ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
685, 688 e 689,  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge  di  stabilita'  2016)»,  promosso  dalla  Regione
siciliana con ricorso notificato il 29 febbraio 2016,  depositato  in
cancelleria l'8 marzo 2016 ed iscritto al n. 15 del registro  ricorsi
2016. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  maggio  2017  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato Beatrice Fiandaca per  la  Regione  siciliana  e
l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione siciliana, con ricorso notificato il  29  febbraio
2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il  successivo  8
marzo, ha impugnato numerose disposizioni  della  legge  28  dicembre
2015, n. 208, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di  stabilita'  2016)»,  tra
cui l'art. 1, commi 685, 688 e 689, in  riferimento,  nel  complesso,
agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.
455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione   siciliana),   «e
correlate norme di attuazione», all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,
n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in
materia finanziaria), nonche' agli artt. 97, primo comma, 81,  ultimo
comma, e 119, primo e  sesto  comma,  della  Costituzione,  anche  in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18  ottobre  2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    2.- La Regione siciliana premette che le  norme  impugnate  danno
luogo a insostenibili riduzioni di risorse, incidendo  sulla  propria
finanza gia' gravemente compromessa, come si rileva  anche  dai  dati
richiamati dalla Corte dei conti in sede di parifica  del  rendiconto
per  l'esercizio  finanziario  dell'anno  2014  e   per   l'esercizio
finanziario dell'anno 2015. 
    3.-  L'art.  1,  comma  685,  della  legge  n.  208   del   2015,
nell'attribuire alla Regione siciliana l'importo di  900  milioni  di
euro per l'anno 2016, stabilisce «Nelle more  dell'adeguamento  delle
norme di  attuazione  dello  statuto  della  Regione  siciliana  alle
modifiche intervenute  nella  legislazione  tributaria,  al  fine  di
omogeneizzare il  comparto  delle  autonomie  speciali,  in  modo  da
addivenire, tra l'altro, a  un  chiarimento  sulla  compartecipazione
regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al
gettito tributario [...]». 
    La norma e' sospettata di illegittimita' costituzionale,  per  la
violazione dell'art. 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, nella parte  in
cui non prevede in modo espresso che il disposto  «adeguamento  delle
norme di attuazione dello Statuto» debba essere effettuato secondo la
procedura prescritta dal medesimo art. 43 dello statuto siciliano. 
    4.- L'art. 1,  comma  688,  della  legge  n.  208  del  2015,  e'
impugnato in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto  siciliano,
e correlate norme di attuazione, e agli artt. 97,  primo  comma  (per
l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle  pubbliche
amministrazioni), 81, ultimo comma,  e  119,  primo  e  sesto  comma,
Cost., anche in relazione all'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del
2001. 
    5.- La norma stabilisce il versamento  all'entrata  del  bilancio
dello Stato da parte di  ciascuna  Regione  e,  in  caso  di  mancato
versamento, attraverso corrispondente riduzione dei  trasferimenti  a
qualunque  titolo  dovuti  alle  Regioni  interessate,  della   somma
complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per l'anno  2016,
di 9,8 milioni di euro per l'anno 2017, di 12,1 milioni di  euro  per
l'anno 2018, e di 14,2 milioni di euro annui  a  decorrere  dall'anno
2019. 
    Deduce la Regione siciliana che, in assenza di indicazioni  sulle
ragioni  dei  suddetti  versamenti,  potrebbe  ad  un   primo   esame
ipotizzarsi che gli stessi possano essere ricondotti alla  erogazione
complessiva dell'importo di 1.550 milioni  di  euro  «disposta  dalla
modifica  al  comma  683  e  dai  commi  685  e  686  nei  confronti,
rispettivamente, delle regioni a  statuto  ordinario,  della  Regione
Sicilia e della Regione Valle d'Aosta.  Tale  erogazione  corrisponde
alla  somma  versata  all'entrata  dal  comma  687  e,  qualora  cio'
comportasse la necessita' di nuove emissioni di titoli  di  Stato,  i
versamenti in esame -  come  pure  quelli  di  cui  al  comma  689  -
potrebbero correlarsi agli oneri per interessi, ma  su  tale  ipotesi
appare opportuna una conferma da parte del Governo». 
