ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 13 marzo 2015, n.  4,  recante
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,
in particolare degli artt. 1, commi 3 e 5, 2, commi 3 e 4, 6, 7 e  9,
e della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 10  luglio
2015,  n.  16,  recante  «Integrazioni  e  modificazioni  alla  legge
regionale 13 marzo 2015, n. 4 (Istituzione del registro regionale per
le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario  (DAT)  e
disposizioni per favorire la raccolta  delle  volonta'  di  donazione
degli organi e dei tessuti)», in particolare dell'art.  1,  commi  1,
lettere a), b), c) ed e), promossi dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri con due ricorsi, il primo spedito  per  la  notifica  il  18
maggio 2015 e l'altro notificato l'11-16 settembre  2015,  depositati
in cancelleria rispettivamente il 26 maggio 2015 ed il  21  settembre
2015 ed iscritti al n. 55 e al n. 87 del registro ricorsi 2015. 
    Visti  gli  atti   di   costituzione   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2016  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Vittorio  Angiolini  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
alla resistente in data 18 maggio 2015, depositato nella  cancelleria
di questa Corte il successivo 26 maggio  e  iscritto  al  n.  55  del
registro ricorsi 2015, ha promosso, ai  sensi  dell'art.  127  Cost.,
questioni di legittimita' costituzionale sulla  legge  della  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  13  marzo  2015,  n.   4,   recante
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,
per violazione degli artt. 3 e 117,  comma  secondo,  lettera  l),  e
comma terzo, della Costituzione. 
    L'impugnata legge  regionale  istituisce  un  registro  regionale
volto  a  raccogliere  le  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario, nonche'  eventualmente  le  disposizioni  di  volonta'  in
merito alla  donazione  post  mortem  di  organi  e  tessuti,  per  i
cittadini residenti o che  abbiano  eletto  domicilio  nella  Regione
Friuli-Venezia  Giulia.  Tale  legge  regionale,  «avente   contenuto
omogeneo e recante  disposizioni  strettamente  connesse  tra  loro»,
secondo il ricorrente,  esorbiterebbe  dalle  competenze  legislative
regionali  costituzionalmente  riconosciute,   invadendo   sfere   di
potesta' legislativa statale, sia perche'  interverrebbe  in  materie
riservate alla competenza esclusiva dello Stato  -  segnatamente,  la
materia dell'«ordinamento civile» e dell'«ordinamento penale» -,  sia
perche' inciderebbe su principi fondamentali  della  materia  «tutela
della salute», comunque riservati alla legislazione statale in virtu'
della  competenza  concorrente  sussistente  in   materia;   inoltre,
lederebbe   il   principio   di    eguaglianza    introducendo    una
regolamentazione differenziata sul territorio nazionale in ordine  ai
diritti fondamentali della persona. 
    Dopo  aver  ricostruito  in  generale  i  contenuti  della  legge
regionale, il  ricorrente  spiega  le  ragioni  della  illegittimita'
costituzionale  di  alcune  disposizioni,  evidenziando  tre  diversi
profili. 
    1.1.- L'art. 1, comma 3, della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia
n. 4 del 2015 istituisce il suddetto registro  e  le  disposizioni  a
esso  collegate  regolamentano  la  disciplina  delle   dichiarazioni
anticipate  di  trattamento  sanitario,  delle  loro   modalita'   di
espressione, dei loro limiti e della loro efficacia nei confronti dei
terzi. Si tratta, secondo il ricorrente, di  atti  di  manifestazione
della volonta' del singolo  e  della  sua  autonomia;  di  atti  che,
potendo «risolversi in un vero e proprio  atto  di  disposizione  del
proprio corpo, fino a  determinare  la  morte»,  coinvolgono  profili
concernenti i diritti cosiddetti "personalissimi",  rientranti  nella
materia dell'«ordinamento civile», riservata dall'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. alla potesta'  legislativa  esclusiva  dello
Stato. L'inerenza a  tale  materia  sarebbe  avvalorata,  secondo  il
ricorrente,  dalla  possibilita',  contemplata  dall'art.   3   della
censurata legge regionale, di nominare uno  o  piu'  fiduciari  o  un
amministratore  di  sostegno,   «istituti   tipici   dell'ordinamento
civile»; mentre la previsione della designazione di tali soggetti  in
forme diverse da  quelle  di  cui  all'art.  408  del  codice  civile
confermerebbe la  censura  del  ricorrente  in  punto  di  violazione
dell'«ordinamento civile». 
    Le norme regionali sulle dichiarazioni  di  volonta'  relative  a
futuri  trattamenti  sanitari  inciderebbero,  inoltre,  secondo   il
ricorrente, sulla materia  dell'«ordinamento  penale»,  anch'essa  di
competenza esclusiva dello Stato, dal momento che la attuazione delle
suddette dichiarazioni, potendo richiedere un «comportamento "attivo"
da parte dei medici chiamati a rispettarle»,  necessiterebbe  di  «un
coordinamento  con  le  norme  del  codice   penale   che   prevedono
determinati reati» (omicidio, omicidio del consenziente,  istigazione
o aiuto al suicidio). 
    Tali previsioni violerebbero altresi' l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., non potendosi contestare la loro inerenza alla materia «tutela
della salute» e, particolarmente, ai suoi principi  fondamentali,  di
competenza della legislazione  statale.  La  violazione  risulterebbe
particolarmente evidente in riferimento  al  principio  del  consenso
informato  che  -  data  la  sua   connotazione,   come   la   stessa
giurisprudenza costituzionale ha gia' affermato (sentenza n. 438  del
2008),   di   «sintesi   di   due   diritti   fondamentali:    quello
all'autodeterminazione  e  quello  alla   salute»   -   deve   essere
considerato «un principio fondamentale in  materia  di  tutela  della
salute, la cui conformazione e' rimessa alla  legislazione  statale».
