ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dei  commi  6  e  8
dell'art. 42 della legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014,  n.
26  (Assestamento  del  bilancio  di   previsione   per   l'esercizio
finanziario  2014  e  del  bilancio  pluriennale   2014/2016),   come
sostituito dall'art. 1 della legge della Regione Basilicata 13 agosto
2015, n. 35 (Disposizioni urgenti  inerenti  misure  di  salvaguardia
ambientale in materia di gestione del ciclo  dei  rifiuti),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
9-13 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 13  ottobre  2015  ed
iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  2016  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Giovanni   Palatiello   per   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Anna  Carmen
Possidente per la Regione Basilicata. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2015 e  depositato  il
13 ottobre 2015 (reg.  ric.  n.  91  del  2015),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge della  Regione  Basilicata  13
agosto  2015,  n.  35  (Disposizioni  urgenti  inerenti   misure   di
salvaguardia  ambientale  in  materia  di  gestione  del  ciclo   dei
rifiuti), «nella parte in cui ha sostituito i commi 6 e  8  dell'art.
42» della legge della  Regione  Basilicata  18  agosto  2014,  n.  26
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), in riferimento agli artt.
117, primo e secondo comma, lettera s), e 136 della Costituzione. 
    1.1.- Il ricorrente  premette  che  l'art.  1  della  legge  reg.
Basilicata n. 35 del 2015 ha sostituito l'art. 42  della  legge  reg.
Basilicata n. 26 del 2014, i cui commi  6  e  8,  nella  formulazione
vigente,  stabiliscono,  rispettivamente,  che  «Nelle   more   della
realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio  dell'impiantistica
di trattamento programmata e' possibile smaltire presso le discariche
autorizzate ed in esercizio i rifiuti solidi urbani  non  pericolosi,
previo trito-vagliatura e  biostabilizzazione  anche  parziale  degli
stessi» (comma 6) e che «Le disposizioni di cui al presente  articolo
restano in vigore fino all'approvazione del nuovo Piano regionale dei
rifiuti e comunque non oltre il 31 agosto 2016» (comma 8). 
    1.2.-  Secondo  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri
l'impugnata normativa, consentendo il conferimento  in  discarica  di
rifiuti solidi urbani che hanno subito un  pretrattamento  costituito
da una separazione  meccanica  mediante  trito-vagliatura  e  da  una
biostabilizzazione anche solo parziale della  frazione  organica,  si
porrebbe in contrasto con la normativa statale di settore del decreto
legislativo 13  gennaio  2003,  n.  36  (Attuazione  della  direttiva
1999/31/CE relativa alle discariche di  rifiuti),  che,  all'art.  7,
vieta il collocamento  in  discarica  dei  rifiuti  non  trattati  (a
eccezione di quelli per i quali sia dimostrato che il trattamento non
e' necessario) e, all'art. 17, comma 1, stabilisce che «Le discariche
gia' autorizzate alla data di entrata in vigore del presente  decreto
possono continuare a ricevere, fino al 31 dicembre  2006,  i  rifiuti
per cui sono state  autorizzate»  (il  ricorrente  precisa  che  tale
termine e' stato successivamente prorogato al 31  dicembre  2009,  ai
sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge 30  dicembre  2008,
n. 208, recante «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e
di  protezione   dell'ambiente»,   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  fa  presente  di  avere
gia' impugnato i commi 4 e 5 dell'art. 42 della legge reg. Basilicata
n. 26 del 2014 nel loro testo originario - che permetteva, fino al 31
luglio 2015 (comma 5), lo smaltimento in discarica dei rifiuti solidi
urbani non pericolosi  «previo  trattamento  parziale  degli  stessi»
(comma 4) - e che tali commi sono stati  dichiarati  incostituzionali
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 180 del 2015 «in quanto
consentivano  la  "prosecuzione  del  conferimento  in  discarica  di
rifiuti non trattati" - anche in  considerazione  del  fatto  che  in
alcun modo era stata illustrata la valenza  della  "parzialita'"  del
trattamento - ben oltre il  termine  previsto  dalla  legge  statale,
riducendosi cosi' il livello di  tutela  dell'ambiente  stabilito  da
quest'ultima, in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lett.  s),
Cost.» (cosi' il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri). 