    La disposizione,  prospetta  la  difesa  regionale,  comporta  un
ulteriore aggravio per il bilancio della Regione e, in quanto ad essa
applicabile, risulterebbe lesiva dei parametri sopra indicati. 
    In ogni caso l'art. 1, comma 688, della legge n.  208  del  2015,
sarebbe  illegittimo  laddove  quantifica  il   recupero   per   anni
successivi, e ne  aumenta  l'importo  a  decorrere  dal  2019,  senza
apporre un termine finale a tale recupero. 
    6.-  L'art.  1,  comma  689,  della  legge  n.  208   del   2015,
analogamente, e' censurato per la violazione  degli  artt.  36  e  43
dello statuto siciliano, e correlate norme di  attuazione,  dell'art.
2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, e degli artt. 97,  primo
comma (per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle
pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119,  primo  e  sesto
comma, Cost. - principi di certezza delle entrate, di  affidamento  e
di corrispondenza  tra  risorse  e  funzioni  -  anche  in  relazione
all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    La  norma  stabilisce  il  recupero  all'erario,  attraverso   un
maggiore accantonamento nei  confronti  della  Regione  siciliana,  a
valere sulle quote di  compartecipazione  ai  tributi  erariali,  dei
seguenti importi: 9,9 milioni di euro per il 2016;  14,8  milioni  di
euro per il 2017; 18,2 milioni di euro per il 2018; 21,2  milioni  di
euro a decorrere dal 2019. 
    7.- La Regione siciliana prospetta l'illegittimita'  della  norma
sia in relazione al previsto recupero tramite accantonamento, sia con
riguardo alla  decorrenza  dell'accantonamento  dal  2019,  senza  la
previsione di un termine finale. 
    8.-  A  fondamento   della   censura   sono   poste   le   stesse
argomentazioni illustrate in  relazione  all'impugnazione  del  comma
688. 
    9.-  La  previsione  sottrae  somme  all'economia  della  Regione
siciliana e mina in modo grave il bilancio di quest'ultima. 
    La norma prevede un aggravio dell'onere finanziario della Regione
mediante  un  meccanismo  alla  stessa  non  applicabile  (quote   di
compartecipazione ai tributi erariali). 
    In assenza dei presupposti previsti dall'art. 2, primo comma, del
d.P.R. n. 1074 del 1965, stabilisce una  deroga  al  principio  della
spettanza alla Regione del gettito dei tributi riscossi  sul  proprio
territorio, sottraendo entrate che potrebbero essere  destinate  alle
spese di competenza della medesima. 
    10.- Seppure  le  pubbliche  amministrazioni  debbano  concorrere
all'equilibrio  finanziario  del  bilancio  dello   Stato   ed   alla
sostenibilita' del debito pubblico, le stesse sono tenute  (art.  119
Cost.) anche a garantire l'equilibrio del proprio  bilancio,  con  la
conseguenza che  la  norma  impugnata,  incidendo  su  tale  profilo,
lederebbe gli artt. 81, ultimo comma, 97, primo comma e 119, primo  e
sesto comma, Cost., nonche', l'art. 43 dello statuto. 
    11.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato. 
    12.- In relazione all'impugnazione dell'art. 1, comma 685,  della
legge n. 208 del 2015, osserva la difesa dello Stato che le doglianze
della Regione siciliana sono pretestuose perche' e' la stessa  natura
della disposizione  statutaria  che  impone  che  venga  adottata  la
procedura ivi prevista. 
    13.- Con riguardo all'impugnazione dell'art. 1, commi 688 e  689,
della legge n. 208 del 2015, rileva il Presidente del  Consiglio  dei
ministri che le relative censure sono prive di fondamento. 
    La previsione di cui al comma 688 dell'art. 1  riguarda  le  sole
Regioni a statuto ordinario. 