Infine, ad avviso del ricorrente, la natura di principi  fondamentali
della materia da riconoscersi  ai  contenuti  della  legge  regionale
censurata escluderebbe che possano  essere  ammesse  regolamentazioni
differenziate sul territorio nazionale: differenziazioni come  quelle
introdotte dalla  censurata  legge  regionale  «sarebbero  certamente
suscettibili di incidere sul principio di uguaglianza», in violazione
dell'art. 3 Cost. 
    1.2.- Analoghi profili indurrebbero, secondo il ricorrente, a far
ritenere costituzionalmente illegittimi gli artt. 1,  comma  5,  e  7
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2015,  nonche'  delle
disposizioni a essi collegate (artt. 2, commi 5 e 6; 3 e 4, commi 1 e
2), in  materia  di  registrazione  della  volonta'  in  merito  alla
donazione post mortem di organi o tessuti, registrazione che, a norma
della medesima  legge  regionale,  puo'  avvenire  contestualmente  a
quella della dichiarazione anticipata sui  trattamenti  sanitari.  La
disciplina  di  tali  atti,  anch'essi  configurabili  come  atti  di
disposizione del corpo, inerirebbe alla materia «ordinamento  civile»
riservata alla potesta' legislativa  esclusiva  dello  Stato  e  alla
materia  «tutela  della  salute»,   incidendo   sui   suoi   principi
fondamentali  -  tra  cui  il  consenso  informato  -  di  competenza
esclusiva dello Stato; inoltre, trattandosi di profili che  attengono
ai   principi   fondamentali,   la   loro    disciplina    esigerebbe
un'uniformita' di trattamento, con  conseguente  esclusione  di  ogni
differenziazione nella regolamentazione. 
    1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva altresi' la
vacuita' della argomentazione secondo  la  quale  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. non potrebbe dirsi violato in assenza di  una  normativa
statale in materia di dichiarazioni anticipate  di  trattamento,  non
potendosi  comunque  reputare  legittimo,  a  fronte  di  tale  vuoto
normativo, l'intervento legislativo  regionale.  Tale  ricostruzione,
infatti, secondo il ricorrente, vanificherebbe la stessa ratio  della
potesta'  legislativa  concorrente,  volta  a  garantire  che,  nelle
materie ad  essa  sottoposte,  la  differenziazione  delle  normative
regionali «non possa coinvolgere anche gli aspetti fondamentali delle
materie medesime, in quanto questi ultimi devono essere regolamentati
in  maniera  uniforme  sull'intero  territorio  nazionale,   appunto,
mediante l'emanazione, da  parte  del  legislatore  statale,  in  via
esclusiva, dei principi fondamentali». La mancata regolamentazione di
una materia a livello statale, dunque, non giustifica automaticamente
l'intervento legislativo regionale: del resto, afferma il ricorrente,
«anche l'inerzia del legislatore statale in ordine a  un  determinato
settore, puo' essere espressione di una precisa scelta, nel senso  di
non consentire determinati atti o rapporti». A  cio'  si  aggiungono,
secondo la difesa  statale,  le  difficolta'  attuative  della  legge
regionale censurata, difficolta' relative alla reale possibilita' che
le dichiarazioni registrate siano concretamente conosciute e, dunque,
idonee a esplicare i propri effetti al di fuori del territorio  della
Regione. 
    1.4.- Infine, l'art. 2, commi 3 e 4, e gli  artt.  6  e  9  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2015 violerebbero gli artt.
3, 117,  secondo  comma,  lettera  l),  e  terzo  comma,  Cost.  Tali
disposizioni, nel prevedere che l'azienda per l'assistenza  sanitaria
inserisce la dichiarazione anticipata  di  trattamento  ricevuta  dal
cittadino nella banca  dati  e  ne  cura  la  tenuta,  inciderebbero,
secondo il  ricorrente,  sulla  materia  della  protezione  dei  dati
personali, materia che rientra in quella dell'«ordinamento civile» di
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato.  Le   dichiarazioni
anticipate  di  trattamento,  infatti,  implicherebbero  informazioni
collegate sia a dati sanitari e alla salute, sia  ad  «aspetti  della
vita umana di carattere  etico,  religioso,  filosofico  e  di  altro
genere» (art. 4, comma 1,  lettera  d,  del  decreto  legislativo  30
giugno 2003, n. 196, recante «Codice in  materia  di  protezione  dei
dati  personali»):  dati  personali,  comuni  e  sensibili,  il   cui
trattamento da parte di soggetti pubblici «e' consentito soltanto per
lo svolgimento delle funzioni istituzionali (art. 18,  comma  2,  del
suddetto codice) e «solo se autorizzato da espressa  disposizione  di
legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono  essere
trattati e di operazioni  eseguibili  e  le  finalita'  di  rilevante
interesse pubblico  perseguite»  (art.  20,  comma  1,  del  medesimo
codice). In assenza di una  disciplina  statale  che  includa  tra  i
compiti istituzionali delle aziende sanitarie la  specifica  funzione
di raccolta e tenuta delle dichiarazioni anticipate di trattamento  e
che affermi la rilevante finalita' di interesse pubblico  perseguita,
tali  aspetti  non  potrebbero,   secondo   il   ricorrente,   essere
individuati con regolamento regionale, cui  invece  rinvia  l'art.  9
della legge regionale censurata, spettando alla  normativa  regionale
secondaria svolgere un ruolo di tipo esclusivamente integrativo. 
