ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi  2
e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91  (Disposizioni  urgenti
per il settore agricolo, la  tutela  ambientale  e  l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti  derivanti  dalla  normativa  europea),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 11  agosto  2014,  n.  116,  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio,  sezione  III-ter,  con
tre ordinanze del 3 luglio, una del 7 luglio, cinque  del  9  luglio,
una del 23 giugno, tre del 24 giugno, due del 26 giugno, una  del  30
giugno, due del 10 luglio, una del 20 luglio, una del 10 luglio,  due
del 24 giugno, una del 26 giugno, una  del  10  luglio,  tre  del  20
luglio, una del 1° settembre, due del 3 luglio, una  del  10  luglio,
una del 20 luglio, una dell'8 luglio, due del 20 luglio,  tre  del  4
agosto, una del 20 luglio, cinque del 4 agosto, tre del 1° settembre,
una del 24 giugno, una del 3 luglio, quattro del 4 agosto, una del 25
giugno e nove del 3 agosto 2015, rispettivamente iscritte ai  nn.  da
253 a 261, 265, da 266 a 274, da 279 a 287, da 293 a 302,  da  309  a
317, da 324 a 329 del registro ordinanze 2015 ed ai nn. da  37  a  46
del registro ordinanze 2016, e pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica nn. 48, 49, 50,  51  e  52,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2015 ed ai nn. 1 e  10,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2016. 
    Visti gli atti di costituzione  della  Entec  spa,  della  Apulia
Renewable  Energy   srl,   della   Iniziative   Solari   srl,   della
Assorinnovabili ed altra, della Fima srl  ed  altre,  della  Alchimia
Energy 3 srl ed altre, della  San  Vito  srl,  della  O.T.T.  Oceanic
Transport Trailers spa, della Amber Turtle srl, del  GSE-Gestore  dei
servizi energetici spa, nonche' quelli,  fuori  termine,  della  Ph20
energy srl ed altre  e  gli  atti  di  intervento  della  Federazione
Nazionale delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (ANIE) e  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 2016 e nella camera di
consiglio del 7 dicembre  2016  il  Giudice  relatore  Mario  Rosario
Morelli; 
    uditi gli avvocati Valerio Onida  per  la  Federazione  Nazionale
delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (ANIE), Valerio Onida e
Barbara Randazzo per la Entec spa e per la Assorinnovabili ed  altra,
Maria  Alessandra  Sandulli  per  la  Apulia  Renewable  Energy  srl,
Stefania Maria  Piscitelli  per  la  Iniziative  Solari  srl,  Andrea
Maffettone per la Fima srl ed altre, Francesco Saverio Marini per  la
Alchimia Energy 3 srl ed  altre,  per  la  O.T.T.  Oceanic  Transport
Trailers spa e per la Amber Turtle srl, Germana  Cassar  per  la  San
Vito srl, Carlo Malinconico per il GSE-Gestore dei servizi energetici
spa e gli avvocati dello Stato Vincenzo Nunziata  e  Maria  Gabriella
Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di sessantatre giudizi amministrativi,  di  analogo
contenuto - proposti da varie societa' e/o imprenditori  individuali,
titolari di uno o piu' impianti  fotovoltaici  con  potenza  nominale
superiore a 200 kW e di altrettante convenzioni ventennali  stipulate
con il GSE-Gestore dei Servizi Energetici spa [da ora: GSE], i  quali
avevano  chiesto  l'annullamento  di  due   decreti   del   Ministero
dell'economia e delle finanze del 16 e 17 ottobre 2014, rimodulativi,
con effetti per  loro  pregiudizievoli,  delle  tariffe  incentivanti
previste nelle suddette convenzioni  -  l'adito  Tribunale  regionale
amministrativo del Lazio,  sezione  III-ter,  ha  sollevato,  con  le
(altrettante)  ordinanze  in  epigrafe,  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 26, comma 3,  del  decreto-legge  24  giugno
2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la  tutela
ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica  e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,
n. 116. 
    Detta norma, alla quale i decreti impugnati nei giudizi a  quibus
hanno dato applicazione (dal che, secondo il rimettente, la rilevanza
della questione) - nella  parte,  appunto,  in  cui  prevede  che,  a
decorrere dal 2015, le tariffe relative  all'energia  prodotta  dagli
impianti suindicati siano rimodulate sulla  base  di  tre  prefissate
opzioni, tutte  peggiorative  dei  regimi  anteriori  regolati  dalle
convenzioni con il GSE,  tra  le  quali  l'operatore  sarebbe  stato,
comunque, obbligato a scegliere,  applicandosi,  altrimenti,  in  via
automatica, il terzo schema di rimodulazione (di cui alla lettera  c)
- viene denunciata per contrasto  con  gli  articoli  3  e  41  della
Costituzione, per lesione del principio dell'affidamento  riposto  su
posizioni consolidate di vantaggio riconosciute da negozi «di diritto
privato»; con gli  stessi  artt.  3  e  41  Cost.,  sotto  i  profili
ulteriori della irragionevolezza e della  disparita'  di  trattamento
tra operatori del settore; con gli articoli 11 e  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale n.  1  alla
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva  con  legge  4  agosto  1958,  n.  848  e
all'art. 6,  paragrafo  3,  del  Trattato  sull'Unione  europea,  per
sottrazione da parte dello Stato, di parte dei crediti  spettanti  ai
ricorrenti produttori di energia da impianti fotovoltaici  in  virtu'
delle convenzioni stipulate con il GSE; e per violazione, da  ultimo,
dell'art. 77 Cost., in quanto adottata  con  decretazione  d'urgenza,
senza che ne ricorressero i presupposti giustificativi. 
    2.- In tre delle su riferite ordinanze  di  rimessione  (iscritte
nel Ruolo ordinanze ai nn. 254 e 255  del  2015;  37  del  2016),  il
suddetto TAR Lazio ha esteso  l'impugnativa  al  precedente  comma  2
dello stesso art. 26 del citato d.l. n. 91 del 2014. 
