ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
4-quinquies,  del   decreto-legge   25   settembre   2009,   n.   134
(Disposizioni urgenti  per  garantire  la  continuita'  del  servizio
scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010), aggiunto  dalla  legge
di conversione 24 novembre  2009,  n.  167,  promosso  dal  Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, nel procedimento vertente  tra
C.P. ed altri ed il  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca ed altri, con ordinanza del 2 aprile 2013, iscritta  al
n. 221 del  registro  ordinanze  2014  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 51,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22  giugno  2016  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
ordinanza  emessa  il  2  aprile  2013,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4-quinquies,  del
decreto-legge 25 settembre 2009, n.  134  (Disposizioni  urgenti  per
garantire la continuita' del servizio  scolastico  ed  educativo  per
l'anno 2009-2010), aggiunto dalla legge di  conversione  24  novembre
2009, n. 167, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 4,  secondo
comma, 35, 51 e 97 della Costituzione. 
    La disposizione censurata  prevede  che  «A  decorrere  dall'anno
scolastico  2010-2011,  non  e'  consentita   la   permanenza   nelle
graduatorie ad esaurimento  dei  docenti  che  hanno  gia'  stipulato
contratto a tempo indeterminato per qualsiasi tipologia di  posti  di
insegnamento o classi di concorso». 
    2.- Il Tribunale  rimettente  e'  investito  della  decisione  in
ordine ai ricorsi proposti da alcuni docenti, tutti abilitati in piu'
discipline e pertanto gia' iscritti in piu' graduatorie di merito per
l'insegnamento in diverse classi di concorso,  al  fine  di  ottenere
l'annullamento del decreto dell'11 marzo 2010, con cui  il  Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca - Dipartimento  per
l'istruzione,  in  applicazione  della  disposizione  censurata,   ha
stabilito la  cancellazione  dalle  graduatorie  ad  esaurimento  del
personale  docente  che  gia'  ha  stipulato  un  contratto  a  tempo
indeterminato nella scuola statale, nonche' della nota  dello  stesso
Ministero dell'11 marzo 2010, nella parte in  cui  prevede  che  tale
operazione venga effettuata automaticamente dal gestore  del  sistema
informativo. 
    I ricorrenti, i quali hanno ottenuto  l'immissione  in  ruolo  in
relazione  ad  una  delle  plurime  abilitazioni  delle  quali   sono
rispettivamente  titolari,  lamentano  che  la  cancellazione   dalle
graduatorie  comporterebbe  un  illegittimo  vincolo  alla  mobilita'
professionale verso altri posti di ruolo o altra classe di  concorso.
Infatti,  in  base  alla  disciplina  prevista  dalla  contrattazione
collettiva nazionale, tale  mobilita'  potrebbe  avvenire  solo  dopo
l'espletamento del periodo di  prova  e  comunque  non  prima  di  un
biennio  o  triennio  dalla  nomina  (a  seconda  che  si  tratti  di
trasferimento  all'interno   o   all'esterno   della   Provincia   di
provenienza). Da cio' deriverebbe loro un trattamento  deteriore  sia
rispetto ai docenti di religione, sia rispetto a quelli con contratto
a tempo indeterminato inclusi, per altra disciplina di  insegnamento,
nelle graduatorie di merito dei concorsi indetti nel 1999,  ai  quali
la compresenza in piu' graduatorie sarebbe invece assicurata. 
    In  punto  di  rilevanza,  il  rimettente  ritiene  che  soltanto
l'accoglimento  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
impedirebbe il rigetto dei  ricorsi,  volti  all'annullamento  di  un
provvedimento meramente applicativo dell'art. 1,  comma  4-quinquies,
del d.l. n. 134 del 2009. 
    In relazione alla non manifesta infondatezza, viene richiamata la
sentenza n. 41 del 2011 con  la  quale  questa  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   4-ter,   del
medesimo d.l. n. 134 del 2009, il  quale  aveva  introdotto,  per  un
biennio, una disciplina del trasferimento  eccentrica  rispetto  alla
regola dell'inserimento "a pettine" nelle  graduatorie,  vigente  non
solo nel periodo anteriore, ma anche in quello posteriore al  biennio
in questione. In tale occasione, la Corte ha  ritenuto  irragionevole
la  disciplina  introdotta  da  tale  disposizione,  in  quanto  essa
comportava il totale sacrificio del principio  del  merito,  posto  a
fondamento della procedura di reclutamento dei docenti, nonche' della
correlata esigenza di  assicurare,  per  quanto  piu'  possibile,  la
migliore formazione scolastica. 