    2.- La Regione Friuli-Venezia Giulia, con  atto  di  costituzione
depositato in data  25  giugno  2015,  chiede  che  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  siano  dichiarate   inammissibili   per
genericita' e carenza di argomentazione delle  censure  e,  comunque,
infondate in quanto «del tutto autonom[e] e  slegat[e]  da  regole  e
principi costituzionali». 
    2.1.- Dal punto di vista della legge regionale nel suo complesso,
secondo la difesa della Regione, il ricorrente, pur lamentando che la
legge regionale censurata  impedirebbe  l'applicazione  uniforme  del
principio  del  consenso  informato  ai  trattamenti   sanitari   sul
territorio nazionale,  avrebbe  omesso  di  illustrare  la  eventuale
violazione degli artt. 2, 13, 32 e 33, primo comma, Cost., dai  quali
tale principio, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n.
282 del 2002), deriva. Inoltre,  la  legge  regionale  Friuli-Venezia
Giulia, a differenza delle leggi regionali gia' censurate dalla Corte
costituzionale in ambiti analoghi (sentenze n. 253 del 2009,  n.  438
del 2008 e n. 338 del 2003),  non  interviene  nella  disciplina  del
nucleo del principio del consenso informato ai trattamenti sanitari e
quindi non ricade nelle violazioni indicate dalla Corte. 
    2.2.- Dal punto di vista delle  censure  avanzate  nei  confronti
delle singole disposizioni, la Regione Friuli-Venezia Giulia  afferma
che la legge censurata,  nell'istituire  un  registro  regionale  che
raccolga le dichiarazioni anticipate di trattamento  sanitario,  mira
(come lo stesso art. 1, comma 3, dispone) a «offrire  un  servizio  a
cui liberamente accedere»,  un  servizio  «meramente  ancillare  alle
prestazioni ordinariamente erogate a carico  del  servizio  sanitario
regionale», utile per la cura e  la  gestione  dei  trattamenti  piu'
appropriati alla persona «indipendentemente da un qualunque vincolo o
effetto giuridico, su cui il legislatore regionale nulla dispone». Il
richiamo  della  legge  regionale  all'attuazione   di   disposizioni
costituzionali e internazionali dimostrerebbe, secondo la resistente,
l'intenzione  di  non  «conformare,  riconformare  o   integrare   la
disciplina del consenso informato quale risulta, per tutta  l'Italia,
dall'ordinamento vigente». Cosi' andrebbero  intese  le  disposizioni
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2015 che tipizzano  i
contenuti e l'oggetto delle dichiarazioni anticipate (art.  2,  comma
5)  e  che  si  occupano  del  nesso  tra  la   presentazione   della
dichiarazione anticipata e  il  dovere  di  acquisire  «una  compiuta
informazione» (art. 2, comma 3). 
    2.3.- Anche la censura nei confronti degli artt. 1, comma 5, e  7
della medesima legge regionale sarebbe infondata. Secondo  la  difesa
regionale,  tali  disposizioni  non  disciplinerebbero,  come  invece
afferma il ricorrente, le dichiarazioni di volonta'  in  merito  alla
donazione post mortem di organi e  tessuti,  ma  si  limiterebbero  a
favorirne la manifestazione,  come  dimostrerebbe  il  richiamo  alle
disposizioni statali,  anche  quelle  amministrative,  inerenti  alla
dichiarazione  di  volonta'  per  donazione  post   mortem   cui   le
disposizioni  regionali  esplicitamente  dichiarano  di  conformarsi.
Priva di pregio sarebbe allora, secondo la Regione,  l'obiezione  per
cui le disposizioni  censurate  non  prevedrebbero  l'invio  di  tali
dichiarazioni  al  Sistema  informativo  trapianti:  tale   modalita'
sarebbe da intendersi come  vincolante  sulla  base  del  richiamo  a
«termini, forme e modalita' definite dalla legge 1  aprile  1999,  n.
91», in materia di disciplina di prelievi e  trapianti  di  organi  e
tessuti. 
    2.4.- Sarebbe  altresi'  infondata  la  questione  sollevata  nei
confronti degli artt. 2, commi  3  e  4,  6  e  9  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 4 del  2015  per  la  loro  incidenza  sulla
materia della protezione dei dati  personali  e  della  tutela  della
riservatezza, materia che il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
assume rientrare in quella dell'«ordinamento  civile»  di  competenza
legislativa esclusiva  dello  Stato.  Oltre  alla  genericita'  della
censura, la Regione afferma la natura strumentale delle dichiarazioni
anticipate di trattamento e della relativa banca dati prevista  dalla
legge regionale rispetto all'esercizio della  competenza  legislativa
regionale   per   l'amministrazione   sanitaria   e   alla   relativa
organizzazione dei servizi pubblici;  e  ribadisce  l'intenzione  del
legislatore  regionale  di  conformarsi,  attraverso  uno  scrupoloso
richiamo, alle disposizioni statali in materia. 
