ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 59,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», nella parte in cui sostituisce l'art. 13, comma 5,
della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del
rilascio degli immobili  adibiti  ad  uso  abitativo),  promossi  dal
Tribunale ordinario di Roma con ordinanze  del  17  marzo  e  del  27
maggio 2016, iscritte ai nn. 133 e 219 del registro ordinanze 2016  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  nn.  28  e  44,
prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di G. C. V. ed altro, nonche'  gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    uditi  l'avvocato  Guido  Lanciano  per  G.  C.  V.  ed  altro  e
l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di due distinti giudizi - relativi a  contratti  di
locazione tardivamente registrati su  iniziativa  dei  conduttori  ed
aventi analogamente ad oggetto la richiesta, delle  rispettive  parti
locatrici, di condanna dei conduttori  medesimi  al  pagamento  della
differenza  tra  il  canone  pattuito  e  quello  autoridottosi   dai
convenuti in forza dell'art. 3, comma  8,  lettera  c),  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
federalismo Fiscale Municipale), per il quale,  in  caso  di  tardiva
registrazione del contratto, il conduttore, che ne avesse  consentito
l'emersione,  era  autorizzato  a  corrispondere   il   corrispettivo
locatizio  in  «misura  pari  al  triplo  della  rendita   catastale»
dell'immobile  -  il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  premessane  la
rilevanza, ha  sollevato,  con  le  due  ordinanze  in  epigrafe,  di
identico tenore, questione incidentale di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  (legge  di  stabilita'  2016)»,  nella  parte  in   cui
sostituisce l'art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998,  n.  431
(Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti  ad
uso abitativo), a tenore del quale «per i  conduttori  che,  per  gli
effetti della disciplina di cui all'articolo 3,  commi  8  e  9,  del
decreto legislativo 14 marzo 2011,  n.  23,  prorogati  dall'art.  5,
comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato,  nel
periodo intercorso dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone  annuo
di locazione nella misura stabilita  dalla  disposizione  di  cui  al
citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23  del  2011,
l'importo del canone di locazione dovuto  ovvero  dell'indennita'  di
occupazione maturata, su base annua e' pari al triplo  della  rendita
catastale dell'immobile, nel periodo considerato». 
    Secondo il  rimettente,  la  disposizione  denunciata  violerebbe
l'art. 136 della Costituzione, eludendo il «giudicato  (sostanziale)»
di cui alla sentenza di questa Corte n.  50  del  2014,  dichiarativa
della illegittimita' costituzionale dei citati commi 8 e 9  dell'art.
3 del d.lgs. n. 23 del 2011, nonostante le  «precise  ed  inequivoche
indicazioni», sulla intangibilita'  di  quel  decisum,  di  cui  alla
successiva  sentenza   n.   169   del   2015,   che   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale anche del comma 1-ter dell'art. 5 del
decreto-legge (di proroga) 28 marzo 2014, n. 47 (Misure  urgenti  per
l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni  e  per  Expo
2015), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014,  n.
80. 
    La norma censurata contrasterebbe, altresi', con l'art. 3  Cost.,
attesa la coesistenza - nel testo dell'art. 13 della legge n. 431 del
1998 (come sostituito dall'art. 1, comma 59, della legge n.  208  del
2015) - della denunciata disposizione sub comma 5 con quella  di  cui
al successivo comma 6, prevedente una piu' equa e  congrua  riduzione
del canone per l'ipotesi di registrazione del contratto di  locazione
oltre il prescritto termine di giorni trenta. 
    2.- Nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 133 del 2016,  si  sono
costituite le parti convenute nel  processo  a  quo,  le  quali,  nel
contestare  la  fondatezza  della  questione,  hanno,  tra   l'altro,
sostenuto che,  con  la  norma  denunciata,  il  legislatore  avrebbe
«"premiato" i conduttori che con il loro comportamento  hanno  svolto
un'azione di  "cittadinanza  attiva"  e  di  contrasto  all'evasione,
provvedendo a registrare  i  contratti  in  vigenza  della  normativa
(dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 50 del 2014 non per un
motivo di merito, ma per un mero motivo di errore in procedendo», e a
tal fine, appunto, avrebbe inserito una disposizione transitoria  che
li «salvaguardasse [...] da sfratti per morosita' o da  richieste  di
pagamento di canoni per il periodo di vigenza della  norma».  A  cio'
aggiungendo che la «eventuale dichiarazione di incostituzionalita' di
tale norma, invece, premierebbe  un  evasore  fiscale  che,  pur  non
avendo versato le imposte per gli anni in cui ha percepito il  canone
di un contratto non registrato, ottiene una sentenza che legittima il
suo operato». 
