ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, 2, comma 2, e 17, comma 3, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 24 maggio 2016, n. 10  (Modifiche  di  leggi  provinciali  in
materia di salute, edilizia abitativa agevolata,  politiche  sociali,
lavoro e pari opportunita'), promosso dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri con ricorso  notificato  il  29  luglio-2  agosto  2016,
depositato in cancelleria il 2 agosto 2016 ed iscritto al n.  45  del
registro ricorsi 2016. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  aprile  2017  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Leonello Mariani per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Renate von Guggenberg per  la
Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 29  luglio  2016,
ricevuto il 2  agosto  2016  e  depositato  lo  stesso  giorno  nella
cancelleria della Corte, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato gli artt. 1, comma 2, 2, comma 2,  e  17,  comma  3,  della
legge della Provincia autonoma di  Bolzano  24  maggio  2016,  n.  10
(Modifiche di  leggi  provinciali  in  materia  di  salute,  edilizia
abitativa agevolata, politiche sociali, lavoro e pari opportunita'). 
    1.1.- L'art. 1, comma 2, della legge provinciale n. 10  del  2016
ha sostituito il comma 1 dell'articolo 18 della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 15 novembre 2002, n. 14 (Norme per la  formazione
di base, specialistica e  continua  nonche'  altre  norme  in  ambito
sanitario), che detta disposizioni  sul  «tutorato»  nell'ambito  dei
corsi di formazione specifica in medicina generale. L'art. 18,  comma
1, della legge provinciale n. 14 del 2002, come  sostituito,  prevede
quanto segue: «I medici tutori sono medici di  medicina  generale  e,
per la parte concernente la formazione pediatrica, medici pediatri di
libera scelta, convenzionati da  almeno  sei  anni  con  il  servizio
sanitario nazionale o provinciale e in possesso della titolarita'  di
un numero di assistiti almeno pari alla meta' del massimale  vigente.
I medici che svolgono  la  funzione  docente  o  di  coordinamento  o
tutoriale  sono  iscritti  in  un  elenco  provinciale  a  tal   fine
istituito.». 
    Ad avviso del ricorrente  tale  disposizione  contrasterebbe  con
l'art. 27, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto  1999,  n.  368
(Attuazione  della  direttiva  93/16/CEE   in   materia   di   libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE),
che a sua volta prevede quanto segue: «I tutori di  cui  all'articolo
26 sono medici di medicina generale  convenzionati  con  il  servizio
sanitario  nazionale  con  un'anzianita'  di  almeno  dieci  anni  di
attivita' convenzionale con il servizio sanitario nazionale,  nonche'
possedere la titolarita' di  un  numero  di  assistiti  nella  misura
almeno pari alla meta' del massimale vigente e operare in uno  studio
professionale accreditato. I medici che svolgono la funzione  docente
o di coordinamento o tutoriale sono iscritti in un  elenco  regionale
all'uopo istituito». 
    Il ricorrente rileva ancora che  secondo  la  norma  provinciale,
dunque, il ruolo di tutore  nei  corsi  di  formazione  specifica  in
medicina generale  potrebbe  essere  svolto  da  medici  di  medicina
generale  o  da  medici  pediatri  di   libera   scelta   che   siano
convenzionati con il servizio sanitario da un numero di anni (sei) di
poco superiore alla meta' di  quelli  (dieci)  previsti  dalla  norma
statale. 
    Il citato art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999, tuttavia,
avrebbe natura di norma di principio, considerato che, da un lato, la
durata del periodo di convenzionamento esprimerebbe  il  possesso  di
competenze ed  esperienze  professionali  adeguate  allo  svolgimento
della funzione e che, dall'altro  lato,  i  medici  tutori  sarebbero
chiamati  ad  assolvere  delicati  compiti  di   tipo   formativo   e
valutativo, previsti dai commi 4, 5 e 6 dello  stesso  art.  27,  con
ricadute sul giudizio di idoneita' dei  partecipanti  al  superamento
delle varie fasi nelle quali si articolano i corsi. 
    La norma impugnata eccederebbe pertanto la competenza legislativa
provinciale  concorrente  in  materia  di   «sanita'   e   assistenza
sanitaria», non rispettando i principi stabiliti  dalle  leggi  dello
Stato e violando cosi' il combinato  disposto  degli  artt.  5  e  9,
numero 10), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale  per
il Trentino-Alto Adige). 
    Sarebbe  violato   anche   l'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione,  che  il  ricorrente  ritiene  applicabile   ai   sensi
dell'art. 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda  della  Costituzione),  in
quanto  la  norma   provinciale   contrasterebbe   con   i   principi
fondamentali della materia «tutela della salute», espressi  dall'art.
27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    1.2.- L'art. 2, comma 2, della legge provinciale n. 10 del  2016,
ha sostituito il comma 1 dell'articolo 24 della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 5 marzo 2001, n. 7  (Riordinamento  del  servizio
sanitario  provinciale),  che   detta   disposizioni   in   tema   di
stipulazione di contratti a tempo determinato da parte del  Direttore
generale dell'Azienda sanitaria provinciale. 
    Il testo dell'art. 24, comma 1, della legge provinciale n. 7  del
2001, come sostituito, e' il seguente: «Per l'espletamento di compiti
e funzioni di particolare rilevanza e  di  interesse  strategico,  il
Direttore generale dell'Azienda Sanitaria puo'  conferire  incarichi,
mediante la stipula di contratti a tempo determinato e  con  rapporto
di  lavoro  esclusivo,  a  laureati  di  particolare   e   comprovata
qualificazione professionale che abbiano svolto attivita'  in  centri
ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private  e  che  non
godano del trattamento di  quiescenza.  Tali  incarichi  non  possono
essere assegnati ad un contingente di personale superiore al due  per
cento della dotazione organica della  dirigenza.  I  contratti  hanno
durata non inferiore a  due  e  non  superiore  a  cinque  anni,  con
facolta' di rinnovo». 
    Tale  norma  contrasterebbe,  nel  definire   i   requisiti   per
l'assegnazione degli incarichi, con l'art. 15-septies, comma  1,  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), che cosi' dispone:  «I  direttori  generali
possono  conferire  incarichi  per  l'espletamento  di  funzioni   di
particolare rilevanza e di interesse strategico mediante  la  stipula
di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro  esclusivo,
rispettivamente entro i limiti del  due  per  cento  della  dotazione
organica  della  dirigenza  sanitaria  e  del  due  per  cento  della
dotazione organica complessiva degli  altri  ruoli  della  dirigenza,
fermo restando che, ove le predette  percentuali  determinino  valori
non interi, si applica in ogni caso il valore arrotondato per difetto
a laureati di particolare e comprovata  qualificazione  professionale
che abbiano svolto attivita' in organismi ed enti pubblici o  privati
o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno  un
quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito
una   particolare   specializzazione   professionale,   culturale   e
scientifica   desumibile    dalla    formazione    universitaria    e
post-universitaria,  da  pubblicazioni  scientifiche  o  da  concrete
esperienze di lavoro e che non godano del trattamento di  quiescenza.