    Quest'ultima disposizione - nella parte in cui  interviene  sulle
modalita' di corresponsione delle tariffe  incentivanti,  prevedendo,
«dal secondo semestre 2014», che il GSE le eroghi «con  rate  mensili
costanti, in misura pari al 90 per cento della  producibilita'  media
annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare  di  produzione»,
con effettuazione  del  «conguaglio,  in  relazione  alla  produzione
effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo» - si porrebbe,  a
sua volta, in contrasto, secondo il rimettente, con gli artt. 3, 41 e
77  Cost.,  per   profili   analoghi   di   lesione   del   principio
dell'affidamento, di irragionevolezza e di incidenza su  rapporti  in
corso con illegittima fonte normativa. 
    3.- In quarantasei, dei sessantatre, giudizi di cui si e'  detto,
si  sono  ritualmente  costituite  le   rispettive   numerose   parti
ricorrenti dei processi principali, ciascuna delle quali  ha  svolto,
tramite i  propri  difensori,  diffuse  e  articolate  argomentazioni
adesive alla prospettazione del Tribunale amministrativo a quo. 
    3.1.- Nel giudizio relativo all'ordinanza  n.  37  del  2016,  la
Federazione Nazionale delle Imprese Elettrotecniche  ed  Elettroniche
(ANIE) ha depositato atto di intervento adesivo, che,  con  ordinanza
di questa Corte resa in udienza, e' stato dichiarato inammissibile. 
    4.- In sette dei giudizi in esame (r.o. nn. 254, 256,  280,  281,
287, 324 del 2015 e 37 del 2016), si e' costituito anche il GSE,  per
eccepire  la  «inammissibilita'  e  infondatezza»   della   questione
rispetto ad ognuno dei parametri evocati. 
    Premessa l'efficacia ex nunc delle norme denunciate  in  coerenza
ai principi applicabili in tema di rapporti di durata, detto  Gestore
ha posto poi  l'accento  sulla  natura,  comunque,  accessoria  delle
convenzioni agli atti amministrativi di concessione degli  incentivi,
che resterebbero condizionati alle esigenze del pubblico interesse. 
    Ha escluso, quindi, la  configurabilita'  di  un  sinallagma  tra
incentivi ed investimenti,  evidenziando,  altresi',  la  sussistenza
dell'elemento della prevedibilita' del mutamento  dell'incentivazione
in base all'evoluzione della  situazione  precedente  alla  normativa
vigente e alla convenzione quadro. 
    Ha sottolineato, infine, come - per  essere  le  risorse  per  il
finanziamento  dei  suddetti  incentivi  a  carico  non  gia'   della
fiscalita'  generale,  ma   degli   utenti   dell'energia   elettrica
(attraverso  la   componente   A3   della   bolletta   elettrica)   -
ragionevolmente  il  legislatore  dal   2014,   con   il   cosiddetto
"intervento spalma incentivi obbligatorio", avrebbe  dato  prevalenza
al contenimento degli oneri economici gravanti sui consumatori finali
dell'energia (utenti  domestici  e  imprese  costituenti  il  tessuto
produttivo    nazionale)    rispetto    al    mantenimento    intatto
dell'incentivazione delle fonti rinnovabili. 
    5.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha  depositato,  a  sua
volta, atti di intervento (di sostanzialmente identico contenuto) nei
giudizi relativi a tutte le ordinanze in epigrafe. 
    In  via  pregiudiziale,  la  difesa  dello  Stato   ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione per suo difetto di incidentalita',
in quanto sollevata nel contesto di una asserita lis ficta, e per  la
sua  inidoneita'  a  surrogare  un  intervento  riservato  al  potere
discrezionale del legislatore. Nel merito, ha escluso  la  violazione
di ciascuno dei parametri invocati. 
    Nel  merito,  anche  secondo   l'Avvocatura   dello   Stato,   la
disposizione censurata sarebbe giustificata dal perseguimento  di  un
interesse pubblico prevalente comportante un sacrificio ragionevole e
proporzionato  dei  contrapposti  interessi  delle   parti   private.
Diversamente, il mantenimento dei pregressi sistemi di incentivazione
avrebbe comportato che i costi del sistema  continuassero  a  gravare
sulla  collettivita',   al   solo   scopo   di   conservare   un'alta
remunerazione di un numero  esiguo  di  impianti  (appartenenti  alla
platea di quelli eroganti una potenza superiore a 200 kW). 
    6.- Quasi tutte le parti  costituite,  con  singole  o  congiunte
memorie, hanno replicato alle eccezioni pregiudiziali dell'Avvocatura
dello Stato, chiedendone il rigetto. 
    Nel  merito,  hanno  ribadito  le   censure   di   illegittimita'
costituzionale della normativa in esame tornando, in  particolare,  a
sottolinearne  la  irragionevolezza,  la   non   proporzionalita'   e
l'effetto   lesivo   del   principio   dell'affidamento,   anche   in
considerazione  dell'assenza  di  un  ponderato  bilanciamento  degli
interessi in gioco e, comunque, di un ragionevole nesso tra lo  scopo
(di reperimento di risorse finanziarie) perseguito dal legislatore  e
l'intervento   adottato,    unilateralmente    e    autoritativamente
modificativo di rapporti in corso. 
    Anche il  GSE,  nei  giudizi  in  cui  si  e'  costituito,  e  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  in  tutti  i  giudizi  in
epigrafe, hanno depositato memorie, per reiterare,  ed  ulteriormente
argomentare, le rispettive conclusioni di non fondatezza di tutte  le
questioni sollevate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le  sessantatre  ordinanze  di  sostanzialmente  identico
contenuto, di cui si e' in narrativa detto,  il  Tribunale  regionale
amministrativo del  Lazio,  sezione  III-ter,  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, del  decreto-legge
24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore  agricolo,
la tutela ambientale  e  l'efficientamento  energetico  dell'edilizia
scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle  imprese,
il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche,  nonche'
per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa
europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,
n. 116, in riferimento agli articoli 3 e  41  della  Costituzione  ed
agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1  del
Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia  dei
Diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto  1958,  n.  848  e  all'art.  6,  paragrafo  3,  del  Trattato
sull'Unione europea, e per contrasto, altresi', con l'art. 77 Cost. 