    2.5.- La Regione resistente afferma inoltre l'infondatezza  della
questione sollevata nei confronti dell'art. 3 della  legge  regionale
n. 4 del 2015, nella parte in cui prevede la possibilita'  che  nella
dichiarazione  anticipata  di  trattamento  il  soggetto  interessato
nomini uno o piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai  sensi
dell'art. 408  cod.  civ.  Diversamente  da  quanto  argomentato  dal
ricorrente, secondo la difesa regionale la disposizione censurata non
intenderebbe introdurre nuove "forme di rappresentanza",  ma  offrire
«l'utilita', alle strutture ed agli operatori sanitari, di avere  nel
"fiduciario" o nei "fiduciari" interlocutori  designati  direttamente
dall'autore  delle  "dichiarazioni  anticipate"  per   poter   meglio
comprendere e valutare queste ultime anche  in  contraddittorio».  Il
riferimento  all'art.  408  cod.  civ.  nel  caso   di   designazione
dell'amministrazione di sostegno, poi, denoterebbe la volonta'  della
Regione che a tale istituto si  ricorra  nei  modi  e  con  la  forma
fissati dalla normativa civilistica. 
    2.6.-   Infine,   la   difesa   regionale,   a   chiusura   delle
argomentazioni sulla infondatezza delle  questioni,  afferma  che  le
censure statali, sotto la  parvenza  della  difesa  della  competenza
esclusiva statale, difenderebbero invece «solo un vuoto  di  tutela»,
mancando ad oggi uno strumento amministrativo che dia concretezza  al
principio del consenso informato e voce «a chi versa, per lo stato di
salute, nella situazione piu' disperata e rischia di essere  lasciato
inerme e muto nelle mani, amorevoli ed anche professionalmente capaci
fin dove si vuole, di altre differenti persone».  Osserva  la  difesa
regionale che la legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 4 del  2015  non
intenderebbe  e,  comunque,  non  potrebbe  risolvere   un   siffatto
problema; ma potrebbe  contribuire  «a  non  lasciare  costrette  nel
silenzio le persone nel frangente della massima  difficolta'  per  la
propria salute», senza cosi' ne' ostacolare ne' impedire piu' ampi  e
successivi interventi  statali  che  assicurino  l'uniformita'  della
disciplina  sul  territorio  nazionale,  essendo   quella   regionale
suscettibile di essere abrogata da parte di  sopravvenienti  principi
della legislazione statale e prefigurando  espressamente  il  proprio
adeguamento  alle  future  disposizioni  previste   dalla   normativa
statale. 
    3.- Con ricorso depositato in data 21 settembre 2015  e  iscritto
al n. 87 nel registro ricorsi del 2015, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale  della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia  10  luglio  2015,  n.  16,  recante
«Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015,  n.
4 (Istituzione del registro regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti)».
La legge regionale, composta da un solo articolo  e  modificativa  di
alcune parti della precedente legge regionale  n.  4  del  2015,  con
l'esplicito  intento  di  sanare  i  rilievi  di  incostituzionalita'
sollevati dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n.
55 del  2015,  continuerebbe,  secondo  il  ricorrente,  a  porsi  in
violazione degli artt. 3, 117, comma 2, lettera l), e comma 3,  della
Costituzione. 
    3.1.- Analogamente alla legge regionale n. 4 del 2015,  la  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2015 continua a prevedere  (art.
1, comma 1, lettera a) l'istituzione di un registro regionale volto a
raccogliere le dichiarazioni anticipate di trattamento  sanitario  e,
contestualmente,  le  dichiarazioni  di  volonta'  in   merito   alla
donazione  di  organi  e  tessuti  post  mortem.   L'inerenza   delle
disposizioni regionali alla materia «ordinamento civile»,  attribuita
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, rimane avvalorata,
secondo il ricorrente, tra gli  altri  argomenti  gia'  espressi  nel
primo ricorso, dal tenore dell'art. 3, comma 1, della legge regionale
n. 4 del 2015, come modificato dall'art.  1,  comma  1,  lettera  c),
della legge regionale n. 16 del 2015,  il  quale  prevede  che  nella
dichiarazione anticipata di trattamento il soggetto interessato  puo'
nominare uno o piu' soggetti  fiduciari  per  l'interlocuzione  e  il
contraddittorio con il Servizio sanitario  regionale  concernente  la
dichiarazione anticipata medesima. Inoltre,  le  modifiche  apportate
dalla legge regionale n. 16 del 2015 non farebbero altro, secondo  il
ricorrente, che  parafrasare  quanto  gia'  previsto  nella  versione
originaria (art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 16  del  2015,
modificativo dell'art. 2, comma 3 e 5, della legge n. 4 del 2015, che
fa sostanzialmente confluire il contenuto dell'abrogato comma  5  nel
novellato comma 3), ovvero  sarebbero  di  tale  modesta  portata  da
risultare comunque inidonee a mutarne la sostanza (art. 1,  comma  1,
lettera c,  della  legge  regionale  n.  16  del  2015,  modificativo
dell'art. 3  della  legge  regionale  n.  4  del  2015),  ovvero  non
varrebbero a  fugare  i  dubbi  di  un  possibile  contrasto  con  la
disciplina statale (art. 1, comma 1, lettere  b  ed  e,  della  legge
regionale n. 16 del 2015 e, sostitutive rispettivamente dell'art.  2,
comma 3, e dell'art. 6, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2015,
in materia di protezione dei dati). 
    4.- Con memoria depositata in data 15 ottobre  2015,  la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia  si  e'  costituita  in  giudizio  per
chiedere,  in  prima  istanza,  che  sia  dichiarata   la   manifesta
inammissibilita' del ricorso n. 87 del 2015, per carenza di interesse
a ricorrere, in quanto la  Corte  costituzionale,  nel  giudicare  in
riferimento al ricorso n. 55 del 2015, non potra' che considerare  la
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2015 nel  testo  risultante
dalle modifiche apportate dalla legge regionale n. 16 del  2015,  non
avendo la prima avuto medio tempore applicazione. 
