ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della richiesta di rinvio a  giudizio  della  Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Perugia del 16  luglio  2015,
promosso con ricorso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
depositato in cancelleria il 31 agosto 2015 ed iscritto al n.  3  del
registro  conflitti  tra   poteri   dello   Stato   2015,   fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2016 il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  il  31  agosto  2015,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato, per violazione degli artt. 1, 5,
52, 94 e 95 della Costituzione, in relazione agli artt. 1,  comma  1,
lettere b) e c), 39, 40 e 41  della  legge  3  agosto  2007,  n.  124
(Sistema di informazione per la sicurezza della  Repubblica  e  nuova
disciplina del segreto), nei confronti della Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Perugia, in relazione alla richiesta di rinvio
a giudizio degli imputati Nicolo' Pollari e Pio Pompa per il reato di
peculato aggravato continuato, di cui al  capo  A)  dell'imputazione,
formulata nell'ambito del procedimento penale n. 02/15 R.G. Dib. e n.
5970/09  R.G.  P.M.,  pendente  davanti   al   Giudice   dell'udienza
preliminare del Tribunale di Perugia; 
    che il ricorrente  riferisce  che  la  Procura  della  Repubblica
presso il Tribunale di Perugia aveva svolto indagini preliminari  nei
confronti di Nicolo' Pollari, gia'  direttore  del  Servizio  per  le
informazioni e la sicurezza militare (SISMI) dal 15 ottobre  2001,  e
di Pio Pompa, consulente dal novembre 2001 e  quindi  dipendente  del
medesimo Servizio dal dicembre 2004 al dicembre 2006, quale direttore
di sezione addetto all'ufficio del direttore; 
    che, in base all'ipotesi accusatoria, i due indagati si sarebbero
resi responsabili, in concorso tra  loro,  del  delitto  di  peculato
aggravato continuato (artt. 314, 81, secondo comma, 61, numero  2,  e
110 del codice penale), per essersi appropriati e aver fatto uso, tra
l'estate del 2001 e il luglio del 2006, di somme e di risorse umane e
materiali del  SISMI,  utilizzandole  per  scopi  estranei  a  quelli
istituzionali del Servizio; 
    che, in particolare, il Pompa - su  richiesta  e,  comunque,  con
l'approvazione del Pollari  -  avrebbe  svolto  attivita'  dirette  a
raccogliere ed elaborare informazioni  sulle  opinioni  politiche,  i
contatti e le  iniziative  di  magistrati,  funzionari  dello  Stato,
giornalisti e parlamentari,  di  associazioni  di  magistrati,  anche
europei, di giornalisti, di parlamentari e  di  movimenti  sindacali,
acquisendo, tra l'altro, informazioni sulle indagini in corso  presso
la Procura della Repubblica di Milano per il sequestro di Abu Omar  a
mezzo del giornalista Renato Farina, al quale sarebbe  stato  versato
un compenso di almeno 30.000 euro; con l'aggravante di aver agito  al
fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie
e abusi di ufficio (capo A dell'imputazione); 
    che ai medesimi Pollari e Pompa era stato contestato, inoltre, il
delitto di  violazione  di  corrispondenza  aggravata  continuata  in
concorso (artt. 616, primo comma, 81, secondo comma, 61, numero 9,  e
110 cod. pen.), per avere, con abuso delle rispettive qualita', preso
cognizione della corrispondenza  elettronica  circolante  all'interno
della   lista   chiusa   dei    destinatari    delle    comunicazioni
dell'associazione MEDEL (Magistrats europeens pour la  democratie  et
les libertes); fatto accertato in Roma  il  5  luglio  2006  (capo  B
dell'imputazione); 
    che, entrambi gli  indagati,  con  memorie  depositate  in  vista
dell'interrogatorio di cui all'art. 415-bis, comma 3, del  codice  di
procedura penale, avevano eccepito che, per difendersi  dalle  accuse
loro mosse, avrebbero dovuto rivelare notizie coperte da  segreto  di
Stato, in quanto inerenti agli «interna corporis» del SISMI; 
    che, a fronte di cio', il pubblico  ministero  aveva  chiesto  al
Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi  dell'art.  41  della
legge n. 124 del 2007, di confermare l'esistenza del segreto di Stato
riguardo a  quattro  circostanze,  la  cui  conoscenza  era  ritenuta
essenziale per la definizione del procedimento; 
    che, con note del 3 e del 22 dicembre  2009,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri aveva confermato il segreto di Stato in ordine
a tutti i  punti  oggetto  dell'interpello  e,  in  particolare,  con
riguardo ai «modi e forme dirette e indirette di finanziamento per la
gestione da parte di Pio Pompa della sede del SISMI di via Nazionale,
allorche' il Servizio era diretto da Nicolo' Pollari»,  e  quanto  ai
«modi e forme di retribuzione, diretta o indiretta, di  Pio  Pompa  e
Jennj Tontodimamma, collaboratori prima e dipendenti poi  del  SISMI,
diretto da Nicolo' Pollari»; 
    che a seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata  dal
pubblico ministero il  29  dicembre  2009,  il  Giudice  dell'udienza
preliminare del Tribunale di Perugia  aveva  sollevato  conflitto  di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei  ministri
in relazione alle suddette note di conferma del segreto; 
    che il conflitto era stato deciso dalla Corte costituzionale  con
la sentenza n. 40 del 2012, nel senso della spettanza  al  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  del  potere  di  emettere  le  note  in
questione; 
    che, con sentenza del 1° febbraio 2013, il  Giudice  dell'udienza
preliminare aveva dichiarato, quindi, il non luogo  a  procedere  nei
confronti degli imputati per il delitto di peculato, per  l'esistenza
del segreto  di  Stato,  e  in  ordine  al  reato  di  violazione  di
corrispondenza, perche' estinto per prescrizione; 
    che, in accoglimento del  ricorso  proposto,  limitatamente  alla
statuizione relativa al peculato, dal  Procuratore  della  Repubblica
presso il Tribunale di Perugia e dal Procuratore generale  presso  la
Corte d'appello di Perugia, la Corte di cassazione, con  sentenza  13
novembre 2014-13 gennaio 2015, n. 1198, aveva annullato la decisione,
rinviando al Tribunale di Perugia per un nuovo giudizio; 
    che il giudice di legittimita' aveva  censurato,  in  specie,  la
mancanza, nella sentenza annullata,  di  qualsiasi  delucidazione  in
ordine alle ragioni per  le  quali,  ai  fini  dell'accertamento  del
delitto di peculato, non sarebbe stata sufficiente  la  dimostrazione
dell'origine  pubblica  delle  risorse  impiegate  in  attivita'  non
istituzionali: origine pubblica che sembrava  essere  stata  comunque
riconosciuta dal Giudice dell'udienza preliminare  del  Tribunale  di
Perugia; 
    che a seguito dell'annullamento con rinvio,  l'imputato  Niccolo'
Pollari aveva ulteriormente opposto l'esistenza del segreto di  Stato
in ordine ai seguenti fatti e temi di prova: 
    «a) Se la sede di via Nazionale a Roma fosse una sede del SISMI o
di altro soggetto pubblico o privato: se fosse finanziata con risorse
"pubbliche" ovvero con risorse "non pubbliche" e da quale soggetto; 
    b) se la sede di Via Nazionale  a  Roma  fosse  finanziata  dallo
Stato o da altro ente pubblico italiano o straniero; 
    c) se la sede di Via Nazionale a  Roma  fosse  finanziata  da  un
soggetto italiano privato o straniero; 
    d) sulla funzione della sede  di  Via  Nazionale  a  Roma,  sulle
persone che  li'  operavano  e  la  usavano  e  sulle  attivita'  ivi
espletate; 
    e) se la sede di Via Nazionale a Roma fosse  una  sede  operativa
del SISMI oppure fosse una sede operativa di altri soggetti  italiani
o stranieri ovvero di privati; 
    f) se, dunque, la sede di Via Nazionale  a  Roma  sia  mai  stata
finanziata con erogazioni iscritte nel bilancio dello Stato  o  altro
ente pubblico o in qualche modo riconducibile a tali bilanci; 
    g) se, inoltre, la sede di via Nazionale a  Roma  fosse  un  sito
riferibile a privati o a soggetti stranieri, finanziato  con  risorse
private o straniere; 
    h) se le somme asseritamente erogate da Pompa Pio a Farina Renato
fossero di origine pubblica o privata o  connesse  ad  operazioni  di
intelligence autorizzate dal Governo; 
    i) il nome del soggetto, persona fisica o giuridica,  pubblica  o
privata, erogatore e titolare delle somme  asseritamente  versate  al
Farina,  nonche'  il  nome  di  colui  che  avrebbe  amministrato   e
concretamente  disposto  di  tali  somme  e  infine  chi  possa  aver
materialmente consegnate al Farina e chi sia il  destinatario  finale
di tali somme; 
    j) se tali somme siano state prelevate dal bilancio dello  Stato,
di altro ente pubblico o dello stesso  SISMI,  ovvero  provengano  da
soggetti terzi diversi o da soggetti estranei alla P.A.; 
    k) se tali somme siano state erogate  e  pagate  da  un  soggetto
italiano o straniero; 
    l) sulla finalita' sottesa a tali erogazioni e  sul  beneficiario
delle relative somme; 
    m) se  tali  erogazioni  siano  state  effettuate,  a  titolo  di
rimborso spese, in relazione a specifiche operazioni autorizzate  dal
Governo in cui sia stato in alcun modo coinvolto  Renato  Farina:  su
chi possa aver interessato, al riguardo, il Farina e sulle ragioni di
tale interessamento verso la sua persona; 
    n) sulla natura e sull'oggetto di tali operazioni.  Sugli  Organi
che le avevano richieste, disposte e/o autorizzate; 
    o) se tali operazioni attenessero  ad  accertamenti  ed  indagini
relativi alla cattura e/o all'omicidio di ostaggi italiani in Iraq od
al reperimento  di  documentazione  da  produrre,  in  proposito,  ad
Autorita'   italiane   competenti.   Se   tali   operazioni   inoltre
riguardassero il  periodo  in  cui  sono  state  condotte  operazioni
politico/militari in Iraq ed in riferimento  alla  presenza  italiana
e/o di italiani in quel paese, al tempo della  c.d.  "seconda  guerra
del golfo"»; 
    che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia,
con nota del 4 maggio 2015, aveva quindi informato il Presidente  del
Consiglio dei ministri della nuova opposizione del segreto di  Stato,
chiedendo la conferma della sua esistenza; 
    che, in risposta all'interpello, il Presidente del Consiglio  dei
ministri, con nota del 4 giugno 2015, aveva rappresentato che i fatti
e i temi di prova in esso indicati risultavano «compresi nella  sfera
di efficacia  di  segreti  di  Stato  gia'  vigenti,  in  ragione  di
determinazioni di apposizione o di conferma adottate in  passato  dai
[suoi] predecessori»; 
    che, cio' nonostante, nel corso dell'udienza preliminare  del  16
luglio 2015, il pubblico  ministero  aveva  concluso  insistendo  nel
chiedere il rinvio a  giudizio  degli  imputati  per  il  delitto  di
peculato, sul presupposto della piena utilizzabilita' degli  elementi
di prova presenti in atti (documenti e prove dichiarative), dai quali
risulterebbe un rapporto diretto tra il Pompa e il Pollari in  ordine
all'attivita' svolta  da  quest'ultimo  mediante  l'utilizzazione  di
risorse umane, finanziarie e materiali del SISMI (e, in  particolare,
della sede di Via Nazionale, che si asserisce gestita dal Pompa); 
    che la tesi del pubblico ministero si baserebbe sull'assunto  che
il rapporto in questione non sarebbe affatto coperto  da  segreto  di
Stato; 
    che, ad avviso del ricorrente, la predetta richiesta di rinvio  a
giudizio lederebbe le attribuzioni costituzionali del Presidente  del
Consiglio dei ministri in materia di tutela del segreto di Stato; 
    che il conflitto sarebbe senz'altro ammissibile sotto il  profilo
soggettivo,   dovendo   reputarsi   pacifiche,   alla   luce    della
giurisprudenza  costituzionale,  sia  la  legittimazione  attiva  del
ricorrente,  quale  potere  dello  Stato  abilitato  a  difendere  la
predetta sfera di attribuzioni; sia la legittimazione  passiva  della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, quale organo
competente a manifestare definitivamente la volonta' del  potere  cui
appartiene, in quanto direttamente investito delle funzioni  previste
dall'art. 112 Cost., e  dunque  gravato  dell'obbligo  di  esercitare
l'azione penale e di svolgere  le  attivita'  di  indagine  a  questa
finalizzate; 
    che  egualmente  indubbia   risulterebbe   l'ammissibilita'   del
conflitto sotto il  profilo  oggettivo:  il  ricorso  sarebbe  volto,
infatti,   a   salvaguardare    l'integrita'    delle    attribuzioni
costituzionali   del   Presidente   del   Consiglio   dei    ministri
nell'esercizio  dell'attivita'  politica  volta  alla  tutela   della
sicurezza dello Stato, concretatasi, nella specie, nella conferma del
segreto di Stato su tutti i fatti e temi di prova indicati  nell'atto
di interpello del Giudice dell'udienza preliminare; 
    che, quanto al merito,  il  ricorrente  rammenta  come  la  Corte
costituzionale abbia costantemente fondato, fin dalla sentenza n.  86
del 1977, la legittimita' costituzionale dell'istituto del segreto di
Stato  sulla  sua  preordinazione  alla  tutela  dei  supremi  valori
dell'esistenza,   dell'integrita'   e   dell'essenza   dello    Stato
democratico: valori posti al vertice di quelli su cui poggia la salus
rei publicae e, dunque, idonei a giustificare le resistenza  di  tale
presidio  rispetto  ad  altri   interessi,   pur   costituzionalmente
tutelati,  quali  quelli  connessi   all'esercizio   della   funzione
giurisdizionale; 
    che  nella  medesima  sentenza  dianzi  citata,   la   Corte   ha
individuato, altresi', nel Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
quale organo responsabile della  politica  generale  del  Governo  ai
sensi dell'art. 95 Cost., il titolare  del  potere  di  segretazione:
potere di natura squisitamente politica, il  cui  esercizio  soggiace
all'esclusivo controllo del Parlamento, dinanzi al quale  il  Governo
e' politicamente responsabile (art. 94 Cost.). 
    che il Parlamento italiano, dapprima  con  la  legge  24  ottobre
1977,  n.  801  (Istituzione  e  ordinamento  dei  servizi   per   le
informazioni e la sicurezza e disciplina del  segreto  di  Stato)  e,
quindi, con la legge n. 124 del  2007,  ha  disciplinato  la  materia
facendo puntuale applicazione delle indicazioni della Corte; 
    che, in particolare, l'art. 1, comma 1, lettere b)  e  c),  della
legge n. 124 del  2007,  demanda  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri l'apposizione e la tutela del segreto di Stato,  nonche'  la
sua conferma; 
    che l'art. 39 delimita l'area degli atti,  dei  documenti,  delle
notizie e delle attivita' coperti da segreto,  mentre  il  successivo
art. 40, sostituendo l'art.  202  del  codice  di  procedura  penale,
disciplina la tutela del segreto  sul  versante  processuale  penale,
imponendo  ai  pubblici  ufficiali,  ai  pubblici  impiegati  e  agli
incaricati di pubblico servizio di astenersi  dal  deporre  su  fatti
coperti da segreto di Stato (comma 1); facendo obbligo  all'autorita'
giudiziaria  dinanzi  alla  quale  venga  opposto,  da  parte  di  un
testimone, un segreto  di  Stato  di  informarne  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   sospendendo   ogni   iniziativa   volta
all'acquisizione  della  notizia  oggetto  del  segreto  (comma   2);
regolando la procedura  volta  all'acquisizione  della  conferma  del
segreto e le conseguenze della conferma, nel senso di prevedere  che,
laddove la conoscenza di quanto coperto dal  segreto  sia  essenziale
per la definizione del  processo,  il  giudice  deve  dichiarare  non
doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato, e consentendo
comunque all'autorita' giudiziaria di procedere in base  ad  elementi
autonomi dagli atti, documenti e cose coperti da segreto (commi 3, 4,
5 e 6); 
    che l'art. 41 vieta, a  sua  volta,  ai  pubblici  ufficiali,  ai
pubblici impiegati e agli incaricati di pubblico servizio di riferire
riguardo a fatti coperti dal segreto di  Stato,  ribadendo  l'obbligo
dell'autorita' giudiziaria, dinanzi  alla  quale,  nel  corso  di  un
processo penale, sia opposto il segreto di Stato,  di  informarne  il
Presidente del Consiglio dei ministri (comma 1), e regolando in  modo
similare la richiesta di conferma e le conseguenze  di  quest'ultima,
in particolare quanto all'inibizione, per l'autorita' giudiziaria, di
acquisire e utilizzare, anche indirettamente, le notizie  coperte  da
segreto (commi 3, 5 e 6); 
