ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma
12-septies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, promosso dal Tribunale ordinario di Monza, in  funzione
di giudice  del  lavoro,  nel  procedimento  vertente  tra  B.  L.  e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),  con  ordinanza
del 10 luglio 2014, iscritta al n. 336 del registro ordinanze 2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  2,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  maggio  2017  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato Antonino Sgroi per  l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato  Gabriella  Palmieri  per  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata l'8 agosto 2014 e iscritta al n. 336
del registro ordinanze 2015, il  Tribunale  ordinario  di  Monza,  in
funzione di giudice del lavoro, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt.  3  e  38  della  Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 12-septies, del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    1.1.-  Il  giudizio  principale  trae   origine   dalla   domanda
presentata  da  B.  L.,  dipendente  del  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca dall'11 settembre 2000 al 31  agosto
2010 e «titolare di posizione INPS per il periodo 1964-2008». 
    Durante l'istruttoria sulla domanda di pensione di vecchiaia,  la
parte ricorrente nel giudizio principale, confidando nella vigenza di
un  regime  di  ricongiunzione  gratuita,  ha  chiesto   all'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS),  il  30  luglio  2010,  la
ricongiunzione  gratuita  della  contribuzione  versata  all'Istituto
nazionale  di  previdenza  per  i   dipendenti   dell'amministrazione
pubblica (INPDAP). 
    L'INPS, il  5  settembre  2010,  nell'accogliere  la  domanda  di
ricongiunzione, ha chiesto il versamento  dell'importo  di  84.498,45
euro, in applicazione dell'art. 12, comma 12-septies, del d.l. n.  78
del 2010, che, gia' a decorrere dal 1° luglio 2010, ha  tramutato  il
regime di ricongiunzione in oneroso. 
    La parte ricorrente ha  chiesto  di  accertare  il  diritto  alla
ricongiunzione gratuita,  eccependo  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 12,  comma  12-septies,  del  d.l.  n.  78  del  2010,  che
sancisce,   con    efficacia    retroattiva,    l'onerosita'    della
ricongiunzione. 
    1.2.- In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva  che  dalla
soluzione del  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  «dipende  il
diritto alla ricongiunzione gratuita rivendicato» dalla ricorrente. 
    Pertanto, la questione  di  legittimita'  costituzionale  sarebbe
«assolutamente   determinante   ai   fini   della    decisione    del
procedimento». 
    1.3.- Per quel che attiene alla non  manifesta  infondatezza,  il
giudice rimettente assume che la disciplina censurata, introdotta con
la legge di conversione del 30 luglio 2010, ma efficace  fin  dal  1°
luglio 2010,  contrasti  con  l'art.  3  Cost.,  per  violazione  del
principio di eguaglianza e del principio di ragionevolezza. 
    La norma, in particolare, determinerebbe un'arbitraria disparita'
di trattamento tra chi, per circostanze accidentali, abbia presentato
la domanda di ricongiunzione prima o dopo il 1° luglio 2010,  poiche'
accorderebbe soltanto alla prima categoria di soggetti  il  beneficio
della ricongiunzione gratuita. 
    Nel caso di specie, la parte  ricorrente  avrebbe  presentato  la
domanda  di  ricongiunzione  proprio  il  30  luglio  2010,  data  di
pubblicazione della legge di conversione che ha introdotto  la  norma
censurata. 
    Quanto al contrasto con il canone di ragionevolezza,  il  giudice
rimettente argomenta che la norma in esame, nel fare retroagire al 1°
luglio 2010 l'introduzione della nuova disciplina  di  ricongiunzione
onerosa, non troverebbe un'adeguata giustificazione nell'esigenza  di
tutelare  principi,  diritti  o  beni  di  rilievo  costituzionale  e
lederebbe il legittimo affidamento dei consociati. 
    Difatti,  la  parte  ricorrente,  il  30  luglio  2010,   avrebbe
presentato una domanda di  ricongiunzione,  contando  sul  regime  di
ricongiunzione gratuita allora vigente, per poi vedersi imposto,  con
efficacia retroattiva, un onere eccessivo (84.498,45 euro). 