    1.1.- In tre delle suddette ordinanze (nn. 254 e 255 del 2015; 37
del 2016), il rimettente estende l'impugnativa al precedente comma  2
dello stesso art. 26 del d.l. n. 91 del 2014, per contrasto  con  gli
artt. 3, 41 e 77 Cost. 
    1.2.- I sessantatre giudizi - in quarantasei dei  quali  si  sono
ritualmente costituiti numerosi imprenditori e  societa'  ricorrenti,
in sette dei quali si e' costituito  anche  il  Gestore  dei  Servizi
elettrici spa (in acronimo: GSE)  e,  in  tutti,  e'  intervenuto  il
Presidente del Consiglio dei ministri -  stante  la  coincidenza  del
petitum, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza. 
    2.- L'art. 26 del d.l. n. 91  del  2014,  come  convertito  dalla
legge n. 116 del  2014  -  «Al  fine  [dichiarato  sub  comma  1]  di
ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed  erogazione  degli
incentivi e favorire una migliore sostenibilita'  nella  politica  di
supporto alle energie  rinnovabili»  -  prevede  nuove  modalita'  di
erogazione delle tariffe incentivanti dell'energia elettrica prodotta
da impianti fotovoltaici, riconosciute in  base  all'articolo  7  del
decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta da fonti energetiche  rinnovabili  nel  mercato  interno)  e
dall'articolo 25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011,  n.
28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    E, in coerenza a tali obiettivi,  nel  denunciato  suo  comma  3,
testualmente dispone che «A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa
incentivante  per  l'energia  prodotta  dagli  impianti  di   potenza
nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a  scelta  dell'operatore,
sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al  GSE  entro
il 30 novembre 2014: a) la tariffa e' erogata per un  periodo  di  24
anni, decorrente dall'entrata in  esercizio  degli  impianti,  ed  e'
conseguentemente ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione
indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto;  b)
fermo restando il periodo di erogazione  ventennale,  la  tariffa  e'
rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un  incentivo
ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di  un
incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le   percentuali   di
rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello  sviluppo
economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas  e  il
sistema idrico, da emanare entro  il  1°  ottobre  2014  in  modo  da
consentire,  nel  caso  di  adesione  di  tutti  gli  aventi   titolo
all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno  per
il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe
vigenti; c) fermo restando il periodo di  erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 1) 6 per cento per gli impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 2)  7  per
cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500  kW  e
fino alla potenza nominale di 900 kW; 3) 8 per cento per gli impianti
aventi  potenza  nominale  superiore  a  900  kW.   In   assenza   di
comunicazione da parte dell'operatore il GSE applica l'opzione di cui
alla lettera c)». 
    Nella  coincidente  prospettazione  di  tutte  le  ordinanze   di
rimessione, la norma suddetta contrasterebbe con: 
    gli artt. 3 e 41 Cost., determinando la lesione del principio  di
legittimo   affidamento,   in   conseguenza   della   sua   incidenza
ingiustificata   sulle   posizioni   di   vantaggio   consolidate   e
riconosciute contrattualmente ai fruitori degli  incentivi,  che  non
avrebbero potuto prevedere la sopravvenuta modifica peggiorativa  del
rapporto di durata precedentemente concluso con il GSE. E, con  cio',
contravvenendo alle garanzie di  stabilita'  dei  regimi  incentivati
gia' in corso e mantenute in occasione delle pregresse rimodulazioni,
con fisiologica ripercussione degli  effetti  negativi  sulle  scelte
(ispirate al canone di "prudenza ed accortezza") di libera iniziativa
economica imprenditoriale dei titolari degli impianti  produttori  di
energia alternativa a quella proveniente da fonte solare  di  potenza
superiore a  200  kW,  non  adeguatamente  compensati  da  un  idoneo
meccanismo  statale  in  grado  di  coprire  le  prevedibili  perdite
finanziarie future; 
    gli stessi artt. 3  e  41  Cost.,  per  l'irragionevolezza  della
ingiusta penalizzazione dei soli produttori (considerati di  maggiori
dimensioni) di energia alternativa  a  quella  proveniente  da  fonte
solare di potenza superiore  a  200  kW,  e  per  la  disparita'  del
trattamento loro riservato rispetto ad enti locali e scuole, titolari
di impianti di  pari  potenza,  esentati  dalla  rimodulazione  degli
incentivi;  con  ulteriore  correlato  vulnus  al   principio   della
concorrenza e della liberta' di iniziativa economica per effetto  del
pregiudizio  arrecato  ai  suddetti  produttori  impossibilitati   ad
operare sul mercato a parita' di condizioni con gli altri  produttori
da fonte solare (e, piu' in generale, di energia rinnovabile); 
    gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. in relazione  all'art.  1,
Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU e all'art. 6, paragrafo 3,  del
Trattato sull'Unione europea,  sul  presupposto  che  tali  parametri
sovranazionali legittimino l'interferenza statale solo in presenza di
un  preminente  interesse  generale,   mentre,   nella   specie,   la
sottrazione di parte dei crediti spettanti ai produttori  di  energia
da impianti fotovoltaici in virtu' delle convenzioni stipulate con il
GSE  non  sarebbe  giustificata,  siccome  lesiva  del  principio  di
proporzionalita',  non   risultando   l'intervento   della   pubblica
autorita' adeguatamente bilanciato dalla finalita'  di  diminuire  le
tariffe elettriche in favore di alcune categorie di consumatori; 
    l'art. 77 Cost., in relazione  al  difetto  dei  presupposti  per
provvedere nelle forme del decreto-legge, non riportando il preambolo
del decreto, a differenza del titolo, alcuna motivazione  a  sostegno
della specifica normativa disciplinata, oltretutto costituente  parte
di un insieme di misure eterogenee per le  imprese  non  ispirate  al
perseguimento di una finalita' unitaria e caratterizzata da contenuti
non tutti suscettibili di applicazione immediata. 
