ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1, lettere b) e c), e 3 della legge della Regione Calabria 20  aprile
2016, n. 11 (Istituzione  dei  servizi  delle  professioni  sanitarie
infermieristiche,  ostetriche,  riabilitative,   tecnico   sanitarie,
tecniche della prevenzione e delle professioni  sociali  -  modifiche
alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29), promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  20-22  giugno
2016, depositato in cancelleria il 28 giugno 2016 ed iscritto  al  n.
37 del registro ricorsi 2016. 
    Visto  l'atto  di  costituzione,  fuori  termine,  della  Regione
Calabria; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  maggio  2017  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 1, comma 1, lettere b) e c), e  3  della  legge  della  Regione
Calabria 20  aprile  2016,  n.  11  (Istituzione  dei  servizi  delle
professioni sanitarie  infermieristiche,  ostetriche,  riabilitative,
tecnico sanitarie, tecniche della  prevenzione  e  delle  professioni
sociali - modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n.  29),  per
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 120, secondo comma, della
Costituzione. 
    2.- Premette il ricorrente che la Regione Calabria, in seguito  a
una situazione di grave squilibrio economico-finanziario nel  settore
sanitario, ha stipulato con il Ministero della salute e il  Ministero
dell'economia e delle finanze un  accordo  volto  a  individuare  gli
interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio  economico,
nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell'art.
1,  comma  180,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)». 
    Non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal piano di rientro
nei tempi  e  nei  modi  previsti  dal  citato  art.  1,  comma  180,
dall'intesa  Stato-Regioni  del  23  marzo  2005  e  dai   successivi
interventi legislativi in materia, la Regione e' stata  commissariata
ai sensi dell'art. 4  del  decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.  159
(Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo
e l'equita' sociale), convertito, con modificazioni, dalla  legge  29
novembre 2007, n. 222, e nella seduta del 30 luglio 2010 il Consiglio
dei ministri ha  nominato  commissario  ad  acta  il  Presidente  pro
tempore della Regione medesima. 
    Con delibera n. 44 del 3 agosto 2010, il  commissario,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge  finanziaria  2010)»,  ha  approvato  i  programmi
operativi 2013-2015 per la prosecuzione del piano di rientro. 
    Il Consiglio dei ministri, con delibera del  12  marzo  2015,  ai
sensi dell'art. 1, comma 569, della legge 23 dicembre 2014,  n.  190,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'  2015)»,  ha  quindi
conferito a un nuovo soggetto l'incarico di commissario ad  acta  per
l'attuazione del piano di rientro. 
    Con tale delibera e' stato attribuito  al  nuovo  commissario  il
medesimo mandato  gia'  affidato  al  precedente,  ricomprensivo  del
compito di adottare il «provvedimento  di  riassetto  della  rete  di
assistenza  territoriale,  in  coerenza  con  quanto   specificamente
previsto dal patto per la  salute  2014/2016»  (punto  n.  4),  e  il
«provvedimento di riassetto della rete ospedaliera» (punto n. 1). 
    La sopravvenuta legge regionale n. 11 del 2016, in modifica della
legge della Regione Calabria  7  agosto  2002,  n.  29  (Approvazione
disposizioni normative collegate  alla  legge  finanziaria  regionale
relative al Settore Sanita'), ha inteso regolamentare i servizi delle
professioni  sanitarie  infermieristiche,  ostetriche,  riabilitative
tecnico-sanitarie, tecniche della  prevenzione  e  delle  professioni
sociali. 
    3.- Osserva, in particolare, il ricorrente che l'art. 1, comma 1,
lettere b) e c) della legge regionale n. 11 del 2016  istituisce  «b)
[...] il Servizio delle  professioni  sanitarie  (SPS)  in  tutte  le
Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il
dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria; c) [...]  il
Servizio sociale professionale (SSP) in tutte  le  Aziende  sanitarie
provinciali, ospedaliere,  universitarie  e  presso  il  dipartimento
Tutela della Salute della Regione Calabria». 