    Quanto previsto dal comma 689, poiche' attiene ad  un  contributo
stabilito in ragione della erogazione della somma di 900  milioni  di
euro a favore  della  Regione  siciliana,  costituisce  un  legittimo
ristoro a favore del bilancio statale per compensare i maggiori oneri
per interessi passivi derivanti dall'erogazione della predetta somma. 
    14.- Infine,  l'Avvocatura  dello  Stato  ricorda  che  ai  sensi
dell'art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015 «Le  disposizioni
della  presente  legge  sono  applicabili  nelle  regioni  a  statuto
speciale  e  nelle  province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano
compatibilmente con le  disposizioni  dei  rispettivi  statuti  e  le
relative norme  di  attuazione,  anche  con  riferimento  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 
    15.- La difesa dello Stato in data 18 aprile 2017  ha  depositato
memoria con la quale ha ribadito le argomentazioni svolte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione siciliana, con ricorso notificato il  29  febbraio
2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il  successivo  8
marzo, ha impugnato, tra l'altro, l'art. 1, commi  685,  688  e  689,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», in riferimento, nel complesso, agli artt. 36 e  43
del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.  455  (Approvazione
dello  statuto  della  Regione  siciliana),  «e  correlate  norme  di
attuazione», all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme  di
attuazione  dello  Statuto  della  Regione   siciliana   in   materia
finanziaria), e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma  e  119,
primo  e  sesto  comma,  della  Costituzione,  anche  in  riferimento
all'art.  10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    2.- Devono essere riservate  a  separate  pronunce  le  decisioni
sulle ulteriori questioni di legittimita' costituzionale proposte con
lo stesso ricorso. 
    3.- In via preliminare, va rilevato che il  generico  richiamo  a
«correlate norme di  attuazione»,  non  e'  idoneo  ad  integrare  il
relativo parametro. 
    4.- Sempre in  via  preliminare,  secondo  la  giurisprudenza  di
questa Corte, la cosiddetta clausola di salvaguardia, di cui al comma
992 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, richiamata dallo Stato a
sostegno della non lesivita' delle norme  impugnate,  non  esclude  i
vizi  di  costituzionalita'  allorche'  «tale   clausola   entri   in
contraddizione  con  quanto  testualmente   affermato   dalle   norme
impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a  statuto
speciale e alle Province autonome» (ex multis,  sentenza  n.  40  del
2016), cio' che si verifica nella specie. 
    5.- Il comma  685  dell'art.  1  della  legge  n.  208  del  2015
attribuisce alla Regione siciliana l'importo di 900 milioni  di  euro
per l'anno 2016, nelle more anche  dell'adeguamento  delle  norme  di
attuazione dello statuto regionale alle modifiche  intervenute  nella
legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il  comparto  delle
autonomie  speciali,  in  modo  da  addivenire,  tra  l'altro,  a  un
chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della
percentuale di compartecipazione al gettito tributario. 
    5.1.- La doglianza della Regione verte sulla circostanza che  per
l'adeguamento delle norme di attuazione dello statuto  siciliano  non
sia richiamato l'art. 43  dello  stesso  statuto,  secondo  cui  «Una
Commissione  paritetica  di   quattro   membri   nominati   dall'Alto
Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato, determinera'  le
norme transitorie relative al passaggio degli uffici e del  personale
dello Stato alla Regione,  nonche'  le  norme  per  l'attuazione  del
presente Statuto». 
    5.2.- La questione non e' fondata per erroneita' del  presupposto
interpretativo. 
    La mancanza di un espresso richiamo della  norma  statutaria  non
puo' essere in alcun modo intesa come espressione della  volonta'  di
fare eccezione ad una disciplina di  rango  costituzionale  (art.  1,
primo comma, della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  2,
recante «Conversione in  legge  costituzionale  dello  Statuto  della
Regione siciliana, approvato col R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455». 
    Non  esiste,  dunque,   la   lamentata   lesione   dell'autonomia
differenziata riconosciuta dallo statuto speciale. 
    6.- Il comma 688 dispone il versamento al bilancio  dello  Stato,
da  parte  di  ciascuna  Regione,  della  somma   complessiva,   come
ripartita, di 6,6 milioni di euro per il 2016, di 9,8 milioni di euro
per il 2017, di 12,1 milioni di euro per il 2018 e di 14,2 milioni di
euro a decorrere dal 2019. 