    2.1.- Il precedente comma 2 dell'art. 26 del d.l. n. 91 del  2014
- con riferimento in questo caso, agli impianti di qualsiasi  potenza
nominale - a sua volta, dispone che «A decorrere dal secondo semestre
2014,  il  Gestore  dei  servizi  energetici  spa  eroga  le  tariffe
incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in  misura
pari al 90 per cento della  producibilita'  media  annua  stimata  di
ciascun impianto, nell'anno  solare  di  produzione  ed  effettua  il
conguaglio, in relazione  alla  produzione  effettiva,  entro  il  30
giugno dell'anno successivo. Le modalita' operative sono definite dal
GSE entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto  e
approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico». 
    Detta norma, incidente  sulle  modalita'  di  applicazione  della
tariffa, violerebbe anch'essa, secondo il TAR rimettente,  gli  artt.
3, 41 e 77 Cost., oltre che per le ragioni gia' esposte in  relazione
al successivo comma 3,  perche'  la  sua  dichiarata  (sub  comma  1)
finalita' di  ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi avverrebbe a scapito  del  fruitore  degli
stessi, il quale, in particolare per  il  primo  anno,  subirebbe  il
pregiudizio economico della  ritardata  percezione  del  10  percento
dell'incentivo (qualificato)  in  termini  di  «conguaglio»,  essendo
differita   al   30   giugno   dell'anno   successivo    l'erogazione
dell'incentivo dovuto in base alla produzione effettiva. 
    3.-    Preliminarmente    va    confermata     l'inammissibilita'
dell'intervento  ad  adiuvandum  della  Federazione  Nazionale  delle
Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (ANIE) nel giudizio n. 37 del
2016, per le  motivazioni  di  cui  all'allegata  ordinanza  resa  in
udienza. 
    4.- Sempre in  limine,  va  esaminata  la  duplice  eccezione  di
inammissibilita',   delle   su    riferite    questioni,    formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato, rispettivamente: 
    (a) sul rilievo di un loro  difetto  di  incidentalita',  poiche'
prospettate attraverso «una lis ficta»,  in  quanto  «sub  specie  di
impugnazione   di   provvedimenti   amministrativi»   i    ricorrenti
attiverebbero, in realta', «un  giudizio  di  impugnazione,  "in  via
immediata e diretta", dell'art. 26, commi 2 e 3, del d.l. n.  91  del
2014»; 
    (b) in ragione di una asserita  non  pertinenza  del  correlativo
petitum  al  proprium  del  giudizio  di  costituzionalita',  poiche'
«l'affermazione  del  (preteso)  diritto  alla  conservazione   delle
condizioni preesistenti [...] sarebbe realizzabile solo attraverso un
vero e proprio "intervento additivo non rientrante nei  poteri  della
Corte costituzionale ma nelle scelte discrezionali del legislatore"». 
    5.- Nessuna di tali eccezioni e' fondata. 
    5.1.-  Quanto  alla  prima,   e'   sufficiente   ricordare   come
l'incidentalita' sia stata reiteratamente riscontrata nei casi  (come
appunto quello che ne  occupa)  in  cui  le  doglianze  mosse  contro
provvedimenti o norme secondarie  non  potrebbero  altrimenti  essere
accolte che a seguito dell'eventuale accoglimento della questione  di
legittimita' proposta nei confronti della disposizione  di  legge  da
quei provvedimenti applicata (sentenze n. 151 del 2009, punto 4.4; n.
303 del 2007, punto 6.1; n. 4 del 2000, punto 2.2, del Considerato in
diritto). 
    Neppure  vi  e',  del  resto,  nel  caso  di  specie,  l'asserita
identita' tra il petitum del giudizio incidentale di  legittimita'  e
il petitum dei giudizi a quibus.  Infatti,  l'eventuale  accoglimento
dell'impugnativa del d.l. n. 91 del 2014 non si identificherebbe  con
il  petitum  dei  giudizi  di  merito,   ma,   rispetto   a   questi,
costituirebbe   solo   la    pregiudiziale    logico-giuridica    per
l'accoglimento   della   duplice   domanda   dei   ricorrenti   volta
all'annullamento dei provvedimenti impugnati ed all'accertamento  del
conseguente loro diritto alla corresponsione  degli  incentivi  nella
misura indicata nelle Convenzioni rispettivamente  stipulate  con  il
GSE. 
    5.2.- Priva di fondamento e' anche la seconda eccezione,  poiche'
cio' che i rimettenti auspicano e' non gia' l'intervento  "additivo",
che l'Avvocatura dello Stato assume riservato  alla  discrezionalita'
del legislatore,  ma  un  intervento  "demolitorio"  della  normativa
impugnata, che ne elimini il deprecato automatico  impatto  in  peius
sulle condizioni dei rapporti in corso. 
    Vale a dire che cio' che richiedono i giudici a quibus non  altro
e'  che  una  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
normativa denunciata: provvedimento che proprio  (e  solo)  a  questa
Corte compete di adottare. 
    6.-   Anche   il   GSE   ha   formulato   varie   eccezioni    di
inammissibilita'. 
    Tali eccezioni - non avendo un contenuto ostativo all'esame delle
questioni sollevate, ed essendo sostanzialmente,  invece,  rivolte  a
contestare le argomentazioni  poste  a  base  delle  singole  censure
articolate nelle ordinanze di rimessione, eccependone, con formula di
stile, la «inammissibilita' e infondatezza» - vanno piu' propriamente
rimesse al correlativo esame nel merito. 
    7.- La  censura  di  violazione  dell'art.  77  Cost.,  ancorche'
prospettata dal Tribunale a quo solo in via residuale,  va  esaminata
con carattere di  priorita',  per  essere  logicamente  pregiudiziale
rispetto ad ogni altra doglianza, configurandosi come  potenzialmente
assorbente della sua valutazione in caso di eventuale accoglimento. 