    Ad avviso del ricorrente, i commi 6 e 8 dell'art. 42 della  legge
reg. Basilicata  n.  26  del  2014,  nel  testo  vigente,  sostituito
dall'impugnato art. 1 della legge reg. Basilicata  n.  35  del  2015,
sarebbero censurabili per ragioni analoghe. Essi, infatti, nonostante
specifichino - diversamente dal testo originario  dei  commi  4  e  5
dello  stesso  art.  42  -  il  previsto  trattamento  dei   rifiuti,
determinerebbero  la  medesima  riduzione  del  livello   di   tutela
dell'ambiente garantito dalla legge  statale,  che  discendeva  dalle
previgenti disposizioni, dichiarate incostituzionali  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Nella normativa  oggi
impugnata, come in quella precedentemente vigente, il carattere  solo
parziale del pretrattamento  impedirebbe  di  considerare  i  rifiuti
correttamente trattati. 
    Il ricorrente argomenta al riguardo che il  generico  riferimento
al carattere «parziale»  del  trattamento  e'  tale  da  impedire  di
individuare nei vigenti commi 6 e 8 dell'art.  42  della  legge  reg.
Basilicata n. 26 del 2014 - allo stesso modo che nel precedente testo
dei commi 4 e 5 dello stesso articolo - un qualunque standard  minimo
richiesto ai fini del conferimento  in  discarica.  Questo  carattere
comporterebbe percio', come avveniva con la disciplina previgente, la
strutturale impossibilita' di conseguire l'obiettivo di evitare o  di
ridurre il piu' possibile le ripercussioni negative  sull'ambiente  e
sulla salute umana. Sarebbe evidente - secondo la difesa dello  Stato
-  che  se  il  trattamento  dei  rifiuti  e,  in   particolare,   la
biostabilizzazione degli stessi, e'  solo  parziale,  il  rischio  di
danni all'ambiente e alla salute umana non e' stato ridotto  il  piu'
possibile. 
    Sempre ad avviso del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  la
normativa impugnata contrasterebbe, oltre  che  con  la  legislazione
statale  menzionata,  anche  «con  quanto  previsto  dalla  Direttiva
discariche 1999/31/CE, nonche' con i principi generali elaborati  sul
punto dalla  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  in  numerose
pronunce». A tale riguardo, il ricorrente sottolinea che la  sentenza
della Corte di giustizia 15 ottobre 2014, resa nella causa  C-323/13,
Commissione europea contro  Repubblica  italiana,  ha  precisato  che
dall'art.  13  della  direttiva  2008/98/CE  del  19  novembre   2008
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti
e che abroga alcune direttive) «discende che gli Stati  membri  hanno
l'obbligo, per quanto riguarda i rifiuti da sottoporre a trattamento,
di prendere le  misure  necessarie  affinche'  solo  i  rifiuti  gia'
trattati vengano collocati a discarica». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude affermando che,
per le ragioni indicate, i commi 6 e 8 dell'art. 42 della legge  reg.
Basilicata n. 26 del 2014, come sostituito dall'art.  1  della  legge
reg. Basilicata n. 35 del  2015,  violano  sia  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., che attribuisce allo  Stato  la  competenza
legislativa eslusiva nella materia «tutela dell'ambiente», sia l'art.
117, primo comma, Cost., che impone anche alle Regioni di  esercitare
la  potesta'  legislativa  nel   rispetto   dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    1.3.-  Secondo  il   ricorrente,   le   disposizioni   impugnate,
«riproducendo nella sostanza il  contenuto  normativo  dell'art.  42,
commi 4 e 5, della legge della Regione Basilicata  n.  26  del  2014,
dichiarato costituzionalmente illegittimo con  sentenza  n.  180  del
2015, dalla Corte costituzionale», violerebbero altresi'  l'art.  136
Cost. e il «principio del rispetto del  giudicato  costituzionale  in
esso sancito». 