I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non  superiore  a
cinque anni, con facolta' di rinnovo». 
    Il contrasto deriverebbe dalla mancata  previsione,  nella  norma
provinciale, dell'ulteriore requisito previsto  dalla  norma  statale
per il conferimento degli incarichi,  consistente  nella  «esperienza
acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali»
o,  in   alternativa,   nel   conseguimento   di   «una   particolare
specializzazione professionale, culturale  e  scientifica  desumibile
dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro». 
    Ad avviso del ricorrente, anche l'art. 15-septies, comma  1,  del
d.lgs. n. 502 del 1992 avrebbe natura di  norma  di  principio  della
materia «tutela della salute», in quanto i requisiti in esso previsti
sarebbero complessivamente preordinati a  garantire  il  possesso  in
capo agli aspiranti della «particolare  e  comprovata  qualificazione
professionale»  necessaria  per  lo  svolgimento  «di   funzioni   di
particolare rilevanza e di interesse strategico» in ambito sanitario. 
    La  norma  impugnata,  pertanto,  eccederebbe  a  sua  volta   la
competenza legislativa provinciale concorrente in materia di «sanita'
e assistenza sanitaria» prevista dal combinato disposto degli artt. 5
e 9, numero 10), dello statuto speciale, e violerebbe altresi' l'art.
117, terzo comma, Cost., per il contrasto con i principi fondamentali
della materia «tutela della salute», la determinazione dei  quali  e'
riservata alla competenza concorrente dello Stato. 
    1.3.- L'art. 17 della legge provinciale  n.  10  del  2016  detta
norme sulla «Razionalizzazione e semplificazione dei controlli  sulle
imprese» in materia di tutela e sicurezza  del  lavoro.  Il  comma  3
cosi' recita: «Con regolamento  di  esecuzione  sono  individuate  le
ipotesi di violazioni amministrative che  non  danno  luogo  a  danni
irreversibili e  per  le  quali,  in  caso  di  accertamento  di  una
violazione, vengono emesse le  prescrizioni  di  adeguamento  con  il
relativo termine di adeguamento, per  assicurare  il  rispetto  delle
norme  violate  e  per  le   quali   l'irrogazione   della   sanzione
amministrativa  e'  condizionata  all'inosservanza,  anche  parziale,
delle prescrizioni». 
    La   norma,   demandando   a   un   regolamento   di   esecuzione
l'individuazione delle violazioni amministrative che non danno  luogo
a danni irreversibili, consentirebbe di irrogare le sanzioni solo  in
caso di inosservanza, anche parziale,  delle  prescrizioni  impartite
dalle autorita' che hanno accertato la violazione, entro  il  termine
assegnato per l'adeguamento. 
    Ad avviso del ricorrente, tale previsione produrrebbe  l'effetto,
nel  caso  contrario,  di  estinguere  le  violazioni  con  la   sola
tempestiva osservanza delle prescrizioni di adeguamento, senza alcuna
conseguenza di ordine patrimoniale, neppure nella forma del pagamento
di una somma in misura ridotta rispetto  all'importo  della  sanzione
amministrativa astrattamente irrogabile per la violazione accertata. 
    Considerando che la Provincia autonoma  di  Bolzano  non  avrebbe
competenza legislativa primaria in materia di «tutela e sicurezza del
lavoro» e che la sua competenza concorrente sarebbe circoscritta,  ai
sensi dell'art. 9, numeri 4)  e  5),  dello  statuto  speciale,  alle
materie «apprendistato; libretti di lavoro;  categorie  e  qualifiche
dei lavoratori», nonche' «costituzione e funzionamento di commissioni
comunali e provinciali  di  controllo  sul  collocamento»,  la  norma
impugnata eccederebbe tali attribuzioni statutarie. 
    Sarebbe violato altresi' l'art. 117, secondo comma,  lettera  l),
Cost., in quanto la  previsione  che  esclude  qualsiasi  conseguenza
sanzionatoria a carico del trasgressore e dell'eventuale obbligato in
solido,  in  caso  di  ottemperanza  alle   prescrizioni   impartite,
comporterebbe l'esonero totale di costoro dalla  responsabilita'  per
l'illecito amministrativo commesso, con  invasione  della  competenza
esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile». 
    Secondo il ricorrente, inoltre, la norma regionale contrasterebbe
con i principi fondamentali della materia  «tutela  e  sicurezza  del
lavoro» espressi dall'art. 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004,
n. 124 (Razionalizzazione delle  funzioni  ispettive  in  materia  di
previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della  L.  14
febbraio 2003, n. 30), in base al quale l'ottemperanza  alla  diffida
intimata dal personale  ispettivo  a  regolarizzare  le  inosservanze
comunque  materialmente   sanabili   comporta   la   sola   riduzione
dell'importo della somma dovuta  dal  trasgressore  e  dall'eventuale
obbligato in solido, non esentandoli dalle conseguenze  sanzionatorie
derivanti dalla  responsabilita'  amministrativa  accertata.  Sarebbe
violato, di conseguenza, anche l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Infine, la norma provinciale eccederebbe le  competenze  delegate
alla Provincia autonoma di  Bolzano  dalle  norme  di  attuazione  in
materia di vigilanza e tutela del lavoro, in quanto l'art.  3,  comma
5, del d.P.R. 26 gennaio 1980, n.  197  (Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  integrazioni
alle norme di attuazione in materia di igiene e sanita' approvate con
D.P.R.  28  marzo  1975,  n.  474)  ha  stabilito  che  le   funzioni
amministrative delegate alle Province autonome nella materia indicata
«[...] vengono esercitate dagli  organi  provinciali  in  conformita'
alle direttive emanate dal competente organo statale». 
    2.- Con atto depositato in cancelleria il 6 settembre 2016 si  e'
costituita la Provincia autonoma  di  Bolzano,  chiedendo  che  venga
dichiarata la manifesta inammissibilita' e,  in  ogni  caso,  la  non
fondatezza delle questioni promosse dal ricorrente. 
    2.1.- Quanto all'impugnazione dell'art. 1, comma 2,  della  legge
provinciale n. 10 del 2016, sul  tutorato  nei  corsi  di  formazione
specifica in medicina generale, la Provincia osserva in  primo  luogo
che il requisito della durata del convenzionamento  con  il  servizio
sanitario per la  nomina  a  medico  tutore  non  avrebbe  natura  di
principio della legislazione statale e in  ogni  caso  che  la  norma
impugnata  non  sarebbe  espressione  solo   della   sua   competenza
concorrente in materia di igiene e sanita', ma anche della competenza
esclusiva in materia di «addestramento  e  formazione  professionale»
attribuita alle province autonome  dall'art.  8,  numero  29),  dello
statuto   speciale,   che   comprenderebbe   anche   la    formazione
professionale dei medici in  sede  post-universitaria,  come  sarebbe
gia' stato affermato da questa Corte (e' citata la  sentenza  n.  316
del 1993). 