    3.1.-  Tale  norma,  secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonostante l'espressa menzione del decreto n.  130  del  16
dicembre 2015 del commissario ad acta, se ne discosterebbe in maniera
sostanziale. 
    Con il citato decreto, infatti, il commissario, nell'approvare le
relative linee guida,  avrebbe  fornito  alle  aziende  del  servizio
sanitario regionale criteri condivisi per l'adozione dei singoli atti
aziendali, nell'ambito dei  quali  esercitare  la  propria  autonomia
organizzativa. 
    Sulla base di  tali  linee  guida,  in  particolare,  le  singole
aziende sanitarie possono istituire  il  Servizio  delle  professioni
sanitarie  (SPS)  e  il   Servizio   sociale   professionale   (SSP),
conformemente  all'art.  7  della  legge  10  agosto  2000,  n.   251
(Disciplina delle professioni  sanitarie  infermieristiche,  tecniche
della riabilitazione, della  prevenzione  nonche'  della  professione
ostetrica). 
    Il  contrasto  delle  disposizioni  censurate  con   il   decreto
commissariale sarebbe allora evidente, perche' le  prime,  istituendo
direttamente i menzionati servizi, avrebbero sostanzialmente  avocato
al  Consiglio  regionale  una  competenza   propria   delle   aziende
sanitarie, il cui esercizio  avrebbe  dovuto  essere  vagliato  dalla
struttura commissariale. 
    3.2.- La norma censurata sarebbe dunque incostituzionale sotto un
duplice profilo. 
    Per un verso, essa interferirebbe con le valutazioni e  i  poteri
del commissario ad acta, e tale semplice interferenza  determinerebbe
la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. 
    Per altro verso, essa si sovrapporrebbe alle previsioni del piano
di rientro, e in particolare alle azioni  di  governance  di  cui  al
programma operativo 2013/2015,  n.  10  (approvato  con  decreto  del
commissario ad acta n. 14  del  2  aprile  2015),  e  per  cio'  solo
contrasterebbe, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  con
i principi  fondamentali  della  legislazione  statale  diretti  alla
tutela della salute e al contenimento della spesa pubblica in materia
sanitaria di cui all'art. 2, commi 80 e 95, della legge  n.  191  del
2009,  secondo  i  quali   gli   interventi   previsti   nell'accordo
Stato-Regioni e nel piano di rientro sono vincolanti per la Regione. 
    4.- Incostituzionale, secondo il ricorrente, e'  anche  l'art.  3
della legge regionale n. 11 del 2016, ai sensi del quale «[a]l  comma
3  dell'art.  20  della  legge  regionale  7  agosto  2002,   n.   29
(Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria
regionale relative al Settore Sanita'), la parola "sei" e' sostituita
dalla parola "dodici"». 
    Precisa l'Avvocatura generale dello Stato che il testo originario
della norma  modificata  attribuiva  alla  Giunta  regionale,  «[p]er
esigenze  di  carattere  straordinario»,  la  facolta'  di   nominare
commissari nelle aziende sanitarie e in quelle  ospedaliere  «per  un
periodo di sei mesi eventualmente rinnovabile per una sola volta fino
ad un massimo di sei mesi». 
    La disposizione censurata  e'  dunque  intervenuta  sulla  durata
dell'incarico dei commissari straordinari regionali,  innalzandolo  a
dodici mesi (rinnovabili), il che  contrasterebbe  con  il  carattere
temporaneo ed eccezionale proprio delle gestioni commissariali. 
    In tal modo la disposizione impugnata finirebbe, infatti, con  il
configurare il commissariamento come una sorta di gestione ordinaria,
con elusione delle norme che prevedono i requisiti per  la  nomina  a
direttore generale, e in  particolare  dell'art.  3-bis  del  decreto
legislativo 30 ottobre 1992, n. 502  (Riordino  della  disciplina  in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421), recante principi fondamentali  nella  materia  «tutela
della salute», con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost. 