    A proposito  di  tale  censura,  la  difesa  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri   richiama   la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 245  del  2012,  la'  dove  ha  affermato  che  «il
giudicato costituzionale e' violato non solo  quando  il  legislatore
emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella  gia'
ritenuta  lesiva  della  Costituzione,  ma  anche  laddove  la  nuova
disciplina   miri   a   "perseguire   e   raggiungere,   'anche    se
indirettamente', esiti corrispondenti" (sentenze n. 223 del 1983,  n.
88 del 1966 e n. 73 del 1963)». Il che si sarebbe verificato, per  le
ragioni gia' esposte, anche nel caso dell'impugnata  normativa  della
Regione Basilicata. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Basilicata, chiedendo
che le questioni proposte siano dichiarate infondate. 
    La resistente sottolinea anzitutto che la legge  reg.  Basilicata
n. 35 del 2015 ha  inteso  conformare  la  normativa  regionale  alla
sentenza della Corte  costituzionale  n.  180  del  2015,  che  aveva
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dei commi 4 e 5  dell'art.
42 della legge reg.  Basilicata  n.  26  del  2014,  nel  loro  testo
originario, in quanto «consentivano la prosecuzione del  conferimento
in discarica di rifiuti  non  trattati,  non  avendo  specificato  il
significato  e  la  portata  del  "trattamento  parziale"   indicato,
peraltro ben oltre il termine previsto dalla  legge  statale»  (cosi'
l'atto di costituzione della Regione). 
    Secondo la stessa Regione, i commi 6 e 8 dell'art. 42 della legge
reg. Basilicata n. 26 del 2014, come  sostituito  dall'art.  1  della
legge reg. Basilicata  n.  35  del  2015,  rispettano  effettivamente
quanto stabilito dagli artt. 7 e 17, comma 1, del d.lgs.  n.  36  del
2003, nonche' dalla normativa  dell'Unione  europea  (e'  citata,  in
particolare, la direttiva 1999/31/CE). 
    A tale proposito, la resistente rappresenta che il vigente  Piano
regionale di gestione dei rifiuti, di cui alla  legge  della  Regione
Basilicata 2 febbraio 2001,  n.  6  (Disciplina  delle  attivita'  di
gestione dei rifiuti  ed  approvazione  del  relativo  piano),  e  la
conseguente pianificazione provinciale, hanno scelto, come modello di
trattamento  dei  rifiuti  solidi  urbani   a   smaltimento,   quello
meccanico-biologico cosiddetto  a  doppio  flusso.  In  base  a  tale
modello, il rifiuto urbano  indifferenziato  e'  prima  sottoposto  a
triturazione e poi deferrizzato e posto in vaglio, generando,  cosi',
un doppio  flusso:  il  sopravaglio  o  sovvallo,  costituito  da  un
materiale secco  di  pezzatura  grossolana,  ricco  di  componenti  a
elevato potere calorifico,  che  viene  inviato  al  recupero  presso
impianti presenti  nel  territorio  della  Regione;  il  sottovaglio,
caratterizzato, viceversa,  da  una  pezzatura  ridotta  e  ricco  di
materiale  organico  putrescibile,  che  viene  invece   avviato   al
trattamento di biostabilizzazione prima dello  stoccaggio  definitivo
nelle vasche di discarica.  Quest'ultimo  prodotto  del  processo  e'
costituito, oltre che da rifiuti  classificati  come  "compost  fuori
specifica", da rifiuti classificati come "parte di rifiuti  urbani  e
simili non compostata" e contrassegnati con il  codice  CER  19.05.01
che, per prassi tecnica consolidata, identifica i rifiuti  che  hanno
subito un trattamento aerobico solo parziale. 