    2.1.- Successiva memoria delle stesse parti e'  stata  presentata
oltre  il  termine  perentorio  di  cui  all'art.  10   delle   norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    3.- In entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, che ha concluso, a sua volta, per la  manifesta
infondatezza della questione sollevata. 
    A suo avviso - posto che, ne' con la sentenza n. 50 del 2014, ne'
con la successiva  sentenza  n.  169  del  2015,  vi  e'  stato  «uno
scrutinio della correttezza delle disposizioni censurate quanto  agli
obiettivi che il Legislatore intendeva conseguire»,  non  vi  sarebbe
«alcuna preclusione» nella  «definizione  degli  strumenti  per  fare
emergere i contratti di locazione in nero». 
    La disposizione  censurata  presenterebbe,  comunque,  «caratteri
d'indubbia novita' rispetto a quella recata dal comma 1-ter dell'art.
5 del d.l. n. 47 del 2014 e quella previgente di cui ai commi 8  e  9
dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011, sia in  riferimento  all'«arco
temporale della disciplina retroattiva», limitato al 16 luglio  2015,
rispetto a quello del 31 dicembre 2015 in precedenza  stabilito,  sia
per cio' che riguarda l'ammontare  dell'importo  del  canone  dovuto,
«privo della componente dell'adeguamento pari al 75 per  cento  degli
indici ISTAT dei prezzi al consumo». 
    Sottolinea ancora la difesa erariale, con memoria successivamente
depositata, come la disposizione suddetta sia  intesa  a  «sanare  un
enorme contenzioso giudiziario insorto tra  proprietari  e  inquilini
sfrattati per morosita'», introducendo una disciplina  «sotto  alcuni
aspetti analoga» a  quella  dichiarata  illegittima  per  eccesso  di
delega, ma con l'effetto di «ridisciplinare la materia con  l'intento
di chiudere in maniera tombale le controversie pendenti». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)», al comma 59 del suo art. 1 - sostituendo l'art.
13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni  e
del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo) -  testualmente
prescrive (sub comma 5 del novellato art. 13) che «per  i  conduttori
che, per gli effetti della disciplina di cui all'articolo 3, commi  8
e 9,  del  decreto  legislativo  14  marzo  2011,  n.  23,  prorogati
dall'art. 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28  marzo  2014,  n.  47,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23  maggio  2014,  n.  80,
hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore
del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio  2015,  il
canone annuo di locazione nella misura stabilita  dalla  disposizione
di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo  n.  23
del  2011,  l'importo  del  canone   di   locazione   dovuto   ovvero
dell'indennita' di occupazione maturata, su base annua,  e'  pari  al
triplo   della   rendita   catastale   dell'immobile,   nel   periodo
considerato». 
    2.- Chiamato ad applicare detta norma (nelle controversie di  cui
si e' detto nel Ritenuto in fatto), il Tribunale ordinario  di  Roma,
con le due ordinanze in epigrafe, di pressocche' identico tenore,  ne
ha rimesso a  questa  Corte  la  verifica  di  costituzionalita',  in
riferimento  ai  parametri  di  cui  agli  artt.  136   e   3   della
Costituzione. 
    Il rimettente ricorda, in premessa, che i commi 8 e 9 dell'art. 3
del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia
di federalismo Fiscale Municipale) - introduttivi di  una  disciplina
«"premiale" che, a beneficio dei conduttori che  avessero  denunciato
al fisco il contratto non tempestivamente registrato dal locatore, lo
integrava  d'autorita'  (artt.  1339,   1419   c.c.)   con   clausole
particolarmente   favorevoli   all'inquilino,   che   gli   avrebbero
assicurato una considerevole  stabilita'  del  rapporto  locativo,  a
nummo uno» - sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi per
violazione dell'art. 76 Cost., con sentenza di questa Corte n. 50 del
2014, in quanto estranei agli obiettivi ed ai criteri della legge  di
delega 5 maggio  2009,  n.  42  (Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione). 
    Ricorda ancora che la successiva disposizione  di  cui  al  comma
1-ter dell'art. 5 del decreto-legge 28  marzo  2014,  n.  47  (Misure
urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e
per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dalla legge 23  maggio
2014, n. 80 - con cui erano «fatti  salvi,  fino  alla  data  del  31
dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i  rapporti  giuridici  sorti
sulla  base  dei  contratti  di   locazione   registrati   ai   sensi
dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo  2011,
n. 23»  -  e'  stata,  a  sua  volta,  dichiarata  costituzionalmente
illegittima, per violazione dell'art. 136 Cost., con sentenza n.  169
del 2015, depositata il 16 luglio 2015. 