    Il giudice rimettente prospetta, inoltre, la violazione dell'art.
38, secondo comma, Cost.: il  diritto  alla  pensione,  che  si  deve
determinare sulla base di tutta l'attivita' lavorativa svolta e della
ricongiunzione  dei  versamenti  effettuati  ad  enti   previdenziali
diversi,  «non  puo'  essere  sacrificato  se   non   in   forza   di
provvedimenti che tutelino pari  o  superiori  diritti  e  che  siano
proporzionali, necessari ed equilibrati». Il giudice  a  quo  esclude
che i requisiti da ultimo menzionati ricorrano nel caso di specie. 
    2.- Con memoria del 29 gennaio 2016, si e' costituito l'INPS e ha
chiesto di dichiarare irrilevante, inammissibile o comunque infondata
la questione di legittimita' costituzionale sollevata  dal  Tribunale
ordinario di Monza. 
    L'INPS ha osservato, in primo luogo, che  la  ricorrente  non  ha
ottemperato  all'onere  di  pagare  le  somme   necessarie   per   la
ricongiunzione e che tale omissione  implica  rinuncia  alla  domanda
proposta. Tale rinuncia determinerebbe l'irrilevanza della  questione
di   legittimita'   costituzionale:   un'eventuale    pronuncia    di
accoglimento «non potra' produrre effetto di  sorta  sulla  questione
sottoposta al vaglio giudiziario». 
    Nel merito, i dubbi di legittimita' costituzionale non  sarebbero
fondati: «il legislatore ha legittimamente ponderato gli interessi di
una categoria di lavoratori, i lavoratori subordinati  pubblici,  con
gli interessi di tutti i lavoratori e dei  pensionati»  e  ha  tenuto
conto delle risorse economiche disponibili, che avrebbero  consentito
solo fino al momento di entrata in vigore della norma  censurata  «di
esonerare dai costi di ricongiunzione una  determinata  categoria  di
lavoratori subordinati». 
    2.1.- In  prossimita'  dell'udienza,  l'INPS  ha  depositato  una
memoria illustrativa, ribadendo le conclusioni gia' formulate. 
    L'INPS ha precisato che la parte ricorrente ha presentato domanda
il 30 luglio 2010, il giorno stesso della pubblicazione  della  legge
contenente la norma  censurata:  tale  concomitanza  escluderebbe  un
affidamento meritevole di tutela. 
    L'INPS,  inoltre,  ha  posto   l'accento   sulla   ragionevolezza
dell'intervento del legislatore, che ha eliminato il privilegio della
gratuita'  della  ricongiunzione,   concesso   ai   soli   lavoratori
dipendenti, privati e pubblici, esclusi dall'applicazione del sistema
contributivo, e ha cosi'  rimosso  un  onere  economico  destinato  a
gravare  sulla  collettivita',  liberando  «risorse   economiche   da
destinare ad altri fini sempre in seno al sistema previdenziale». 
    Il legislatore si sarebbe premurato di valorizzare in  ogni  caso
la contribuzione previdenziale versata presso gestioni diverse: anche
da questo angolo visuale, non si ravviserebbe alcun contrasto  con  i
principi di eguaglianza e di ragionevolezza. 
    Peraltro, la parte ricorrente  nel  giudizio  principale  avrebbe
potuto  percorrere  altre  strade  allo  scopo  di   valorizzare   la
contribuzione accreditata presso gestioni disparate: l'art. 38  Cost.
prescriverebbe  di  attribuire  rilievo  a  tutta  la   contribuzione
versata, ma non imporrebbe la gratuita' della ricongiunzione. 
    3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque  infondata
la questione di legittimita'  costituzione  sollevata  dal  Tribunale
ordinario di Monza. 
    Secondo   la   difesa   dello   Stato,   la   questione   sarebbe
inammissibile, alla luce del carattere discrezionale delle scelte del
legislatore in merito alle modalita' e ai tempi della ricongiunzione. 
    Nel merito, la questione non sarebbe comunque fondata. 