    La  definizione   tradizionale   dei   caratteri   propri   della
«formazione  professionale»  dovrebbe  essere  aggiornata  alla  luce
dell'evoluzione normativa. Di essa costituirebbe  segno  evidente  la
previsione contenuta nell'art. 3 del  decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 267 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige concernenti modifiche a norme di attuazione  gia'
emanate), che, integrando l'art. 5 del d.P.R. 1°  novembre  1973,  n.
689 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la  regione
Trentino-Alto   Adige   concernente   addestramento   e    formazione
professionale), ha riconosciuto alle province autonome il  potere  di
attivare e gestire corsi di studio orientati al  conseguimento  della
formazione  «richiesta  da  specifiche  aree  professionali»   e   ha
stabilito che gli attestati  rilasciati  al  termine  di  tali  corsi
abilitino   all'esercizio   di   un'attivita'    professionale    «in
corrispondenza alle norme comunitarie». 
    La norma impugnata avrebbe fissato in sei anni il periodo  minimo
di convenzionamento con il  servizio  sanitario  per  sopperire  alla
mancanza di sufficiente  disponibilita'  di  tutori  in  possesso  di
un'anzianita' di almeno dieci anni e garantire cosi' la formazione di
un numero adeguato di medici di medicina generale.  A  causa  di  una
serie di fattori - pensionamenti, limite  numerico  di  pazienti  per
ogni medico, nonche' crescente presenza di medici di sesso  femminile
che limitano volontariamente il numero dei pazienti - sarebbe infatti
prevedibile una futura carenza di medici di medicina  generale,  tale
da compromettere il  rapporto  ottimale  fra  numero  di  pazienti  e
medici. 
    La previsione contestata sarebbe pertanto diretta  a  evitare  le
conseguenze negative dell'insufficiente numero di medici tutori sulla
tutela della salute nel  territorio  provinciale  e  a  garantire  il
mantenimento di un'assistenza medica e clinica di  qualita'  elevata,
equilibrata  e  generalmente  accessibile,  compatibilmente  con   il
diritto dell'Unione europea. Quest'ultimo,  infatti,  non  esigerebbe
l'identita' dei sistemi di tutela della  salute  scelti  dagli  Stati
membri o dagli  enti  territoriali  a  esso  subordinati,  purche'  i
provvedimenti adottati in materia siano rispettosi del  principio  di
proporzionalita' rispetto  allo  scopo  perseguito.  Peraltro,  nella
stessa materia la Provincia autonoma di Trento avrebbe previsto,  con
norma legislativa non impugnata dal Governo, un'anzianita' minima dei
tutori pari  a  cinque  anni  di  convenzionamento  con  il  servizio
sanitario. 
    Anche in materie diverse, come quella della giustizia  ordinaria,
l'ordinamento  non  riconoscerebbe  alla  durata  nel   tempo   della
formazione la natura di principio  inderogabile,  come  dimostrerebbe
una recente disposizione che ha ridotto la durata del  tirocinio  dei
magistrati al fine di consentire la celere  copertura  delle  vacanze
nell'organico degli uffici giudiziari (e' citato l'art. 2,  comma  3,
del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante  «  Misure  urgenti
per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per
l'efficienza  degli  uffici  giudiziari,  nonche'  per  la  giustizia
amministrativa», convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della legge 25 ottobre 2016, n. 197). 
    Infine, non si potrebbe invocare come parametro l'art.  10  della
legge cost. n.  3  del  2001,  essendo  questa  una  norma  volta  ad
estendere alle regioni a statuto speciale e alle province autonome le
piu' ampie autonomie riconosciute alle regioni  a  statuto  ordinario
dalla riforma del titolo V della parte  seconda  della  Costituzione,
senza limitazione delle forme  di  autonomia  gia'  attribuite  dagli
statuti speciali. 
    2.2.- Quanto all'impugnazione dell'art. 2, comma 2,  della  legge
provinciale n. 10 del 2016, la Provincia osserva in primo  luogo  che
non costituisce un principio della legislazione  statale  nemmeno  il
requisito dell'esperienza acquisita  per  almeno  un  quinquennio  in
funzioni dirigenziali apicali o il conseguimento di  una  particolare
specializzazione professionale, culturale  e  scientifica  desumibile
dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro,  previsto  dall'art.
15-septies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992 per  il  conferimento
di incarichi dirigenziali nelle aziende sanitarie. 
    La  norma  impugnata,  in  secondo   luogo,   non   costituirebbe
espressione della sola competenza provinciale concorrente in  materia
di «igiene e sanita'», ex art. 9, numero 10), dello statuto speciale,
ma anche della competenza esclusiva in materia di «ordinamento  degli
uffici provinciali e  del  personale  ad  essi  addetto»,  attribuita
dall'art.  8,  numero  1),  del  medesimo  statuto,  che  ha  trovato
specifica attuazione nell'art. 2 del d.P.R. 28  marzo  1975,  n.  474
(Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige
in materia di igiene e sanita'). 
    L'invocata competenza esclusiva  provinciale  non  sarebbe  stata
esercitata in contrasto  con  le  norme  fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica, quali sono i principi concernenti
l'organizzazione delle strutture del servizio sanitario nazionale, in
quanto  la  disposizione  assunta  dal  ricorrente  a  parametro   di
riferimento, sui requisiti previsti dall'art.  15-septies,  comma  1,
del d.lgs. n. 502 del 1992, costituirebbe  una  norma  di  dettaglio,
inidonea a vincolare l'esercizio delle competenze provinciali. 
    La natura dettagliata della norma statale  escluderebbe  altresi'
la violazione dell'art. 9, numero 10), dello statuto speciale,  anche
qualora si intendesse riferire la disposizione provinciale alla  sola
competenza  concorrente  in  materia  di  «igiene  e  sanita'».   Non
sussisterebbe,  infatti,  un  preminente  interesse   nazionale   che
giustifica l'applicazione della norma statale di dettaglio in  ambito
provinciale, anche considerando che la Provincia autonoma di  Bolzano
finanzia integralmente il proprio servizio sanitario. 
    2.3.- Quanto all'impugnazione dell'art. 17, comma 3, della  legge
provinciale n. 10 del 2016, secondo la Provincia la  norma  impugnata
non contrasterebbe con la norma  statale  assunta  dal  ricorrente  a
parametro di riferimento, prevedendo anche quest'ultima  l'estinzione
dell'illecito amministrativo per ottemperanza alla diffida. 
    La norma impugnata, in secondo luogo,  avrebbe  natura  meramente
procedurale, non contrastando percio'  con  i  principi  fondamentali
della legislazione statale  in  materia  di  sanzioni  amministrative
irrogate per violazioni di norme sulla tutela e sicurezza del lavoro,
ne' invadendo  la  competenza  statale  in  materia  di  «ordinamento
civile». 
