ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  4  e  5
della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10  (Norme  per
la tutela della salute dei pazienti  nell'esercizio  delle  attivita'
specialistiche odontoiatriche), promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 16-21 giugno 2016,  depositato
in cancelleria il 21 giugno 2016 ed iscritto al n.  35  del  registro
ricorsi 2016. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  aprile  2017  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    udito l'avvocato dello Stato Leonello Mariani per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-21 giugno 2016, depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 21 giugno e iscritto al  n.
35 del  registro  ricorsi  2016,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha  promosso,  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  4  e  5  della
legge della Regione Calabria 20 aprile 2016,  n.  10  (Norme  per  la
tutela della  salute  dei  pazienti  nell'esercizio  delle  attivita'
specialistiche odontoiatriche), lamentando la violazione degli  artt.
32, 117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    2.- L'Avvocatura generale dello Stato, ripercorsi i passaggi  che
hanno  portato  alla  nomina  di  un  commissario  ad  acta  per   la
realizzazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario nel  quale
versa la Regione Calabria (delibera del Consiglio dei ministri del 12
marzo 2015), ritiene che i censurati articoli interferirebbero con  i
poteri commissariali indicati nella stessa  delibera,  cosi'  ledendo
gli invocati parametri costituzionali. 
    2.1.- La censurata legge regionale, infatti, individua,  nel  suo
art. 4, le attivita' odontoiatriche non  soggette  ad  autorizzazione
sanitaria o a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA)  e,
nel suo art. 5, quelle,  al  contrario,  soggette  ad  autorizzazione
sanitaria all'esercizio, cosi' intervenendo, secondo  il  ricorrente,
in materia sanitaria, la cui attuazione  competerebbe  esclusivamente
al commissario ad acta in carica. L'interferenza - e  la  conseguente
violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost.  -  deriverebbe  dalla
previsione, tra le azioni e gli  interventi  prioritari  affidati  al
commissario ad acta dalla delibera del Consiglio dei ministri,  della
«attuazione della normativa statale in materia  di  autorizzazioni  e
accreditamenti  istituzionali,  mediante  adeguamento  della  vigente
normativa  regionale»  (punto  10  della  delibera).  Ad  avviso  del
ricorrente, il compito  di  adeguare  alla  legislazione  statale  la
normativa regionale in materia di autorizzazioni allo svolgimento  di
attivita'  sanitaria  spetterebbe  al  solo  commissario   ad   acta.
L'intervento legislativo regionale si  configurerebbe,  dunque,  come
una riappropriazione di un potere dal cui  esercizio  la  Regione  e'
stata temporaneamente interdetta,  riappropriazione  che,  alla  luce
della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 110 del 2014, n. 79,
n. 28 e n. 18 del 2013, n. 131  del  2012  e  n.  78  del  2011),  e'
costituzionalmente illegittima. 
    2.2.- Entrambe le disposizioni censurate,  inoltre,  intervenendo
in ambito di autorizzazioni e prevedendo  interventi  in  materia  di
organizzazione sanitaria non contemplati dal  piano  di  rientro,  si
porrebbero,  ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per  contrasto  con  la
norma interposta dell'art. 2, commi 80 e 95, della legge 23  dicembre
2009, n. 191, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  finanziaria  2010)»,  che
vieta l'adozione  da  parte  della  Regione  commissariata  di  nuovi
provvedimenti, anche legislativi, che siano di  ostacolo  alla  piena
attuazione del piano di rientro, e per conseguente contraddizione con
i principi fondamentali della  legislazione  statale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute. 
    2.3.- Secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato,  il  censurato
art. 4 della legge regionale sarebbe  altresi'  in  violazione  degli
artt. 32 e 117, terzo comma, Cost. per contrasto, quali  disposizioni
interposte, con gli artt.  8  e  8-ter  del  decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421), i quali  stabiliscono  i  «requisiti  minimi»  di  sicurezza  e
qualita' per poter effettuare  prestazioni  sanitarie,  assurgendo  a
principi fondamentali nella materia «tutela  della  salute»  (secondo
quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 59  del
2015,  n.  245  e  n.  150  del   2010).   La   generica   esclusione
dall'autorizzazione sanitaria e  dalla  segnalazione  certificata  di
inizio  attivita'   degli   studi   odontoiatrici   «che   effettuano
esclusivamente visite e/o diagnostica strumentale non  invasiva»,  in
assenza di specificazioni in merito al livello di  invasivita'  delle
prestazioni, infatti, si porrebbe in contrasto con il menzionato art.
8, il quale prevede  la  necessita'  e  la  procedura  perche'  siano
definiti «i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi
richiesti per l'esercizio delle attivita' sanitarie  da  parte  delle
strutture pubbliche e private e la periodicita' dei  controlli  sulla
permanenza dei requisiti stessi»  (comma  4);  e  con  l'art.  8-ter,
secondo cui «[l]'autorizzazione all'esercizio di attivita'  sanitarie
e', altresi', richiesta per gli  studi  odontoiatrici,  medici  e  di
altre professioni sanitarie, ove attrezzati per  erogare  prestazioni
di  chirurgia  ambulatoriale,   ovvero   procedure   diagnostiche   e
terapeutiche di particolare complessita' o che comportino un  rischio
per la sicurezza del paziente, individuati  ai  sensi  del  comma  4,
nonche'  per  le  strutture  esclusivamente  dedicate  ad   attivita'
diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi» (comma 2). 