    A tale riguardo, l'Avvocatura generale dello Stato evidenzia che,
prima  dell'entrata  in  vigore  della   disciplina   censurata,   la
ricongiunzione gratuita operava soltanto per i lavoratori che,  dalle
gestioni  alternative  (INPDAP,  Fondi   speciali   ferrovie,   volo,
elettrici,  telefonici),  intendevano  passare  al   Fondo   pensioni
lavoratori dipendenti. 
    La legge n. 122 del 2010 si prefiggerebbe lo scopo di  conseguire
gli obiettivi di finanza pubblica concordati  in  sede  europea,  nel
rispetto del vincolo posto dall'art. 81  Cost.,  e  di  garantire  ai
diversi  lavoratori  un  trattamento  omogeneo:  invero,  la   regola
dell'onerosita' della ricongiunzione si applicherebbe  ai  lavoratori
provenienti  da  altre  gestioni  previdenziali  che  optano  per  la
ricongiunzione e ai lavoratori  che  da  sempre  contribuiscono  alla
gestione del Fondo pensioni lavoratori dipendenti. 
    Per  tali  ragioni,  la  norma,   introdotta   dalla   legge   di
conversione, sarebbe esente dai vizi di  legittimita'  costituzionale
denunciati dal Tribunale ordinario di Monza. 
    3.1.- Il 2 gennaio 2017, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
depositato  la  nota  del   24   febbraio   2016   dell'Ufficio   del
coordinamento  legislativo  del  Ministero  dell'economia   e   delle
finanze, con allegata nota del  16  febbraio  2016  del  Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato in merito agli oneri finanziari
di un'eventuale pronuncia di accoglimento della questione in esame. 
    La nota della Ragioneria  generale  dello  Stato  allega,  a  sua
volta, una nota dell'Ufficio legislativo del Ministero del  lavoro  e
delle politiche  sociali  del  3  ottobre  2012,  con  allegata  nota
dell'INPS riguardante gli oneri finanziari connessi a un  disegno  di
legge finalizzato ad  abrogare  integralmente  l'art.  12,  commi  da
12-septies a 12-undecies, del d.l. n. 78 del 2010. 
    3.2.-  Nell'approssimarsi  dell'udienza,  l'Avvocatura   generale
dello Stato ha depositato una memoria illustrativa e ha confermato le
conclusioni  gia'  rassegnate  in  punto  di  inammissibilita'  e  di
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Ha ribadito che  l'imposizione  di  un  onere  di  ricongiunzione
risponde  principalmente  a  «criteri  di  equita'»  tra  le  diverse
categorie, assicura «coerenza e razionalita' al sistema»  ed  elimina
difformita' di trattamento tra i diversi  lavoratori,  sprovviste  di
ogni razionale giustificazione. 
    A dire dell'Avvocatura generale dello Stato,  la  gravita'  della
situazione  dei  conti  pubblici  avrebbe  imposto  «un  immediato  e
decisivo intervento riformatore in materia pensionistica, proprio  al
fine  di  contenere,   con   immediatezza   e   urgenza,   la   spesa
previdenziale»:  la  regola  dell'onerosita'   della   ricongiunzione
scongiurerebbe  il  rischio  di   effetti   finanziari   di   impatto
considerevole, valutati nel documento della Ragioneria generale dello
Stato del 16 febbraio 2016. 
    Peraltro, per i lavoratori che hanno versato contributi in casse,
gestioni  o  fondi  pensionistici  diversi  e   che   non   intendono
sobbarcarsi   agli   oneri   della   ricongiunzione,    l'ordinamento
appresterebbe lo strumento della totalizzazione. 
    4.- All'udienza le parti hanno ribadito le conclusioni  formulate
nelle memorie difensive. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Monza, in funzione di  giudice  del
lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 12,  comma
12-septies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122. 
    La norma censurata, aggiunta in sede di conversione del  d.l.  n.
78 del 2010, statuisce, con  decorrenza  retroattiva  dal  1°  luglio
2010, l'onerosita' del regime della ricongiunzione  verso  il  regime
dell'assicurazione  generale  obbligatoria  dei  contributi   versati
presso gestioni alternative. 