    6.1.- La questione, peraltro prospettata in chiave ipotetica,  e'
inammissibile, per carenza  di  interesse,  attesa  la  evidente  non
riferibilita' della disposizione censurata alle Regioni ad  autonomia
differenziata,  quale  e'  la  Regione   siciliana,   come   eccepito
dall'Avvocatura dello Stato. 
    7.- Il comma 689 stabilisce che «L'importo di 9,9 milioni di euro
per l'anno 2016, di 14,8 milioni di euro per  l'anno  2017,  di  18,2
milioni di euro per l'anno 2018 e di 21,2 milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno  2019  e'  recuperato  all'erario  attraverso  un
maggiore accantonamento  nei  confronti  della  Regione  siciliana  a
valere sulle quote di compartecipazione ai  tributi  erariali  ed  e'
corrispondentemente  migliorato  per  ciascun  anno  l'obiettivo   di
finanza pubblica della Regione siciliana». 
    7.1.- La Regione, sollevando preliminarmente dubbi sulla natura e
sul fondamento della pretesa, deduce la violazione degli artt.  36  e
43 dello statuto siciliano, dell'art. 2, primo comma, del  d.P.R.  n.
1074 del 1965, degli artt.  97,  primo  comma  (per  l'aspetto  della
garanzia   degli    equilibri    di    bilancio    delle    pubbliche
amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost.
-  principi  di  certezza  delle  entrate,  di   affidamento   e   di
corrispondenza tra risorse e funzioni - anche in riferimento all'art.
10 della legge cost. n. 3 del 2001,  sia  con  riguardo  al  previsto
recupero mediante accantonamento, sia  con  riguardo  alla  stabilita
indeterminata decorrenza dall'anno 2019. 
    8.- La questione prospettata con riguardo alla lesione  dell'art.
97, primo comma, Cost. (per l'aspetto della garanzia degli  equilibri
di bilancio delle pubbliche amministrazioni), e' inammissibile. 
    Questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  le  Regioni  possono
evocare parametri di legittimita' diversi da quelli che sovrintendono
al riparto di attribuzioni solo quando la violazione  denunciata  sia
potenzialmente idonea a determinare una  lesione  delle  attribuzioni
costituzionali   delle   Regioni,    e    queste    ultime    abbiano
sufficientemente motivato in  ordine  ai  profili  di  una  possibile
ridondanza della violazione dei parametri in questione sul riparto di
competenze, assolvendo all'onere di indicare la specifica  competenza
regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione. 
    Nella  specie,  queste  condizioni  di  ammissibilita'  non  sono
soddisfatte, mancando ogni considerazione al riguardo. 
    8.1.- Anche la censura di violazione dell'art. 81, ultimo  comma,
Cost., e' inammissibile, atteso che la Regione omette di spiegare  in
che  modo  si  verificherebbe  la  lesione  della  propria  autonomia
finanziaria. 
    In particolare la giurisprudenza costituzionale ha precisato  che
grava  sulla  Regione  l'onere  probatorio   circa   il   pregiudizio
lamentato, onere da  soddisfarsi  mediante  la  dimostrazione,  anche
attraverso  dati  quantitativi,  dell'incidenza  delle  riduzioni  di
provvista finanziaria sull'esercizio  delle  funzioni  (ex  plurimis,
sentenze n. 239 del 2015, n. 26 e n. 23 del 2014). 
    Nel caso di specie, l'asserito  squilibrio  e  la  compromissione
delle proprie  funzioni  non  sono  ne'  argomentati,  ne'  tantomeno
provati, e tale carenza non e' colmata dal riferimento alla relazione
delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di  parifica  del
rendiconto, in cui si rappresenta solo lo sviluppo dell'indebitamento
regionale, come si precisa puntualmente nella  sentenza  n.  127  del
2016. 
    8.2.- Per le  stesse  ragioni  e'  inammissibile  la  censura  di
violazione dell'art. 119, primo e sesto comma, Cost.  -  principi  di
certezza delle  entrate,  di  affidamento  e  di  corrispondenza  tra
risorse e funzioni - in riferimento all'art. 10 della legge cost.  n.
3 del 2001, senza peraltro che siano indicate le ragioni per le quali
il parametro  invocato  garantirebbe  una  maggiore  autonomia  della
Regione e sarebbe, percio', applicabile in luogo di quelli  statutari
(sentenza n. 250 del 2007). 
    9.-  Non  e'  fondata,  invece,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale del comma 689 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015,
prospettata  in  riferimento  agli  artt.  36  e  43  dello   statuto
siciliano, e all'art. 2 del d.P.R. n. 1074  del  1965,  con  riguardo
alla previsione dell'accantonamento in se'. 
    9.1.- La legittimita' dell'istituto e' stata piu' volte  ritenuta
da questa Corte (sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del
2015), che ha anche «costantemente affermato che di regola i principi
fondamentali fissati dalla legislazione  dello  Stato  nell'esercizio
della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano
anche ai soggetti ad autonomia speciale [...], in  quanto  essi  sono
funzionali  a  prevenire  disavanzi   di   bilancio,   a   preservare
l'equilibrio    economico-finanziario     del     complesso     delle
amministrazioni pubbliche e  anche  a  garantire  l'unita'  economica
della Repubblica, come richiesto dai principi  costituzionali  e  dai
vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea»
(sentenza n. 82 del 2015, nonche', ex  multis,  sentenza  n.  62  del
2017). 
    In  particolare,  nel  vagliare  l'accantonamento  di  quote  del
gettito tributario destinato alla Regione siciliana,  con  le  citate
sentenze n. 127 del 2016, n. 82  e  n.  77  del  2015,  la  Corte  ha
precisato  la  distinzione  tra  gli   istituti   della   riserva   e
dell'accantonamento,  affermando  la  legittimita'  di  quest'ultimo,
poiche',   mentre   attraverso   la   riserva,   lo   Stato   sottrae
definitivamente all'ente territoriale una quota di  compartecipazione
ai tributi erariali che ad esso sarebbe spettata, e se ne appropria a
tutti gli effetti allo scopo di soddisfare specifiche finalita',  per
mezzo dell'accantonamento le poste attive che spettano alla  Regione,
in forza degli statuti e della normativa  di  attuazione,  permangono
nella titolarita' della stessa,  ma  sono  temporaneamente  sottratte
alla sua disponibilita'. 
    9.2.- Nel fare applicazione di tali principi al caso in esame, va
premesso che, come chiarito dalla difesa dello Stato, il dubbio della
ricorrente, circa la natura e il fondamento della pretesa alla  somma
oggetto dell'accantonamento,  va  sciolto  nel  senso  che  le  somme
attengono  agli  interessi  passivi  sul  contributo  destinato  alla
Regione, ai sensi del comma 685 dell'art. 1 della legge  n.  208  del
2015. 
    9.3.- Una volta ritenuta  la  legittimita'  della  pretesa  dello
Stato,   l'istituto   dell'accantonamento   costituisce   il    mezzo
procedurale per anticipare l'adempimento in attesa che sopraggiungano
le norme di attuazione di cui all'art. 27 della legge 5 maggio  2009,
n. 42 (Delega al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,  in
attuazione dell'articolo 169 della Costituzione), mezzo che, come  si
e' visto, non presenta i  profili  di  illegittimita'  costituzionale
lamentati, ne' in via generale, ne' in riferimento agli artt. 36 e 43
dello statuto speciale. 
    10.- E' egualmente non fondata la censura  relativa  alla  durata
indeterminata dell'accantonamento dopo il 2019 e alla sua conseguente
illegittimita'  alla  stregua  della  giurisprudenza   costituzionale
(sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015). Difatti,
tale durata non  puo'  ritenersi  indeterminata,  poiche'  la  natura
stessa del debito  comporta  un  termine  implicito,  collegato  alla
scadenza dei titoli emessi per la provvista finanziaria  della  somma
di 900 milioni di euro anticipata alla Regione.