    3.- La Regione Calabria non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-21 giugno 2016, depositato nella
cancelleria di questa Corte il 21 giugno e  iscritto  al  n.  35  del
registro ricorsi 2016, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso, ai sensi dell'art. 127  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt.  4  e  5  della  legge  della
Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10 (Norme  per  la  tutela  della
salute dei pazienti  nell'esercizio  delle  attivita'  specialistiche
odontoiatriche), lamentando la violazione degli artt. 32, 117,  terzo
comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    1.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  le  disposizioni   censurate
interverrebbero in materia di regime autorizzatorio  per  l'esercizio
di  attivita'  sanitarie,  cosi'  interferendo  con  i   poteri   del
commissario ad acta nominato, per l'attuazione del piano  di  rientro
dal disavanzo sanitario, con la delibera del Consiglio  dei  ministri
del   12   marzo   2015.   In   particolare,   le   norme   impugnate
interferirebbero con l'incarico al commissario ad acta  di  adottare,
tra  le  azioni  e  gli  interventi  prioritari,  quelli  volti  alla
«attuazione della normativa statale in materia  di  autorizzazioni  e
accreditamenti  istituzionali,  mediante  adeguamento  della  vigente
normativa regionale» (punto 10 della menzionata delibera). 
    Entrambe le disposizioni censurate,  inoltre,  si  porrebbero  in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per  contrasto  con  la
norma interposta dell'art. 2, commi 80 e 95, della legge 23  dicembre
2009, n. 191, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  finanziaria  2010)»,  che
vieta l'adozione  da  parte  della  Regione  commissariata  di  nuovi
provvedimenti, anche legislativi, che siano di  ostacolo  alla  piena
attuazione del piano di rientro, e per conseguente contraddizione con
i principi fondamentali della  legislazione  statale  in  materia  di
«coordinamento della finanza pubblica» e di «tutela della salute». 
    L'art. 4, infine, sarebbe in violazione degli  artt.  32  e  117,
terzo comma, Cost. per contrasto con le  norme  interposte  contenute
negli artt. 8 e 8-ter del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421),  i  quali
stabiliscono i «requisiti minimi» di sicurezza e qualita'  per  poter
effettuare prestazioni sanitarie, assurgendo a principi  fondamentali
nella materia «tutela della salute». 
    2.- Le questioni sollevate in riferimento agli artt.  117,  terzo
comma, e 120, secondo comma, Cost., sono fondate. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  «costituisce  un
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto
stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n.  191  del  2009,
per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano  sottoscritti,
gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30  dicembre
2004, n. 311, recante "Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge   finanziaria   2005)",
finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e  al  ripianamento
dei debiti (da  ultimo,  sentenza  n.  227  del  2015)»  (da  ultimo,
sentenza n. 14 del 2017). 
    Questa Corte ha altresi' costantemente affermato  che,  ai  sensi
dell'art. 120, secondo comma, Cost., «il  Governo  puo'  nominare  un
commissario ad acta, le  cui  funzioni,  come  definite  nel  mandato
conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex  art.  2,
comma 88,  della  legge  n.  191  del  2009),  pur  avendo  carattere
amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del  2010),  devono
restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da
ogni interferenza degli  organi  regionali  -  anche  qualora  questi
agissero per via legislativa -  pena  la  violazione  dell'art.  120,
secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 14 del  2017;  n.  266
del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n. 219, n. 180  e  n.  28
del 2013 e gia' n.  78  del  2011).  L'illegittimita'  costituzionale
della  legge  regionale  sussiste  anche  quando  l'interferenza   e'
meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi  di  un
contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di  attuare
il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)» (sentenza n.  14  del
2017; nello stesso senso, n. 266 del 2016 e  n.  227  del  2015).  Il
divieto di interferenza con le  funzioni  commissariali  si  traduce,
dunque,  in  un  «effetto  interdittivo  di  qualsiasi   disposizione
incompatibile  con  gli  impegni  assunti  ai  fini  del  risanamento
economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale» (sentenza n.
51  del  2013),  potendo  essa  intervenire  in  maniera  disarmonica
rispetto  alle  scelte  commissariali   e,   dunque,   indirettamente
ostacolare l'unitarieta' dell'intervento (sentenza n. 266 del 2016). 
    Nel caso di specie l'interferenza risulta evidente a una semplice
comparazione testuale degli atti legislativi. 
    Le censurate disposizioni, infatti, individuano, con l'art. 4, le
attivita' odontoiatriche non soggette ad autorizzazione sanitaria o a
segnalazione certificata di inizio attivita' e, con l'art. 5, quelle,
al contrario, soggette ad autorizzazione sanitaria all'esercizio.  La
delibera del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 attribuisce  al
commissario ad acta il compito di  dare  «attuazione  alla  normativa
statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti  istituzionali,
mediante adeguamento della vigente normativa regionale». 
    3.- Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  degli
artt. 4 e 5 della legge reg. Calabria n. 10 del 2016, per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost. 
    Restano assorbite le ulteriori censure formulate dal ricorrente.