    Tanto esposto, la Regione Basilicata asserisce che  la  nota  (*)
alla Tabella 5 (recante i «Limiti di concentrazione  nell'eluato  per
l'accettabilita' in discariche per rifiuti non pericolosi») dell'art.
6  del  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela   del
territorio e del mare 27 settembre 2010 (Definizione dei  criteri  di
ammissibilita' dei rifiuti in discarica, in  sostituzione  di  quelli
contenuti nel decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del
territorio  3  agosto  2005),  nel  testo  vigente  alla  data  della
promulgazione della legge reg. Basilicata n.  35  del  2015,  avrebbe
consentito «in pratica  ad  un  rifiuto  non  stabilizzato  e  quindi
parzialmente stabilizzato  (CER  19.05.01)  di  essere  conferito  in
discarica senza il rispetto dei valori limite per  il  parametro  Doc
[carbonio  organico  disciolto]  (nell'eluato)  e  per  l'indice   di
respirazione dinamico». 
    Per tali ragioni, la Regione Basilicata afferma di  ritenere  che
il comma 6 dell'art. 42 della legge reg. Basilicata n. 35  del  2015,
come sostituito dall'art. 1 della legge reg.  Basilicata  n.  35  del
2015, non era in contrasto, al momento della  promulgazione  di  tale
legge, «con le  norme  nazionali  vigenti,  prevedendo  un  esplicito
trattamento, come previsto dall'art. 7 del  D.  Lgs.  n°  36/2003,  e
rispettando i dettami [...] del D.M. 27 settembre 2010». 
    La   Regione   resistente   ha    peraltro    evidenziato    che,
successivamente alla promulgazione della legge reg. Basilicata n.  35
del  2015,  e'  stato  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale   della
Repubblica 11  settembre  2015,  n.  211,  il  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015
(Modifica del decreto 27 settembre 2010,  relativo  alla  definizione
dei criteri di ammissibilita' dei rifiuti in discarica), il  quale  -
sempre secondo la Regione Basilicata - avrebbe modificato il comma  7
dell'art. 6 del citato decreto del 27 settembre  2010  (va  precisato
che  le  modificazioni  citate   dalla   Regione   resistente   hanno
riguardato, in realta', non  il  comma  7  dell'art.  6  del  decreto
ministeriale 27 settembre 2010, ma le lettere f e g  della  nota  (*)
della Tabella 5 dello stesso art. 6). 
    La Regione Basilicata ritiene che, anche dopo tali modificazioni,
«permanga  la  possibilita'  di  conferire  in  discarica  un  codice
19.05.01 con [...] valore dell'indice respirometrico dinamico di  cui
alla lettera g) del comma 7 [recte: lettera g della  nota  (*)  della
Tabella 5] dell'art. 6 del  D.M.  27.09.2010  e  s.m.i.»,  cioe'  con
valore del detto indice «non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh». 
    Quanto al comma 8 dell'art. 42 della legge reg. Basilicata n.  26
del 2014, come sostituito dall'art. 1 della legge reg. Basilicata  n.
35 del 2015, la Regione resistente deduce che,  con  esso,  e'  stata
stabilita la «durata provvisoria»  di  tutte  le  disposizioni  dello
stesso art. 42,  che  hanno  la  funzione  di  disciplinare  la  fase
transitoria  di   gestione   dei   rifiuti   durante   l'elaborazione
dell'aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1 della  legge  della  Regione  Basilicata  13  agosto  2015,  n.  35
(Disposizioni urgenti inerenti misure di salvaguardia  ambientale  in
materia di gestione del ciclo dei rifiuti), nella parte in  cui,  nel
sostituire l'art. 42 della legge della Regione Basilicata  18  agosto
2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), ne ha dettato
i commi 6 e 8, i quali prevedono, rispettivamente,  che  «Nelle  more
della   realizzazione,   adeguamento   e/o   messa    in    esercizio
dell'impiantistica di trattamento programmata e'  possibile  smaltire
presso le discariche autorizzate ed in  esercizio  i  rifiuti  solidi
urbani non pericolosi, previo trito-vagliatura  e  biostabilizzazione
anche parziale degli stessi» (comma 6) e che «Le disposizioni di  cui
al presente articolo restano  in  vigore  fino  all'approvazione  del
nuovo Piano regionale dei rifiuti e comunque non oltre il  31  agosto
2016» (comma 8). 
