ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 10, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come sostituito dall'art. 2 (recte: art. 2, comma 3-bis), del decreto-legge 13 (recte: 14) marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, promosso dal Tribunale ordinario di Crotone nel procedimento vertente tra V. S. e R. V., con ordinanza del 24 febbraio 2016, iscritta al n. 189 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 12 aprile 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto che, nel corso di un giudizio di cessazione degli effetti civili di un matrimonio concordatario, il giudice monocratico del Tribunale ordinario di Crotone, adito nella fase contenziosa successiva a quella presidenziale - premesso che il coniuge convenuto aveva reiterato tardivamente, in detta seconda fase, la domanda riconvenzionale, volta all'ottenimento di un assegno divorzile, proposta con la comparsa di risposta innanzi al Presidente, e considerato che cio' avrebbe comportato, a suo avviso, l'inammissibilita' di tale domanda, per intervenuta decadenza ex art. 167 del codice di procedura civile - ha reputato di conseguenza rilevante, ed ha percio' sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 10, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come sostituito dall'art. 2 (recte: art. 2, comma 3-bis), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, «nella parte in cui non prevede che la domanda riconvenzionale eventualmente rassegnata dal convenuto in memoria difensiva ex art. 4 comma 5 l.div. debba ritenersi tempestivamente proposta anche nella successiva fase contenziosa avanti al G.I. [...] nella parte in cui non prevede che la memoria integrativa, avente il contenuto dell'art. 163 c.p.c., debba intendersi ai fini della costituzione in giudizio avanti al G.I. ai sensi dell'art. 165 c.p.c., come invece previsto espressamente per il convenuto», in riferimento agli artt. 3, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione (quanto a quest'ultimo) all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU); che, nel motivare la non manifesta infondatezza della questione in riferimento ai parametri evocati, sostiene il rimettente che «l'attuale rito divorzile nella fase contenziosa pone un eccessivo aggravio dell'onere difensivo in capo al resistente, situazione che appare irragionevole e iniqua a fronte del principio del giusto processo (art. 111 Cost.), che pone condizioni di parita' tra le parti, nonche' chiarezza delle fasi procedimentali, allo stato fortemente adombrata dalla ibrida posizione del ricorrente, che sarebbe costituito ad oltranza, a fronte di una dubbia posizione del resistente, onerato, stando alla lettera della norma, ad una sorta di doppia costituzione», per cui il delineato assetto processuale risulterebbe anche «lesivo del principio sovranazionale dell'equita' del processo (cfr. art. 6 CEDU e art. 117 comma 1 Cost.)»; che, nel giudizio innanzi a questa Corte, si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la dichiarazione di manifesta infondatezza della riferita questione, all'uopo richiamando l'indirizzo della Corte di legittimita' (sezione prima civile, sentenza 12 settembre 2005, n. 18116), secondo cui, nel giudizio di divorzio, il termine di venti giorni prima dell'udienza di comparizione dinanzi al giudice istruttore segna il limite massimo per la proposizione della domanda riconvenzionale di riconoscimento dell'assegno divorzile, senza che cio' escluda le ritualita' della richiesta di assegno proposta con la comparsa di risposta dinanzi al Presidente del tribunale, in tempo antecedente alla udienza di prima comparizione dinanzi al giudice istruttore. Considerato che la Corte di cassazione ha ribadito, anche con pronunzie successive a quella richiamata dalla difesa dello Stato, il principio, che puo' ritenersi consolidato in termini di diritto vivente, per cui il coniuge resistente nel giudizio di separazione o divorzio, che compaia assistito da difensore nella fase presidenziale, depositando uno scritto difensivo con il quale formuli (come nella specie) anche domande riconvenzionali, deve considerarsi costituito in giudizio sin da tale momento e le domande riconvenzionali debbono considerarsi ritualmente e tempestivamente proposte, senza che ne occorra la riproposizione nella successiva fase innanzi al giudice istruttore (sezione prima civile, sentenze 28 marzo 2007, n. 7653 e 11 novembre 2009, n. 23910; ordinanza 17 dicembre 2010, n. 25558); che il giudice a quo non ignora tale orientamento della Corte di legittimita', ma ritiene di doversene discostare, non reputandolo coerente alla natura attualmente bifasica del procedimento divorzile; che, cosi' posta e motivata, la questione in esame, prima ancora che manifestamente infondata, e' sotto piu' profili manifestamente inammissibile: poiche' il rimettente sostanzialmente chiede a questa Corte un avallo interpretativo, con utilizzo improprio dell'incidente di costituzionalita' (ordinanze n. 87 e n. 33 del 2016, da ultimo); perche' omette di verificare la possibilita' di una interpretazione della norma censurata costituzionalmente conforme (ancorche' individuabile nell'esegesi giurisprudenziale da cui si discosta); e perche' l'intervento additivo che auspica (per conseguire, per altro, il medesimo risultato, di pari tutela difensiva del coniuge convenuto, conseguibile, e gia' conseguito, in via interpretativa) e', per di piu', prospettato in termini di irrisolta alternativita' (ex plurimis, sentenza n. 22 del 2016, ordinanze n. 4 e n. 46 del 2016).