    5.- Con memoria depositata il 9 settembre 2016 si  e'  costituita
la  Regione  Calabria,  eccependo,  in  primo  luogo,  che  la  legge
regionale impugnata non costituisce ostacolo  alla  piena  attuazione
del piano di rientro e dei suoi programmi operativi, poiche'  i  suoi
contenuti  non  interferirebbero  in  alcun  modo  con   il   mandato
commissariale. 
    5.1.- In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge Reg. Calabri
n. 11 del 2016 non si  porrebbe  in  contrasto  con  le  linee  guida
fornite dal commissario ad acta con  il  decreto  n.  130  del  2015,
poiche' solo apparentemente imputerebbe al Consiglio regionale  delle
competenze  proprie  delle  aziende  sanitarie  e  ospedaliere,  come
sarebbe reso evidente dalla lettera d)  del  comma  1  medesimo,  che
«delega la Giunta  regionale  della  Calabria,  entro  trenta  giorni
dall'entrata in  vigore  della  presente  legge,  all'emanazione,  di
concerto con il dipartimento Tutela della Salute e con il Commissario
ad acta, di un  apposito  atto  regolamentare  teso  a  promuovere  e
valorizzare le  funzioni  e  il  ruolo  delle  professioni  sanitarie
disciplinate   dalla   L.   251/2000,   definendone    gli    aspetti
organizzativi, gestionali e dirigenziali». 
    La norma sarebbe legittima perche' la materia dell'organizzazione
sanitaria e amministrativa delle  aziende  sanitarie  e  ospedaliere,
fermi i principi del d.lgs.  n.  502  del  1992,  rientrerebbe  nella
potesta' legislativa regionale in forza dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost.;  perche'  al  commissario  ad  acta  spetterebbero  competenze
amministrative  e  non  legislative;   e   perche',   a   fronte   di
provvedimenti legislativi regionali che interferiscano con il  piano,
il commissario e' legittimato a richiedere al Consiglio regionale  la
loro rimozione ai sensi dell'art. 2, comma 80, della citata legge  n.
191 del 2009. 
    5.2.-  Quanto  alla  censura  relativa  all'art.  3  della  legge
regionale n. 11 del 2016, la Regione Calabria eccepisce che, pur  con
la modifica temporale contestata, il commissariamento  delle  aziende
sanitarie e ospedaliere resta di carattere straordinario, trattandosi
di organo di durata annuale prorogabile solo per un altro anno. 
    Ad opinare diversamente, il medesimo problema si porrebbe per  le
norme statali che prevedono il  commissariamento  delle  Regioni  per
l'esecuzione del piano di  rientro  dal  disavanzo  sanitario,  anche
perche' vi sono commissariamenti statali «che ormai durano  da  oltre
sette anni». 
    La disposizione in esame, pertanto, non sarebbe in contrasto  con
l'art. 3-bis del d.lgs. n. 502  del  1992  e,  conseguentemente,  non
violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, comma 1, lettere b) e c), della legge della  Regione  Calabria  20
aprile  2016,  n.  11  (Istituzione  dei  servizi  delle  professioni
sanitarie  infermieristiche,   ostetriche,   riabilitative,   tecnico
sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni  sociali  -
modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29). 
    Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate,  nell'istituire
il Servizio delle professioni sanitarie (SPS)  in  tutte  le  aziende
sanitarie  provinciali,  ospedaliere,  universitarie  e   presso   il
dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria (lettera  b),
e il  Servizio  sociale  professionale  (SSP)  in  tutte  le  aziende
sanitarie  provinciali,  ospedaliere,  universitarie  e   presso   il
dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria (lettera  c),
violerebbero, in  primo  luogo,  l'art.  120,  secondo  comma,  della
Costituzione, perche' interferirebbero con le funzioni  demandate  al
commissario ad acta, sovrapponendosi alle  previsioni  del  piano  di
rientro e «alle azioni di governance di cui al  programma  operativo»
2013-2015 (approvato con decreto del commissario ad acta n. 14 del  2
aprile  2015),  e   disattendendo   quanto   disposto   dal   decreto
commissariale n. 130 del 16 dicembre 2015. 