    Secondo il ricorrente, tali disposizioni violerebbero, anzitutto,
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  che
attribuisce  allo  Stato  la  legislazione  esclusiva  nella  materia
«tutela dell'ambiente». Col consentire, fino al 31  agosto  2016,  lo
smaltimento nelle discariche di rifiuti solidi urbani non  pericolosi
«previo trito-vagliatura e biostabilizzazione  anche  parziale  degli
stessi», esse si porrebbero in contrasto con  l'art.  7  del  decreto
legislativo 13  gennaio  2003,  n.  36  (Attuazione  della  direttiva
1999/31/CE  relativa  alle  discariche  di  rifiuti),  che  vieta  il
collocamento in discarica dei rifiuti non trattati, e con l'art.  17,
comma 1, dello stesso decreto, che prevede  che  le  discariche  gia'
autorizzate alla data della sua entrata in vigore possono  continuare
a ricevere i rifiuti per cui sono state autorizzate solo fino  al  31
dicembre 2006 (termine successivamente prorogato, in  ultimo,  al  31
dicembre 2009, ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis,  del  decreto-legge
30 dicembre 2008, n. 208, recante «Misure straordinarie in materia di
risorse idriche  e  di  protezione  dell'ambiente»,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n.
13). 
    Le stesse disposizioni lederebbero, in secondo luogo, l'art. 117,
primo comma, Cost., in relazione al rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento  dell'Unione  europea,  perche'  si  porrebbero   in
contrasto «con quanto previsto dalla Direttiva discariche 1999/31/CE,
nonche' con i principi generali elaborati sul punto  dalla  Corte  di
giustizia dell'Unione europea», avuto  riguardo,  in  particolare,  a
quanto statuito dalla sentenza di tale  Corte  15  ottobre  2014,  in
causa C-323/13, Commissione europea contro Repubblica italiana. 
    Sempre secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  le
disposizioni impugnate violerebbero, infine, l'art.  136  Cost.,  che
impone   il   rispetto   del   giudicato   costituzionale,    perche'
riprodurrebbero, «nella sostanza», il contenuto normativo dei commi 4
e 5 del testo originario dell'art. 42 della legge reg. Basilicata  n.
26 del 2014 - quello anteriore,  cioe',  alla  sostituzione  di  tale
articolo a opera dell'impugnato art. 1 della legge reg. Basilicata n.
35 del 2015 - dichiarati incostituzionali  da  questa  Corte  con  la
sentenza n. 180 del 2015. 
    2.- Nel valutare le scelte del  legislatore,  cui  spetta  tenere
conto dell'impedimento nascente dal giudicato, la questione  promossa
in riferimento all'art. 136 Cost. deve essere  esaminata  per  prima.
Essa «riveste carattere di priorita'  logica  rispetto  alle  altre»,
proprio perche' «attiene all'esercizio stesso del potere legislativo,
che sarebbe inibito dal precetto costituzionale di cui si  assume  la
violazione» (sentenze n. 245 del 2012 e n. 350 del 2010). 
    3.- Tale questione e' fondata. 
    3.1.- Secondo la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'efficacia
preclusiva,   nei   confronti   del   legislatore,   del    giudicato
costituzionale riguarda ogni disposizione che intenda  «mantenere  in
piedi o  [...]  ripristinare,  sia  pure  indirettamente,  [...]  gli
effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della
[...] pronuncia di illegittimita' costituzionale» (sentenza n. 72 del
2013), ovvero che «ripristini o preservi  l'efficacia  di  una  norma
gia' dichiarata incostituzionale» (sentenza n. 350 del 2010). 