    E in ragione di tali premesse, ritiene che anche la  disposizione
di cui al comma 59 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 incorra in
analoga violazione dell'art. 136 Cost., per «l'elusione del giudicato
(sostanziale)» di cui alla sentenza n. 50 del 2014, «e  cio'  a  lume
sia dei numerosi arresti della Corte costituzionale, intervenuti  sul
tema, sia delle precise ed inequivoche indicazioni»  contenute  nella
sentenza n. 169 del  2015,  che  ha  «ribadito  l'intangibilita'  del
decisum di cui alla precedente pronuncia n. 50 del 2014». 
    Reiterando il contenuto precettivo della norma di cui all'art. 3,
comma 8, lettera c), del d.lgs. n. 23 del  2011,  quanto  all'importo
del canone annuo dovuto, la disposizione ora denunciata farebbe  si',
infatti, che «i conduttori che abbiano  beneficiato  "degli  effetti"
delle disposizioni  incostituzionali,  continueranno  a  beneficiarne
sine die, creando una sorta di  "zona  franca"  dagli  effetti  delle
declaratorie di incostituzionalita' sopra nominate, [...]  cogenti  e
vincolanti per il resto della platea dei destinatari». 
    Cio' per di  piu'  in  contrasto  con  la  diversa  e  piu'  equa
commisurazione del "canone agevolato" che l'inquilino ha il  «diritto
(potestativo)» di ottenere in conseguenza della registrazione tardiva
del  contratto,  quale  prevista  nel  medesimo  contesto   normativo
dell'art. 13 della legge 9 dicembre  del  1998,  n.  431  (Disciplina
delle  locazioni  e  del  rilascio  degli  immobili  adibiti  ad  uso
abitativo), come novellato dall'art. 1, comma 59, della legge n.  208
del 2015. 
    Dal  che,  secondo  il  Tribunale  a  quo,  la  violazione  anche
dell'art. 3 Cost. 
    3.- I due giudizi - nel primo dei quali  si  sono  costituite  le
parti  convenute  nel  processo   principale   (per   contestare   la
prospettazione e le  conclusioni  dell'ordinanza  di  rinvio)  ed  in
entrambi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che
ha chiesto dichiararsi la manifesta infondatezza  della  questione  -
stante l'identita' dell'oggetto e del petitum, possono  riunirsi  per
essere decisi con unica sentenza. 
    4.- E' inammissibile la memoria depositata  dalle  parti  private
oltre il termine di cui all'art. 10 delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    5.- La censura di violazione dell'art. 136 Cost. non e' fondata. 
    5.1.- I commi 8 e 9 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011 avevano
previsto - in caso di omessa o tardiva registrazione del contratto di
locazione, nonche' in  caso  di  registrazione  di  un  contratto  di
comodato fittizio - una  rideterminazione  legale  della  durata  del
rapporto in quattro anni rinnovabili, decorrenti  dal  momento  della
registrazione tardiva, e una  predeterminazione  del  canone  annuale
nella misura del triplo della rendita catastale dell'immobile,  oltre
l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell'aumento in  base
agli indici ISTAT, ove inferiore a quello pattuito. 
    Tali disposizioni assumevano  particolare  rilievo  nel  contesto
normativo in cui si andavano a collocare,  poiche'  l'art.  1,  comma
346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)» -  prescrivendo  che  «i  contratti  di  locazione
[...], comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti,
non sono registrati» - aveva cosi' «eleva[to] la norma tributaria  al
rango di norma imperativa, la violazione  della  quale  determina  la
nullita' del negozio ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.» (ordinanza n.
420  del  2007),  in  aderenza   ad   un   «principio   generale   di
inferenza/interferenza dell'obbligo tributario con la  validita'  del
negozio» (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza  17  settembre
2015, n. 18213 e, in senso conforme, sezione terza, 14  luglio  2016,
n. 14364 e 13 dicembre 2016 n. 25503). 
    L'intervento legislativo di cui al d.lgs. n. 23  del  2011  aveva
pertanto operato una sorta di convalida di un  "contratto  nullo  per
difetto  di  registrazione",  conformando,  pero',  esso  stesso   il
sottostante rapporto giuridico, quanto a durata e corrispettivo. 