    4.1.-  La  Regione  resistente  chiede  che  sia  in  ogni   caso
dichiarata   l'infondatezza   delle   questioni    di    legittimita'
costituzionale,  essendo  tutte  le  modifiche  apportate  dirette  a
rendere esplicito l'intento meramente conoscitivo della  legislazione
regionale,   come   il   riferimento   nella    nuova    formulazione
all'osservanza delle disposizioni costituzionali nonche' al  rispetto
della  normativa  nazionale,  europea  e  internazionale  in  materia
testimonierebbe. 
    4.2.- La difesa regionale, inoltre,  sottolinea  che  la  materia
delle dichiarazioni anticipate di trattamento e la sua disciplina non
escludono di per se' un intervento legislativo delle Regioni, per una
serie di motivi. In primo luogo, la disciplina del consenso informato
non potrebbe  dirsi  sic  et  simpliciter  rimessa  agli  svolgimenti
politici e discrezionali  della  legislazione  statale,  esclusiva  o
anche  di  principio:  essa,  piuttosto,  anche  e   soprattutto   in
conseguenza della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 438  del
2008),  appartiene  «al   livello   della   normazione   propriamente
costituzionale,  il  quale  sfugge  alla  stessa  disponibilita'  del
legislatore statale e richiede (anche) da questi stretta osservanza».
In secondo luogo, la giurisprudenza costituzionale avrebbe  riservato
alla legislazione statale solo alcuni aspetti  della  disciplina  del
consenso  informato  (gli  effetti  giuridici  della   volonta'   del
dichiarante; la misura del vincolo nei rapporti tra la persona stessa
e il medico; gli effetti giuridici delle dichiarazioni  nei  casi  di
diminuita capacita' di intendere e di volere e l'eventuale ingerenza,
nei medesimi casi, di altri soggetti  terzi,  diversi  dalla  persona
alla quale i trattamenti sanitari si riferiscono): tutti aspetti  sui
quali la legge regionale censurata non sarebbe intervenuta, essendosi
limitata  a  preordinare  specifici  adempimenti   procedimentali   e
strumenti amministrativi nell'ambito di quelli in cui si sostanzia la
disciplina del servizio pubblico regionale. Infine, anche sulla legge
regionale,   seppur   limitatamente   agli   aspetti   di    supporto
amministrativo  e  di  dettaglio,  analogamente  a  quella   statale,
graverebbe l'onere di dare seguito a principi inerenti alla  dignita'
della persona affermati non solo a livello costituzionale, ma anche a
livello internazionale. 
    5.- Con successive memorie, depositate rispettivamente in data 27
settembre 2016 e 18 ottobre 2016, la Regione autonoma  Friuli-Venezia
Giulia e il Presidente del Consiglio dei ministri  insistono  perche'
siano accolte le argomentazioni gia' formulate nei precedenti atti. 
    5.1.- In particolare, la Regione  resistente  rileva,  sul  piano
processuale, la «singolarita'» dell'iniziativa del Governo, che, dopo
un primo  ricorso  (n.  55  del  2015)  e  il  successivo  intervento
legislativo regionale (legge n. 16 del  2015)  volto  a  fugare  ogni
dubbio residuo sulla  legittimita'  costituzionale  della  precedente
legge regionale n. 4 del 2015 prima che potesse  avere  applicazione,
ha promosso un secondo  autonomo  ricorso  (n.  87  del  2015)  sulla
novella legislativa, senza nulla argomentare (come  il  principio  di
leale collaborazione  suggerirebbe)  sul  mancato  superamento  delle
censure di legittimita' costituzionale gia'  manifestati,  frustrando
cosi' ogni sforzo collaborativo  tentato  dalla  Regione.  Sul  piano
sostanziale, ribadita  la  genericita'  delle  censure  avanzate  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, sottolinea  ancora  una  volta
l'intenzione effettiva della legge regionale  n.  4  del  2015,  come
modificata  dalla  successiva  n.  16  del  2015,   consistente   nel
riconoscimento  e  nella   promozione,   attraverso   una   procedura
amministrativa,  della  conoscibilita',  nell'ambito   del   Servizio
sanitario regionale, delle dichiarazioni anticipate di  volonta'  per
il fine vita. Le disposizioni regionali non mirerebbero a contraddire
le leggi dello Stato ne' a recare «anche  un  solo  intralcio  od  un
qualche inconveniente ad una qualche variante applicativa o attuativa
di fonti statali, sia pur in  chiave  di  minuto  dettaglio»,  ma  al
contrario avviare «un'esperienza proficua» al  fine  di  superare  le
esistenti divisioni di carattere  etico,  scientifico  e  politico  e
contribuire all'approvazione di una legislazione statale  compiuta  e
organica.  La  mancata  riproduzione  o  recezione   da   parte   del
legislatore regionale di alcuna disposizione statale, ma al contrario
il costante rinvio alla sua  attuazione  e  osservanza  escluderebbe,
inoltre,  ad  avviso   della   Regione,   ogni   contrasto   con   la
giurisprudenza costituzionale che, anche e proprio nella  materia  di
cui  si  dibatte  (sentenza  n.  195  del  2015),  ha  affermato  che
l'illegittimita' costituzionale della novazione della  fonte  statale
negli ambiti di competenza legislativa esclusiva deriva non dal  modo
in cui la legge regionale ha disciplinato, ma  dal  fatto  stesso  di
aver disciplinato. 