    Essa costituirebbe attuazione del principio "ammonire  invece  di
sanzionare" in  tema  di  violazioni  amministrative  che  non  hanno
causato «danni irreversibili», cosi' definiti dall'art. 1 del decreto
del Presidente della Provincia di Bolzano 27  ottobre  2010,  n.  39,
emanato in esecuzione dell'art. 4/bis  della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 7 gennaio 1977, n.  9  (Norme  di  procedura  per
l'applicazione delle sanzioni amministrative). 
    Infine,  la  Provincia  osserva  che  la   delega   di   funzioni
amministrative statali in materia di vigilanza e tutela  del  lavoro,
attuata con le norme richiamate dal ricorrente, si accompagnerebbe  a
uno  spostamento  della   competenza   materiale,   comprendendo   di
conseguenza  il  trasferimento  alle  province  autonome  del  potere
decisionale per l'emissione di provvedimenti amministrativi,  per  la
vigilanza sul rispetto delle leggi di  settore  e  per  l'irrogazione
delle sanzioni conseguenti alla loro violazione. 
    3.- Dopo la proposizione del ricorso, la  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 18  ottobre  2016,  n.  21  (Modifiche  di  leggi
provinciali in materia di procedimento amministrativo,  enti  locali,
cultura, beni  archeologici,  ordinamento  degli  uffici,  personale,
ambiente, utilizzazione delle acque pubbliche, agricoltura,  foreste,
protezione  civile,  usi  civici,  mobilita',   edilizia   abitativa,
dipendenze, sanita', sociale,  lavoro,  patrimonio,  finanze,  fisco,
economia e turismo), ha modificato con l'art. 28, comma 2,  in  primo
luogo il comma 1 dell'articolo 24 della legge provinciale  n.  7  del
2001, come sostituito dall'art. 2, comma 2, della  legge  provinciale
n. 10 del 2016. La  modifica  e'  consistita  nell'inserimento  delle
parole  «con  esperienza  acquisita  per  almeno  un  quinquennio  in
funzioni  dirigenziali  apicali  o   che   abbiano   conseguito   una
particolare specializzazione professionale, culturale  e  scientifica
desumibile dalla formazione universitaria  e  post-universitaria,  da
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro,», dopo
le parole «che abbiano svolto attivita' in centri ed enti pubblici  o
privati o aziende pubbliche o private». 
    In secondo luogo, l'art. 31, comma 1, lettera b), della  medesima
legge provinciale n. 21 del 2016 ha  abrogato  l'art.  17,  comma  3,
della legge provinciale n. 10 del 2016. 
    In seguito a cio',  con  atto  notificato  il  14  marzo  2017  e
depositato in  cancelleria  il  17  marzo  2017,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  rinunciato  al  ricorso   limitatamente
all'impugnazione degli artt. 2, comma 2, e 17, comma 3,  della  legge
provinciale n. 10 del 2016, previa deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 10 marzo 2017. 
    La Provincia autonoma di Bolzano ha  accettato  la  rinuncia  con
atto depositato il 29 marzo 2017. 
    4.- In prossimita' dell'udienza il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha depositato una memoria illustrativa, nella quale osserva,
con riguardo alla questione residua, che la formazione dei medici  di
medicina   generale   costituirebbe    una    materia    trasversale,
riconducibile sia alla sanita' e all'assistenza sanitaria, attribuita
alla competenza provinciale concorrente, sia all'addestramento e alla
formazione   professionale,   oggetto   di   competenza   provinciale
esclusiva, ai sensi dell'art. 8, numero 29), dello statuto. In quanto
tale, la legislazione provinciale in materia dovrebbe rispettare  non
solo gli obblighi internazionali, ai sensi dell'art. 4 dello  statuto
speciale, ma anche i principi stabiliti dalle leggi dello  Stato,  ai
sensi dell'art. 5 dello statuto. 
    Secondo l'Avvocatura, la Provincia sosterrebbe comunque una  tesi
contraddittoria, dal momento che, dopo avere affermato  l'estraneita'
della norma impugnata alla materia della sanita' di cui  all'art.  9,
numero  10),  dello   statuto   speciale,   essa   pretenderebbe   di
giustificarne la legittimita' proprio in funzione delle  esigenze  di
tutela  del  diritto  fondamentale  alla  salute,  adducendo  ragioni
collegate  alla  supposta  carenza  di  medici   tutori   in   ambito
provinciale, che  pregiudicherebbe  la  possibilita'  di  formare  un
numero idoneo di medici di medicina generale. Pur riconoscendo  cosi'
l'inerenza della disciplina a una materia ad essa assegnata in regime
di potesta' concorrente, la Provincia  ignorerebbe  il  limite  della
soggezione ai principi stabiliti dalle leggi  dello  Stato,  espressi
dall'art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    In ogni caso, anche volendo ricondurre la  norma  impugnata  alla
competenza legislativa provinciale esclusiva, sarebbe violato  l'art.
4 dello statuto speciale e in  particolare  il  limite  del  rispetto
degli obblighi internazionali, di cui  il  d.lgs.  n.  368  del  1999
costituirebbe attuazione. Ne' varrebbe  invocare  la  sentenza  della
Corte n. 316 del 1993, che risale a un'epoca anteriore  al  mutamento
della disciplina, sovranazionale e nazionale, in tema  di  formazione
specifica in medicina generale. Alla luce di questa nuova  disciplina
il  potere  della  Provincia  di   regolare   corsi   di   formazione
nell'esercizio della sua competenza esclusiva, non potrebbe  comunque
travalicare i  limiti  inderogabilmente  fissati  dall'art.  4  dello
statuto, in riferimento al citato d.lgs. n.  368  del  1999.  Neppure
potrebbero essere addotti in  senso  contrario  inconvenienti  legati
alla carenza di medici tutori, che costituirebbero una mera  quaestio
facti. 
    Sarebbe  irrilevante,  altresi',  il  richiamo  all'art.  9   del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  sulla  possibile
eterogeneita' della disciplina di  tutela  del  diritto  fondamentale
della salute nei vari Stati membri, giacche'  non  sarebbe  possibile
equiparare l'ipotesi della eterogeneita' della disciplina dettata  da
diversi Stati membri all'ipotesi della difformita' tra la  disciplina
statale e la disciplina di un ente territoriale  dello  stesso  Stato
membro. 
    Neppure rileverebbe, ancora, la mancata impugnazione di una norma
analoga emanata dalla Provincia autonoma  di  Trento,  non  potendosi
trarre da questa eventuale omissione alcuna legittima aspettativa  di
analogo trattamento. 
    Infine   l'Avvocatura   replica   alla   tesi   della   Provincia
sull'inapplicabilita' dell'art. 10 della legge cost. n. 3  del  2001.
Il riferimento a tale norma contenuto nel  ricorso  introduttivo  non
dovrebbe essere inteso  nel  senso  che  alle  province  autonome  e'
riservato un regime differenziato in pejus rispetto  alle  regioni  a
statuto  ordinario,  bensi'  nel  senso  che  le  autonomie  speciali
beneficiano  delle  piu'  ampie  forme  di  autonomia  previste   dal
novellato titolo V della Costituzione, rispetto a  quelle  attribuite
dai  rispettivi  statuti.   Di   conseguenza   la   norma   impugnata
risulterebbe lesiva anche dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  per
contrasto con i principi fondamentali  della  materia  della  «tutela
della salute», oltre che dei  limiti  posti  sia  dall'art.  5  dello
statuto speciale in materia di «sanita' e assistenza sanitaria»,  sia
dall'art. 4 dello stesso  statuto  in  materia  di  «addestramento  e
formazione professionale». 