    5.2.-   A   seguito   della   declaratoria   di    illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23  del  2011,
per difetto di delega (art.  76  Cost.)  -  recata  dalla  richiamata
sentenza n. 50 del 2014 - il comma 1-ter dell'art. 5  del  successivo
d.l. n. 47 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80
del 2014, aveva fatto salvi, sino al 31 dicembre  2015,  gli  effetti
prodotti e i rapporti giuridici sorti  in  virtu'  dei  contratti  di
locazione registrati, per l'appunto, in base ai commi 8 e 9 dell'art.
3 del d.lgs. n. 23 del 2011. 
    E, invero, il comma 1-ter citato comportava che il  contratto  di
locazione tardivamente registrato, secondo la previsione dell'art. 3,
commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011,  mantenesse  i  suoi  effetti
quanto alla durata legale del rapporto ed alla predeterminazione  del
canone locatizio: per cui, in definitiva, sino al 31 dicembre 2015, i
rapporti  di  locazione  convalidati  dai  richiamati  commi  8  e  9
rimanevano, come tali, in vita. 
    Come rilevato dalla sentenza n. 169 del 2015, il succitato  comma
1-ter dell'art. 5 del d.l.  n.  47  del  2014  veniva,  con  cio',  a
ripristinare la base legale «per "effetti" e  "rapporti"  relativi  a
contratti che,  in  conseguenza  della  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale, ne sarebbero rimasti privi», prolungando  l'efficacia
di norme che non potevano piu' avere applicazione ai sensi  dell'art.
30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme  sul  funzionamento  della
Corte  costituzionale).  Operava,  dunque,  quella  disposizione   di
proroga, nel medesimo senso delle norme caducate dalla sentenza n. 50
del 2014, ossia "convalidando ex lege", seppure temporaneamente,  dei
contratti di  locazione  nulli,  dei  quali  conformava  altresi'  la
regolamentazione quanto a durata e corrispettivo: ed e'  andata,  per
cio',  a  sua  volta,  incontro  a  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale per violazione del giudicato costituzionale (art.  136
Cost.). 
    5.3.- Diversamente, il novellato comma 5 dell'art. 13 della legge
n. 431 del 1998, ora in esame, non  ripristina  (ne'  ridefinisce  il
contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi  contratti
non registrati,  la  cui  convalida,  per  effetto  delle  richiamate
disposizioni del 2011 e  del  2014,  e'  venuta  meno,  ex  tunc,  in
conseguenza  delle   correlative   declaratorie   di   illegittimita'
costituzionale. 
    E, pertanto, non replica alcuna forma di  sanatoria  ex  lege  di
detti contratti affetti da nullita': nullita' che lo stesso  art.  1,
comma 59,  della  legge  n.  208  del  2015  -  nella  parte  in  cui
sostituisce il comma 1 dell'art. 13 della legge n.  431  del  1998  -
ribadisce derivare dalla omessa registrazione del contratto entro  il
prescritto «termine perentorio di trenta giorni». 
    L'odierna disposizione prevede, piuttosto, una  predeterminazione
forfettaria  del  danno  patito  dal  locatore   e/o   della   misura
dell'indennizzo dovuto dal conduttore (Corte di  cassazione,  sezione
terza, sentenza  13  dicembre  2016,  n.  25503),  in  ragione  della
occupazione illegittima del  bene  locato,  stante  la  nullita'  del
contratto e, dunque, l'assenza di suoi effetti ab origine. 
    Tanto  e'  anche  testualmente  confermato   dalla   disposizione
censurata la' dove, in questa, il riferimento al «canone di locazione
dovuto» si completa con l'espressione «ovvero» (da intendere in senso
specificativo) «l'indennita' di  occupazione  maturata»,  poiche'  e'
proprio (e soltanto) il riferimento a  tale  indennita'  che  risulta
coerente ed armonico rispetto alla invalidita' del contratto ed  alla
caducazione  del  rapporto  ex  tunc,  correlandosi  alla  detenzione
dell'immobile senza titolo. 
    In altri termini, una volta che il legislatore  del  2015  si  e'
disinteressato del ripristino dei  rapporti  giuridici  di  locazione
sorti  in  base  a  contratti  non  registrati  tempestivamente,   la
disciplina inerente al pagamento dell'importo annuo «pari  al  triplo
della rendita catastale dell'immobile, nel periodo  considerato»  non
puo' altrimenti collegarsi che alla  pregressa  situazione  di  fatto
della illegittima detenzione del bene immobile  in  forza  di  titolo
nullo e privo di effetti; ed essere dunque propriamente attinente  al
profilo dell'arricchimento indebito del conduttore, cui  e'  coerente
il pagamento di una indennita' di occupazione e non di un  canone  di
locazione, non affatto dovuto. 
