni (e alle  Province
autonome di Trento e di Bolzano) dal d.P.R. n. 380 del 2001, ma  solo
«nell'ambito della definizione o revisione di  strumenti  urbanistici
comunque funzionali a un assetto complessivo o unitario di specifiche
aree territoriali». 
    Dal che, appunto, la violazione della competenza esclusiva  dello
Stato in materia di «ordinamento civile» e, per  eccesso,  di  quella
concorrente della Regione in materia di «governo del territorio»,  di
cui agli evocati parametri costituzionali. 
    2.- Si e' costituita  in  giudizio  la  Regione  Marche,  che  ha
preliminarmente eccepito l'inammissibilita' del  ricorso,  in  quanto
riferito all'art. 10 della legge regionale n. 16 del 2015  nella  sua
interezza,  senza  ulteriori  specificazioni  in  ordine   al   comma
impugnato (che, in ogni caso, si sarebbe dovuto identificare  con  il
primo), oltre che per assunta oscurita' del percorso argomentativo. 
    Nel merito, ha contestato la fondatezza della questione  proposta
dal  ricorrente,  sostenendo  che  gli  interventi   previsti   dalla
disposizione impugnata non potrebbero essere altrimenti  interpretati
che in modo consono alla normativa richiamata, ovvero  nel  senso  di
riferirsi ad interventi "non puntuali"  ma  inseriti  nell'ambito  di
strumenti  urbanistici  «funzionali  ad  un  assetto  complessivo   e
unitario o di specifiche aree territoriali». 
    3.- Entrambe le parti hanno successivamente depositato memorie ad
ulteriore illustrazione dei rispettivi assunti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, resistito dalla  Regione  Marche,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  ha,  come  sopra  detto,
impugnato l'art. 10 della legge  della  suddetta  Regione  13  aprile
2015,  n.  16  (Disposizioni  di  aggiornamento  della   legislazione
regionale. modifiche alla legge regionale 30  dicembre  2014,  n.  36
"Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2015   e
pluriennale 2015/2017 della Regione. Legge finanziaria 2015"  e  alla
legge regionale 30 dicembre 2014, n. 37 "Bilancio di  previsione  per
l'anno 2015 ed adozione del  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2015/2017"), per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l),
e terzo comma, della Costituzione. 
    Secondo  il  ricorrente,  il  vulnus   agli   evocati   parametri
costituzionali discenderebbe dal fatto che il censurato art. 10 della
legge regionale n. 16 del 2015 avrebbe determinato  un  mutamento  di
significato della norma, sostituendo - al riferimento agli interventi
«di   qualificazione   del   patrimonio   edilizio   esistente,    di
riqualificazione urbana,  di  recupero  funzionale,  di  accorpamento
«ovvero  di  ogni  altra  [nostra   sottolineatura],   trasformazione
espressamente qualificata  di  interesse  pubblico  dalla  disciplina
statale e regionale vigente» - il  riferimento  agli  interventi  «di
riqualificazione urbana  [...]  e  [nostra  sottolineatura]  di  ogni
trasformazione [...]». 
    La norma denunciata, nella versione  attuale,  potrebbe  rendere,
infatti, cosi' possibili anche "interventi di carattere puntuale", in
violazione dell'art. 2-bis del d.P.R. 6 giugno 2001,  n.  380  (Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia - Testo A), che invece consente alle Regioni di  «prevedere,
con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al  decreto
del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444»,  unicamente
a condizione  che  quest'ultime  si  inseriscano  «nell'ambito  della
definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque  funzionali
a  un  assetto  complessivo  e  unitario   o   di   specifiche   aree
territoriali». 
    2.- Le eccezioni  di  inammissibilita'  formulate  dalla  Regione
resistente  -  per  non  esatta  individuazione  della   disposizione
censurata e per insufficiente esposizione  delle  ragioni  addotte  a
sostegno dell'ipotizzata illegittimita' costituzionale - non  possono
trovare accoglimento. 
    2.1.- Non rileva, in primo  luogo,  che  l'art.  10  della  legge
regionale impugnata, che si compone di piu'  commi,  sia  formalmente
richiamato  in  ricorso  nella  sua  interezza,  poiche'  le  censure
formulate dal ricorrente sono inequivocabilmente rivolte al solo  suo
comma 1: nel quale, appunto, sono contenute le  modifiche,  apportate
all'art. 35 della precedente legge regionale 4 dicembre 2014,  n.  33
(Assestamento  del  bilancio  2014),  sottoposte  allo  scrutinio  di
costituzionalita'. 