    Nella (comune) prospettazione delle numerose ordinanze di rinvio,
il contrasto del comma 3 e (nelle sole tre ordinanze  di  cui  si  e'
sopra detto anche) del comma 2 dell'art. 26 del d.l. n. 91  del  2014
e' motivato sulla base della «circostanza che, pur  rinvenendosi  nel
titolo del d.l. n. 91 del 2014 il riferimento al "rilancio  e  [al]lo
sviluppo delle imprese" e al "contenimento dei costi  gravanti  sulle
tariffe elettriche", nel preambolo del provvedimento non si  rinviene
tuttavia esplicitazione di tali punti». Da cio' inferendosi che  alle
disposizioni censurate - in quanto eterogenee ed eccentriche rispetto
al  contenuto  ed  alle  finalita'  del  menzionato  decreto  -   non
potrebbero riferirsi i presupposti della straordinaria necessita'  ed
urgenza, che legittimano l'adozione del  decreto-legge.  Presupposti,
dai quali le disposizioni impugnate  non  potrebbero,  per  di  piu',
ritenersi assistite anche perche' recanti  misure  di  non  immediata
applicazione. 
    7.1.- La censura cosi' formulata e' priva di fondamento. 
    7.1.1.- In primo luogo, non  si  ravvisa  l'asserita  estraneita'
delle  disposizioni  scrutinate  rispetto  al  decreto-legge  che  le
contiene. 
    Non si vede, infatti, quale rilievo  possa  attribuirsi  al  dato
formale della mancata esplicitazione, nel preambolo, degli  obiettivi
(pur  espressamente  indicati  nel  titolo)  relativi   al   rilancio
dell'impresa ed al contenimento  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche, una volta che l'intero (omogeneo) capo III del d.l. n. 91
del 2014 - rubricato «Disposizioni urgenti per le imprese» - contiene
ben quattordici articoli (dal 23 al 30 sexies)  dedicati  al  settore
delle energie, ed all'interno  di  questo  si  colloca,  appunto,  il
censurato art. 26 che (come indicato nell'incipit del  suo  comma  1)
proprio quegli obiettivi si propone  di  realizzare  nello  specifico
ambito delle energie prodotte  da  impianti  fotovoltaici,  in  piena
coerenza, quindi, con lo scopo unitario della  «crescita  economica»,
che accomuna i plurimi  interventi  operati  dal  decreto  in  esame,
relativi a materie, se pur  diverse,  del  pari,  pero',  richiedenti
rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare  (ex
plurimis, sentenze n. 22 del 2012, n. 128 del 2008, n. 171 del 2007). 
    7.1.2.-  Neppure  e'  poi  fondato  il   rilievo   per   cui   il
decreto-legge conterrebbe «anche misure che non  sono  "di  immediata
applicazione", come sancito dall'articolo 15, comma 3, l. n. 400/88»,
quali  quelle  sulla  cedibilita'  di  quota  dell'incentivo  ad   un
acquirente selezionato e sul recesso dai contratti  di  finanziamento
(commi da 7 a 12 del citato art. 26), perche'  l'obiettivo  immediato
del decreto legge, con la rimodulazione  delle  incentivazioni  sulla
base dell'opzione  effettuata  dall'operatore  e  comunque,  in  caso
negativo, con l'imposizione ex lege di una delle tre alternative,  e'
d'immediata applicazione e ne realizza di per se' la finalita'. 
    E cio' a prescindere dalla considerazione  che  la  straordinaria
necessita'  ed  urgenza  non  postula  inderogabilmente  un'immediata
applicazione   delle    disposizioni    normative    contenute    nel
decreto-legge, ma ben puo' fondarsi sulla  necessita'  di  provvedere
con urgenza, anche laddove  il  risultato  sia  per  qualche  aspetto
necessariamente differito. 
    8.- Le censure di violazione dei residui parametri costituzionali
ed europei evocati  nelle  ordinanze  di  rimessione  condividono  un
motivo di  fondo  costituito  dal  vulnus  che  l'impugnato  comma  3
dell'art. 26 del d.l. n. 91 del 2014 avrebbe  arrecato  al  legittimo
affidamento riposto, dai fruitori degli incentivi in questione, nella
conservazione  delle  posizioni   di   vantaggio   consolidate   loro
riconosciute nelle convenzioni stipulate con il GSE. 
    8.1.- In linea di principio, l'affidamento  del  cittadino  nella
sicurezza  giuridica  costituisce   un   «elemento   fondamentale   e
indispensabile dello Stato di diritto» (sentenze n. 822 del 1988 e n.
349 del 1985). Ma - come chiarito dalla  costante  giurisprudenza  di
questa Corte (in consonanza anche con quella della Corte  EDU)  -  la
tutela  dell'affidamento  non  comporta  che,  nel   nostro   sistema
costituzionale,  sia  assolutamente  interdetto  al  legislatore   di
emanare  disposizioni  le  quali   modifichino   sfavorevolmente   la
disciplina dei rapporti di durata, e cio' «anche se il  loro  oggetto
sia costituito dai diritti soggettivi  perfetti,  salvo,  qualora  si
tratti di disposizioni retroattive, il  limite  costituzionale  della
materia penale (art.  25,  secondo  comma,  Cost.)»,  fermo  restando
tuttavia che dette  disposizioni,  «al  pari  di  qualsiasi  precetto
legislativo, non possono trasmodare in un regolamento  irrazionale  e
arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere
da  leggi  precedenti,  frustrando  cosi'  anche  l'affidamento   del
cittadino nella sicurezza pubblica[recte:  giuridica]»  (sentenza  n.
822 del 1988; in senso analogo, ex  plurimis,  sentenze  n.  203  del
2016; n. 64 del 2014; n. 1 del 2011; n. 302 del 2010; n. 236, n.  206
e n. 24 del 2009; n. 409 e n. 264 del 2005; n. 446 del 2002;  n.  416
del 1999). 
    8.2.- L'esame della ratio e del contenuto della  norma  impugnata
induce ad escludere che questa abbia inciso all'interno dei  rapporti
di durata, riconducibili  alle  convenzioni  stipulate  dai  fruitori
degli incentivi di che trattasi con il GSE,  in  modo  irragionevole,
arbitrario e imprevedibile, cosi' da ledere - come si denuncia  -  il
principio evocato. 