    5.- Anche la Provincia autonoma  di  Bolzano  ha  depositato  una
memoria in  prossimita'  dell'udienza.  In  essa  sono  illustrati  e
approfonditi,   sulla   questione   residua    della    durata    del
convenzionamento  dei  medici  tutori,  gli  argomenti  gia'   svolti
nell'atto di costituzione, ed e'  sottolineato  in  particolare  che,
secondo la  giurisprudenza  della  Corte,  la  competenza  statutaria
esclusiva in materia  di  formazione  professionale  comprende  anche
quella  dei  medici  in  ambito  extra-universitario.  Viene  inoltre
ribadito che le finalita' della norma, analoga  a  quella  "trentina"
non impugnata, riguardano il superamento di un  insufficiente  numero
di medici tutori nei corsi attivati nel territorio provinciale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 1, comma 2, 2, comma 2,  e  17,  comma  3,  della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 24 maggio 2016,  n.  10  (Modifiche  di
leggi provinciali in materia di salute, edilizia abitativa agevolata,
politiche sociali, lavoro e pari opportunita'). Si tratta di norme di
contenuto eterogeneo in tema di  corsi  di  formazione  specifica  in
medicina generale, di contratti a  tempo  determinato  stipulati  dal
Direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale e di  controlli
sulle imprese per la tutela e la sicurezza del lavoro. 
    2.- Preliminarmente si  rileva  che,  in  seguito  alla  modifica
dell'art. 2, comma 2, e all'abrogazione dell'art. 17, comma 3,  della
legge  provinciale  n.  10  del  2016,  entrambe  sopravvenute   alla
proposizione del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
rinunciato all'impugnazione di tali norme e che la Provincia autonoma
di Bolzano ha accettato la rinuncia. 
    Ai sensi dell'art. 23  delle  norme  integrative  per  i  giudizi
davanti   alla   Corte   costituzionale,   va   pertanto   dichiarata
l'estinzione   del   processo   relativamente   alle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e  17,  comma  3,
della legge provinciale n. 10 del 2016, promosse dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri in riferimento, quanto alla prima norma,  agli
artt. 5  e  9,  numero  10),  del  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all'art. 117, terzo
comma,  della  Costituzione,  nonche'  in  riferimento,  quanto  alla
seconda norma, all'art. 9, numeri 4) e 5),  dello  statuto  speciale,
all'art. 3 del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197  (Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige   concernenti
integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e  sanita'
approvate con D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474) e all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 238
e n. 77 del 2015, ordinanze n. 49 del 2017, n. 171, n. 62 e n. 6  del
2016). 
    Residua quindi l'impugnazione dell'art. 1, comma 2,  della  legge
provinciale n. 10 del 2016. 
    3.- L'art. 1, comma 2, della legge provinciale n. 10 del 2016  ha
sostituito il comma 1 dell'articolo 18 della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 15 novembre 2002, n. 14 (Norme per la  formazione
di base, specialistica e  continua  nonche'  altre  norme  in  ambito
sanitario), che detta disposizioni  sul  «tutorato»  nell'ambito  dei
corsi  di  formazione  specifica  in  medicina  generale.  Il   testo
dell'art. 18, comma 1, della legge provinciale n. 14 del  2002,  come
sostituito dalla norma impugnata,  e'  ora  il  seguente:  «I  medici
tutori sono medici di medicina generale e, per la  parte  concernente
la  formazione  pediatrica,  medici  pediatri   di   libera   scelta,
convenzionati da almeno sei anni con il servizio sanitario  nazionale
o provinciale e  in  possesso  della  titolarita'  di  un  numero  di
assistiti almeno pari alla meta' del massimale vigente. I medici  che
svolgono la funzione docente o  di  coordinamento  o  tutoriale  sono
iscritti in un elenco provinciale a tal fine istituito». 
    Ad avviso del ricorrente  tale  disposizione  contrasterebbe  con
l'art. 27, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto  1999,  n.  368
(Attuazione  della  direttiva  93/16/CEE   in   materia   di   libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE),
che a sua volta prevede quanto segue: «I tutori di  cui  all'articolo
26 sono medici di medicina generale  convenzionati  con  il  servizio
sanitario  nazionale  con  un'anzianita'  di  almeno  dieci  anni  di
attivita' convenzionale con il servizio sanitario nazionale,  nonche'
[devono] possedere la titolarita' di un  numero  di  assistiti  nella
misura almeno pari alla meta' del massimale vigente e operare in  uno
studio professionale accreditato. I medici che svolgono  la  funzione
docente o di coordinamento o tutoriale sono  iscritti  in  un  elenco
regionale all'uopo istituito». 
    Il ricorrente rileva che, in  base  alla  norma  provinciale,  il
ruolo di  tutore  nei  corsi  di  formazione  specifica  in  medicina
generale potrebbe essere svolto da medici di medicina generale  o  da
medici pediatri di libera  scelta  che  siano  convenzionati  con  il
servizio sanitario da un numero di anni (sei) di poco superiore  alla
meta' di quelli (dieci) previsti dalla norma statale, e  che  a  cio'
osterebbe la natura di principio di questa seconda.  Tale  natura  si
desume a suo avviso, da un lato dal fatto che la durata  del  periodo
di convenzionamento fissata nell'art. 27, comma 3, del d.lgs. n.  368
del  1999  esprimerebbe  il  possesso  di  competenze  ed  esperienze
professionali adeguate allo svolgimento della funzione e, dall'altro,
dalla  delicatezza  dei  compiti  di  tipo  formativo  e   valutativo
assegnati ai medici tutori, previsti dai commi 4, 5 e 6 dello  stesso
art. 27,  e  delle  loro  ricadute  sul  giudizio  di  idoneita'  dei
partecipanti  al  superamento  delle  varie  fasi  nelle   quali   si
articolano i corsi. 
    La norma impugnata eccederebbe pertanto la competenza legislativa
provinciale concorrente in materia di «igiene e sanita', ivi compresa
l'assistenza ospedaliera», non rispettando i principi stabiliti dalle
leggi dello Stato e violando cosi' il combinato disposto degli  artt.
5 e 9, numero 10), dello statuto speciale. 
    In ogni caso sarebbe violato anche l'art. 117, terzo comma, Cost.
- che il ricorrente ritiene applicabile in  base  all'art.  10  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  titolo  V
della  parte  seconda  della  Costituzione)  -  in  quanto  la  norma
provinciale contrasterebbe anche con i  principi  fondamentali  della
materia «tutela della salute» espressi dal citato art. 27,  comma  3,
del d.lgs. n. 368 del 1999. 