    Nel chiarire la portata dell'art. 136, primo comma, Cost., questa
Corte ha  altresi'  precisato  che  il  giudicato  costituzionale  e'
violato  non  solo  quando  il  legislatore  emana  una   norma   che
costituisce una «mera riproduzione» (sentenze n. 73 del 2013 e n. 245
del 2012) di quella gia' ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche
se la nuova disciplina mira a «perseguire e  raggiungere,  "anche  se
indirettamente", esiti corrispondenti» (sentenze n. 73 del  2013,  n.
245 del 2012, n. 922 del 1988, n. 223 del 1983, n. 88 del 1966). 
    3.2.- Quest'ultima ipotesi ricorre nel caso di specie. 
    Le  disposizioni  impugnate  mirano,  infatti,  a  perseguire   e
raggiungere un risultato corrispondente a quello gia' ritenuto lesivo
della Costituzione dalla sentenza di questa Corte n. 180 del 2015. 
    I commi 4 e 5 del testo originario dell'art. 42 della legge  reg.
Basilicata n. 26 del 2014 disponevano,  rispettivamente,  che  «Nelle
more  della  realizzazione,  adeguamento  e/o  messa   in   esercizio
dell'impiantistica di trattamento programmata e'  possibile  smaltire
presso le discariche autorizzate ed in  esercizio  i  rifiuti  solidi
urbani non pericolosi,  previo  trattamento  parziale  degli  stessi»
(comma 4) e che «Le disposizioni di cui al presente articolo  restano
in vigore fino all'approvazione del nuovo Piano regionale dei Rifiuti
e comunque non oltre il 31 luglio 2015» (comma 5). 
    Con la sentenza  n.  180  del  2015,  questa  Corte,  dopo  avere
richiamato gli artt. 7 e 17, comma 1, del  d.lgs.  n.  36  del  2003,
nonche' l'art. 2, comma 1, lettera h), dello  stesso  decreto  -  che
definisce il «trattamento»  dei  rifiuti  come  «i  processi  fisici,
termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di  cernita,  che
modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di  ridurne  il
volume o la  natura  pericolosa,  di  facilitarne  il  trasporto,  di
agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni  di
sicurezza» - ha rilevato che la normativa impugnata permetteva,  fino
al 31 luglio 2015, nelle more della  realizzazione,  adeguamento  e/o
messa in esercizio dell'impiantistica di trattamento programmata,  lo
smaltimento nelle discariche di rifiuti solidi urbani non  pericolosi
previo «trattamento parziale»  degli  stessi,  osservando,  altresi',
incidentalmente, come essa avesse omesso di chiarire  il  significato
di tale  locuzione  («senza  peraltro  neppure  spiegare  cosa  debba
intendersi per trattamento parziale»). La stessa impugnata  normativa
e'  stata  dichiarata  costituzionalmente  illegittima   in   quanto,
«consentendo la prosecuzione del conferimento in discarica di rifiuti
non trattati (non ricompresi fra quelli per i  quali  il  vincolo  e'
espressamente escluso dal d.lgs. n. 36 del 2003 in  attuazione  della
direttiva 1999/31/CE) ben  oltre  il  termine  previsto  dalla  legge
statale (31 dicembre 2009), detta una disciplina ad hoc». In tal modo
- questa Corte ha affermato  -  si  invade  la  sfera  di  competenza
statale in materia di «tutela dell'ambiente» e si riduce  il  livello
garantito dallo Stato. 