    che, alla luce di tale quadro normativo,  l'illegittimita'  della
richiesta  di  rinvio  a  giudizio  formulata  dalla  Procura   della
Repubblica di Perugia risulterebbe evidente; 
    che  il  segreto  di  Stato  opposto  dall'imputato   Pollari   e
confermato dal Presidente del Consiglio dei ministri  ha  infatti  ad
oggetto, tra l'altro, la funzione della  sede  di  via  Nazionale  in
Roma, le persone che vi operavano o la usavano  e  le  attivita'  ivi
espletate; 
    che risulterebbe quindi palese  l'infondatezza  dell'assunto  del
pubblico ministero, secondo il quale  il  rapporto  diretto  tra  gli
imputati Pollari e  Pompa,  riguardo  alle  attivita'  che  il  Pompa
avrebbe compiuto utilizzando risorse del SISMI - e,  in  particolare,
la  sede  di  via  Nazionale  -  non  sarebbe  coperto  da   segreto:
trattandosi, al contrario, di circostanza  agevolmente  riconducibile
al tema di prova di cui alla lettera f) dell'atto di interpello; 
    che l'utilizzazione,  da  parte  del  pubblico  ministero,  degli
elementi di prova concernenti il suddetto rapporto  si  risolverebbe,
quindi, in una inammissibile sostituzione dell'autorita'  giudiziaria
all'autorita' politica nella  concreta  determinazione  di  cio'  che
costituisce oggetto del segreto di Stato in  relazione  alla  vicenda
processuale in questione, ponendosi, altresi',  in  aperto  contrasto
con il divieto di  acquisizione  e  utilizzazione,  anche  indiretta,
delle notizie coperte dal segreto, sancito  dall'art.  41,  comma  5,
della legge n. 124 del 2007; 
    che il ricorrente chiede, pertanto, alla Corte di dichiarare  che
non spettava alla Procura della Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Perugia chiedere il rinvio a giudizio degli imputati per il reato  di
peculato aggravato continuato, di cui al  capo  A)  dell'imputazione,
sulla base degli elementi di  prova  presenti  in  atti  relativi  al
rapporto diretto tra  gli  imputati  Pollari  e  Pompa  in  relazione
all'attivita'  ascritta  a  quest'ultimo,  e,  conseguentemente,   di
annullare detta richiesta. 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se  il  ricorso
sia ammissibile in quanto esista «la materia di un conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo ed oggettivo, fermo restando  il  potere,  a  seguito  del
giudizio, di pronunciarsi su ogni  aspetto  del  conflitto,  compreso
quello relativo alla ammissibilita'; 
    che, quanto al requisito soggettivo, il Presidente del  Consiglio
dei ministri e' legittimato a promuovere il  presente  conflitto,  in
quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del
potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione
e conferma del segreto di Stato, non solo in base alla legge 3 agosto
2007,  n.  124  (Sistema  di  informazione  per  la  sicurezza  della
Repubblica e nuova disciplina del segreto),  ma  anche  alla  stregua
delle norme costituzionali che ne  definiscono  le  attribuzioni  (ex
plurimis, ordinanze n. 244 e n. 69 del 2013, n. 376 del 2010 e n. 230
del 2008); 
    che, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte,  la
Procura della Repubblica presso  il  Tribunale  di  Perugia  -  nella
persona  del  Procuratore  della  Repubblica,  titolare  dell'ufficio
(sentenza n. 1 del 2013) - e' parimenti legittimata a  resistere  nel
conflitto, in quanto investita dell'attribuzione,  costituzionalmente
garantita, inerente  all'esercizio  obbligatorio  dell'azione  penale
(art. 112 Cost.), cui si connette la titolarita' diretta ed esclusiva
delle indagini ad esso finalizzate (ex plurimis, ordinanze n. 218 del
2012, n. 241 del 2011 e n. 124 del 2007); 
    che, quanto al requisito  oggettivo,  il  ricorrente  lamenta  la
lesione  di  attribuzioni   costituzionalmente   garantite,   essendo
devoluta  alla  responsabilita'  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, sotto il controllo del Parlamento, la tutela del segreto di
Stato quale strumento destinato  alla  salvaguardia  della  sicurezza
dello Stato medesimo (ordinanze n. 244 e n. 69 del 2013, n.  230  del
2008).