    Le disposizioni, inoltre, violerebbero l'art. 117,  terzo  comma,
Cost., perche' contrasterebbero con  i  principi  fondamentali  della
legislazione  statale  diretti  alla  tutela  della   salute   e   al
contenimento  della  spesa  pubblica  in  materia  sanitaria  di  cui
all'art. 2, commi 80 e 95, della legge  23  dicembre  2009,  n.  191,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2010),  secondo  cui  gli
interventi previsti nell'accordo Stato-Regioni e nel piano di rientro
sono vincolanti per la  Regione,  che  e'  obbligata  a  rimuovere  i
provvedimenti, anche legislativi, che siano  di  ostacolo  alla  loro
attuazione e a non adottarne di nuovi. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi impugnato  l'art.
3 della legge  della  Regione  Calabria  n.  11  del  2016,  perche',
nell'innalzare da sei a  dodici  mesi  (rinnovabili)  la  durata  del
mandato dei commissari straordinari, di nomina regionale,  presso  le
Aziende sanitarie e ospedaliere, violerebbe l'art. 117, terzo  comma,
Cost., con riferimento al parametro interposto dell'art. 3-bis, comma
3, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n.  502  (Riordino  della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), espressione di  un  principio  fondamentale
nella materia sanitaria. 
    2.-  In  via  preliminare,  va  rilevata  la   tardivita'   della
costituzione della Regione Calabria, avvenuta il 9 settembre 2016. 
    Ai sensi dell'art. 19, comma 3, delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, «[l]a parte convenuta puo'
costituirsi in cancelleria entro il termine perentorio di  30  giorni
dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso»; ai
sensi dell'art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo  1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), il deposito  del  ricorso  deve  avvenire  entro  10
giorni dalla notificazione. 
    Nel caso di specie, il ricorso e' stato notificato il  22  giugno
2016 e quindi il termine stabilito per  il  suo  deposito  era  il  3
luglio 2016 e - non applicandosi ai giudizi costituzionali l'istituto
della sospensione feriale dei termini processuali (sentenze  n.  332,
n. 310 e n. 46 del 2011) - il  termine  ultimo  per  la  costituzione
della Regione Calabria era il 2 agosto 2016. 
    3.-   Ancora   in   via   preliminare   deve   essere    rilevata
l'utilizzabilita' dei documenti prodotti in giudizio  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato  in  prossimita'  dell'udienza   pubblica   di
discussione: «l'assenza  di  preclusioni  al  loro  esame  si  ricava
implicitamente dagli ampli poteri istruttori di questa Corte, che, ai
sensi dell'art. 12 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale, "dispone con ordinanza i  mezzi  di  prova  che
ritenga opportuni e stabilisce i tempi e i modi da osservarsi per  la
loro assunzione"» (sentenza n. 14 del 2017). 
    4.- La questione  di  costituzionalita'  dell'art.  1,  comma  1,
lettere b) e c), della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016 e'
fondata. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  «costituisce  un
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto
stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n.  191  del  2009,
per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano  sottoscritti,
gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30  dicembre
2004, n. 311, recante «"Disposizioni per la formazione  del  bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria   2005)"»,
finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e  al  ripianamento
dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227 del 2015)» (sentenze n. 14 del
2017 e n. 266 del 2016). 
    Si e'  anche  costantemente  affermato  che,  «[q]ualora  poi  si
verifichi  una  persistente  inerzia  della  Regione  rispetto   alle
attivita' richieste dai suddetti accordi e concordate con  lo  Stato,
l'art. 120, secondo comma,  Cost.  consente  l'esercizio  del  potere
sostitutivo  straordinario  del  Governo,  al  fine   di   assicurare
contemporaneamente l'unita' economica della Repubblica  e  i  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla
salute (art. 32 Cost.). A  tal  fine  il  Governo  puo'  nominare  un
commissario ad acta, le  cui  funzioni,  come  definite  nel  mandato
conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex  art.  2,
comma 88,  della  legge  n.  191  del  2009),  pur  avendo  carattere
amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del  2010),  devono
restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da
ogni interferenza degli  organi  regionali  -  anche  qualora  questi
agissero per via legislativa -  pena  la  violazione  dell'art.  120,
secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 110 del 2014,
n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013  e  gia'  n.  78  del  2011).