    Ad avviso del rimettente,  anche  la  disposizione  dell'art.  1,
comma 4-quinquies,  del  d.l.  n.  134  del  2009,  come  convertito,
ponendosi in controtendenza rispetto a quanto stabilito dallo  stesso
Ministero sino al biennio 2007/2009, sarebbe servita a dare copertura
normativa  al  medesimo   decreto   del   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca 8 aprile 2009, n. 42 (Integrazione e
aggiornamento delle  graduatorie  ad  esaurimento  per  il  personale
docente ed educativo). Essa costituirebbe, infatti, il corollario del
meccanismo del trasferimento "in coda"  nelle  graduatorie  di  altre
province, gia' ritenuto illegittimo dalla citata sentenza n.  41  del
2011. 
    In particolare, tale d.m. n. 42 del 2009 stabiliva,  all'art.  9,
comma 3, che l'accettazione di una proposta  di  assunzione  a  tempo
indeterminato in una Provincia per un  posto  o  classe  di  concorso
avrebbe comportato la cancellazione,  con  effetto  immediato,  dalle
graduatorie ad esaurimento per il medesimo posto o classe di concorso
di tutte le altre Province in cui il candidato fosse iscritto,  salvo
che non appartenesse alla prima fascia. 
    Osserva il  giudice  a  quo  che  l'art.  1,  comma  4-quinquies,
riguarda non solo i docenti interessati a  permanere  in  graduatorie
della stessa Provincia, sebbene per altri insegnamenti,  ma  riguarda
anche, e soprattutto, quanti  vengono  cancellati  dalle  graduatorie
delle altre Province prescelte,  con  conseguente  impossibilita'  di
rientrare nella sede di provenienza prima di un triennio. 
    Ad avviso del rimettente, la disposizione  censurata  sarebbe  in
contrasto, sia con  quanto  stabilito  dalla  stessa  amministrazione
nelle precedenti occasioni di inserimento e  di  aggiornamento  delle
graduatorie permanenti, sia con la giurisprudenza del TAR. 
    Il giudice a quo ripercorre l'evoluzione della  disciplina  delle
graduatorie permanenti, la quale prevedeva la possibilita', oltre che
dell'aggiornamento e dell'inserimento, anche del trasferimento da una
graduatoria all'altra. Pur essendo prevista  la  cancellazione  dalla
graduatoria di  provenienza,  cio'  non  riguardava  tutte  le  altre
graduatorie nelle quali il docente era inserito e per  le  quali  non
avesse ottenuto un  incarico.  Sino  all'anno  scolastico  2006/2007,
infatti, la richiesta di trasferimento ad altra Provincia  comportava
il trasferimento automatico  in  tutte  le  graduatorie  nelle  quali
l'aspirante era iscritto e conseguentemente  la  cancellazione  dalla
graduatoria provinciale di  provenienza.  Con  il  trasferimento,  il
docente sarebbe stato immesso in tutte le graduatorie  per  le  quali
egli aveva l'abilitazione, ulteriori rispetto a quella per cui  aveva
chiesto il trasferimento. 
    Il TAR Lazio evidenzia che anche a seguito  della  trasformazione
delle graduatorie da permanenti ad esaurimento (per effetto dell'art.
1,  comma  605,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello   Stato   -   legge   finanziaria   2007»),    la    disciplina
dell'inserimento e del trasferimento  delle  graduatorie  non  subiva
cambiamenti. 
    E' stato infatti previsto che - per gli anni scolastici 2007/08 e
2008/09 - la richiesta di trasferimento ad  altra  Provincia  avrebbe
comportato, automaticamente, il trasferimento di tutte le graduatorie
in cui l'aspirante e' iscritto e, conseguentemente, la  cancellazione
da tutte le graduatorie della Provincia da cui lo stesso proviene. 