    6.-  Il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   insiste
nell'accoglimento di entrambi i ricorsi, richiamando le censure e  le
argomentazioni in essi sostenute. Con riferimento al  ricorso  n.  87
del 2015,  il  ricorrente  ribadisce  l'inidoneita'  delle  modifiche
apportate dalla legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  16  del  2015  a
superare i vizi gia' dedotti nei  confronti  della  precedente  legge
regionale n. 4 del  2015,  sia  perche'  marginali,  sia  perche'  le
modifiche opererebbero una mera  riformulazione  non  innovativa  del
testo precedente. Ritiene, inoltre, l'infondatezza della eccezione di
manifesta inammissibilita' del ricorso per carenza di  interesse,  in
quanto la legge regionale n. 16 del 2015, dotata di autonoma  valenza
lesiva, necessiterebbe  di  autonoma  impugnazione,  non  potendo  il
precedente  ricorso  «intendersi  ex  se  diretto  anche  avverso  la
successiva legge regionale n. 16/15». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  con   due   ricorsi
(iscritti rispettivamente al n. 55 e al n. 87  del  registro  ricorsi
del 2015), ha promosso, ai sensi dell'art.  127  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale della  legge  della  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  13  marzo  2015,  n.   4,   recante
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,
e della legge della medesima Regione 10 luglio 2015, n.  16,  recante
«Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015,  n.
4 (Istituzione del registro regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti)»,
lamentando la violazione degli artt. 3 e 117, comma secondo,  lettera
l), e comma terzo, della Costituzione. 
    1.1.-  Con  la  legge  n.  4  del  2015,  la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha istituito  un  registro  regionale  volto  a
raccogliere le dichiarazioni  anticipate  di  trattamento  sanitario,
nonche' contestualmente le  eventuali  disposizioni  di  volonta'  in
merito alla donazione post mortem di organi e tessuti, dei  cittadini
residenti o che abbiano eletto domicilio nella Regione Friuli-Venezia
Giulia, prevedendo altresi' la forma che  tali  dichiarazioni  devono
assumere e le modalita' per  la  loro  raccolta  e  conservazione  in
apposite banche  dati  da  istituirsi  presso  le  aziende  sanitarie
locali. Secondo il ricorrente, la  Regione  sarebbe  illegittimamente
intervenuta sia in  materie  riservate  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato («ordinamento civile» e «ordinamento  penale»),
sia su principi fondamentali della materia «tutela della salute» (tra
i quali, il principio del  consenso  informato),  comunque  riservati
alla legislazione statale. Una disciplina  legislativa  regionale  in
tale ambito lederebbe altresi' il principio di  eguaglianza,  poiche'
introdurrebbe  una  regolamentazione  differenziata  sul   territorio
nazionale in  ordine  all'esercizio  di  diritti  fondamentali  della
persona. 
    Gli stessi  vizi  sarebbero  riscontrabili  in  riferimento  alla
successiva legge regionale n. 16 del 2015, adottata con l'intento  di
sanare i rilievi di costituzionalita' sollevati in ordine alla  legge
n. 4 del 2015, e tuttavia inidonea a superare i vizi dedotti. 
    2.- La Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  costituitasi  in
entrambi  i  giudizi,  chiede  che   i   ricorsi   siano   dichiarati
inammissibili e comunque infondati. 
    3.- I ricorsi statali vertono su contenuti normativi parzialmente
coincidenti, considerato che la legge reg. Friuli-Venezia  Giulia  n.
16 del 2015, impugnata con il secondo ricorso, contiene  solo  alcune
modificazioni alla legge regionale n. 4 del 2015,  impugnata  con  il
primo,  e  avanzano  censure  omogenee.  Ai  fini  di  una  decisione
congiunta e' percio' opportuna la riunione dei relativi  giudizi  (ex
multis, sentenza n. 141 del 2016). 
    4.-  Preliminarmente  devono  essere  valutate  le  eccezioni  di
inammissibilita' avanzate dalla  Regione  resistente,  che  risultano
essere entrambe infondate. 
    4.1.- Secondo la difesa regionale, lo  Stato  ricorrente  lamenta
una difforme  applicazione  sul  territorio  nazionale  dei  principi
fondamentali  della  materia  «tutela  della  salute»,  tra  i  quali
rientrerebbe il principio del consenso informato,  omettendo,  pero',
di illustrare le ragioni a sostegno della violazione degli  artt.  2,
13, 32 e 33, comma 1, Cost., dai quali  tale  principio,  secondo  la
giurisprudenza costituzionale (si richiama la sent. n. 282 del 2002),
trae la  sua  natura  di  «principio  di  diretta  derivazione  dalla
Costituzione». 
    L'eccezione deve essere rigettata. 
    I parametri  invocati  nel  ricorso  statale  risultano,  invero,
coerenti  con  la  natura  della  pretesa  lesione   e   le   censure
sufficientemente argomentate: il  ricorrente,  infatti,  lamenta  una
violazione del riparto di competenze, in riferimento, tra  le  altre,
alla materia «tutela della  salute»,  di  competenza  concorrente  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.  e  individua  il  principio
fondamentale al  quale  la  legislazione  regionale  deve  attenersi,
identificandolo nel consenso informato. 
    4.2.- Allo stesso  modo  deve  essere  rigettata  l'eccezione  di
inammissibilita' prospettata nei confronti del ricorso n. 87 del 2015
per carenza di interesse, basata sulla considerazione  che  la  Corte
costituzionale, nel giudicare in riferimento al  ricorso  n.  55  del
2015, dovrebbe comunque pronunciarsi sulla legge reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 4 del 2015 nel testo risultante dalle  modifiche  apportate
dalla successiva legge regionale n. 16 del  2015,  impugnata  con  il
secondo ricorso, non avendo quella  modificata  avuto  medio  tempore
applicazione. 