    Il legislatore del 2014 e' intervenuto, infatti, in  un  contesto
congiunturale nel  quale  -  a  fronte  della  remunerativita'  delle
tariffe  incentivanti  per  l'energia  solare   prodotta   da   fonte
fotovoltaica,  rivelatasi  progressivamente  piu'   accentuata,   sia
rispetto anche ai costi  di  produzione  (in  ragione  del  repentino
sviluppo tecnologico del settore), sia rispetto al quadro complessivo
europeo - era venuto  specularmente  in  rilievo  il  crescente  peso
economico  di  tali  incentivi  sui  consumatori  finali  di  energia
elettrica (in particolare sulle piccole e medie  imprese  costituenti
il tessuto produttivo nazionale). 
    Ed ha operato, con logica  perequativa,  al  dichiarato  fine  di
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili» (art. 26, comma 1, d.l. n. 91  del  2014)  e  di
«pervenire ad una piu' equa distribuzione degli oneri  tariffari  fra
le diverse categorie di  consumatori  elettrici»,  prevedendo  a  tal
proposito  che  i  minori  oneri   per   l'utenza   derivanti   dalla
rimodulazione degli incentivi per gli  impianti  fotovoltaici  siano,
appunto, «destinati  alla  riduzione  delle  tariffe  elettriche  dei
clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli  in  bassa
tensione [...]» (art. 23 d.l. citato). 
    E', dunque, quello in esame un  intervento  che  risponde  ad  un
interesse pubblico, in termini di equo  bilanciamento  degli  opposti
interessi in gioco, volto a coniugare la politica  di  supporto  alla
produzione  di  energia  da  fonte  rinnovabile   con   la   maggiore
sostenibilita' dei costi correlativi a  carico  degli  utenti  finali
dell'energia elettrica. 
    Gli  incentivi  al  fotovoltaico  rientrano,   infatti,   tra   i
cosiddetti oneri generali del sistema elettrico e sono posti  (anche)
a carico del cliente finale, che li  paga  direttamente,  in  ragione
della copertura di cui alla componente A/3 della bolletta elettrica. 
    8.3.- Anche il TAR rimettente riconosce, del resto, che «non sono
certo  contestabili  gli  scopi  complessivi  avuti   di   mira   dal
legislatore che intende "pervenire  a  una  piu'  equa  distribuzione
degli  oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di  consumatori
elettrici", distribuendo tra costoro "i minori  oneri  per  l'utenza"
derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art. 26», ma sostiene  che
la disposizione impugnata sarebbe,  comunque,  lesiva  del  principio
dell'affidamento - in danno della platea  dei  titolari  di  impianti
fotovoltaici con potenza superiore ai  200  KW  -  per  il  carattere
«improvviso ed imprevedibile» dell'operata rimodulazione riduttiva di
incentivi che, sulla base della pregressa legislazione di  settore  e
in adesione alle indicazioni di carattere  europeo,  sarebbero  stati
loro concessi con garanzia di "stabilita'". 
    Al riguardo, i giudici a quibus richiamano la  giurisprudenza  di
questa Corte, secondo la quale una mutazione ex lege dei rapporti  di
durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo,
appunto, «improvviso e imprevedibile» (sentenze n. 64 del 2014  e  n.
302 del 2010. 
    Ma un tal principio non puo' dirsi,  in  realta',  violato  dalla
normativa scrutinata. 
    In consonanza con le linee di indirizzo di  fonte  internazionale
ed europea, la  politica  di  supporto  alla  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili ha preso avvio  nel  mercato  interno,
con le misure di incentivazione introdotte dal decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno) ed e' proseguita con  il  successivo
decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione  della  direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    L'art.  7  del  citato  d.lgs.  n.  387  del  2003  -   rubricato
«Disposizioni  specifiche  per  il  solare»  -  prende,  appunto,  in
considerazione la produzione  di  elettricita'  mediante  conversione
fotovoltaica della fonte solare e demanda  a  «uno  o  piu'  decreti»
interministeriali  (del  Ministro  delle  attivita'  produttive,   di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei criteri di
incentivazione,  al  fine,  tra  l'altro,  di  «garantire  una   equa
remunerazione dei costi di investimento e di esercizio». 
    I decreti adottati in base a detto articolo 7 sono  noti  con  la
denominazione di "conti  energia"  e  sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via  succedutesi,
con le quali sono state avviate cinque diverse procedure  di  accesso
alle incentivazioni. 
    Ora e' pur vero che, nel  contesto  di  tale  complessivo  quadro
normativo,  l'introduzione  del  regime  di  sostegno  delle  energie
rinnovabili si presenta assistito da caratteristiche di stabilita'  a
lungo termine per rispondere all'esigenza di creare certezza per  gli
investitori; e che, su questa linea in particolare il  d.lgs.  n.  28
del 2011 - che, secondo il TAR avrebbe «amplificato» la percezione di
una tale «stabilita'» - dispone che «l'incentivo resta  costante  per
tutto il periodo di diritto» (art. 24, comma 2, lettera c). 
    La garanzia di costanza dell'incentivo per tutto  il  periodo  di
diritto non  implica  pero',  come  necessaria  conseguenza,  che  la
correlativa misura debba rimanere, per venti  anni,  immutata  e  del
tutto impermeabile alle variazioni proprie dei  rapporti  di  durata.
Cio' ancor piu' ove si consideri che le convenzioni stipulate con  il
Gestore non sono riducibili  a  contratti  finalizzati  ad  esclusivo
profitto dell'operatore - che dovrebbe  vedere  ferme  le  condizioni
iniziali, per vent'anni, anche ove le condizioni tecnologiche  mutino
profondamente - ma costituiscono strumenti di  regolazione,  volti  a
raggiungere   l'obiettivo   dell'incentivazione   di   certe    fonti
energetiche  nell'equilibrio  con   le   altre   fonti   di   energia
rinnovabili, e con il minimo sacrificio per gli utenti  che  pure  ne
sopportano l'onere economico. 
    Nella sequenza evolutiva della normativa di settore non  mancano,
del resto, indicazioni di segno contrario alla pretesa consolidazione
di un "diritto quesito" dei  fruitori  dell'incentivo  a  conservarne
immutata la misura originaria per  l'intero  ventennio  di  convenuta
durata del rapporto. 