    Mentre  dunque  il  Governo  fa   riferimento   alla   competenza
provinciale concorrente in materia di «igiene e sanita', ivi compresa
l'assistenza sanitaria», che trova  fondamento  nell'art.  9,  numero
10), dello statuto speciale, e al contempo alla materia della «tutela
della salute» ex  art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  applicazione
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, la Provincia di Bolzano
riconduce la norma impugnata primariamente  alla  propria  competenza
esclusiva in materia di «addestramento e  formazione  professionale»,
attribuita dall'art. 8, numero 29), dello statuto speciale.  Pur  non
negando infatti che la disposizione possa riguardare anche la materia
sanitaria di competenza concorrente (della quale non esprime comunque
un principio fondamentale), essa invoca come prevalente il titolo  di
competenza esclusiva. 
    4.- E' dunque innanzitutto necessario stabilire di  quale  titolo
di competenza legislativa provinciale sia espressione la disposizione
impugnata. 
    4.1.- Con riguardo alla  prima  delle  due  materie  evocate,  va
preliminarmente chiarito che, secondo la costante  giurisprudenza  di
questa Corte, in ambito sanitario non vengono  in  rilievo  le  norme
dello statuto speciale  del  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  (o  delle
relative disposizioni di attuazione), bensi'  l'art.  117  Cost.,  in
quanto la competenza legislativa concorrente concernente  la  «tutela
della salute», assegnata alle regioni ordinarie dall'art. 117,  terzo
comma, Cost., e'  «assai  piu'  ampia»  di  quella,  attribuita  alle
province autonome dallo statuto speciale, in materia  di  «assistenza
ospedaliera» (sentenza n. 162 del 2007; nello stesso senso,  sentenze
n. 134 del 2006 e n. 270 del 2005). La formula  utilizzata  dall'art.
117, terzo comma, Cost, esprime inoltre «l'intento di una piu'  netta
distinzione fra  la  competenza  regionale  a  legiferare  in  queste
materie e la competenza statale,  limitata  alla  determinazione  dei
principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282  del  2002).
Ne consegue che per le province autonome deve trovare applicazione la
clausola di favore contenuta nell'art. 10 della legge cost. n. 3  del
2001 e che di conseguenza il regime delle competenze  provinciali  in
materia sanitaria e'  quello  fissato  dall'art.  117,  terzo  comma,
Cost., per la materia della «tutela della salute». 
    4.2.- Cio' chiarito, si deve allora stabilire se la fissazione ad
opera  del  legislatore   provinciale   della   durata   minima   del
convenzionamento del  medico  tutore,  nell'ambito  della  disciplina
della  formazione  specifica  in  medicina  generale,  rientri  nella
materia  della  «tutela  della  salute»,  di   potesta'   legislativa
concorrente nei termini appena esposti, o in quella della «formazione
professionale»  riservata  alla  potesta'   legislativa   provinciale
esclusiva. Nella prima ipotesi si dovrebbe poi stabilire se la  norma
statale assunta dal ricorrente a parametro di riferimento esprima  un
principio fondamentale della materia a competenza ripartita e  se  la
disposizione provinciale impugnata lo rispetti. Nella  seconda,  tale
aspetto non avrebbe rilievo, trattandosi appunto di  materia  rimessa
alla competenza esclusiva provinciale  per  la  quale  non  opera  il
limite dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato. 
    5.- La formazione specifica in medicina generale e' regolata  dal
diritto dell'Unione europea nel quadro della  piu'  ampia  disciplina
della libera circolazione dei medici e del  reciproco  riconoscimento
dei loro diplomi, certificati ed altri titoli.  In  materia  si  sono
succeduti nel tempo i seguenti atti normativi: 
    1) la direttiva 86/457/CEE del Consiglio, del 15 settembre  1986,
relativa alla formazione specifica in medicina generale, che e' stata
attuata con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256  (Attuazione
della direttiva n. 86/457/CEE, relativa alla formazione specifica  in
medicina generale, a norma dell'art. 5 della legge 30 luglio 1990, n.
212); 
    2) la direttiva 93/16/CEE  del  Consiglio,  del  5  aprile  1993,
diretta ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco
riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, che  ha
abrogato, tra le altre, la direttiva  86/457/CEE,  riproducendone  le
disposizioni in un testo unico (sub artt. 30-41). Questa direttiva e'
stata attuata con il d.lgs. n. 368  del  1999,  che  ha  abrogato  il
precedente d.lgs. n. 256 del 1991 e che, all'art. 27, comma 3,  detta
la norma sui medici tutori invocata in questa sede quale parametro di
riferimento; 
    3) la direttiva  n.  2005/36/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 7 settembre 2005,  relativa  al  riconoscimento  delle
qualifiche professionali, che ha a sua volta abrogato, tra le  altre,
la direttiva 93/16/CEE, raggruppando in un nuovo testo unico anche le
disposizioni concernenti la formazione specifica in medicina generale
(ora regolata dall'art. 28). Essa e' stata  attuata  con  il  decreto
legislativo 9 novembre  2007,  n.  206  (Attuazione  della  direttiva
2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali,
nonche' della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate  direttive
sulla libera circolazione delle persone a  seguito  dell'adesione  di
Bulgaria e Romania), che dedica alla formazione specifica in medicina
generale l'art. 36. 
    Per quello che qui interessa, la  disciplina  europea  ha  sempre
previsto che la formazione specifica in medicina generale segue  alla
formazione medica di base di tipo universitario, che essa deve essere
«piu' pratica che teorica» e che e' impartita, quanto alla formazione
pratica, per un periodo presso un centro ospedaliero abilitato e  per
un  altro  periodo  presso  un  ambulatorio  di   medicina   generale
autorizzato o presso un centro autorizzato in cui i medici dispensano
cure primarie (art. 2  della  direttiva  86/457/CEE,  art.  31  della
direttiva  93/16/CEE  e  art.  28  della  direttiva  2005/36/CE,  che
disciplina ora la materia). 
    Nel dare attuazione alle direttive, lo Stato ha  attribuito  alle
regioni e alle province autonome l'organizzazione e l'attivazione dei
corsi di formazione specifica in medicina generale (art. 4 del d.lgs.
n. 256 del 1991, poi sostituito dall'art. 28 del d.lgs.  n.  368  del
1999) e ha previsto che i medici tutori presso i quali si  svolge  un
periodo  della  formazione  siano  convenzionati  con   il   servizio
sanitario nazionale da almeno dieci anni (art. 3, comma 6, del d.lgs.
n. 256 del 1991, poi sostituito dall'art. 27, comma 3, del d.lgs.  n.
368 del 1999). 
    La Provincia autonoma di Bolzano ha  disciplinato  la  formazione
specifica in medicina generale con la legge  provinciale  n.  14  del
2002, il cui art. 18, comma 1, prevedeva originariamente per i medici
tutori  un'anzianita'  di  convenzionamento  di  dieci   anni,   come
stabilito anche dal legislatore statale. Tale anzianita'  e'  ridotta
ora a sei anni dall'art. 1, comma  2,  della  legge  provinciale  qui
impugnata. 