    Con il successivo d.m. n. 42 dell'8 aprile 2009 e'  stato  invece
previsto che l'accettazione di una proposta  di  assunzione  a  tempo
indeterminato in una Provincia per un  posto  o  classe  di  concorso
comporta la cancellazione, con effetto immediato,  dalle  graduatorie
ad esaurimento per il medesimo posto o classe di concorso di tutte le
altre Province, in cui  il  candidato  e'  iscritto.  In  definitiva,
quindi, il docente che accetti l'incarico  di  insegnamento  a  tempo
indeterminato non viene cancellato  dalle  sole  graduatorie  da  cui
proviene, ma anche da  tutte  quelle  delle  Province  verso  cui  ha
chiesto la mobilita', a differenza  di  quanto  accadeva  durante  il
decennio precedente. 
    In sede di conversione in legge del d.l. n. 134 del  2009,  viene
quindi prevista la cancellazione dalle graduatorie ad esaurimento dei
docenti che hanno gia' stipulato contratto a tempo indeterminato. 
    Ad avviso del TAR rimettente,  il  comma  4-quinquies,  oltre  ad
introdurre  una  disciplina  illogica  ed  incongrua  con  il  quadro
normativo e giurisprudenziale,  determinerebbe  lo  svilimento  delle
abilitazioni conseguite dagli interessati anche in piu' materie. 
    Viene denunciato, in primo luogo,  il  contrasto  con  l'art.  3,
primo  comma,  Cost.  perche'  la  permanenza   dei   docenti   nella
graduatoria ad esaurimento sarebbe condizionata dalla stipula  di  un
contratto a tempo indeterminato, introducendo cosi' una distinzione -
tra coloro che non hanno stipulato il contratto e coloro che lo hanno
stipulato - alla quale l'ordinamento costituzionale  non  attribuisce
alcun rilievo. 
    La disposizione in esame contrasterebbe, inoltre, con  l'art.  51
Cost., in base al quale  tutti  i  cittadini  possono  accedere  agli
uffici pubblici in condizioni di eguaglianza e  secondo  i  requisiti
stabiliti dalla legge. A questo riguardo, il TAR Lazio evidenzia  che
il  requisito  previsto  per  l'inserimento  nelle   graduatorie   ad
esaurimento e' l'abilitazione, la quale costituisce il  risultato  di
un percorso di  studi  e  di  formazione.  Essa  costituisce  l'unico
strumento  attraverso  il  quale  il  docente  puo'   esercitare   la
professione. 
    Ad avviso del giudice a quo, la preclusione della possibilita' di
spostarsi di graduatoria nell'ambito delle  materie  nelle  quali  il
docente ha conseguito l'abilitazione pregiudicherebbe  le  competenze
conseguite  e   l'esperienza   professionale   maturata,   le   quali
costituiscono le uniche condizioni che consentono l'inserimento nelle
graduatorie ad esaurimento. 
    La   mobilita'   dei   docenti   non   verrebbe   piu'   affidata
all'inserimento nella graduatoria in relazione alle classi di materie
per le quali essi possiedono le abilitazioni, ma a criteri del  tutto
aleatori e non rispondenti ai requisiti in base ai quali  il  docente
e' inserito nella stessa. 
    In cio' viene ravvisata quindi la violazione degli artt. 3, primo
comma, e 51 Cost., nonche' dell'art.  4,  secondo  comma,  Cost.,  il
quale individua nel lavoro un  diritto-dovere.  Esso  costituisce  il
fine cui lo Stato deve tendere ed un dovere morale cui ciascuno  deve
adempiere,  nel   rispetto   della   liberta'   della   persona.   La
cancellazione indiscriminata da tutte le graduatorie sia per materia,
sia per Provincia, impedirebbe la realizzazione del dovere civico  di
contribuire al progresso della comunita' nazionale in relazione  alle
conoscenze  acquisite  nel  percorso  di   studi   e   all'esperienza
professionale  maturata  e  comprimerebbe  il   valore   dei   titoli
abilitativi legittimamente conseguiti. 
    Viene, inoltre, denunciata la violazione dell'art. 35  Cost.,  in
quanto l'impossibilita' di utilizzare l'abilitazione  conseguita  per
trasferire le conoscenze con essa acquisite le mortificherebbe  o  le
renderebbe comunque inutili. 