    Il citato d.lgs. n. 28 del 2011 (sub art. 23,  comma  1)  coniuga
espressamente l'obiettivo della «stabilita' nel tempo dei sistemi  di
incentivazione» con quelli di «armonizzazione con altri strumenti  di
analoga finalita' e [...] riduzione degli oneri di sostegno specifici
in capo ai consumatori». 
    Su questa linea, il d.m. 6 agosto  2010  (terzo  conto  energia),
adottato sulla base del precedente  d.lgs.  n.  387  del  2003,  gia'
richiamava la necessita'  di  intervenire  al  fine  di  adeguare  le
tariffe incentivanti alla  luce  della  decrescita  dei  costi  della
tecnica  fotovoltaica   per   rispettare   il   principio   di   equa
remunerazione degli investimenti. 
    Il d.m. 5 maggio 2011 (quarto conto energia), sub art.  2,  comma
3, prevedeva, a sua volta, la possibilita' di rivedere  le  modalita'
di incentivazione. 
    Nella Convenzione-tipo, approvata con delibera  dell'AEEG  del  6
dicembre 2012, si legge poi, testualmente (sub art. 17, punto  17.3),
che «Il GSE si riserva  di  modificare  unilateralmente  le  clausole
della presente Convenzione che, per effetto di  eventuali  evoluzioni
normative e regolamentari, siano in contrasto con il  vigente  quadro
di riferimento». 
    E il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145  (Interventi  urgenti
di avvio del piano "Destinazione Italia", per il  contenimento  delle
tariffe  elettriche  e  del  gas,  per  l'internazionalizzazione,  lo
sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonche' misure  per  la
realizzazione di  opere  pubbliche  ed  EXPO  2015),  convertito  con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio  2014,  n.  9,  immediatamente
precedente alla normativa censurata, ancora una  volta  sottolineava,
in premessa, la  «straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di  emanare
misure  per  l'avvio  del  piano  "Destinazione   Italia",   per   il
contenimento delle tariffe  elettriche  e  del  gas»,  quali  fattori
essenziali di  rilancio  della  competitivita'  delle  imprese  e  di
attrazione di investimenti nel nostro Paese. 
    Tutto  cio'  induce  ad  escludere  che  la  rimodulazione  degli
incentivi attivata dalla disposizione impugnata presenti gli asseriti
caratteri  di  "imprevedibilita'",  risultando  la  stessa  anzi,  in
qualche modo, preannunciata e finalizzata proprio  ad  assicurare  la
"stabilita'" presa in considerazione  dalle  leggi  istitutive  degli
incentivi al fotovoltaico, come caratteristica dell'intero sistema  e
non del singolo incentivo; oltre  a  costituire  (nel  quadro  di  un
mercato "regolato" di settore, come quello  di  cui  si  discute)  un
elemento  fisiologicamente  riconducibile  al  rischio  normativo  di
impresa. 
    8.4.-  Dubita  ancora  il  TAR  rimettente  che  sia,   comunque,
irragionevole e sproporzionata «la leva» con cui  il  legislatore  ha
inteso operare con la disposizione impugnata. 
    Anche tale censura risulta, pero', destituita di fondamento. 
    La   denunciata   rimodulazione   dell'incentivo    non    incide
radicalmente sugli investimenti effettuati, come (solo in astratto  e
senza concreti riscontri nei  giudizi  a  quibus)  si  prospetta,  ma
appare  viceversa  declinata  in  modo  da  tener  conto  della  loro
sostenibilita'. 
    In alternativa  all'intervento,  residuale,  di  riduzione  della
tariffa incentivante nella (non eccessiva) misura  dal  6  all'8  per
cento (per gli impianti di potenza nominale, rispettivamente, da  200
a 500, da 500 a 900, ovvero superiore a 900 kW)  -  ferma  restandone
l'erogazione  ventennale  -  e'  lasciata,   infatti,   al   titolare
dell'impianto  una  diversa  duplice  opzione:  quella,   cioe',   di
bilanciare la riduzione  dell'incentivo  con  il  prolungamento,  per
ulteriori quattro anni, del periodo di sua erogazione, ovvero  quella
di  affiancare  ad  un  primo  periodo  di  riduzione  della  tariffa
incentivante un  periodo  successivo  di  suo  incremento  in  «egual
misura». 
    La rimodulazione della tariffa, cosi'  articolata,  e',  inoltre,
accompagnata da benefici compensativi, come  la  possibilita'  per  i
fruitori delle tariffe rimodulate di accedere a finanziamenti bancari
per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo attuale e
l'incentivo rimodulato [finanziamenti  di  cui  possono  beneficiare,
cumulativamente  o   alternativamente,   sulla   base   di   apposite
convenzioni con il sistema  bancario,  di  provvista  dedicata  o  di
garanzia concessa dalla Cassa Depositi e  Prestiti  (art.  26,  comma
5)], o come la cessione degli incentivi ad un «acquirente selezionato
tra i primari operatori finanziari  europei»  (art.  26,  commi  7  e
seguenti, del d.l. 91 del 2014). 
    Gli  investimenti   restano   conclusivamente,   in   tal   modo,
salvaguardati dalla gradualita' della rimodulazione,  dalle  varieta'
delle opzioni previste dalla legge e dalle misure  compensative  (che
consentono  di  attenuare  l'incidenza  economica   della   riduzione
dell'incentivazione),   restandone,   pertanto,   assicurata   l'equa
remunerazione. 
    9.- Stante la sostanziale coincidenza  degli  indici  sintomatici
della  lesione  del  principio   dell'affidamento   elaborati   nella
giurisprudenza di questa Corte e in quella delle Corti europee, resta
conseguentemente esclusa anche la denunciata violazione  degli  artt.
11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1, del Protocollo
addizionale n. 1 alla CEDU, ed all'art. 6, paragrafo 3, del  Trattato
UE. 