    Il giudice rimettente assume che la norma  censurata,  in  virtu'
dell'efficacia retroattiva che la contraddistingue, contrasti con «il
canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.) ed il
principio  del  legittimo   affidamento»   e   non   trovi   adeguata
giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di
rilievo costituzionale. 
    Il giudice a quo argomenta che  «la  retrodatazione  del  termine
ultimo di vigenza (al 1 luglio 2010) della possibilita' di presentare
domanda per la ricongiunzione gratuita, si  appalesa  irrazionale  in
quanto in alcun modo giustificata  e  crea  una  discriminazione  fra
soggetti che, vigente la stessa disposizione di  legge,  abbiano  del
tutto casualmente presentato la domanda prima e dopo tale data». 
    L'irragionevolezza  della  disposizione   sarebbe   ancora   piu'
stridente in considerazione della gravosita' dell'onere imposto. 
    Il giudice rimettente, inoltre, denuncia la violazione  dell'art.
38, secondo comma, Cost., che tutela il  diritto  alla  pensione  «da
determinarsi sulla base di tutta  la  attivita'  lavorativa  svolta»:
tale diritto non potrebbe essere sacrificato  «se  non  in  forza  di
provvedimenti che tutelino pari  o  superiori  diritti  e  che  siano
proporzionali, necessari ed equilibrati», requisiti che  non  sarebbe
dato ravvisare nel caso di specie. 
    2.- Le eccezioni di inammissibilita', formulate nella memoria  di
costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale  (INPS)
e nell'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei  ministri,
devono essere disattese. 
    2.1.- L'INPS ha eccepito l'inammissibilita' della  questione  per
difetto di rilevanza, sul presupposto che il mancato pagamento  delle
rate definite dal medesimo Istituto valga come rinuncia alla  domanda
di ricongiunzione: a fronte di una domanda di  ricongiunzione  oramai
inefficace, un'eventuale pronuncia di accoglimento  non  apporterebbe
alcuna utilita' alla parte ricorrente nel giudizio a quo. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante, poiche'
la norma censurata, nell'imporre l'applicazione di un regime  oneroso
di  ricongiunzione,  e'  chiamata  a  disciplinare   la   fattispecie
controversa ed e' l'unico ostacolo che si  frappone  all'accoglimento
della  richiesta  di  ricongiunzione  gratuita  dei  diversi  periodi
contributivi. 
    2.2.-    L'Avvocatura    generale    dello    Stato     prospetta
l'inammissibilita' della questione  di  legittimita'  costituzionale,
argomentando   che   l'intervento,   richiesto   a   questa    Corte,
sconfinerebbe    nell'ambito    riservato    alla    discrezionalita'
legislativa. 
    Neppure tale rilievo coglie nel segno. 
    Nella  prospettiva   del   giudice   rimettente,   la   legalita'
costituzionale potrebbe essere  ripristinata  rimuovendo  l'efficacia
retroattiva sancita in sede  di  conversione  del  decreto-legge:  il
petitum, delimitato in questi termini, e' puntuale e  univoco  e  non
investe l'alternativa tra molteplici opzioni di politica legislativa,
che non  spetta  a  questa  Corte  sciogliere,  in  assenza  di  rime
costituzionalmente obbligate. 
    3.- La questione e' fondata. 
    3.1.- La norma  censurata  scaturisce  dall'emendamento  12.1000,
introdotto in sede  di  conversione  allo  scopo  di  «armonizzare  e
razionalizzare la materia delle ricongiunzioni, prevedendo  che  alle
diverse categorie di lavoratori si applichi una normativa  analoga  a
quella applicata nel regime generale». 
    Nel  rendere  onerosa,  a  decorrere  dal  1°  luglio  2010,   la
ricongiunzione nell'assicurazione generale  obbligatoria  di  periodi
contributivi  maturati  in  ordinamenti  pensionistici  esclusivi   o
sostitutivi,   la    disciplina    sospettata    di    illegittimita'
costituzionale si discosta dalla regola generale posta dall'art.  15,
comma  5,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio  dei  Ministri),  che,  per  le  modifiche   apportate   al
decreto-legge in sede di conversione, statuisce in linea di principio
l'entrata  in  vigore  «dal  giorno   successivo   a   quello   della
pubblicazione della legge di conversione». 
    Tale regola, nel caso di specie,  trova  riscontro  nell'art.  1,
comma 3, della legge di conversione n.  122  del  2010,  che  dispone
l'entrata in vigore della medesima  legge  «il  giorno  successivo  a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale»,  risalente
al 30  luglio  2010  (supplemento  ordinario  n.  174  alla  Gazzetta
Ufficiale, serie generale, n. 176 del 30 luglio 2010). 
    3.2.- Occorre, in via  preliminare,  circoscrivere  il  tema  del
decidere, devoluto all'esame di questa Corte. 
    Le censure del giudice rimettente non deducono l'irragionevolezza
del  nuovo  regime  oneroso  di  ricongiunzione.  Esse  si  appuntano
soltanto  sulla  «irragionevolezza  della  sua  retrodatazione»,  con
particolare riguardo  alla  fattispecie  disciplinata  dall'art.  12,
comma 12-septies, del d.l. n. 78 del 2010, secondo termini omogenei a
quelli specificati anche nei successivi commi 12-octies  e  12-novies
per  ipotesi  che  esulano  dall'odierno   vaglio   di   legittimita'
costituzionale. 
    Le argomentazioni  dell'INPS  e  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato,  per  contro,  muovono  dal  presupposto  che   i   dubbi   di
legittimita' costituzionale si incentrino sul nuovo regime e, di tale
regime, ribadiscono la  ragionevolezza  e  la  compatibilita'  con  i
precetti costituzionali, senza affrontare gli argomenti  addotti  dal
giudice rimettente in punto di disciplina intertemporale. 
    Anche la determinazione degli effetti economici di una  decisione
di   accoglimento,   approfonditi   nella   documentazione   prodotta
dall'Avvocatura generale dello Stato, presuppone  che  il  regime  di
onerosita' della ricongiunzione sia  eliminato  in  radice.  Un  tale
esito, tuttavia, non e' quello prefigurato dal giudice a quo, che  si
limita a censurare l'efficacia retroattiva  della  nuova  disciplina,
nel circoscritto arco temporale che dal 1°  luglio  2010  si  estende
fino al 30 luglio 2010. 
    3.3.-  Il  giudice  a  quo,  pertanto,  non   contesta   che   il
legislatore,  alla   stregua   di   una   valutazione   eminentemente
discrezionale (sentenza n.  527  del  1987),  possa  disciplinare  la
ricongiunzione dei contributi  versati  presso  gestioni  differenti,
contemperando la sostenibilita' del  sistema  previdenziale  nel  suo
complesso  con  l'esigenza   che   il   pluralismo   delle   gestioni
previdenziali e la frammentarieta' della carriera lavorativa  non  si
risolvano in un pregiudizio per il lavoratore che intenda  conseguire
la pensione. 
    La ricongiunzione, che implica il trasferimento, presso la  nuova
gestione, della «posizione assicurativa gia' posseduta dal lavoratore
presso la gestione di provenienza, nella sua  integrale  consistenza»
(sentenza n. 374 del  1997),  si  prefigge  di  valorizzare  tutti  i
periodi assicurativi (Corte di cassazione, sezione  lavoro,  sentenza
30  maggio  1989,  n.  2616)  e  di  attribuire  all'interessato   un
trattamento  piu'  vantaggioso  rispetto  a   quello   che   potrebbe
rivendicare  tenendo  distinti  i  rispettivi   periodi   (Corte   di
cassazione, sezione lavoro, sentenza 7 febbraio 1989, n. 740). 