    Da tale motivazione risulta che l'esito normativo ritenuto lesivo
della Costituzione dalla sentenza n. 180 del 2015 -  precluso  dunque
al legislatore  regionale  -  consisteva  nel  consentire,  oltre  il
termine del 31 dicembre 2009 previsto dalla legislazione statale,  il
collocamento in discarica di rifiuti  solidi  urbani  non  pericolosi
che, per avere subito un trattamento solo parziale, devono  ritenersi
non compiutamente trattati. 
    Un esito corrispondente a quello descritto  e'  perseguito  dalla
nuova  disciplina  transitoria  del  collocamento  in  discarica  dei
rifiuti solidi urbani non pericolosi. Essa e' dettata  dalla  Regione
Basilicata - meno di un mese dopo la pubblicazione della sentenza  n.
180 del 2015, in un contesto normativo immutato rispetto a quello  da
cui essa aveva tratto argomento - con i commi  6  e  8  dell'art.  42
della legge regionale n. 26 del 2014, come sostituito  dall'impugnato
art. 1 della legge regionale n. 35 del  2015.  Tali  commi,  infatti,
consentendo, fino al 31 agosto 2016, lo smaltimento nelle  discariche
di  rifiuti  solidi  urbani  non  pericolosi,  sottoposti  alle  sole
operazioni  di  trito-vagliatura  e  di  biostabilizzazione,  con  la
previsione che quest'ultima possa essere «anche parziale», realizzano
un risultato normativo corrispondente a quello che la sentenza n. 180
del 2015 aveva ritenuto lesivo della competenza  legislativa  statale
in materia di «tutela dell'ambiente». Essi confermano la possibilita'
di collocare in discarica, oltre il  termine  del  31  dicembre  2009
previsto dalla legge dello Stato, rifiuti che, per  avere  subito  un
trattamento  solo  parziale,  non  possono  ritenersi   compiutamente
trattati. 
    Il fatto che l'impugnata nuova  disciplina  abbia  specificato  -
peraltro, solo in parte, non spiegando essa cosa debba intendersi per
biostabilizzazione  «parziale»  -  le  operazioni   cui   i   rifiuti
verrebbero sottoposti prima del loro  smaltimento  nelle  discariche,
lungi dal poter costituire, come sostenuto dalla difesa della Regione
Basilicata, la riprova  dell'intento  del  legislatore  regionale  di
recepire i principi stabiliti dalla sentenza  n.  180  del  2015,  si
rivela dunque un espediente che non impedisce di cogliere la sostanza
della  volonta'  dello  stesso  legislatore.  La   nuova   disciplina
consente, infatti, successivamente alla scadenza,  intervenuta  ormai
da oltre cinque anni, del termine previsto dalla  legge  statale,  lo
smaltimento in discarica di rifiuti non  compiutamente  trattati,  in
elusione del giudicato della sentenza n. 180 del 2015. 
    Palesemente  inconferente  e',  infine,  l'ulteriore   argomento,
addotto dalla difesa della  Regione  Basilicata,  circa  il  rispetto
delle prescrizioni del decreto del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare del 27 settembre  2010,  concernendo
le stesse  non  il  previo  trattamento  (a  monte)  dei  rifiuti  da
collocare in discarica ma l'ammissibilita' (a valle) nelle discariche
dei rifiuti, dopo che questi siano stati compiutamente trattati. 
    3.3.- Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dei
commi 6 e 8, quest'ultimo nella parte in cui si riferisce al comma 6,
dell'art. 42 della  legge  reg.  Basilicata  n.  26  del  2014,  come
sostituito dall'art. 1 della legge reg. Basilicata n.  35  del  2015,
per violazione del giudicato costituzionale della sentenza n. 180 del
2015. 
    La dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  del  citato
comma 8 e' limitata alla parte  in  cui  si  riferisce  al  comma  6,
poiche' lo stesso comma 8 disciplina il termine finale di vigenza non
del solo comma 6, ma di tutte  le  disposizioni  dell'art.  42  della
legge reg. Basilicata n. 26 del 2014. 
    4.- Le questioni promosse in riferimento all'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettera s), Cost., restano assorbite.