L'illegittimita' costituzionale della legge regionale sussiste  anche
quando  l'interferenza  e'  meramente   potenziale   e,   dunque,   a
prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri  del
commissario incaricato di attuare il piano di  rientro  (sentenza  n.
110 del 2014)» (sentenze n. 14 del 2017 e n. 227 del 2015). 
    Nel  caso  di  specie   l'interferenza   sussiste,   poiche'   le
disposizioni impugnate istituiscono in via  legislativa  il  Servizio
delle professioni sanitarie (SPS) e il Servizio sociale professionale
(SSP) presso tutte le aziende  sanitarie  e  ospedaliere,  mentre  il
decreto commissariale n. 130 del 2015 - adottato  nell'esercizio  dei
poteri  di  riassetto  delle  reti  ospedaliera   e   di   assistenza
territoriale conferiti con il mandato del 20 marzo 2015 - rimette (in
conformita' all'art. 7 della legge 10 agosto 2000,  n.  251,  recante
«Disciplina delle professioni  sanitarie  infermieristiche,  tecniche
della riabilitazione, della  prevenzione  nonche'  della  professione
ostetrica») l'istituzione (anche) di tali strutture operative ad atti
aziendali,   di   competenza   dei   dirigenti   generali,   soggetti
all'approvazione del commissario medesimo. 
    5.- Rileva inoltre questa Corte che interferisce con le  funzioni
commissariali anche la non impugnata lettera d) del comma 1 dell'art.
1, nella  parte  in  cui  demanda  a  un  regolamento  di  Giunta  la
definizione degli «aspetti organizzativi, gestionali e  dirigenziali»
relativi ai menzionati servizi. 
    La  norma  e'  infatti  in  rapporto  di  stretta  connessione  e
inscindibilita'  funzionale  con   quella   che   prevede   la   loro
istituzione: ad essa va pertanto estesa, in  via  consequenziale,  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale). 
    6.-  Non  e'  fondata,  invece,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione Calabria  n.  11
del 2016, che innalza da sei a dodici mesi  (rinnovabili)  la  durata
del mandato dei commissari straordinari, di nomina regionale,  presso
le aziende sanitarie e ospedaliere. 
    L'assunto del ricorrente e' che il prolungamento della durata  di
queste gestioni straordinarie (previste dagli artt. 3, comma 8, e 20,
comma 3, della legge della Regione Calabria 7  agosto  2002,  n.  29,
recante «Approvazione disposizioni  normative  collegate  alla  legge
finanziaria regionale relative al Settore Sanita'») determinerebbe la
loro equiparazione alla gestione ordinaria, in  violazione  dell'art.
3-bis, comma 3, del d.lgs. n. 502  del  1992,  che  pone  determinati
requisiti per la nomina a direttore generale delle aziende sanitarie. 
    L'assunto non puo' essere condiviso. 
    La durata del mandato commissariale, pur prolungato ad  un  anno,
non e' infatti equiparabile a quella del direttore generale,  che  va
da tre a cinque anni (in questo senso non solo il d.P.C.m. 31  maggio
2001, n. 319, ma anche e  soprattutto  l'art.  3-bis,  comma  8,  del
decreto  legislativo  n.  502  del  1992  e  l'art.  2  del   decreto
legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione  della  delega
di cui all'articolo 11, comma 1, lettera  p,  della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria»). 
    Il prolungamento non  e',  all'evidenza,  finalizzato  a  rendere
ordinaria la gestione commissariale, ma solo a  consentire  che  essa
abbia - secondo la  non  irragionevole  valutazione  del  legislatore
regionale - una durata adeguata alla delicatezza e alla  complessita'
dell'incarico.