    E' significativo, in tale contesto, anche il  venire  meno  della
previsione dell'adeguamento ISTAT dell'importo  dovuto,  consentaneo,
invero, soltanto al canone quale  corrispettivo  della  locazione  in
essere. 
    La  nuova  disciplina  si  rivolge,   comunque,   soltanto   alla
particolare platea  di  conduttori  individuata  alla  stregua  della
situazione  di  fatto  determinatasi  in  base  agli  effetti   della
disciplina di cui all'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011,
prorogati dall'art. 5, comma 1-ter, del d.l.  n.  47  del  2014,  nel
periodo intercorso dalla data  di  entrata  in  vigore  del  suddetto
d.lgs. del 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della  sentenza
caducatoria n. 169 del 2015. E, per tal profilo, opera una  selezione
che trova giustificazione nella particolare  situazione  di  diritto,
ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il
conduttore aveva pero' riposto affidamento (fino alla  data,  appunto
della declaratoria di siffatta illegittimita'), essendosi  conformato
a quanto da essa disposto. 
    5.4.-  La  (pur  solo)  parziale  coincidenza  dell'importo   del
parametro indennitario, previsto dalla  disposizione  censurata,  con
quello  del  canone  legale,  individuato   dalle   pregresse   norme
dichiarate costituzionalmente illegittime, non e' dunque  sufficiente
a determinare la violazione  del  giudicato  costituzionale,  atteso,
appunto, il piu' ampio e differente assetto  disciplinatorio  dettato
dalle norme dichiarate  illegittime  -  le  quali  avevano  mantenuto
intatti gli effetti di un (convalidato) rapporto giuridico locatizio,
con tutti i correlativi obblighi (reciproci), legali e convenzionali,
e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente  l'attuazione
del rapporto stesso - rispetto alla  disciplina  recata  dal  vigente
comma 5 dell'art. 13 della legge n. 431 del 1998, che  quel  rapporto
conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le
implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo. 
    6.- Non sussiste neppure l'adombrata violazione dell'art. 3 Cost. 
    E' pur vero, infatti, che l'importo (pari al triplo della rendita
catastale), che il comma 5 del novellato art. 13 della legge  n.  431
del 1998 riconosce forfettariamente dovuto  dai  conduttori,  per  il
periodo ivi indicato, e' inferiore a quello (non eccedente il «valore
minimo» definito dalla contrattazione collettiva territoriale) che il
giudice puo' riconoscere dovuto  dal  conduttore  «Nel  giudizio  che
accerta l'esistenza del contratto  di  locazione»,  su  azione  dello
stesso conduttore, ai sensi del comma 6 del medesimo riformulato art.
13. 
    Ma quelle che il  rimettente  pone  cosi'  in  comparazione  sono
situazioni certamente non omogenee,  attenendo  la  prima  -  in  via
transitoria - ad una  «indennita'»  dovuta  in  correlazione  ad  una
pregressa  occupazione  senza  titolo,  per   di   piu'   qualificata
dall'affidamento riposto dall'inquilino  nel  dettato  normativo  poi
dichiarato    costituzionalmente    illegittimo,    e    riferendosi,
diversamente, la seconda - a regime - ad un «canone» determinabile da
parte del giudice «che accerta l'esistenza del  contratto»  (id  est:
l'esistenza di  un  contratto  scritto  non  registrato  nel  termine
prescritto): ipotesi, quest'ultima, che, per un verso, si diversifica
da quella in precedenza disciplinata dal comma  5  dell'art.  13  nel
testo originario, che aveva riguardo al  solo  contratto  "di  fatto"
instaurato dal locatore, ossia al contratto verbale e, quindi,  nullo
per difetto di forma scritta ad substantiam; e per  altro  verso,  ne
assume    la    disciplina,    giacche'    l'azione    si    concreta
nell'"accertamento  dell'esistenza"  del  contratto  non  registrato,
quale  operazione  consentanea  a  rendere  valido  ed  efficace   un
contratto nullo. 
    Il  che,  in  definitiva,  pone  tale,  pur  peculiare,   seconda
fattispecie sul piano della determinazione del corrispettivo  di  una
locazione (recuperata in termini di validita' ed  efficacia),  mentre
la fattispecie disciplinata dalla disposizione scrutinata opera, come
detto, sul diverso  piano  della  predeterminazione  forfettaria  del
danno patito dal locatore e/o della misura dell'utilizzo  dovuto  dal
conduttore per l'occupazione di un immobile senza  un  valido  titolo
locativo. 
    Da cio',  dunque,  la  non  fondatezza  anche  della  censura  di
violazione dell'art. 3 Cost.