ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma
2, del codice di procedura penale, in relazione alla legge 28  aprile
2014, n. 67 (Deleghe al Governo in  materia  di  pene  detentive  non
carcerarie e di riforma del sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in
materia di sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei
confronti degli irreperibili), promosso dal  Tribunale  ordinario  di
Firenze, nel procedimento penale a carico di F. M., con ordinanza del
19 maggio 2015, iscritta al n. 236  del  registro  ordinanze  2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 7 dicembre  2016  il  Giudice
relatore Franco Modugno. 
    Ritenuto che, con ordinanza del  19  maggio  2015,  il  Tribunale
ordinario di Firenze, in composizione monocratica, ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 34,  comma  2,  del  codice  di
procedura penale, in relazione alla  legge  28  aprile  2014,  n.  67
(Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e  di
riforma  del  sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia   di
sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti
degli   irreperibili),   nella   parte    in    cui    non    prevede
l'incompatibilita' alla funzione di giudice del dibattimento,  o  del
giudizio abbreviato, del giudice  che  abbia  respinto  la  richiesta
dell'imputato di sospensione del procedimento con  messa  alla  prova
sulla base dei parametri di cui all'art. 133 del codice penale; 
    che il  giudice  a  quo  -  investito  del  processo  penale  nei
confronti di una persona imputata del reato  di  guida  in  stato  di
ebbrezza - riferisce di  aver  respinto  l'istanza  dell'imputato  di
sospensione  del  procedimento  con  messa   alla   prova   (istituto
introdotto dalla legge n. 67 del 2014) in  base  ai  criteri  di  cui
all'art. 133  cod.  pen.  concernenti  la  gravita'  del  fatto  e  i
precedenti penali dell'imputato, il quale era gia'  stato  condannato
in precedenza per lo stesso reato; 
    che, con memoria depositata prima della  successiva  udienza,  il
difensore dell'imputato aveva chiesto che fosse  sollevata  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen.
per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., «nella  parte  in  cui
non prevede l'incompatibilita' a procedere al dibattimento (ovvero al
giudizio abbreviato) per il giudice che abbia respinto  la  richiesta
di sospensione del procedimento con messa  alla  prova  dell'imputato
sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p.»; 
    che l'istanza era stata integrata dal difensore  in  udienza  nei
seguenti termini: «valutarsi altresi' l'incostituzionalita' dell'art.
34 c.p.p. comma 2 in relazione alla legge 67/2014 nella parte in  cui
non prevede l'incompatibilita'  di  procedere  al  dibattimento  o  a
giudizio  abbreviato,  per  il  Giudice  che  abbia   precedentemente
respinto la richiesta di messa alla prova sulla base dei parametri di
cui all'art. 133 c.p.p. [recte: c.p.]»; 
    che, ad avviso del Tribunale rimettente, il giudizio non potrebbe
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
prospettata dalla  difesa,  la  quale  risulterebbe,  altresi',  «non
manifestamente infondata attesi i dubbi interpretativi  sollevati  in
sede di applicazione della norma»; 
    che la questione, «anche alla luce della recentissima entrata  in
vigore della norma  e  delle  differenze  sostanziali  con  l'analogo
istituto  della  messa  alla  prova  nell'ambito   del   procedimento
minorile» (artt. 28 e 29  del  d.P.R.  22  settembre  1988,  n.  448,
recante «Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico
di imputati minorenni»), apparirebbe inoltre «di  interesse,  se  non
altro nell'ambito della eventuale futura valutazione delle  questioni
da  altri  sollevate  in  relazione  all'art.  168-bis   c.p.,   come
introdotto dall'art. 3 e 4 [recte: dall'art. 3] Legge 67/2014»; 
    che il  giudice  a  quo  ha  disposto,  quindi,  la  trasmissione
dell'ordinanza   di   rimessione,    dell'istanza    del    difensore
dell'imputato  e  di   copia   del   verbale   di   udienza   recante
l'integrazione del quesito alla Corte costituzionale,  «affinche'  la
stessa, ove lo ritenga  [...]  utile  e/o  opportuno  nell'ambito  di
eventuali giudizi di costituzionalita' dell'art. 168-bis  c.p.,  come
introdotto  dall'art.  3  Legge  67/2014,  vagli  le  argomentazioni»
contenute nell'ordinanza; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che la questione sia  dichiarata  inammissibile  sotto  un
duplice profilo: da un lato, per totale difetto di motivazione  sulla
non  manifesta  infondatezza,  essendosi  il  rimettente  limitato  a
richiamare  le  argomentazioni  della  difesa  dell'imputato,   senza
tuttavia riprodurle e  vagliarle  criticamente;  dall'altro,  per  il
carattere ipotetico del quesito, la cui rilevanza resterebbe legata -
nella prospettazione del giudice a quo - all'instaurazione, futura ed
eventuale,  di  giudizi  di  legittimita'  costituzionale   sull'art.
168-bis cod. pen. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di  Firenze  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 34,  comma  2,  del  codice  di
procedura penale, in relazione alla  legge  28  aprile  2014,  n.  67
(Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e  di
riforma  del  sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia   di
sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti
degli   irreperibili),   nella   parte    in    cui    non    prevede
l'incompatibilita' alla funzione di giudice del dibattimento,  o  del
giudizio abbreviato, del giudice  che  abbia  respinto  la  richiesta
dell'imputato di sospensione del procedimento con  messa  alla  prova
sulla base dei parametri di  cui  all'art.  133  del  codice  penale,
prospettando la possibile violazione degli artt. 3, 24  e  111  della
Costituzione; 
    che l'ordinanza di rimessione si  presenta  del  tutto  priva  di
motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza; 
    che il rimettente si limita, infatti, a richiamare  genericamente
l'eccezione formulata dal  difensore  dell'imputato  in  una  memoria
(integrata poi in udienza) e ad evocarne i parametri,  affermando  di
ritenere la questione «non manifestamente infondata  attesi  i  dubbi
interpretativi sollevati in sede di applicazione della norma»; 
    che, per costante giurisprudenza di  questa  Corte,  nei  giudizi
incidentali  di  legittimita'  costituzionale  non  e'   ammessa   la
cosiddetta  motivazione  per  relationem:  stante  il  principio   di
autosufficienza dell'ordinanza di rimessione, il giudice a  quo  deve
rendere, infatti, esplicite  le  ragioni  per  le  quali  ritiene  la
questione non  manifestamente  infondata,  facendole  proprie,  senza
potersi limitare al mero rinvio a quelle evidenziate dalle  parti  in
corso di giudizio (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2015 e  n.  7  del
2014, ordinanze n. 20 del 2014 e n. 175 del 2013); 
    che  la  questione  va   dichiarata,   pertanto,   manifestamente
inammissibile,   rimanendo   assorbita   l'ulteriore   eccezione   di
inammissibilita'  formulata  dalla  difesa  dello   Stato,   inerente
all'asserito difetto di rilevanza attuale del dubbio di  legittimita'
costituzionale prospettato. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.