    2.2.- A sua volta, anche il percorso argomentativo che conduce il
ricorrente  a  censurare  il  novellato  art.  35  e'   ben   chiaro,
contrariamente  all'assunto   della   difesa   della   Regione,   nel
ricollegare la  violazione  degli  evocati  parametri  costituzionali
all'ampliamento  dei  poteri   di   intervento   edilizio,   che   la
disposizione impugnata, nella sua attuale formulazione, consentirebbe
alla Regione, in violazione dei limiti  di  cui  all'art.  2-bis  del
d.P.R. n. 380  del  2001,  e  in  eccedenza,  quindi,  rispetto  alla
competenza concorrente della resistente in materia  di  «governo  del
territorio», con conseguente vulnus alla competenza  esclusiva  dello
Stato nella materia «ordinamento civile». 
    3.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1.- Va ribadito, in premessa, che, in tema di disciplina  delle
distanze fra costruzioni, il "punto di equilibrio" - tra  gli  ambiti
di competenza, rispettivamente, "esclusiva", dello Stato (in  ragione
dell'attinenza di detta disciplina alla materia «ordinamento civile»)
e,  "concorrente",  della  Regione,  nella   materia   «governo   del
territorio» (per  il  profilo  della  insistenza  dei  fabbricati  su
territori  che  possono  avere,   rispetto   ad   altri,   specifiche
caratteristiche,  anche  naturali  o  storiche)  -  si  rinviene  nel
principio, estraibile dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n.  1444
del 1968 (che questa Corte ha piu' volte ritenuto dotato di efficacia
precettiva e inderogabile: sentenze n. 114 del  2012  e  n.  232  del
2005; ordinanza n. 173 del  2011),  per  cui  sono  ammesse  distanze
inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale,  ma  solo  «nel
caso  di  gruppi  di   edifici   che   formino   oggetto   di   piani
particolareggiati  o  lottizzazioni  convenzionate   con   previsioni
planovolumetriche». 
    Principio, questo, sostanzialmente poi recepito  dal  legislatore
statale con l'art. 30, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013,  n.
69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia),  convertito,
con modificazioni, della legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha inserito,
dopo l'art. 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, l'art. 2-bis, a  norma  del
quale «Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento
civile con riferimento al diritto di proprieta' e alle connesse norme
del codice civile e alle disposizioni integrative, le  regioni  e  le
province autonome di Trento  e  di  Bolzano  possono  prevedere,  con
proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto  del
Ministro dei lavori pubblici  2  aprile  1968,  n.  1444,  e  possono
dettare disposizioni  sugli  spazi  da  destinare  agli  insediamenti
residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle  attivita'
collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione  o
revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a  un  assetto
complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali». 
    Ne consegue che la legislazione regionale  che  interviene  sulle
distanze, interferendo con l'ordinamento civile, e' legittima solo in
quanto  persegua  chiaramente  finalita'  di  carattere  urbanistico,
demandando l'operativita' dei suoi precetti a «strumenti  urbanistici
funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate  zone
del territorio» (sentenza n. 232 del 2005). Diversamente,  «le  norme
regionali  che,  disciplinando  le  distanze  tra  edifici,  esulino,
invece,  da  tali  finalita',  risultano   invasive   della   materia
«ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato (sentenza n. 134 del 2014). 
    3.2.- Alla luce dei suesposti principi, e' innegabile allora che,
nel contesto del novellato art. 35 della legge della  Regione  Marche
n. 33 del 2014, la sostituzione della parola «ovvero», con la  parola
«e»,  e  l'espunzione  dell'aggettivo  «altra»  (sicche'   la   frase
originaria «ovvero di ogni altra trasformazione» diventa «e  di  ogni
trasformazione») sia  idonea  a  superare  il  collegamento  tra  gli
interventi - di demolizione e costruzione «in deroga ai limiti di cui
all'articolo 9 del decreto del Ministro dei Lavori pubblici 2  aprile
1968 n. 1444» - di cui e' menzione dopo quella «e», e le finalita' di
qualificazione, o riqualificazione urbana, fissate nell'incipit della
disposizione stessa. Con la conseguenza di estendere, come  paventato
dal ricorrente, la competenza, in  deroga,  della  Regione  anche  ad
"interventi  puntuali"  o  comunque  non  attinenti   a   complessivi
strumenti urbanistici, al di la' di quanto previsto dal predetto art.
35, del quale non si spiegherebbe altrimenti la sostituzione  operata
dalla disposizione censurata. 
    Da cio', dunque, la violazione dei  parametri  costituzionali  di
riferimento. 
    4.-  Va,  pertanto,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 10, comma 1, della legge della Regione  Marche  n.  16  del
2015, nella parte in cui modifica l'art. 35 della legge  regionale  4
dicembre 2014, n. 33 (Assestamento del bilancio  2014),  sostituendo,
all'espressione originaria «ovvero di ogni altra trasformazione»,  la
diversa espressione «e di ogni trasformazione».