    Sarebbe,   inoltre,    infondato    l'assunto    del    Ministero
dell'istruzione laddove sostiene che l'abilitazione  posseduta  dagli
insegnanti di ruolo che sono stati cancellati  non  verrebbe  affatto
vanificata,  essendo  sempre  possibile  ricorrere   alla   mobilita'
professionale. 
    Osserva  il  TAR  Lazio  che,  sebbene  l'art.  3  del  contratto
collettivo nazionale del  16  febbraio  2010  consenta  la  mobilita'
professionale, si tratterebbe tuttavia di un passaggio di  ruolo  per
il quale e' necessario lo svolgimento dell'anno  di  prova.  Inoltre,
tale  mobilita'  sarebbe  rivolta,  con   priorita',   al   personale
appartenente a classi di concorso, aree disciplinari, ruoli,  aree  e
profili professionali in situazione di esubero. Pertanto, il  docente
che abbia ottenuto il posto di lavoro per una determinata  materia  e
che  intenda  recarsi  in  un'altra  Provincia  sarebbe  costretto  a
rimanere in quella Provincia fino a quando non trovino sistemazione i
precari  in  esubero,  cosi'   vanificandosi   la   collocazione   in
graduatoria in base a criteri meritocratici. 
    In  conclusione,  ad  avviso  del  TAR   rimettente,   il   comma
4-quinquies completa il disegno che era sotteso anche all'art. 4-ter,
gia' dichiarato incostituzionale con la sentenza n.  41  del  2011  e
partecipa degli stessi vizi in esso rinvenuti dall'ordinanza con  cui
e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 4-ter, del medesimo d.l. n. 134 del 2009. 
    3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile,
ovvero infondata. 
    3.1.-  In  via  preliminare,  la  difesa  statale   ha   eccepito
l'inammissibilita'  della  questione   sollevata   dal   TAR   Lazio,
evidenziando    l'indeterminatezza    delle    censure,    incentrate
sull'irragionevolezza della disciplina in questione. 
    3.2.- Nel merito,  con  riferimento  alla  denunciata  violazione
dell'art. 3 Cost., l'Avvocatura generale dello Stato osserva  che  la
normativa vigente e' strutturata sulla base di distinte tipologie  di
rapporto, caratterizzate da una disciplina differenziata in  funzione
di situazioni oggettivamente non comparabili. La cancellazione  dalle
graduatorie e', infatti, prevista solo per i docenti immessi in ruolo
diversi dagli insegnanti di religione cattolica. Per questi ultimi la
ragionevolezza  di  una  disciplina  differenziata  e'   gia'   stata
riconosciuta dalla Corte (sentenza n. 146  del  2013),  in  relazione
alla  loro  diversa  ed  instabile  condizione  rispetto  agli  altri
docenti, in quanto solo gli insegnanti di religione  sono  sottoposti
alla  condizione  del  gradimento  dell'autorita'  ecclesiastica:  il
mantenimento  in  altra  graduatoria  -  garantito  dalla  norma  ora
censurata - consente cosi' agli stessi di  poter  insegnare  altra  e
diversa materia rispetto a quella eventualmente preclusa a causa  del
mancato gradimento. 
    Per quanto attiene poi ai  docenti  non  di  ruolo,  l'Avvocatura
generale dello Stato ritiene che le situazioni poste a raffronto  dal
TAR (quella dei docenti immessi in ruolo e quelli che non  lo  siano)
non siano comparabili, in quanto la posizione dell'insegnante a tempo
determinato  e'  strutturalmente  caratterizzata   dalla   necessita'
preminente di assicurare il tempestivo assorbimento  del  precariato.
Tale  obiettivo  viene,   quindi,   realizzato   anche   tramite   la
possibilita', per i precari, di ottenere una  valutazione  attraverso
una graduatoria relativa ad altra classe di concorso per la quale sia
stata  ottenuta  l'abilitazione.  L'esclusione   dal   "depennamento"
sarebbe quindi giustificata dalla finalita' di tutela del diritto  ad
un'occupazione lavorativa  e  non  costituirebbe  una  condizione  di
ingiustificato privilegio. 