    Anche di recente, con l'art. 1, commi da 195 a 198,  della  legge
11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2017  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2017-2019),  il  legislatore  e'   intervenuto   su   tale   materia,
apprestando  nuove  garanzie  per  il  cumulo   della   contribuzione
frammentata, in alternativa rispetto agli strumenti  gia'  collaudati
della  ricongiunzione  (legge  7  febbraio  1979,  n.   29,   recante
«Ricongiunzione dei  periodi  assicurativi  dei  lavoratori  ai  fini
previdenziali»)  e  della  totalizzazione  (decreto   legislativo   2
febbraio  2006,  n.  42,  recante   «Disposizioni   in   materia   di
totalizzazione dei periodi assicurativi)». 
    Il  nucleo  delle  censure  non   attiene   alla   ragionevolezza
dell'assetto tratteggiato dal legislatore, ma al  profilo  diacronico
della  disciplina  della  ricongiunzione,  che  il   legislatore   e'
vincolato  a  delineare  nel  rispetto  del  principio  generale   di
ragionevolezza e della tutela del legittimo affidamento. 
    3.4.- La  norma  censurata  si  rivela  disarmonica  rispetto  ai
principi enunciati. 
    Nell'innovare con efficacia  retroattiva  il  regime  applicabile
alle  domande  di  ricongiunzione  gia'  presentate,  essa   vanifica
l'affidamento   legittimo   che   i   lavoratori   avevano    riposto
nell'applicazione del regime vigente  al  tempo  della  presentazione
della  domanda,  principio   che   si   configura   quale   «elemento
fondamentale e indispensabile dello Stato di  diritto»  (sentenze  n.
822 del 1988 e n. 349 del 1985). 
    Il legittimo  affidamento,  presidiato  dall'art.  3  Cost.,  non
preclude le modifiche sfavorevoli dei rapporti  giuridici,  ma  esige
che tali modifiche non si traducano in una  disciplina  irragionevole
(sentenza n. 216 del 2015). 
    Con riguardo alla specifica norma  censurata,  non  si  ravvisano
ragioni apprezzabili, idonee a giustificare la scelta di  sacrificare
l'affidamento «nel bilanciamento con altri interessi  costituzionali»
(sentenza n. 525 del 2000) e di incidere, con effetti retroattivi, su
situazioni disciplinate da leggi precedenti. 
    L'esigenza di armonizzazione e di  razionalizzazione,  illustrata
nel corso del dibattito parlamentare, da' conto delle ragioni sottese
alla disciplina, ma non implica la necessita' di farne retroagire  di
un mese l'efficacia, pregiudicando un affidamento che,  nel  caso  di
specie, appare  meritevole  di  tutela.  Difatti,  il  lavoratore  ha
compiuto le sue scelte, volte a tutelare nella maniera piu'  incisiva
i diritti previdenziali, sulla scorta di una valutazione che il nuovo
quadro normativo ha alterato in maniera repentina e radicale. 
    3.5.- L'esigenza di garantire la tutela del legittimo affidamento
non  puo'  che  arrestarsi  nel  momento  a  partire  dal  quale   le
disposizioni della legge 30  luglio  2010,  n.  122  (pubblicate  nel
supplemento ordinario n. 174 alla Gazzetta Ufficiale, serie generale,
n. 176 del 30 luglio 2010) sono entrate in vigore. 
    A partire da tale momento, che l'art. 1, comma 3, della legge  n.
122 del  2010  individua  nel  31  luglio  2010,  il  legislatore  e'
abilitato a dettare disposizioni atte a modificare sfavorevolmente la
disciplina in vigore. Entro tale termine va limitata la dichiarazione
di incostituzionalita' della norma censurata  (sentenza  n.  416  del
1999, punto 6.2. del Considerato in diritto). 
    4.- Alla luce delle considerazioni svolte, deve essere dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma, in riferimento  all'art.
3 Cost., sotto il profilo del principio  di  ragionevolezza  e  della
tutela del legittimo affidamento. 
    4.1.-  Restano  assorbite  le  censure,  che  fanno  leva   sulla
disparita'   di   trattamento   tra   chi   presenta,   in    periodi
accidentalmente diversi, la medesima domanda di ricongiunzione  (art.
3 Cost.) e sul  contrasto  con  il  principio  di  adeguatezza  della
prestazione previdenziale (art. 38 Cost.).