    Nel caso di specie, infatti,  non  rileva  la  giurisprudenza  di
questa Corte sul potere di trasferire  o  estendere  il  giudizio  di
legittimita' a disposizioni  modificative  di  quelle  impugnate  con
ricorso promosso in via principale (da ultimo, sentenze n. 141, n. 40
e n. 39 del 2016; sentenze n. 155, n. 77 e n. 46 del  2015).  Con  il
secondo ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha  ritenuto
di promuovere un ulteriore giudizio,  avendo  ravvisato  nella  legge
regionale n. 16  del  2015  autonome  e  reiterate  violazioni  delle
proprie competenze, in materia di «ordinamento civile»,  «ordinamento
penale», principi fondamentali della materia «tutela  della  salute»,
nonche' del principio di eguaglianza. Tanto e' sufficiente a ritenere
sussistente l'interesse a  ricorrere  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, considerando che, per costante giurisprudenza
di questa Corte, il giudizio promosso in via principale, successivo e
astratto, e' condizionato solo alla pubblicazione della legge che  si
presume illegittima. Sicche' e' la mera pubblicazione  di  una  legge
regionale potenzialmente lesiva della ripartizione di competenze  che
giustifica l'impugnativa  della  legge  davanti  a  questa  Corte,  a
prescindere dagli effetti che questa abbia o non abbia  prodotto  (ex
multis, sentenza n. 118 del 2015). 
    5.- Nel  merito,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate in riferimento all'art. 117,  comma  secondo,  lettera  l),
Cost., sono fondate. 
    5.1.- Le censure hanno a oggetto anzitutto le due leggi regionali
nella loro interezza e su queste occorre in primo luogo  soffermarsi.
I due  atti  legislativi  dispongono  l'istituzione  di  un  registro
regionale per la raccolta delle dichiarazioni di volonta'  anticipate
di trattamento sanitario e per la donazione di organi e tessuti  post
mortem, e ne disciplinano una pluralita' di aspetti.  Trattandosi  di
leggi  caratterizzate  da  disposizioni   dal   contenuto   omogeneo,
dipendenti l'una dall'altra e integralmente coinvolte  dalle  censure
di legittimita' costituzionale (ex multis, sentenze n. 195  e  n.  81
del 2015), occorre procedere  a  una  valutazione  complessiva  della
disciplina, come risultante dai due testi. 
    5.2.- La legge  regionale,  nella  sua  formulazione  originaria,
affermava esplicitamente di intervenire «nelle more dell'approvazione
di una normativa in materia a livello nazionale» e  -  al  dichiarato
scopo di «regolamentare in  modo  omogeneo  su  tutto  il  territorio
regionale la raccolta delle dichiarazioni anticipate  di  trattamento
sanitario» (art. 1, comma 4, legge reg. Friuli Venezia  Giulia  n.  4
del  2015)  -  istituiva  un  registro   regionale   delle   suddette
dichiarazioni «in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2,  3,
13 e 32 della Costituzione,  dall'articolo  9  della  Convenzione  di
Oviedo del 4 aprile 1997, ratificata dalla legge 28  marzo  2001,  n.
145 e dall'art. 3 della Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea» (art. 1, comma 3). Benche' la clausola posta a  chiusura  di
tale primo articolo prevedesse «un successivo adeguamento  a  seconda
di quelle  che  saranno  le  disposizioni  previste  dalla  normativa
statale», l'obiettivo di colmare il vuoto legislativo, anticipando il
legislatore nazionale con un proprio atto normativo in  materia,  era
dunque inequivocabile. 
    Tale obiettivo non puo'  ritenersi  inciso  -  come,  invece,  la
difesa  regionale  sostiene   -   dall'espunzione   della   esplicita
dichiarazione di intenti disposta dalla successiva legge regionale n.
16  del  2016,  che  pure  modifica  il  tenore  testuale  di  alcune
disposizioni della precedente legge regionale n. 4 del 2015. 
    La  disciplina  risultante  dall'intervenuta  legge  modificativa
prevede l'istituzione di «un registro regionale  delle  dichiarazioni
anticipate di trattamento sanitario (DAT) con accesso ai dati tramite
Carta regionale dei servizi» (art. 1,  comma  2,  nella  formulazione
risultante dalla legge  regionale  n.  16  del  2015);  favorisce  la
possibilita' di rendere esplicita, contestualmente alla registrazione
della dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, la  volonta'
in merito alla donazione post mortem di organi  e  tessuti  (art.  1,
comma 3), allo scopo di promuovere la possibilita' di effettuare tali
dichiarazioni e favorirne  la  registrazione  (come  si  legge  nella
rubrica dell'art. 7); definisce l'ambito di applicazione  soggettivo,
individuandolo nei cittadini residenti o che abbiano eletto domicilio
nella Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 2, comma 1) e  specificando
che il cambio di residenza, anche fuori  Regione,  «non  comporta  la
cancellazione dalla banca dati contenente le dichiarazioni anticipate
di trattamento sanitario» (art. 4, comma 3). 