    6.- Il rapporto tra la formazione specifica in medicina  generale
e la materia «addestramento e formazione professionale» di competenza
esclusiva delle Province autonome di Trento e di Bolzano ex  art.  8,
numero 29), dello statuto speciale, e' stato piu' volte esaminato  da
questa Corte. 
    Nella vigenza della direttiva 86/457/CEE e del d.lgs. n. 256  del
1991, il Governo aveva impugnato  vari  articoli  della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano approvata il 4 dicembre 1992  (in  sede
di riesame a seguito di rinvio governativo), in  tema  di  formazione
specifica in medicina generale e specialistica e di concorsi pubblici
presso le unita' sanitarie  locali,  ritenendo  che  quanto  in  essi
previsto esorbitasse dalle competenze provinciali per contrasto con i
principi contenuti nel citato d.lgs. n. 256 del 1991. La tesi  allora
sostenuta dal Governo era che nella competenza provinciale in materia
di «addestramento e formazione professionale»  (art.  8,  numero  29,
dello statuto  speciale)  non  potesse  ricadere  la  formazione  dei
medici, per la natura  di  insegnamento  di  carattere  eminentemente
pratico della prima, che nulla avrebbe a che vedere  con  l'attivita'
di formazione scientifica realizzata, nel caso dei  medici,  in  sede
"post-universitaria". 
    La sentenza  n.  316  del  1993  ha  dichiarato  non  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale sul presupposto che anche la
formazione specifica in medicina generale rientra  nell'ambito  della
materia «addestramento e formazione professionale» prevista  all'art.
8, numero 29), dello statuto speciale, come si evince  dai  ricordati
sviluppi normativi, specialmente comunitari, essendo  in  particolare
«segno eloquente dell'evoluzione normativa in materia  la  previsione
contenuta nell'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  267,
che, integrando l'art. 5 del d.P.R. 1°  novembre  1973,  n.  689,  ha
riconosciuto alle Province autonome il potere di attivare  e  gestire
corsi  di  studio  orientati  al   conseguimento   della   formazione
"richiesta da specifiche aree professionali"; e ha statuito  che  gli
attestati rilasciati al termine di tali corsi abilitano all'esercizio
di  un'attivita'  professionale   "in   corrispondenza   alle   norme
comunitarie"». 
    La pronuncia continua  richiamando  il  principio  per  il  quale
«nelle materie di  competenza  esclusiva  le  due  Province  autonome
possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie, secondo
quanto previsto dall'art. 7 del d.P.R. n. 526  del  1987»,  e  giunge
alla conclusione che le norme provinciali impugnate sono  espressione
di questo potere, in  quanto  «l'esame  della  direttiva  comunitaria
86/457 rivela che la "formazione specifica in medicina generale" deve
essere "piu' pratica che teorica"» e che «l'insegnamento  pratico  e'
impartito in un centro ospedaliero abilitato o presso un  ambulatorio
di medicina generale riconosciuto: art. 2, comma 1,  lett.  c)  della
direttiva». 
    Questo    orientamento,    che     valorizza     il     carattere
pratico-professionale della formazione medica  specifica  post-laurea
in  medicina  generale  e  ne  desume  l'inerenza  all'ambito   della
formazione professionale  affidata  alla  disciplina  delle  Province
autonome, e' stato confermato da pronunce successive di questa Corte. 
    La successiva sentenza n. 354 del 1994 ha accolto  l'impugnazione
di una norma statale che  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  aveva
ritenuto lesiva delle proprie competenze in materia di  addestramento
e formazione professionale, affermando che in tale  materia  «rientra
la formazione specifica  in  medicina  generale  (sent.  n.  316  del
1993)». 
    Ancora, con la sentenza n. 406 del  2001  e'  stato  respinto  il
ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Trento contro  lo  Stato
relativamente  a  vari  articoli  del  d.lgs.   n.   368   del   1999
disciplinanti la formazione specifica in medicina generale (artt. 24,
comma 2, 25, commi 2, 3 e 4, 26, commi 1,  2  e  3),  per  violazione
dell'art.  8,  numero   29),   dello   statuto   speciale,   con   la
considerazione  che  «[l]'unica  interpretazione   costituzionalmente
compatibile delle  disposizioni  impugnate  e'  quella  che,  per  la
Regione Trentino-Alto Adige e le [...] Province autonome titolari  di
competenze specifiche in materia (cfr. per la Provincia  autonoma  di
Bolzano la sentenza n. 316 del 1993),  le  norme  in  questione  sono
cedevoli con carattere suppletivo, rispetto a quelle che la Provincia
autonoma  di  Trento  potra'  emanare  nei   limiti   della   propria
competenza, e fermo il rispetto delle norme comunitarie  e  nazionali
cogenti». Pertanto, sul presupposto che la  formazione  specifica  in
medicina generale, come risultante dalla disciplina  allora  vigente,
comunitaria e nazionale, si inquadra nella materia della  «formazione
professionale», riservata alla  competenza  provinciale  esclusiva  e
comprensiva anche  del  potere  di  dare  immediata  attuazione  alle
pertinenti  direttive   comunitarie,   questa   Corte   ha   respinto
l'impugnazione perche' la Provincia  autonoma  ricorrente  non  aveva
ancora esercitato questo suo potere, con  la  conseguenza  che  «[i]n
tali materie, ove il legislatore provinciale non abbia  provveduto  e
finche' non provveda, la legge statale di  attuazione  opera  in  via
suppletiva e nella integrita' delle sue  disposizioni»  (sentenza  n.
406 del 2001). 
    7.- Non vi sono motivi per discostarsi dall'orientamento espresso
nelle citate pronunce, non potendo essere condivisa, in  particolare,
la  tesi  dell'Avvocatura  secondo  cui   esse   sarebbero   superate
dall'intervenuto mutamento del quadro  normativo.  Ai  fini  che  qui
rilevano, infatti, i caratteri  sostanziali  della  disciplina  della
formazione professionale dei medici di medicina generale sono rimasti
invariati, sicche'  e'  corretto  ritenere  che,  anche  nel  sistema
vigente, essa  continua  a  rientrare  principalmente  nella  materia
dell'«addestramento  e  formazione  professionale»,  spettante   alla
Provincia autonoma in regime di potesta' legislativa esclusiva. 
    7.1.- Conviene in primo luogo ricordare che questa Corte ha  gia'
avuto modo di chiarire come la  riforma  del  titolo  V  della  parte
seconda della Costituzione non abbia inciso sul titolo di  competenza
delle Province autonome in questo ambito, giacche' «[...] "in materia
di istruzione e formazione professionale l'art. 117 Cost. non prevede
una forma di autonomia piu' ampia di quella configurata dagli artt. 8
e 9 dello statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige,  sicche'  non
ricorrono, nella specie, le condizioni per  l'applicazione  dell'art.