    Quanto alle ulteriori censure, la difesa statale ritiene  che  le
stesse risultino infondate alla luce della disciplina degli  istituti
della mobilita' professionale e territoriale e  dell'utilizzazione  a
titolo provvisorio. Si evidenzia, a questo riguardo, che il contratto
collettivo  nazionale  integrativo,  concernente  la  mobilita'   del
personale (sottoscritto per l'anno scolastico 2013/2014 il 6 dicembre
2012) consente ogni anno,  a  tutti  docenti  di  ruolo,  purche'  in
possesso  del  titolo  di  studio   e   dell'abilitazione   specifica
richiesta, di fare domanda di mobilita' territoriale o professionale,
transitando cosi' in altri ordini di scuola ed  in  altre  classi  di
concorso. La contrattazione collettiva  riconosce,  infatti,  che  la
mobilita' professionale del personale scolastico  ha  come  fine  non
solo di superare o prevenire il soprannumero, ma anche di valorizzare
le esperienze  acquisite  dal  personale,  sostenere  lo  scambio  di
esperienze nel sistema  scolastico  e  del  lavoro  pubblico.  Questa
previsione varrebbe proprio a contemperare le  legittime  aspettative
alla  mobilita'  di  tutti  i   docenti   e   quindi   ad   escludere
l'illegittimita' della disposizione impugnata. 
    La previsione della cancellazione dalle altre graduatorie cui  il
docente, divenuto di ruolo, sia iscritto non precluderebbe affatto la
possibilita' di valorizzare le proprie capacita' professionali  o  le
aspirazioni ad esercitare tali capacita' in un ambito professionale o
territoriale diverso. D'altra parte, sarebbe del  tutto  indimostrato
l'assunto  del  rimettente  secondo  il  quale  la  mobilita'  stessa
favorirebbe il ricollocamento dei docenti in esubero,  rispetto  alle
restanti categorie di aspiranti al trasferimento. 
    Occorrerebbe, d'altra parte, tenere presente che  le  aspirazioni
alla mobilita' esigono un contemperamento tra le esigenze del sistema
scolastico statale e le legittime aspettative del docente. 
    La disposizione censurata sarebbe coerente anche con il  criterio
costituzionale dell'efficiente organizzazione dei servizi pubblici di
cui all'art. 97 Cost., in  quanto  con  l'applicazione  dell'istituto
della mobilita' previsto  dalla  contrattazione  collettiva  verrebbe
riportata ad  unita'  la  tematica  del  trasferimento  di  tutto  il
personale di ruolo (con l'eccezione degli insegnanti di religione). 
    Viene  imposto,  infatti,  un  periodo   minimo   di   permanenza
nell'ambito professionale o territoriale in relazione al quale si  e'
costituito un rapporto di lavoro  a  tempo  indeterminato,  a  tutela
della continuita' didattica del servizio  scolastico  e  del  diritto
all'educazione  dei  fruitori  del  servizio  pubblico.   Viene,   al
contempo, perseguito l'obiettivo  di  razionalizzare  il  sistema  di
reclutamento, eliminando la compresenza di docenti,  ormai  impiegati
stabilmente, da un sistema di graduatorie che  per  la  sua  gestione
richiede un notevole impiego di pubbliche risorse, umane, strumentali
e finanziarie. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
ordinanza  emessa  il  2  aprile  2013,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4-quinquies,  del
decreto-legge 25 settembre 2009, n.  134  (Disposizioni  urgenti  per
garantire la continuita' del servizio  scolastico  ed  educativo  per
l'anno 2009-2010), aggiunto dalla legge di  conversione  24  novembre
2009, n. 167, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 4,  secondo
comma, 35, 51 e 97 della Costituzione. 
    La disposizione censurata  prevede  che  «A  decorrere  dall'anno
scolastico  2010-2011,  non  e'  consentita   la   permanenza   nelle
graduatorie ad esaurimento  dei  docenti  che  hanno  gia'  stipulato
contratto a tempo indeterminato per qualsiasi tipologia di  posti  di
insegnamento o classi di concorso». 
    2.- L'eccezione di inammissibilita'  della  questione,  sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, non e' fondata. 
    La difesa statale ha eccepito, in particolare, l'indeterminatezza
delle censure incentrate sull'irragionevolezza  della  disciplina  in
esame. 
    Tuttavia, nel caso in esame,  il  rimettente  non  si  limita  ad
affermare l'irragionevolezza della disposizione censurata, ma -  dopo
avere fornito una descrizione della fattispecie concreta dalla  quale
emerge  con  chiarezza  la  rilevanza   della   questione   -   offre
un'interpretazione non manifestamente implausibile della disposizione
contestata, chiarendo il quadro precettivo costituzionale  in  ordine
al quale, a suo avviso, affiorerebbe il contrasto. Il giudice  a  quo
richiama, in particolare, la precedente decisione di questa Corte (la
sentenza n. 41 del 2011) e le argomentazioni -  gia'  illustrate  dal
medesimo TAR - a sostegno dell'illegittimita' costituzionale di altra
disposizione del medesimo d.l. n. 134 del 2009. 
    Risultano,  quindi,  individuate  chiaramente  le   ragioni   che
inducono il rimettente a dubitare della  legittimita'  costituzionale
della norma censurata. 
    3.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 4-quinquies, del d.l. n. 134 del 2009, formulata in riferimento
all'art. 97 Cost., e' inammissibile. 
    Va al riguardo rilevato il difetto di motivazione in ordine  alle
ragioni del denunciato contrasto con l'art.  97  Cost.  Il  parametro
risulta evocato  mediante  il  mero  riferimento  numerico  nel  solo
dispositivo dell'ordinanza di rimessione, mentre la parte  motiva  e'
del tutto  sfornita  di  argomentazioni  a  sostegno  del  denunciato
contrasto. 
    Questa Corte ha piu' volte affermato che si configura  un'ipotesi
di inammissibilita' della questione, qualora il giudice non  fornisca
una motivazione  adeguata  sulla  non  manifesta  infondatezza  della
stessa, limitandosi a  evocarne  i  parametri  costituzionali,  senza
argomentare in ordine alla loro violazione (ex plurimis, sentenza  n.
70 del 2015, ordinanze n. 36 del 2015 e n. 158 del 2011). Nel caso in
esame,  tale  omissione  inibisce  lo  scrutinio  nel  merito   della
questione, con conseguente inammissibilita' della stessa. 
    4.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    4.1.- Viene denunciata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
1, comma 4-quinquies, del d.l. n. 134 del 2009, il quale  esclude  la
permanenza nelle graduatorie ad esaurimento  dei  docenti  che  hanno
gia'  stipulato  contratto  a  tempo  indeterminato   per   qualsiasi
tipologia di posti di insegnamento o classi di concorso. 
    Il parametro di cui all'art. 3 Cost. viene invocato  dal  giudice
rimettente sotto il duplice aspetto dell'intrinseca  irragionevolezza
della  norma  impugnata  e  della   violazione   del   principio   di
eguaglianza, con profili che  involgono  anche  la  violazione  degli
artt. 4, 35 e 51  Cost.,  in  quanto  la  disparita'  di  trattamento
comporterebbe, altresi', la compressione del diritto al lavoro e alla
elevazione professionale  del  lavoratore  e  contrasterebbe  con  la
garanzia della parita' nell'accesso ai pubblici uffici. 
    Con riferimento al principio di uguaglianza,  il  giudice  a  quo
ritiene che  la  norma  riservi  ai  docenti  immessi  nei  ruoli  un
trattamento deteriore rispetto a quello dei docenti che non lo  siano
e fondi tale diversita' sulla base  della  "mera"  circostanza  della
stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. 
    Secondo   il   costante   orientamento    della    giurisprudenza
costituzionale, la violazione del principio di  eguaglianza  sussiste
solo qualora situazioni sostanzialmente identiche siano  disciplinate
in modo ingiustificatamente diverso, ma non quando la  diversita'  di
disciplina corrisponda ad una diversita' di situazioni, sempre con il
limite generale dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza (ex
plurimis, sentenze n. 79 del 2016 e n. 85 del 2013). 
    Nel caso in esame, il giudice a quo pone a  raffronto  situazioni
non  omogenee  e  oggettivamente  non  comparabili.  Il  petitum  del
rimettente  appare,  infatti,  volto  ad  annullare   il   differente
trattamento  riservato  ai  docenti  di  ruolo  per   effetto   della
cancellazione  dalle  graduatorie  rispetto  a  quello  riservato  ai
docenti non immessi in ruolo, che non subiscono  analoga  esclusione.
Si vorrebbe, in definitiva, conservare  la  medesima  disciplina  che
accompagna lo status dei docenti in attesa di  ottenere  una  stabile
occupazione anche in capo a coloro che la abbiano gia' ottenuta. 
    Diversamente da quanto accadeva nella questione decisa da  questa
Corte con la sentenza n. 41 del 2011, richiamata dal  rimettente,  le
fattispecie poste a  raffronto  nel  caso  ora  in  esame  non  sono,
tuttavia, omogenee e la  posizione  dei  docenti  non  di  ruolo  che
rimangono inseriti nelle graduatorie non  e',  quindi,  correttamente
utilizzabile quale tertium  comparationis  a  sostegno  dell'asserita
disparita' di trattamento rispetto ai docenti ai quali si applica  la
disposizione censurata. 
    Va infatti rilevato che, solo con riferimento alla posizione  dei
primi,  l'obiettivo  prioritario  del  legislatore  e'  rappresentato
dall'esigenza  di   assicurare   il   tempestivo   assorbimento   del
precariato. In considerazione di tale preminente esigenza,  non  puo'
essere ritenuta irragionevole la scelta legislativa di  prevedere  la
cancellazione dalle graduatorie dei docenti immessi  in  ruolo.  Tale
scelta risponde,  infatti,  ad  una  logica  organizzativa  volta  al
bilanciamento   delle   esigenze   di   piena   realizzazione   della
professionalita' dei docenti di ruolo con quelle volte  a  consentire
il piu' ampio accesso possibile ai ruoli dell'amministrazione. 
    Tale obiettivo viene, quindi,  realizzato  riconoscendo  ai  soli
docenti non di ruolo la possibilita' di conservare  l'inserimento  in
graduatorie relative a tutte le classi di concorso per le  quali  sia
stata ottenuta l'abilitazione. Che solo i docenti non di ruolo  siano
inseriti in tali  graduatorie  e'  giustificato  dalla  finalita'  di
tutela del diritto ad un'occupazione  stabile,  da  riconoscersi  con
priorita' in favore di chi ancora ne sia privo. 
    Va, inoltre, rilevato che dalla  considerazione  complessiva  del
quadro normativo non emerge una compressione  delle  aspettative  dei
docenti  di  ruolo  alla  piena  realizzazione  professionale.   Tali
aspettative  possono  trovare  soddisfazione   attraverso   forme   e
modalita'  diverse   dalla   conservazione   dell'inserimento   nelle
graduatorie ad esaurimento. In particolare, va  richiamato  a  questo
riguardo l'istituto  della  mobilita'  professionale  previsto  dalla
contrattazione collettiva nazionale, cui  fa  riferimento  lo  stesso
rimettente. Tale disciplina riconosce ai docenti di ruolo - sia  pure
a  determinate  condizioni  e  secondo  particolari  modalita'  -  la
possibilita' di  rivolgersi  verso  incarichi  per  altre  classi  di
concorso,  per  le  quali  gli  stessi   possiedano   le   necessarie
abilitazioni. 
    Da ultimo, si osserva  che  la  legge  13  luglio  2015,  n.  107
(Riforma del sistema nazionale di istruzione e  formazione  e  delega
per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), all'art.  1,
comma 79, prevede che il dirigente  scolastico  possa  «utilizzare  i
docenti in classi di concorso diverse da quelle  per  le  quali  sono
abilitati,  purche'  posseggano   titoli   di   studio   validi   per
l'insegnamento della disciplina e  percorsi  formativi  e  competenze
professionali coerenti con gli insegnamenti da  impartire  e  purche'
non siano disponibili nell'ambito territoriale docenti  abilitati  in
quelle classi di concorso». 
    Alla luce di tali  argomenti,  deve  quindi  concludersi  che  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata  dal  TAR  per  il
Lazio e' priva di fondamento.