    Essa inoltre stabilisce la forma, l'oggetto e i destinatari delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario. Infatti, ai  sensi
dell'art. 2,  le  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento  debbono
assumere la forma di un atto scritto, avente  data  certa  con  firma
autografa, e debbono essere presentate alla azienda per  l'assistenza
sanitaria competente per territorio (art. 2, comma 3); possono essere
registrate  sulla  Carta  regionale  dei  servizi  e  sulla   tessera
sanitaria personale  (art.  2,  comma  2);  il  loro  contenuto  deve
specificare la volonta' del singolo di essere  o  meno  sottoposto  a
trattamenti sanitari in caso di  malattia  o  lesione  cerebrale  che
cagioni  una  perdita  di  coscienza   e   volonta'   «permanente   e
irreversibile»  (art.  2,   comma   3);   possono   anche   contenere
l'indicazione dei soggetti a  cui  le  dichiarazioni  possono  essere
comunicate (art. 2, comma 6), e puo' essere  disposta  la  nomina  di
eventuali  "fiduciari"  abilitati  a  interloquire  con  il  Servizio
sanitario   regionale   in    ordine    alle    dichiarazioni    rese
dall'interessato (art. 3, comma 1). 
    Il successivo art. 4 disciplina  la  validita'  nel  tempo  delle
dichiarazioni anticipate di trattamento e le modalita'  per  la  loro
modifica e revoca da parte del dichiarante; precisa che  le  suddette
dichiarazioni  non  necessitano  di  alcuna  conferma  successiva  al
rilascio  e  che  il  cambio  di  residenza  non  comporta  la   loro
cancellazione dalla banca dati. 
    Quanto agli  aspetti  organizzativi,  la  legge  prevede  che  le
aziende per l'assistenza sanitaria locale ne curano la raccolta e  la
conservazione in una apposita banca dati  (art.  6),  l'accesso  alla
quale e' affidato al personale autorizzato delle aziende medesime. 
    5.3.- A fronte di una legislazione cosi'  configurata,  non  puo'
essere condivisa l'interpretazione offerta dalla  Regione  resistente
circa l'asserita inidoneita' della disciplina  regionale  a  innovare
l'ordinamento  giuridico,  essendo  volta  solo  a   "promuovere"   e
"incentivare", ovvero a "educare" i cittadini - come affermato  dalla
difesa regionale nel corso dell'udienza pubblica -  alla  pratica  di
dichiarare la propria  volonta'  sui  trattamenti  sanitari  e  sulla
donazione di organi, per l'evenienza  che  intervenga  uno  stato  di
incapacita' decisionale del soggetto interessato. 
    Ne' puo' ritenersi, come la difesa  regionale  sostiene,  che  la
legislazione  regionale,  volta  a  offrire  un  servizio  «meramente
ancillare  alle  prestazioni  ordinariamente  erogate  a  carico  del
servizio sanitario regionale», avrebbe carattere amministrativo e  si
manterrebbe, percio',  nell'ambito  della  competenza  legislativa  e
amministrativa regionale per la tutela della salute e della  relativa
organizzazione dei servizi pubblici. 
    Invero,  come  emerge  dalla  disamina  dei  suoi  contenuti,  la
legislazione regionale censurata appresta una disciplina  organica  e
puntuale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario.  La
normativa  regionale  in  esame,  infatti,  stabilisce  la  forma  di
espressione, nonche' le modalita' di annotazione e  conservazione  in
un pubblico registro degli intendimenti di ciascun soggetto in ordine
ai trattamenti sanitari,  sottraendoli  cosi'  alla  sfera  meramente
privata. L'attribuzione di un rilievo pubblico a tali  manifestazioni
di volonta', espressive della liberta' di cura (ex  multis,  sentenze
n. 438 del 2008; n. 282 del 2002; n. 185 del 1998; n. 307 del  1990),
implica la necessita' di una articolata regolamentazione  -  come  il
complesso tessuto normativo delle due leggi impugnate testimonia -  e
interferisce nella materia dell'«ordinamento civile»,  attribuita  in
maniera esclusiva alla competenza legislativa dello  Stato  dall'art.
117, comma secondo, lettera l), Cost. 
    5.4.- D'altra parte, data la sua incidenza su aspetti  essenziali
della identita' e della integrita' della persona,  una  normativa  in
tema di disposizioni di volonta'  relative  ai  trattamenti  sanitari
nella fase terminale della vita - al pari di  quella  che  regola  la
donazione  di  organi  e  tessuti  -  necessita  di  uniformita'   di
trattamento sul  territorio  nazionale,  per  ragioni  imperative  di
eguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato  della  competenza
legislativa esclusiva in materia di  «ordinamento  civile»,  disposta
dalla Costituzione. Il legislatore  nazionale  e',  nei  fatti,  gia'
intervenuto a disciplinare la donazione  di  tessuti  e  organi,  con
legge 1 aprile 1999, n. 91 (Disposizioni in materia di prelievi e  di
trapianti  di  organi  e  di  tessuti),  mentre,  in  relazione  alle
dichiarazioni  anticipate  di  trattamento  sanitario,  i   dibattiti
parlamentari in corso non hanno ancora sortito esiti condivisi e  non
si sono tradotti in una  specifica  legislazione  nazionale,  la  cui
mancanza, pero', non vale a giustificare in alcun modo l'interferenza
della legislazione regionale in una materia affidata in via esclusiva
alla competenza dello Stato. 
    6.- Per i motivi che precedono entrambe le leggi censurate devono
essere  pertanto  dichiarate   costituzionalmente   illegittime   per
violazione degli artt. 3 e 117, comma  secondo,  lettera  l),  Cost.,
restando  assorbiti   gli   ulteriori   profili   di   illegittimita'
costituzionale sollevati.