10 della legge cost. n. 3/2001" (sentenza n. 213 del 2009)» (sentenza
n. 328 del 2010) ed e' dunque alla stessa materia  dell'addestramento
e della formazione professionale, gia' definita  nei  suoi  contenuti
dalla  citata  giurisprudenza  costituzionale,   che   occorre   fare
riferimento. 
    7.2.- Quanto al sistema  della  disciplina  europea  e  nazionale
della formazione specifica in medicina generale,  si  deve  osservare
che  l'intervenuta  direttiva  n.  2005/36/CE  non  innova   se   non
marginalmente l'impianto anteriore, limitandosi a raccogliere  in  un
nuovo  testo  unico  le  disposizioni   contenute   nelle   direttive
precedenti e in particolare all'art. 28.  Sicche'  e'  corretto  fare
riferimento ai «considerando» di quelle direttive, che continuano  ad
esprimere le specifiche ragioni delle scelte operate in  materia  dal
legislatore comunitario, e piu' precisamente alla considerazione  che
«[il] bisogno  di  una  formazione  specifica  in  medicina  generale
risulta in particolare dal fatto che lo  sviluppo  delle  scienze  ha
prodotto un divario sempre piu' ampio tra l'insegnamento e la ricerca
medica da un lato e la pratica della medicina generale dall'altro, al
punto che importanti aspetti della medicina generale non possono piu'
essere insegnati in modo soddisfacente nel quadro della  tradizionale
formazione medica di  base  esistente  negli  Stati  membri»  (quarto
«considerando» della direttiva 86/457/CEE e sedicesimo «considerando»
della direttiva 93/16/CEE). 
    Il   carattere   prevalentemente   pratico-professionale    della
formazione specifica in esame risulta espressamente confermato  dalla
normativa  di  attuazione  della  citata  direttiva  e   segnatamente
dall'art. 36 del d.lgs.  n.  206  del  2007,  il  quale  al  comma  6
espressamente afferma che «[i]l  corso  di  formazione  specifica  di
medicina generale che si svolge a  tempo  pieno  sotto  il  controllo
delle regioni e delle province autonome, e' di  natura  piu'  pratica
che teorica». 
    E' dunque ancora a questa specifica  connotazione  pratica  della
formazione professionale  in  medicina  generale  che  occorre  avere
riguardo per  risolvere  il  dubbio  se  essa  ricada  o  meno  nella
competenza  della  provincia  autonoma  di  Bolzano  in  materia   di
addestramento e formazione professionale. Se e' vero infatti che  non
necessariamente ogni tipo di formazione professionale puo'  rientrare
nell'ambito oggettivo della materia individuata all'art. 8,  n.  29),
dello statuto speciale, le ragioni attinenti al carattere empirico di
tale particolare tipo di formazione, che  questa  Corte  ha  ritenuto
decisive per concludere nel senso della sua inerenza alla materia  di
attribuzione esclusiva provinciale,  permangono  in  identica  misura
anche nel vigente quadro normativo. 
    Ad esse si puo' aggiungere la considerazione che, fermo  restando
quanto si dira' al successivo punto 7.3. sull'autonoma portata  della
materia sanitaria, non puo' essere estranea a queste  conclusioni  la
specifica  attinenza  della  formazione  professionale  medica   alla
competenza  legislativa  provinciale  in  ambito  sanitario  e,  piu'
precisamente, alla competenza concorrente della Provincia autonoma in
materia di «tutela della salute» ex art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
come visto ad essa applicabile in base all'art. 10 della legge  cost.
n. 3 del 2001. E non puo' non rilevare, di  conseguenza,  l'indiretta
incidenza  della  formazione  dei  medici   su   interessi   comunque
appartenenti alla sfera della sanita' (si veda la sentenza n. 108 del
2012, nella  quale,  affermata  l'inerenza  di  una  legge  regionale
toscana sulla formazione obbligatoria dei responsabili  di  panificio
alla materia della formazione professionale di competenza  residuale,
si osserva come per mezzo della stessa legge si  persegua,  altresi',
«la  tutela  di  interessi  connessi   all'osservanza   delle   norme
igienico-sanitarie e di sicurezza sul luogo di  lavoro,  appartenenti
anche alla sfera di governo decentrato», ex art.  117,  terzo  comma,
Cost.). 
    7.3.- Al di la' di queste considerazioni sul rilievo, nei termini
detti, della competenza provinciale in materia sanitaria in  funzione
della definizione dell'ambito di estensione oggettiva  della  materia
della formazione professionale, si deve conclusivamente osservare che
la circostanza che la disposizione  impugnata  possa  incidere  anche
sulla «tutela della salute» - come la stessa Provincia ammette  nelle
sue  difese  -  non  muta  le  conclusioni  raggiunte  circa  la  sua
prevalente inerenza alla formazione professionale, che costituisce lo
specifico oggetto regolato dalla norma impugnata. 
    Il nucleo essenziale della disposizione, al quale si  deve  avere
riguardo per stabilire l'ambito materiale  prevalente  (ex  plurimis,
sentenze n.  126  del  2014  e  n.  52  del  2010),  concerne  invero
l'attivita' di tutorato e, in particolare,  i  requisiti  dei  medici
tutori e i loro compiti durante il periodo di formazione pratica  dei
partecipanti ai corsi. Sia per  il  suo  oggetto  che  per  il  fine,
dunque,  la  norma  costituisce   primariamente   espressione   della
competenza    provinciale    nella    materia    della    «formazione
professionale». 
    8.-  Nella  memoria  depositata  in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura  deduce  che,  anche  nel  caso  in  cui  si   trattasse
dell'esercizio  di  tale   competenza   legislativa   esclusiva,   la
previsione  provinciale   sarebbe   comunque   illegittima,   perche'
travalicherebbe il limite del rispetto degli obblighi  internazionali
fissato  dall'art.  4  dello  statuto.  Gli  obblighi  in   questione
sarebbero quelli derivanti dalla  normativa  dell'Unione  europea  in
materia di formazione specifica dei medici in medicina generale - che
non si occupa peraltro della durata del convenzionamento  dei  medici
tutori - di cui il d.lgs. n. 368 del 1999 costituirebbe strumento  di
attuazione nell'ordinamento interno. 
    L'assunto si traduce in un autonomo motivo di impugnazione  della
norma provinciale, fondato sulla violazione degli artt. 4 e 8, numero
29), dello statuto speciale, sotto il  profilo  dell'eccedenza  dalla
potesta'  legislativa  esclusiva  della  Provincia  in   materia   di
«formazione professionale». In quanto tale si tratta di  una  censura
inammissibile, perche' non proposta tempestivamente. In ogni caso,  i
parametri statutari invocati non sono tra quelli per cui il Consiglio
dei ministri ha deliberato la proposizione del ricorso. 
    9.-  In  conclusione,  la  disposizione   provinciale   impugnata
costituisce legittima espressione della  potesta'  legislativa  della
Provincia   autonoma   di   Bolzano   in   materia   di   «formazione
professionale» e  la  questione  promossa  dal  Governo  deve  essere
dichiarata non fondata.