ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999,  n.  205),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Avellino nel procedimento penale a  carico  di
N. A., con ordinanza del 17 settembre 2015, iscritta  al  n.  23  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2016  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 17 settembre 2015,  il  Tribunale
ordinario di Avellino, ha sollevato, in riferimento all'art. 3  della
Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina
dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25  giugno  1999,  n.  205),  nella
parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17  settembre
2011, punisce l'omesso versamento  delle  ritenute  risultanti  dalla
certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore ad
euro  50.000  per  ciascun  periodo  d'imposta,  anziche'   ad   euro
103.291,38; 
    che il giudice a quo rileva come, a seguito della sentenza n.  80
del   2014   della   Corte   costituzionale,    dichiarativa    della
illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 10-ter del d.lgs. n.
74 del 2000, si sia venuta a creare una  «temporanea  e  transitoria»
disparita' di trattamento, in punto di soglia di punibilita', tra  il
reato di omesso versamento dell'imposta sul  valore  aggiunto  (IVA),
previsto dal citato art. 10-ter, e quello  di  omesso  versamento  di
ritenute certificate, previsto dalla norma censurata, quanto ai fatti
commessi sino al 17 settembre 2011: disparita' di trattamento che  il
rimettente reputa del tutto ingiustificata; 
    che la denunciata differenza di regime non  troverebbe,  infatti,
una spiegazione ragionevole nella diversa natura fiscale  del  debito
inadempiuto,  posto  che  l'art.  10-ter  richiama,  ai  fini   della
determinazione tanto della soglia di punibilita' che della  pena,  il
precedente art. 10-bis, a dimostrazione della piena equivalenza delle
condotte incriminate nella considerazione legislativa; 
    che la questione sarebbe, altresi', rilevante nel giudizio a quo,
nel quale  e'  contestata  all'imputato  la  violazione  della  norma
censurata, per non aver versato ritenute alla fonte relative all'anno
d'imposta 2008 per l'importo di euro 81.293; 
    che e' intervento  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o,  in
subordine, infondata. 
    Considerato che il Tribunale ordinario  di  Avellino  dubita,  in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis  del  decreto  legislativo  10  marzo
2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in  materia  di  imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con  riferimento  ai  fatti
commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento delle
ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per
un ammontare non superiore ad euro 103.291,38; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  intervenuto
il decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  158  (Revisione  del
sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  della
legge 11 marzo 2014, n. 23), il cui art. 7  ha  modificato  la  norma
censurata; 
    che la novella del 2015 ha  previsto  che  le  ritenute,  il  cui
omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che
dalla  certificazione   rilasciata   ai   sostituiti,   anche   dalla
dichiarazione di sostituto d'imposta (donde il nuovo nomen iuris  del
reato, risultante dalla rubrica, di «Omesso  versamento  di  ritenute
dovute o certificate»), innalzando, al tempo stesso - per quanto  qui
piu'  interessa  -  la  soglia  di  punibilita'   dell'illecito   dai
precedenti 50.000 euro a 150.000 euro per ciascun periodo  d'imposta:
dunque, ad un importo piu' elevato di quello che il giudice a quo  ha
chiesto a questa Corte di introdurre, con riguardo ai fatti  commessi
sino al 17 settembre 2011; 
    che,  conformemente  a  quanto  e'  gia'  avvenuto  per  analoghe
questioni (ordinanze n. 89 e n. 14 del 2016, n.  256  del  2015),  va
quindi disposta la restituzione degli atti al giudice a  quo  per  un
nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza  della
questione sollevata alla luce dello ius superveniens. 
    Visto l'art. 9, commi 1  e  2,  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.