    Il principio di "protezione della proprieta'", esteso ai  diritti
di credito, di cui al citato art. 1 del Protocollo CEDU,  non  e'  di
ostacolo infatti, ad interferenze da parte della  pubblica  autorita'
in presenza di un interesse generale (Corte EDU, sentenza 14 febbraio
2012, Arras  e  altri  c.  Italia)  e,  al  fine  della  verifica  di
sussistenza di  un  tale  interesse  e  della  congruita'  delle  sue
modalita' attuative, e' riconosciuto, a  ciascuno  Stato  membro,  un
ampio margine di apprezzamento  (Corte  EDU,  sentenza  della  Grande
Camera, 29 marzo 2010, Depalle c. Francia; Corte EDU, sentenza  della
Grande Camera, 26 giugno 2012, Herrmann c. Germania). 
    A sua volta, la Corte di  Giustizia  dell'Unione  europea,  nella
nota sentenza Plantanol  GmbH  &  Co  KG  c.  Hauptzollamt  Darmstadt
(C-201/08 del 10 settembre 2009), citata  anche  nelle  ordinanze  di
rimessione, ha riconosciuto che l'abolizione anticipata di un  regime
di favore rientra nel potere discrezionale delle Autorita' nazionali,
incontrando ostacolo solo nell'affidamento che nel mantenimento dello
stesso potrebbe porre l'«operatore economico prudente e accorto». 
    E,  per  quanto  in  precedenza   osservato,   l'intervento   del
legislatore, del quale qui si discute, non e' stato imprevedibile ne'
improvviso,  per  cui  l'«operatore  economico  prudente  e  accorto»
avrebbe potuto tener  conto  della  possibile  evoluzione  normativa,
considerate le caratteristiche di  temporaneita'  e  mutevolezza  dei
regimi di sostegno. 
    10.- Non maggior fondamento ha la denuncia  di  violazione  degli
artt. 3 e 41 Cost. in relazione agli ipotizzati profili di disparita'
di trattamento. 
    La diversa dimensione degli impianti, di potenza  rispettivamente
inferiore o superiore ai 200 kW, di per se' giustifica,  infatti,  la
rimodulazione delle tariffe solo relativamente a  quelli  di  portata
eccedente i 200 kW, che assorbono la maggior quantita' di  incentivi,
con corrispettivo maggior onere sul sistema. 
    L'esclusa riferibilita' della  rimodulazione  agli  impianti,  di
portata pur superiore ai 200 kW, nella titolarita' di enti  locali  o
scuole  neppure  poi  autorizza  a  configurare  la   disparita'   di
trattamento  per  tal  profilo  prospettata,  stante  l'evidente  non
omogeneita' delle categorie di soggetti cosi' comparate, e le ragioni
di rispondenza a pubblico interesse della deroga in favore di enti  e
scuole. 
    Ne'  maggior  consistenza  ha,  infine,  l'ipotesi  adombrata  di
deteriore trattamento dei produttori da fonte  solare  rispetto  agli
altri percettori  di  incentivi  parimenti  finanziati  dagli  utenti
attraverso i cosiddetti oneri generali di sistema. 
    Anche  per  questo  aspetto,  il  giudice  a  quo  (che  pur   fa
riferimento all'accentuato sviluppo del fotovoltaico) non  conferisce
adeguato rilievo alle ragioni (tra cui la dimensione degli  impianti)
che sono alla base della  diversificata  normativa  di  accesso  alle
incentivazioni   pubbliche,   rispettivamente   adottata    per    il
fotovoltaico e per le altre fonti rinnovabili di energia. 
    11.- Non sussiste, infine,  la  lesione  dell'autonomia  privata,
prospettata in ragione  dell'incidenza,  della  contestata  riduzione
delle tariffe incentivanti, su «negozi di diritto privato». 
    A  prescindere  dalla   accessorieta'   di   detti   "negozi"   a
provvedimenti di concessione dell'incentivo, viene, infatti, nel caso
in esame, in  rilievo  il  principio  -  piu'  volte  ribadito  nella
giurisprudenza di questa Corte - per cui  non  e'  configurabile  una
lesione della liberta' d'iniziativa economica allorche' l'apposizione
di  limiti  di  ordine  generale   al   suo   esercizio   corrisponda
all'utilita' sociale,  come  sancito  dall'art.  41,  secondo  comma,
Cost., purche', per un verso, l'individuazione  di  quest'ultima  non
appaia arbitraria e, per altro verso, gli interventi del  legislatore
non la perseguano mediante misure palesemente incongrue (ex plurimis,
sentenze n. 203 del 2016, n. 56 del 2015, n. 247, n. 152 del  2010  e
n. 167 del 2009). Condizioni, queste,  che,  per  quanto  dimostrato,
risultano  entrambe  rispettate  dall'intervento   di   riduzione   e
rimodulazione degli incentivi qui scrutinato. 
    12.- Conclusivamente, l'impugnata disposizione  di  cui  all'art.
26,  comma  3,  del  d.l.  n.  91  del  2014  supera  il  vaglio   di
costituzionalita' in relazione ad ognuno dei parametri evocati  nelle
ordinanze di rimessione. 
    13.-  La   questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione di cui al precedente comma 2 dell'impugnato art. 26  del
d.l. n. 91 del 2014 - sollevata (nelle sole  tre  ordinanze  del  TAR
Lazio di cui si e' innanzi detto), con generico rinvio alle  medesime
censure  rivolte  al  comma  3,  in   termini   di   incompatibilita'
dell'intervento normativo con i precetti di cui agli artt. 3, 41 e 77
Cost. - e', alla stregua delle considerazioni che  precedono,  a  sua
volta, conseguentemente non fondata. 
    Per  altro,  la  nuova  modalita'  di  pagamento  delle   tariffe
incentivanti - introdotta dal suddetto comma 2 dell'art. 26 in  esame
(con riguardo anche agli impianti di potenza inferiore  ai  200KW)  -
non e' tale da penalizzare gli operatori del settore, ai  quali  anzi
garantisce, a regime, una maggiore certezza e stabilita'  dei  flussi
finanziari,    per    effetto    del    previsto    meccanismo     di
anticipazione-conguaglio,  basato  sulla   corresponsione   di   rate
mensili, di importo costante, corrispondenti al «90 per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione» e successivo  «conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo».