ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
219, 228, 236, 469, secondo periodo, 470, 505, 510,  512,  515,  516,
517, 548, 549, 672, 675 e 676, della legge 28 dicembre 2015, n.  208,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)»,  promossi  dalla
Provincia autonoma di Bolzano, dalla Regione Veneto e dalla Provincia
autonoma di Trento  con  ricorsi  rispettivamente  notificati  il  26
febbraio-7 marzo, il 26-29 febbraio e il 29 febbraio 2016, depositati
in  cancelleria  il  4,  l'8  e  il  10  marzo   2016   ed   iscritti
rispettivamente ai numeri 10, 17 e 20 del registro ricorsi 2016; 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  maggio  2017  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi  gli  avvocati  Renate  von  Guggenberg  per  la  Provincia
autonoma di Bolzano, Luca Antonini e  Andrea  Manzi  per  la  Regione
Veneto, Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per la Provincia  autonoma
di Trento e l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  26  febbraio-7   marzo   2016,
depositato il 4 marzo e iscritto al n. 10 del registro ricorsi  2016,
la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni
di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  219,  236,  469,
secondo periodo, 470, 505, 510, 512, 515, 516, 517,  548,  549,  672,
675 e 676 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2016)», prospettando la violazione  degli  artt.
8, numero 1), 9, numero 10), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige)  e  delle  relative
norme di attuazione (art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, recante
«Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di igiene e sanita'» e d.P.R. 26  gennaio  1980,  n.  197,
recante  «Norme  di  attuazione  dello  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione
in materia di igiene e sanita' approvate con decreto  del  Presidente
della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474»); degli artt.  79,  80  e  81
dello statuto di autonomia  e  delle  relative  norme  di  attuazione
(artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  266,  recante
«Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento»; artt. 17, 18 e 19 del decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 268, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige  in   materia   di   finanza   regionale   e
provinciale», e art. 34, comma 3, della legge 23  dicembre  1994,  n.
724, recante «Misure di razionalizzazione della  finanza  pubblica»);
degli artt. 99  e  100  dello  statuto  e  delle  relative  norme  di
attuazione  (d.P.R.  15  luglio  1988,  n.  574,  recante  «Norme  di
attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di uso della lingua tedesca  e  della  lingua  ladina  nei
rapporti  con  la  pubblica  amministrazione   e   nei   procedimenti
giudiziari»);  dell'art.   117,   terzo   e   quarto   comma,   della
Costituzione, «in combinato disposto con l'articolo  10  della  legge
costituzionale n.  3/2001»,  in  tema  di  "tutela  della  salute"  e
"organizzazione"; degli artt. 116 e 119  Cost.  e  del  principio  di
leale collaborazione, «anche  in  relazione  all'articolo  120  della
Costituzione». 
    1.1.- La Provincia autonoma di  Bolzano,  dopo  aver  passato  in
rassegna  le  prerogative  e  le  competenze  che  le   spettano   in
considerazione dell'autonomia finanziaria attribuita  dal  Titolo  VI
dello statuto, ha illustrato, al punto d) del ricorso, le  norme  che
formano oggetto di impugnazione, che  riguardano:  l'indisponibilita'
dei  posti   dirigenziali   di   prima   e   seconda   fascia   delle
amministrazioni pubbliche, vacanti alla  data  del  15  ottobre  2015
(art. 1, comma 219, della legge n.  208  del  2015);  le  limitazioni
dell'ammontare complessivo delle  risorse  destinate  annualmente  al
trattamento accessorio del personale,  anche  dirigenziale  (art.  1,
comma  236,  della  legge  n.  208   del   2015);   l'obbligo   delle
amministrazioni pubbliche di provvedere  agli  approvvigionamenti  di
beni e servizi informatici e di connettivita' esclusivamente  tramite
la Consip spa o i soggetti aggregatori  (art.  1,  comma  512,  primo
periodo, della medesima legge), obbligo preordinato  a  garantire  un
risparmio di spesa (art. 1, comma 515), derogabile  solo  in  ipotesi
tassative (art. 1, comma 516) e  sanzionato  con  la  responsabilita'
disciplinare e per danno erariale (art. 1, comma 517); l'obbligo  per
gli enti  del  Servizio  sanitario  nazionale  di  avvalersi  in  via
esclusiva delle centrali regionali di committenza  o  di  Consip  spa
(art. 1, comma 548) e la responsabilita'  disciplinare  e  per  danno
erariale di chi violi tali prescrizioni (art. 1, comma 549); i limiti
massimi dei compensi da corrispondere ad amministratori, dirigenti  e
dipendenti delle societa' direttamente o  indirettamente  controllate
dalle amministrazioni pubbliche e dalle amministrazioni  dello  Stato
(art. 1, comma 672), e l'obbligo di dare pubblicita' al  conferimento
di incarichi di collaborazione, di consulenza o  professionali  (art.
1, comma 675), obbligo che costituisce condizione  per  il  pagamento
del relativo compenso (art. 1, comma 676); la definizione dei criteri
per determinare gli oneri per i rinnovi contrattuali per il  triennio
2016-2018  e  gli  oneri  che  derivano  dalla   corresponsione   dei
miglioramenti economici al personale in regime di  diritto  pubblico,
dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti  pubblici  diversi
dall'amministrazione statale (art. 1, comma 469, secondo periodo),  e
al personale convenzionato con il servizio sanitario nazionale  (art.
1, comma  470);  l'obbligo,  per  le  amministrazioni  pubbliche  che
intendano acquistare beni  o  servizi  di  importo  unitario  stimato
superiore a un milione di  euro,  di  approvare,  entro  il  mese  di
ottobre di ciascun anno, il programma biennale e i suoi aggiornamenti
annuali (art. 1, comma  505);  l'obbligo  di  procedere  ad  acquisti
centralizzati, salvo che nell'ipotesi eccezionale di inidoneita'  del
bene o del servizio  oggetto  di  convenzione  e  previa  valutazione
dell'organo di  vertice  amministrativo,  specificamente  motivata  e
trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti (art. 1,  comma
510). 
    1.2.- La parte ricorrente  argomenta  che  tali  previsioni,  ove
siano applicate anche alle  Province  autonome,  «interferiscono,  in
particolare, con le attribuzioni delle Province autonome  in  materia
di organizzazione, anche del  servizio  sanitario  ("ordinamento  dei
propri uffici e del relativo personale", ai sensi dell'articolo 8, n.
1) St.); "igiene e sanita'" ai sensi dell'articolo  9,  n.  10)  St.;
corrispondenti funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 16 St.;
"organizzazione" e "tutela della salute" ai sensi dell'articolo  117,
commi quarto e terzo, della Costituzione, in combinato  disposto  con
l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001)  e  di  autonomia
finanziaria,  anche  in  particolare  nel   settore   sanitario   (in
particolare articoli 79, 80 e 81 dello Statuto di autonomia  e,  piu'
in generale, Titolo VI dello stesso Statuto speciale e relative norme
di attuazione, tra le quali in particolare il d.lgs. n. 266/1992 e il
d.lgs. n. 268/1992; articolo 34, comma 3, della legge n. 724/1994)  e
sono lesive delle stesse, anche con riferimento agli articoli  116  e
119 della Costituzione, nonche' per violazione del principio di leale
collaborazione, anche perche' il legislatore non si  e'  limitato  ad
enunciare  norme  di  principio  (cfr.  Corte  cost.,   sentenza   n.
159/2008)». 
    La Provincia  autonoma  di  Bolzano  soggiunge  che  deve  essere
«garantito il diritto all'uso della propria madrelingua, e cio'  vale
anche nell'ambito dell'acquisto di beni e di  servizi»  e  prospetta,
sotto tale profilo, «la violazione degli artt. 99 e 100 dello statuto
di autonomia e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n.
574/1988». 
    1.3.- In vista dell'udienza, il 18 aprile 2017, la ricorrente  ha
depositato una memoria illustrativa e ha ribadito le conclusioni gia'
formulate nel ricorso introduttivo. 
    La Provincia autonoma di Bolzano osserva che le  norme  impugnate
non sono state preventivamente concordate e si rivolgono  anche  alle
Province autonome o comunque producono  effetti  indiretti  nei  loro
confronti. Risulterebbe cosi' vanificata la funzione  della  clausola
di salvaguardia sancita dall'art. 1, comma 992, della  legge  n.  208
del 2015 e parrebbe ardua un'interpretazione adeguatrice suscettibile
di rendere la disciplina compatibile con l'ordinamento statutario. 
    Sarebbe la stessa difesa dello Stato a ricondurre  le  previsioni
in esame ai principi di coordinamento della finanza  pubblica,  cosi'
confermando l'obbligo delle Province  autonome  di  ottemperare  alle
prescrizioni della legge statale. 
    La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ribadisce  che  i  rapporti
finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali  sono  governati  dal
principio dell'accordo  e  dal  "principio  di  consensualita'",  che
precludono ogni modificazione unilaterale ad opera dello  Stato.  Per
contro,   le   norme    impugnate    inciderebbero    arbitrariamente
sull'autonomia organizzativa e  di  spesa  della  Provincia  autonoma
ricorrente. 
    Quanto all'art. 1, commi 219 e 236, della legge n. 208 del  2015,
la Provincia autonoma di Bolzano prospetta, per l'ipotesi in cui  non
trovi applicazione la clausola di salvaguardia, la  violazione  degli
artt. 8, numero 1), e 79 dello statuto di autonomia, dell'art. 2  del
d.lgs. n. 266 del 1992, o dell'art. 117, quarto  comma,  Cost.,  alla
stregua della "clausola di  maggior  favore"  prevista  dall'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), nonche' degli artt. 3 e 97
Cost. 
    Ad avviso  della  parte  ricorrente,  i  citati  commi  hanno  un
carattere preciso e specifico,  non  si  configurano  come  norme  di
riforma economico-sociale o  come  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica e attengono alla materia  dell'organizzazione  degli
uffici provinciali, attribuita alla  potesta'  legislativa  esclusiva
della Provincia (art. 8, numero 1, dello statuto).  La  Provincia  ha
l'obbligo di adeguarsi a tale disciplina, in forza  dell'art.  2  del
d.l.gs. n. 266 del 1992, nei soli limiti previsti dall'art.  4  dello
statuto di autonomia. 
    Peraltro, in forza dell'art. 79,  quarto  comma,  dello  statuto,
spetterebbe  alla  Provincia  autonoma  di  Bolzano  provvedere  alle
finalita' di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  enunciate  da
specifiche disposizioni legislative dello Stato, e assumere  autonome
misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa. 
    La   Provincia   autonoma   di   Bolzano   svolge   le   medesime
considerazioni anche per l'art. 1, commi 512, 515, 516 e 517,  sempre
che tali previsioni siano ritenute applicabili  anche  alle  Province
autonome. 
    A tale riguardo, la parte  ricorrente  evidenzia  di  avere  gia'
istituito, nell'esercizio della  propria  competenza  in  materia  di
organizzazione degli  uffici,  l'Agenzia  per  i  procedimenti  e  la
vigilanza in materia di  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e
forniture, e di avere gia' garantito il rispetto del «principio della
organizzazione razionale e non atomistica degli acquisti». 
    La Provincia  autonoma  ricorrente  assume  che  le  disposizioni
impugnate comprimano indebitamente la  facolta'  di  organizzare  nel
modo ritenuto piu' opportuno gli  acquisti  dei  beni  strumentali  e
«l'autonomia  finanziaria  dal  lato  della   spesa   statutariamente
riconosciuta». 
    Quanto alle norme  sugli  approvvigionamenti  sanitari  (art.  1,
commi 548 e 549), la Provincia autonoma di Bolzano ribadisce di avere
gia' istituito l'Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia
di contratti pubblici di lavori, servizi e  forniture  e  puntualizza
che le disposizioni impugnate  non  dovrebbero  trovare  applicazione
nella Provincia autonoma, in virtu' della  clausola  di  salvaguardia
gia' menzionata. 
    Ove si privilegiasse una diversa interpretazione, le disposizioni
in esame,  contrassegnate  da  un  carattere  di  estremo  dettaglio,
sarebbero lesive delle  competenze  attribuite  alla  Provincia  alla
stregua dell'art. 9,  numero  10),  dello  statuto  di  autonomia,  e
contrasterebbero con l'autonomia statutaria in  materia  di  finanza,
«in quanto adottate in violazione delle condizioni poste dall'art. 79
dello Statuto». 
    Lo  Stato,  difatti,  non  avrebbe  titolo  a  dettare  norme  di
coordinamento  finanziario,  poiche'  la   Provincia   autonoma   non
partecipa al Fondo sanitario nazionale  e  autofinanzia  il  servizio
sanitario. 
    Quanto all'art. 1, commi 672, 675 e 676, che limitano i  compensi
degli amministratori e dei  dipendenti  delle  societa'  a  controllo
pubblico, la Provincia  autonoma  di  Bolzano  invoca  l'applicazione
della citata clausola di salvaguardia e,  nell'ipotesi  in  cui  tale
clausola non sia operativa, ravvisa  la  violazione  degli  artt.  8,
numero 1), e 79 dello statuto, dell'art. 2  del  d.lgs.  n.  266  del
1992, o dell'art. 117, quarto comma, Cost.,  se  piu'  favorevole  ai
sensi dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. 
    Nella  prospettiva  della  parte  ricorrente,  i   citati   commi
presenterebbero  carattere  analitico  e  di  estremo  dettaglio,  in
violazione della potesta'  legislativa  della  Provincia  autonoma  e
della sua autonomia  finanziaria,  e  riconoscerebbero  al  Ministero
dell'economia e delle finanze «un potere normativo sulla Provincia». 
    In virtu' della clausola di salvaguardia, dovrebbe essere esclusa
anche l'applicazione diretta  dell'art.  1,  commi  469  e  470,  che
disciplinano l'allocazione degli oneri per i rinnovi contrattuali. 
    La tesi di un obbligo di puntuale adeguamento,  propugnata  dalla
difesa dello Stato, renderebbe piu' stridente il contrasto con l'art.
79, secondo comma, dello statuto, che regolamenta la  modifica  delle
modalita' con cui la Provincia  autonoma  concorre  al  conseguimento
degli obiettivi della finanza pubblica, nel rispetto della  procedura
delineata dall'art. 104 dello statuto, e con l'art. 79, quarto comma,
della medesima fonte statutaria, che affida alla  Provincia  autonoma
il  compito  di  provvedere  al  raggiungimento  delle  finalita'  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  enunciate   da   specifiche
disposizioni statali. 
    Ove  si  concludesse  per  l'estraneita'  della   disciplina   al
coordinamento della finanza  pubblica,  bisognerebbe  riconoscere  la
competenza della Provincia autonoma di Bolzano in  base  all'art.  8,
numero 1), dello statuto di autonomia. 
    Con specifico  riguardo  all'art.  1,  comma  470,  la  Provincia
autonoma di Bolzano ne ravvisa  il  contrasto  con  l'art.  79  dello
statuto e, ove si riconduca la disciplina alla materia della sanita',
con l'art. 9, numero 10), dello statuto e con l'art. 2 del d.lgs.  n.
266 del 1992, nonche' con l'art. 117, terzo comma, Cost., invocato in
base alla "clausola di maggior favore" di cui all'art.  10  della  l.
cost. n. 3 del 2001. 
    Quanto all'art. 1, commi 505 e 510, la  Provincia  argomenta  che
tali disposizioni non avrebbero alcuna  incidenza  sul  conseguimento
degli obiettivi di  finanza  pubblica  e  non  potrebbero,  pertanto,
essere annoverate tra  i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    Le  norme  impugnate,  se  ritenute  applicabili  alle   Province
autonome, sarebbero lesive della competenza esclusiva attribuita alla
Provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli  uffici
provinciali e del personale (art.  8,  numero  1,  dello  statuto)  e
dell'autonomia finanziaria della Provincia autonoma  (art.  79  dello
statuto). 
    1.4.- Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto di dichiarare non fondate le  questioni  promosse
dalla Provincia autonoma di Bolzano. 
    L'Avvocatura generale dello Stato  pone  l'accento  sull'art.  1,
comma 992, della legge n. 208 del 2015, che sancisce l'applicabilita'
alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento  e
di Bolzano delle disposizioni della legge di stabilita' per  il  2016
compatibilmente con le  disposizioni  dei  rispettivi  statuti  e  le
relative norme di attuazione. 
    La norma citata, caratterizzata  da  una  formulazione  letterale
inequivocabile, perseguirebbe l'obiettivo di tutelare le  prerogative
della  Provincia  autonoma,  impedendo   l'applicazione   di   quelle
discipline che contrastino con la normativa statutaria. 
    Peraltro, le modalita' operative della clausola  di  salvaguardia
dovrebbero tener conto del contesto in cui le disposizioni  impugnate
si iscrivono: si tratterebbe, invero, di interventi adottati  in  una
congiuntura di crisi eccezionale,  «che  non  consente  indugi  negli
interventi  programmati,  in  nome   del   superiore   principio   di
solidarieta'  nazionale  e  per  evitare  il  grave   rischio   della
compromissione  dell'unita'  economica  della   Repubblica»   e   ben
giustifica il discostarsi dal "modello consensualistico". 
    Quanto alle norme in tema di criteri uniformi per gli acquisti di
beni e servizi informatici e di connettivita' da parte degli enti del
Servizio sanitario nazionale e per l'aggregazione degli  acquisti  di
beni e servizi da parte dei medesimi enti (art. 1, commi 548 e  549),
non vi sarebbe alcuna lesione delle competenze provinciali. 
    La Provincia di Bolzano, difatti, avrebbe  istituito  un  proprio
soggetto aggregatore (l'Agenzia per i procedimenti e la vigilanza  in
materia di contratti pubblici di lavori, servizi e  forniture)  e  la
norma  statale  si  limiterebbe  a  confermare  la  previsione,   non
impugnata, dell'art. 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n.
66 (Misure urgenti per la competitivita'  e  la  giustizia  sociale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. 
    Quanto alle  disposizioni  dell'art.  1,  commi  219,  236,  469,
secondo periodo, 470, 505  e  510,  della  legge  n.  208  del  2015,
l'Avvocatura generale dello Stato  rileva  che  si  collocano  in  un
contesto  normativo   complesso,   segnato   dalle   previsioni   del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 135, e del citato d.l. n. 66 del 2014. Il  legislatore,  con  tali
misure, si riprometterebbe di conseguire  significativi  risparmi  di
spesa pubblica anche nell'ottica del raggiungimento  degli  obiettivi
di finanza pubblica derivanti dall'appartenenza  all'Unione  europea,
razionalizzando   gli   acquisti    da    parte    delle    pubbliche
amministrazioni, soprattutto nel  settore  sanitario,  e  rafforzando
l'acquisizione centralizzata. 
    Le previsioni impugnate si prefiggerebbero di  garantire  a  tali
previsioni «piena ed immediata applicazione da  parte  di  tutti  [i]
soggetti pubblici cui le stesse sono rivolte», dettando, anche per le
autonomie speciali, principi di coordinamento della finanza pubblica.
La  natura  dettagliata   delle   previsioni   citate   non   sarebbe
incompatibile con il carattere di principio  di  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    Quanto all'art.  1,  commi  512,  515,  516  e  517,  riguardanti
l'approvvigionamento di beni e servizi in materia  di  informatica  e
connettivita' ad opera delle pubbliche amministrazioni,  l'Avvocatura
generale  dello  Stato  replica  che  perseguono  la   finalita'   di
realizzare   l'obiettivo   del   risparmio    di    spesa    annuale,
razionalizzando gli acquisti di beni e servizi in materia informatica
e  realizzando  «un  governo  unitario  e  un  maggior  coordinamento
dell'attuazione   dei    progetti    informatici    nella    pubblica
amministrazione, anche in  linea  con  quanto  stabilito  dal  codice
dell'amministrazione digitale e dall'Agenda digitale italiana». 
    Quanto all'art. 1, commi 505 e  510,  che  imporrebbero,  a  dire
della Provincia autonoma ricorrente, oneri e adempimenti gravosi e si
rivelerebbero norme di minuto dettaglio, l'Avvocatura generale  dello
Stato ribadisce che si tratta di previsioni preordinate a  rafforzare
l'acquisizione centralizzata e a garantire risparmi di spesa  tramite
la  riduzione  dei  prezzi  unitari  di  acquisto,  in  un'ottica  di
trasparenza, di razionale  programmazione  e  di  costante  controllo
delle spese relative agli acquisti di beni e di  servizi  di  importo
rilevante. 
    L'Avvocatura generale  dello  Stato,  «anche  in  relazione  alle
disposizioni in oggetto», reputa «corretto riconoscere l'operativita'
della clausola di salvaguardia». 
    Le disposizioni impugnate, ad ogni modo, si configurerebbero come
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica  e  non
interferirebbero  con  la  potesta'   legislativa   esclusiva   della
Provincia autonoma in tema di organizzazione degli uffici provinciali
e del personale ad essi addetto. 
    Per quel che attiene all'art. 1, commi 219, 236, 469,  505,  510,
512, 515, 516, 548, 549, 672 e 675, l'Avvocatura generale dello Stato
nota conclusivamente che tali disposizioni si inseriscono  nel  solco
di precedenti interventi legislativi, come quelli recati dall'art.  2
del  d.l.  n.  95  del  2012,  e  si  atteggiano  come  principi   di
coordinamento della finanza pubblica, rispettosi delle condizioni  di
transitorieta' della misura adottata  e  di  non  esaustivita'  degli
strumenti dettati dalla normativa statale per conseguire l'obiettivo. 
    A conferma del margine di  autonomia  comunque  riconosciuto,  si
richiama la previsione dell'art. 1, comma 221, che consente a Regioni
ed  enti  locali  di  effettuare  la  ricognizione  delle   dotazioni
organiche dirigenziali e il riordino delle  competenze  degli  uffici
dirigenziali, allo scopo  di  evitare  eventuali  duplicazioni  e  di
garantire  «la  maggiore  flessibilita'  della  figura   dirigenziale
nonche' il corretto funzionamento degli uffici». 
    1.5.-  In  prossimita'  dell'udienza,  il  18  aprile  2017,   il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  depositato  una  memoria
illustrativa, confermando le conclusioni gia' formulate nell'atto  di
costituzione. 
    Quanto alle  norme  in  materia  di  limitazioni  al  trattamento
accessorio del personale (art. 1, comma 236, della legge n.  208  del
2015) e ai  compensi  degli  amministratori  e  del  personale  delle
societa' pubbliche controllate (art. 1,  comma  672,  della  medesima
legge), l'Avvocatura generale dello Stato  evidenzia  che  esse  sono
componente indispensabile degli interventi di razionalizzazione e  di
contenimento della spesa pubblica attuati dal legislatore statale, il
quale ha dovuto porre regole comuni e  uniformi,  «in  considerazione
dell'unitarieta' del quadro di finanza pubblica». 
    Il legislatore nazionale, allo scopo  di  coordinare  la  finanza
pubblica, ben potrebbe adottare norme suscettibili di applicarsi  con
valenza generale a tutta la pubblica amministrazione e alle autonomie
speciali, nel rispetto  degli  statuti  e  delle  relative  norme  di
attuazione. 
    A sua volta, la disciplina in tema di acquisti di beni e  servizi
(art.  1,  commi   505   e   510)   risponderebbe   a   esigenze   di
razionalizzazione e di riduzione degli sprechi di risorse pubbliche. 
    Anche il  sistema  di  approvvigionamento  delle  amministrazioni
pubbliche disciplinato dall'art. 1, commi 512, 515, 516 e 517 sarebbe
diretto a perseguire obiettivi di «ottimizzazione e razionalizzazione
degli acquisti di beni e servizi informatici e di risparmio di  spesa
da perseguire sull'intero territorio nazionale». 
    Le norme in tema di approvvigionamento degli  enti  del  servizio
sanitario nazionale (art. 1, commi 548  e  549)  non  presenterebbero
alcun contenuto innovativo rispetto alla vigente  legislazione  e  si
limiterebbero a disciplinare situazioni specifiche, nelle more  della
piena attuazione dell'art. 9 del d.l. n. 66 del 2014. 
    2.- Con ricorso notificato il 29  febbraio  2016,  depositato  il
successivo 10 marzo e iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2016, la
Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 219, 236, 469, secondo
periodo, 470, 505, 510, 512, 515, 516, 517, 548, 549, 672, 675 e  676
della legge n. 208 del 2015, prospettando la violazione  di  numerosi
parametri statutari e costituzionali, nei termini di seguito esposti. 
    2.1.- La Provincia autonoma di  Trento  ha  impugnato  l'art.  1,
commi  219  e  236,  della  legge  n.  208  del  2015,   riguardanti,
rispettivamente, l'indisponibilita' dei posti dirigenziali di prima e
di seconda fascia  vacanti  alla  data  del  15  ottobre  2015  e  la
limitazione  dell'ammontare  complessivo  delle  risorse  annualmente
destinate al trattamento accessorio del personale, anche  di  livello
dirigenziale. 
    Ad avviso della ricorrente, i commi citati non dovrebbero  essere
applicati  alle  Province  autonome  in  forza  della   clausola   di
salvaguardia sancita dall'art. 1, comma 992, della legge n.  208  del
2015, che cosi' recita: «Le disposizioni della  presente  legge  sono
applicabili  nelle  regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  province
autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con  le  disposizioni
dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione,  anche  con
riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 
    Ove  fossero,  invece,  direttamente  applicabili,   tali   commi
contrasterebbero con gli artt. 8, numero 1), e 79 del d.P.R.  n.  670
del 1972, con l'art. 2 delle norme di attuazione di cui al d.lgs.  n.
266 del 1992, con l'art. 117, quarto comma,  Cost.  (in  combinazione
con l'art. 10  della  l.  cost.  n.  3  del  2001),  ove  norma  piu'
favorevole, e con gli artt. 3 e 97 Cost. 
    L'art. 8, numero 1), dello statuto assegna alle Province autonome
la potesta' di carattere primario di  emanare  norme  legislative  in
materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del  personale  ad
essi addetto», nei limiti tracciati dall'art. 4 del medesimo statuto. 
    L'art. 2, comma 1,  del  d.lgs.  n.  266  del  1992  impone  alle
Province autonome, entro sei mesi dalla pubblicazione,  di  adeguarsi
ai principi recati dagli atti legislativi dello Stato,  adottati  nel
rispetto  degli   artt.   4   e   5   dello   statuto.   Nelle   more
dell'adeguamento, hanno applicazione le leggi provinciali. 
    In  contrasto  con  tali   previsioni,   la   normativa   statale
invaderebbe l'ambito riservato  alla  potesta'  legislativa  primaria
della Provincia, dettando norme di carattere preciso e specifico, che
non configurano riforme di carattere economico-sociale. 
    L'art. 1, comma 219, in  particolare,  escluderebbe  la  facolta'
della Provincia autonoma di assumere personale dirigenziale,  con  la
regola  dell'indisponibilita'  dei  posti  gia'  occupati   e   della
risoluzione dei contratti gia' stipulati dall'ente pubblico. 
    La lesione delle attribuzioni della ricorrente sarebbe ancor piu'
palese alla luce della  complessiva  disciplina  della  materia,  nel
frattempo adottata con la legge della Provincia autonoma di Trento  3
aprile 2015, n. 7 (Riordino  della  dirigenza  e  dell'organizzazione
della  Provincia:  modificazioni  della  legge  sul  personale  della
Provincia 1997, della legge  finanziaria  provinciale  2015  e  della
legge provinciale sull'Europa  2015),  che  persegue  l'obiettivo  di
stabilire un nuovo ordinamento della dirigenza  provinciale  e  delle
strutture organizzative della Provincia, «al  fine  di  rendere  piu'
efficiente   il   sistema   pubblico   provinciale   attraverso    la
rimodulazione dell'articolazione organizzativa e  il  riordino  della
dirigenza, anche con riferimento alla programmazione  del  fabbisogno
di  dirigenti  e  ad  appropriate   modalita'   di   reclutamento   e
conferimento degli  incarichi  dirigenziali,  per  favorire  maggiore
coinvolgimento  e  responsabilizzazione  dei  dirigenti  nel  governo
dell'autonomia». 
    La ricorrente ribadisce tali considerazioni con riguardo all'art.
1, comma 236, che  limita  l'ammontare  del  trattamento  accessorio,
denunciandone anche il contrasto con il principio  di  ragionevolezza
(art. 3  Cost.)  e  con  quello  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.). 
    Tale contrasto si ripercuoterebbe sulle  competenze  provinciali,
poiche' impedirebbe alla Provincia «di chiedere lavoro  straordinario
ai propri impiegati oppure di retribuire il lavoro  straordinario  da
questi prestato». 
    L'irragionevolezza si  rivelerebbe  anche  nel  fatto  che  siano
risolti, con efficacia retroattiva, i  contratti  stipulati  in  data
successiva  al  15  ottobre  2015,  per  posti  solo  successivamente
divenuti indisponibili: tale meccanismo precluderebbe ogni margine di
apprezzamento della Provincia. 
    Tali  disposizioni  non  potrebbero   superare   il   vaglio   di
legittimita'  costituzionale,  neppure  se  fossero   ricondotte   ai
principi di coordinamento della finanza pubblica: di  tali  principi,
le disposizioni impugnate non presenterebbero i  caratteri  salienti,
in quanto si atteggerebbero come norme minute e autoapplicative,  che
travalicano i vincoli che lo Stato puo'  imporre  alla  Provincia  ai
sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del  1992  e  dell'art.  4  dello
statuto. 
    2.2.- La Provincia autonoma di Trento censura,  altresi',  l'art.
1, commi 512, 515, 516 e 517 della legge n. 208 del 2015,  ravvisando
un contrasto con gli artt. 8, numero 1),  e  79  dello  statuto,  con
l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del  1992,  o,  se  piu'  favorevole,  con
l'art. 117, quarto comma, Cost. (in combinazione con l'art. 10  della
l. cost. n. 3 del 2001), con l'art. 119, primo comma, Cost.,  nonche'
con gli artt. 3 e 97 Cost. 
    Le norme impugnate,  volte  a  rendere  esclusiva  l'acquisizione
mediante Consip spa o mediante i soggetti aggregatori,  con  riguardo
al sistema di approvvigionamento delle  amministrazioni  pubbliche  e
delle  societa'  inserite  nel  conto  economico  consolidato   della
pubblica amministrazione, non sarebbero direttamente applicabili,  in
forza della citata clausola di salvaguardia di cui all'art. 1,  comma
992, della legge n. 208 del 2015. Spetterebbe agli enti ad  autonomia
speciale dare  attuazione  al  principio  di  centralizzazione  degli
acquisti (e' richiamata la sentenza n. 220 del 2013). 
    Ove non operasse la clausola di salvaguardia, le norme impugnate,
che  non  si  limitano  a  fissare  tetti  di  spesa,  ma  sanciscono
direttamente   l'obbligatorieta'   del   ricorso   a   Consip    spa,
contrasterebbero, in primo luogo, con  l'art.  8,  numero  1),  dello
statuto,  che  prevede  una   potesta'   primaria   in   materia   di
organizzazione degli uffici provinciali, estesa alla disciplina degli
acquisti dei beni necessari al loro funzionamento, della destinazione
del  risparmio  ottenuto  e  della  responsabilita'  derivante  dalla
violazione delle norme. 
    La  limitazione  delle  facolta'   di   acquisto,   attuata   con
prescrizioni oltremodo  restrittive,  sarebbe  lesiva  dell'autonomia
finanziaria in materia di spesa, tutelata dallo statuto  e  dall'art.
119, primo comma, Cost. 
    Non varrebbe richiamare,  in  senso  contrario,  la  facolta'  di
avvalersi anche dei soggetti  aggregatori  delle  Province  autonome,
facolta' che sussiste soltanto per i beni  e  i  servizi  disponibili
presso gli stessi soggetti, ne' la previsione, relativa  a  casi  del
tutto marginali,  che  consente  di  derogare  a  tali  modalita'  di
acquisto per i beni e i servizi informatici. 
    Quanto alla norma  che  individua  l'organo  dell'amministrazione
provinciale competente all'esercizio del potere autorizzatorio,  essa
sarebbe costituzionalmente illegittima per contrasto con  l'autonomia
organizzativa della Provincia autonoma, tutelata dall'art. 8,  numero
1), dello statuto, o dall'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  ove  si
atteggi come norma piu' favorevole. 
    2.3.- Quanto all'art. 1, commi 548 e 549, della legge n. 208  del
2015, che estendono agli approvvigionamenti  sanitari  la  disciplina
degli acquisti tramite Consip spa,  non  sarebbero  applicabili  alla
Provincia autonoma di Trento, in ragione  dell'invocata  clausola  di
salvaguardia. 
    Ove non si condividesse tale percorso argomentativo, la norma  in
esame violerebbe l'art. 9, numero 10), dello statuto,  l'art.  2  del
d.lgs. n. 266  del  1992,  o  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  (in
combinazione con l'art. 10 della l. cost. n. 3  del  2001),  se  piu'
favorevole. 
    Il legislatore, difatti,  non  avrebbe  introdotto  un  principio
fondamentale, idoneo a limitare la potesta'  legislativa  concorrente
della Provincia autonoma, ma avrebbe posto una  stringente  normativa
di dettaglio, di immediata applicazione,  che  prevede  l'obbligo  di
avvalersi di Consip spa e delle centrali regionali di committenza per
l'approvvigionamento sanitario (art. 1, comma 548, della legge n. 208
del 2015), disciplina minuziosamente le eccezioni a tale regola e  ne
sanziona  la  violazione  con  la  responsabilita'  dirigenziale   ed
erariale. 
    Quand'anche si volessero inquadrare queste previsioni tra  quelle
di coordinamento della finanza pubblica, esse contravverrebbero  alle
regole enunciate dall'art. 79 dello statuto, che esclude un'immediata
cogenza delle norme in esame. 
    2.4.- La Provincia autonoma di Trento ha impugnato  anche  l'art.
1, commi 672, 675 e 676, della legge n. 208 del 2015, che limitano  i
compensi  degli  amministratori  e  dei  dipendenti  di  societa'   a
controllo pubblico, e ha invocato, in primo  luogo,  la  clausola  di
salvaguardia   dell'art.   1,   comma   992,    che    determinerebbe
l'inapplicabilita' di tali norme alle Province autonome. 
    Ove la clausola di salvaguardia non operasse, le norme esaminate,
in  quanto  provviste  di  un  contenuto  analitico  e   dettagliato,
contrasterebbero con l'art. 8, numero  1),  e  con  l'art.  79  dello
statuto  e  violerebbero  la  potesta'  legislativa   e   l'autonomia
finanziaria della Provincia (e' citata la sentenza n. 159 del 2008). 
    In particolare, la rigida classificazione, affidata a un  decreto
di incerta natura  e  suscettibile  di  impedire  la  gestione  delle
societa' pubbliche con criteri  retributivi  incentivanti,  lederebbe
l'autonomia organizzativa della Provincia (art. 8,  numero  1,  dello
statuto). 
    Anche  a  volere  ricondurre  tale  misura  entro   l'alveo   del
coordinamento della finanza pubblica, si  profilerebbe  un  contrasto
con l'art. 79, quarto comma, dello statuto. Si tratterebbe,  difatti,
di «ulteriore intervento non ammesso», contenuto in  una  «fonte  non
legislativa», in violazione della menzionata  norma  statutaria,  che
allude a «specifiche disposizioni legislative dello Stato». 
    2.5.- La Provincia autonoma di Trento ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 469, secondo  periodo,
e 470, della legge n. 208 del 2015,  che  disciplinano  l'allocazione
dei costi riguardanti gli oneri per i rinnovi contrattuali, anche con
riferimento al personale  convenzionato  con  il  Servizio  sanitario
nazionale. 
    Ad avviso della ricorrente,  le  norme  censurate  non  sarebbero
direttamente  applicabili  e  opererebbe  la   citata   clausola   di
salvaguardia. 
    Ove  tali  norme  fossero  applicabili,  si   prospetterebbe   un
contrasto con l'art. 79, secondo comma, dello statuto, che impone  la
procedura dell'art. 104 del medesimo statuto per  la  modifica  delle
modalita'  con  le  quali   la   Provincia   autonoma   concorre   al
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. 
    La norma  impugnata  contemplerebbe,  per  contro,  l'unilaterale
decisione del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per
la semplificazione e del Ministro per l'economia e le finanze. 
    Anche  a  volere  annoverare  tale  decreto  tra  le  misure   di
coordinamento della finanza  pubblica,  sarebbe  violato  l'art.  79,
quarto comma, dello statuto,  che  sancisce  l'inapplicabilita'  alle
Province autonome di disposizioni  statali  che  prevedono  obblighi,
oneri  e  concorsi  comunque  denominati,  e  affida  alla  Provincia
autonoma  il  compito  di  attuare  il  coordinamento  della  finanza
pubblica,  adeguando  la   propria   legislazione,   con   le   forme
disciplinate dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, ai principi  che
costituiscono limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto. 
    Peraltro, tale disciplina,  ove  fosse  estranea  all'ambito  del
coordinamento della finanza pubblica, violerebbe l'art. 8, numero 1),
dello statuto, che affida alla potesta' primaria della  Provincia  la
disciplina dell'organizzazione e del personale provinciale. 
    Identiche considerazioni si  imporrebbero  anche  per  l'art.  1,
comma 470. 
    Anche a volerla ricondurre al campo  della  sanita',  materia  di
potesta' concorrente,  la  normativa  censurata,  atteggiandosi  come
disciplina di estremo dettaglio, contrasterebbe con l'art. 9,  numero
10), dello statuto, con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del  1992,  e  con
l'art. 117, terzo comma, Cost., ove sia norma  piu'  favorevole  alla
stregua dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. 
    2.6.- La Provincia autonoma di Trento invoca l'applicazione della
clausola di salvaguardia anche per l'art. 1, commi 505 e  510,  della
legge n. 208 del 2015.  Il  comma  505  impone  alle  amministrazioni
l'approvazione, entro  il  mese  di  ottobre  di  ciascun  anno,  del
programma biennale degli acquisti di beni e  di  servizi  di  importo
unitario stimato superiore a un milione di euro, la comunicazione  di
esso alle strutture e agli uffici preposti al programma di gestione e
la sua pubblicazione sul profilo del committente dell'amministrazione
e sul sito informatico presso l'Osservatorio dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture presso  l'Autorita'  nazionale
anticorruzione (ANAC); il comma  510  subordina  la  possibilita'  di
procedere ad acquisti autonomi al requisito dell'inidoneita' dei beni
oggetto di convenzione e a una previa autorizzazione  dell'organo  di
vertice  amministrativo,  specificamente  motivata  e  trasmessa   al
competente ufficio della Corte dei conti. 
    Qualora non operasse la clausola di salvaguardia,  le  previsioni
richiamate,  in  quanto  dettagliate  e   direttamente   applicabili,
contrasterebbero con gli artt. 8, numero 1), e 79 dello statuto, e  2
del d.lgs. n. 266 del 1992, o con l'art. 117, terzo e  quarto  comma,
Cost., se piu' favorevole. 
    La norma che identifica l'organo dell'amministrazione provinciale
chiamato  ad  esercitare  il  potere  autorizzatorio  lederebbe,   in
particolare,  l'autonomia  organizzativa  della  Provincia  autonoma,
tutelata dall'art. 8, numero  1),  dello  statuto  e  dall'art.  117,
quarto comma, Cost., invocato in virtu' della  "clausola  di  maggior
favore". 
    2.7.-  In  prossimita'  dell'udienza,  il  19  aprile  2017,   la
Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria  illustrativa,
confermando  le  conclusioni  gia'  formulate  e  puntualizzando   le
argomentazioni del ricorso alla luce della normativa sopravvenuta. 
    Quanto alle norme in materia  di  approvvigionamento  di  beni  e
servizi (art. 1, commi 505, 510, 512, 515, 516, 517, 548 e 549  della
legge n. 208 del 2015), la ricorrente rivendica la propria competenza
a disciplinare la materia, oggi gia' regolamentata  dall'art.  36-ter
della legge della Provincia autonoma di Trento 19 luglio 1990, n.  23
(Disciplina dell'attivita' contrattuale  e  dell'amministrazione  dei
beni della Provincia autonoma di Trento), che prevede un  sistema  di
acquisti organico  e  razionale,  volto  a  conseguire  obiettivi  di
risparmio e di razionalizzazione. 
    Quanto al programma  biennale  di  acquisti  di  beni  dal  costo
unitario superiore a un milione di  euro  (art.  1,  comma  505),  le
esigenze  di  trasparenza  e  razionalizzazione   potrebbero   essere
perseguite con modalita' alternative, che non  ledano  le  competenze
attribuite alla Provincia autonoma dagli artt. 8,  numero  1),  e  79
dello statuto, e 2 del d.lgs.  n.  266  del  1992,  oppure,  se  piu'
favorevole, dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 
    Anche la compressione dell'autonomia della Provincia con riguardo
all'organo deputato ad autorizzare l'acquisto diretto (art. 1,  comma
510) non  sarebbe  l'unico  modo  per  conseguire  gli  obiettivi  di
razionalizzazione e risparmio. 
    Le norme in esame non potrebbero essere neppure qualificate  come
principi di coordinamento della finanza  pubblica.  Esse,  ad  avviso
della parte ricorrente, adoperano mezzi «irragionevolmente penetranti
rispetto a quanto si sarebbe potuto disporre». 
    Anche l'art.  1,  commi  512,  515,  516  e  517,  che  introduce
disposizioni minute e di dettaglio, sarebbe lesivo  delle  competenze
della Provincia autonoma di Trento e dell'autonomia  organizzativa  e
finanziaria: si individuano direttamente le centrali di acquisto alle
quali e' obbligatorio rivolgersi e i soggetti deputati ad autorizzare
gli acquisti, prevedendo comunicazione  all'ANAC  e  all'Agenzia  per
l'Italia digitale (AGID). 
    La Provincia autonoma ricorrente rileva che i  commi  512  e  515
sono stati modificati all'art. 1, comma 419, lettere a) e  c),  della
legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2017-2019): se la modifica del comma 515  e'  meramente  formale,  il
comma 512, inteso nel senso della  reintroduzione  delle  convenzioni
quadro, potrebbe essere ritenuto satisfattivo. 
    Rimarrebbero comunque impregiudicate le  censure  riguardanti  le
altre disposizioni e il secondo periodo del comma 512. 
    Peraltro, relativamente ai commi da 512 a 517, la  stessa  difesa
dello Stato si sarebbe orientata a riconoscere  l'operativita'  della
clausola di salvaguardia. 
    Quanto all'art. 1,  commi  548  e  549,  l'approvvigionamento  di
materiale sanitario presso  Consip  spa  presenterebbe  un  contenuto
cogente, che travalica la finalita' di offrire criteri orientativi  o
di accordare una mera facolta'. 
    Il fatto che la Provincia autonoma di Trento abbia  istituito  un
autonomo soggetto aggregatore non  sarebbe  ragione  sufficiente  per
sottrarre l'azione di tale soggetto alla disciplina provinciale. 
    La ricorrente reputa ininfluente il fatto che le disposizioni  in
esame riproducano il contenuto di altra disposizione  non  impugnata,
in  quanto  nei  giudizi  in  via  principale  non  opera  l'istituto
dell'acquiescenza. 
    Peraltro, la Provincia autonoma nega che l'art. 9, comma  3,  del
d.l. n. 66 del 2014, provvisto  di  un  mero  contenuto  ricognitivo,
abbia  il   carattere   cogente   della   norma   impugnata,   lesiva
dell'autonomia provinciale in materia di sanita' (art. 9, numero  10,
dello statuto) e in materia finanziaria (art. 79 dello statuto o,  se
piu' favorevole, art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Il carattere lesivo sarebbe ancor piu' evidente, in  ragione  del
fatto che la Provincia  autonoma  finanzia  la  sanita'  con  risorse
proprie, senza gravare sul Fondo sanitario nazionale. 
    Con riguardo all'art. 1, commi 219 e 236, la  Provincia  autonoma
di Trento nega che si  tratti  di  principi  di  coordinamento  della
finanza  pubblica.  La  normativa  citata,  ove  non   si   ritenesse
applicabile la clausola  di  salvaguardia,  invaderebbe  la  potesta'
primaria in materia di ordinamento degli  uffici  provinciali  e  del
personale addetto (art. 8, numero 1, dello  statuto),  e,  in  quanto
destinata a trovare immediata applicazione, contrasterebbe con l'art.
2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che stabilisce l'obbligo delle Province
autonome di adeguarsi, nei limiti segnati dallo statuto, ai  principi
enunciati dagli atti legislativi dello Stato. 
    Le norme impugnate entrerebbero in conflitto anche con gli  artt.
3 e  97  Cost.,  poiche',  comminando  la  risoluzione  ex  lege  dei
contratti di lavoro,  precluderebbero  una  razionale  programmazione
delle risorse umane. Tali considerazioni avvalorano, ad avviso  della
parte  ricorrente,  la  ridondanza  della  violazione  di   parametri
estranei   al   riparto   delle   competenze    sulle    attribuzioni
costituzionalmente riservate alle Province autonome. 
    Sulle previsioni in tema di allocazione degli oneri  dei  rinnovi
contrattuali (art. 1, commi 469, secondo periodo, e 470),  la  difesa
della Provincia richiama la normativa  di  attuazione  nel  frattempo
intervenuta - il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18
aprile 2016, recante «Criteri di determinazione  degli  oneri  per  i
rinnovi contrattuali, ai sensi  dell'articolo  1,  comma  469,  della
legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge  di  stabilita'  2016)»  -  che
statuiva direttamente e in maniera autoapplicativa la riduzione degli
oneri, prima di essere sostituita  dal  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 27 febbraio 2017,  recante  «Ripartizione  del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016,
n. 232. (Legge di bilancio  2017)»,  che  determina  una  unilaterale
sovrapposizione dello Stato alla competenza provinciale. 
    Tale  congegno  si  tradurrebbe  in  una  violazione  del  metodo
pattizio (artt. 79, secondo e quarto comma, e 104  dello  statuto)  e
della  regola  dell'inapplicabilita'  alle   Province   autonome   di
disposizioni  statali  che  prevedono  obblighi,  oneri  e   concorsi
comunque denominati (e men che meno se posti  da  fonti  secondarie):
l'obbligo di adeguamento ai principi di coordinamento  della  finanza
pubblica,  peraltro  non  ravvisabili  nella  fattispecie  in  esame,
sussisterebbe esclusivamente nei limiti posti dagli artt. 4 e 5 dello
statuto e dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Le  norme  impugnate,  in  considerazione  della  loro  attinenza
all'organizzazione  del  personale  provinciale,  si  porrebbero   in
contrasto con l'art. 8, numero 1), dello statuto. 
    Quanto all'art. 1, comma 470, della legge n.  208  del  2015,  la
Provincia autonoma di  Trento  ravvisa  la  violazione  dell'art.  9,
numero 10), dello statuto e dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Quanto alle norme che fissano il tetto ai compensi nelle societa'
controllate, la ricorrente rileva che l'art. 1, comma 672,  e'  stato
medio tempore abrogato dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175
(Testo unico in materia di societa' a partecipazione  pubblica),  che
ne ha riprodotto il contenuto nell'art. 11 e prevede una clausola  di
salvaguardia ancora piu' ampia (art. 23 del d.lgs. n. 175 del 2016). 
    L'art.  1,  commi  675  e  676,  riguardante  gli   obblighi   di
trasparenza  relativi  al  conferimento  degli  incarichi,  e'  stato
riprodotto nell'art. 15-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.
33 (Riordino della  disciplina  riguardante  il  diritto  di  accesso
civico e gli obblighi di pubblicita',  trasparenza  e  diffusione  di
informazioni  da  parte  delle  pubbliche   amministrazioni),   testo
normativo che contiene una specifica clausola di  salvaguardia  (art.
49, comma 4). 
    L'abrogazione e la contestuale  riproduzione  delle  disposizioni
impugnate confermerebbero, attraverso  la  previsione  di  specifiche
clausole di salvaguardia, che esse non sono applicabili alle Province
autonome di Trento e di Bolzano. 
    Ove si accedesse a una diversa interpretazione, non  si  potrebbe
ritenere  cessata  la  materia  del  contendere:  la   questione   di
legittimita' costituzionale dovrebbe  essere  trasferita  alla  nuova
formulazione delle norme, che riproduce il medesimo contenuto  lesivo
delle disposizioni originariamente censurate e  non  ha  una  valenza
innovativa. 
    Le disposizioni in esame, che contemplerebbero «soluzioni precise
ed esaustive (quando non minute)», con  inevitabile  ingerenza  nelle
sfere di autonomia  spettanti  alla  Provincia  autonoma  di  Trento,
violerebbero gli artt. 8, numero  1),  e  79  dello  statuto,  e  non
potrebbero  in  alcun  modo  essere   ricondotte   ai   principi   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    2.8.- Nel giudizio si e' costituito il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha svolto, a sostegno della declaratoria di infondatezza del
ricorso, argomenti  che  ricalcano  quelli  illustrati  nel  giudizio
introdotto con ricorso iscritto al n. 10 del  registro  ricorsi  2016
(si veda retro, punto 1.4.). 
    Tali  argomenti  sono   stati   ripresi   anche   nella   memoria
illustrativa depositata in vista dell'udienza. 
    3.- Con ricorso notificato il 26-29 febbraio 2016, depositato  il
successivo 8 marzo e iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2016,  la
Regione Veneto ha promosso, tra le altre, questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 219 e 228, della legge n.  208  del
2015, per violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo  e  quarto  comma,
118 e 119 Cost. e del  principio  di  leale  collaborazione,  sancito
dagli artt. 5 e 120 Cost. 
    3.1.- La  parte  ricorrente  assume  che  l'art.  1,  comma  219,
applicabile anche al personale dirigenziale delle Regioni,  contrasti
con l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    La norma impugnata, difatti, non potrebbe essere  annoverata  tra
gli  interventi  statali  rivolti  al  coordinamento  della   finanza
pubblica, poiche' - come emerge dalla stessa relazione tecnica -  non
produrrebbe effetti di sorta sui saldi di finanza pubblica. 
    Ad ogni modo,  la  norma  in  esame  presenterebbe  un  carattere
«puntuale ed esaustivo», incompatibile con i caratteri che dovrebbero
contraddistinguere  i  principi  di   coordinamento   della   finanza
pubblica. 
    La norma impugnata confliggerebbe altresi' con l'art. 117, quarto
comma, Cost.,  poiche'  invaderebbe  la  competenza  residuale  delle
Regioni nella materia "ordinamento  e  organizzazione  amministrativa
delle  Regioni",  che  include  anche  la  disciplina   dei   profili
pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico. 
    Inoltre, la disciplina impugnata non contemplerebbe alcuna  forma
di raccordo con le Regioni, in  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione consacrato dagli artt. 5 e 120 Cost. 
    La ricorrente prospetta anche il contrasto con gli artt. 3  e  97
Cost., sul presupposto che la  disciplina  censurata  determini  «una
illegittima reformatio in peius del regime vigente  per  i  dirigenti
assunti dopo la data del 15 ottobre  2015  e  prima  dell'entrata  in
vigore della legge n. 208 del  2015,  colpiti  dalla  risoluzione  di
diritto  del  proprio  contratto,  con  una  palese  violazione   del
principio del legittimo affidamento [...] e del buon andamento  della
Pubblica amministrazione». 
    Il  contrasto  con  gli  artt.   3   e   97   Cost.   inciderebbe
sull'autonomia organizzativa della  Regione,  ridondando  in  lesione
delle attribuzioni regionali di cui agli artt. 117,  terzo  e  quarto
comma, e 118 Cost. 
    3.2.- La Regione Veneto denuncia l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 228, della legge n. 208  del  2015,  che  consente
alle Regioni e agli  enti  locali,  per  il  triennio  2016-2018,  di
procedere  ad  assunzione  di  personale  a  tempo  indeterminato  di
qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di  personale
corrispondente, per ciascuno di tali anni, ad una spesa  pari  al  25
per cento di quella relativa al medesimo personale cessato  nell'anno
precedente. 
    Per il personale collocato in mobilita' degli enti di area  vasta
e destinato a funzioni non fondamentali, la disposizione conferma  le
percentuali stabilite dall'art. 3,  comma  5,  del  decreto-legge  24
giugno 2014, n. 90  (Misure  urgenti  per  la  semplificazione  e  la
trasparenza  amministrativa   e   per   l'efficienza   degli   uffici
giudiziari), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  11  agosto
2014, n. 114: 80 per cento della spesa relativa al personale di ruolo
cessato dal servizio nell'anno precedente per gli anni 2016 e 2017  e
100 per cento per l'anno 2018. 
    La  norma  impugnata,  per  il  biennio  2017-2018,  deroga  alla
previsione  che  consente  di  procedere  ad   assunzioni   a   tempo
indeterminato nel limite del 100 per cento della  spesa  relativa  al
personale di ruolo cessato dal  servizio  nell'anno  precedente.  Una
tale possibilita' e' prevista dall'art. 3, comma 5-quater,  del  d.l.
n. 90 del 2014 per Regioni ed enti locali  "virtuosi",  che  abbiano,
come la Regione Veneto, un'incidenza delle spese di  personale  sulla
spesa corrente pari o inferiore al 25 per cento. 
    Ad avviso della  Regione  ricorrente,  la  norma  impugnata,  con
automatismo illegittimo, «non proporzionato e incongruente  sotto  il
profilo della connessione razionale e della necessita'», senza  tener
conto della situazione dell'ente pubblico dal punto  di  vista  della
dotazione di personale, limiterebbe la capacita' organizzativa di una
Regione "virtuosa",  in  misura  non  giustificata  dall'esigenza  di
riassorbire il personale riallocato degli enti di area vasta. 
    Pertanto, la norma contrasterebbe con gli artt. 3 e 97 Cost., con
«lesione dell'autonomia  costituzionalmente  garantita  alla  Regione
dagli artt. 117, III e IV comma, 118 e 119 Cost.». 
    3.3.- In prossimita' dell'udienza, il 18 aprile 2017, la  Regione
Veneto  ha  depositato  una  memoria  illustrativa,  confermando   le
conclusioni gia' rassegnate nel ricorso. 
    Quanto all'art. 1, comma 219, della legge n.  208  del  2015,  la
Regione Veneto esclude che  possa  configurarsi  come  intervento  di
coordinamento della finanza pubblica e ribadisce il  rilievo  che  la
previsione non avrebbe alcun  effetto  sui  saldi  finanziari  e,  in
virtu' del suo «carattere  puntuale  ed  esaustivo»,  non  lascerebbe
alcuno spazio all'autonomia regionale. 
    La  disposizione  censurata  inciderebbe   in   maniera   diretta
sull'ordinamento e sull'organizzazione amministrativa delle  Regioni,
materia di competenza residuale regionale  ai  sensi  dell'art.  117,
quarto     comma,     Cost.     e     comprensiva     dei     profili
pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico. 
    Un  ulteriore  profilo  di   illegittimita'   costituzionale   si
coglierebbe  nella  mancata  previsione   di   qualsiasi   forma   di
concertazione e di raccordo con  le  Regioni,  in  contrasto  con  il
principio di leale collaborazione,  tutelato  dagli  artt.  5  e  120
Cost.:  la  Regione  ricorrente  richiama,  a   tale   riguardo,   le
enunciazioni  della  sentenza  n.  251  del  2016,  che  ha  ritenuto
doverosa, in ragione delle molteplici interferenze con le  competenze
regionali, l'intesa in sede di Conferenza unificata. 
    La Regione registra la mancata  attuazione  della  riforma  della
dirigenza pubblica, che farebbe venir meno il  carattere  transitorio
del "blocco" delle  assunzioni  dirigenziali,  disposto  dalla  norma
impugnata  «[n]elle  more  dell'adozione  dei   decreti   legislativi
attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124
[...]». 
    Quanto al meccanismo, che determina la reformatio  in  peius  del
regime vigente per i dirigenti assunti dopo  il  15  ottobre  2015  e
prima dell'entrata in  vigore  della  legge  n.  208  del  2015,  con
conseguente risoluzione di diritto dei contratti, sarebbe lesivo  del
principio  di  legittimo  affidamento  (art.  3  Cost.)  e  del  buon
andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). 
    Tale violazione si rifletterebbe «sulla competenza  regionale  ex
art. 117, comma 4, della Costituzione in  materia  di  ordinamento  e
organizzazione amministrativa della Regione». 
    Anche l'art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015 violerebbe
l'autonomia regionale in  materia  di  ordinamento  e  organizzazione
amministrativa  e  non  terrebbe  conto  della  situazione  dell'ente
pubblico e del comportamento "virtuoso" della Regione ricorrente. 
    L'automatismo,    insito    nella     disposizione     impugnata,
contrasterebbe con il principio  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione e con  il  principio  di  ragionevolezza,  «sotto  il
profilo sia dell'incongruenza tra mezzi e fini sia della mancanza  di
proporzionalita' (per la non necessaria, e in  ogni  caso  eccessiva,
limitazione dell'autonomia regionale in relazione  allo  scopo  della
norma)». 
    3.4.- Nel giudizio si e' costituito, con  memoria  del  7  aprile
2016, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e  ha  chiesto   di
respingere le questioni di legittimita' costituzionale promosse dalla
Regione Veneto. 
    Le norme sul personale dirigenziale delle Regioni (art. 1,  comma
219, della legge n. 208 del 2015) sarebbero riconducibili ai principi
di coordinamento della finanza pubblica, che comprendono anche  norme
puntuali  volte  a  realizzare   in   concreto   le   finalita'   del
coordinamento finanziario, e si collocherebbero nel  solco  di  altri
interventi   di   riduzione   del   personale   dirigenziale    delle
amministrazioni pubbliche, come quelli attuati con l'art. 2 del  d.l.
n. 95 del 2012. 
    Peraltro, la previsione impugnata non esaurisce gli  strumenti  e
le  modalita'  dettate  dalla  norma  statale  per  il  perseguimento
dell'obiettivo: l'art. 1, comma 221, della legge  n.  208  del  2015,
difatti, prevede che Regioni  ed  enti  locali  possano  operare  una
ricognizione  delle  relative  dotazioni  organiche  dirigenziali   e
riordinare le  competenze  degli  uffici  dirigenziali,  in  modo  da
razionalizzare e contenere la spesa pubblica, evitare duplicazioni  e
garantire «una maggiore flessibilita' della figura dirigenziale ed il
corretto funzionamento degli uffici». 
    Quanto all'art. 1, comma  228,  della  legge  n.  208  del  2015,
l'Avvocatura generale dello Stato ribadisce gli argomenti gia' svolti
con riguardo alle finalita' di razionalizzazione della norma, che  si
configura come principio di coordinamento della  finanza  pubblica  e
mira a «far fronte alla razionalizzazione e contenimento della  spesa
pubblica legata alla cessazione del personale». 
    3.5.- Nell'approssimarsi dell'udienza,  il  18  aprile  2017,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  depositato  una  memoria
illustrativa e ha insistito per il rigetto del ricorso della  Regione
Veneto. 
    L'Avvocatura generale dello Stato ribadisce che  le  disposizioni
impugnate si raccordano a  precedenti  interventi  di  riduzione  del
personale  dirigenziale  delle  amministrazioni  pubbliche   e   sono
componente indispensabile degli interventi di razionalizzazione e  di
contenimento della spesa pubblica. 
    Anche in ragione dell'eccezionalita' della situazione economica e
dell'unitarieta' del quadro di finanza pubblica, sarebbe  ineludibile
la necessita' di fissare regole comuni e omogenee, che «costituiscono
piena attuazione del coordinamento della  finanza  pubblica,  di  cui
agli  articoli  117,  terzo  comma,  e  119,  secondo  comma,   della
Costituzione». 
    4.- All'udienza del 10 maggio 2017, le parti  hanno  ribadito  le
conclusioni rassegnate negli scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso iscritto al  n.
10 del registro ricorsi 2016, ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 219, 236, 469, secondo
periodo, 470, 505, 510, 512, 515, 516, 517, 548, 549, 672, 675 e  676
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», ritenendo violati  gli  artt.  8,  numero  1),  9,
numero 10), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del
testo  unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo   statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige)  e  le  relative  norme   di
attuazione (art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474,  recante  «Norme
di attuazione dello statuto per la  regione  Trentino-Alto  Adige  in
materia di igiene e sanita'»  e  d.P.R.  26  gennaio  1980,  n.  197,
recante  «Norme  di  attuazione  dello  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione
in materia di igiene e sanita' approvate con decreto  del  Presidente
della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474»); gli artt. 79, 80 e 81 dello
statuto di autonomia e le relative norme di attuazione (artt. 2  e  4
del decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.  266,  recante  «Norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento»; artt. 17, 18 e 19 del decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 268, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige  in   materia   di   finanza   regionale   e
provinciale», e art. 34, comma 3, della legge 23  dicembre  1994,  n.
724, recante «Misure di razionalizzazione della  finanza  pubblica»);
gli artt. 99 e 100 dello statuto e le relative  norme  di  attuazione
(d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, recante «Norme  di  attuazione  dello
Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso
della lingua tedesca e  della  lingua  ladina  nei  rapporti  con  la
pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari»); l'art. 117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, «in combinato disposto  con
l'articolo 10 della legge  costituzionale  n.  3/2001»,  in  tema  di
"tutela della salute" e "organizzazione"; gli artt. 116 e 119 Cost. e
il  principio  di   leale   collaborazione,   «anche   in   relazione
all'articolo 120 della Costituzione». 
    2.- La Provincia autonoma di Trento, con il ricorso  iscritto  al
n. 20 del registro ricorsi 2016, ha promosso, tra le altre, questioni
di legittimita'  costituzionale  delle  medesime  disposizioni  della
legge di stabilita' 2016, per contrasto con gli artt. 8,  numero  1),
9, numero 10), 79 e 104 del d.P.R. n. 670 del 1972, con gli artt. 2 e
4 del d.lgs. n. 266 del 1992 e, se norma piu' favorevole, con  l'art.
117, terzo e quarto comma, Cost. (in combinazione con l'art. 10 della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,  recante  «Modifiche  al
titolo V della parte seconda della  Costituzione»),  con  l'art.  119
Cost. e con gli artt. 3 e 97 Cost. 
    3.- La Regione Veneto, con ricorso iscritto al n. 17 del registro
ricorsi 2016, ha promosso, tra le altre,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 219 e 228, della legge n.  208  del
2015, prospettando la violazione degli artt. 3, 5, 97, 117,  terzo  e
quarto comma, 118, 119 e 120 Cost.. 
    4.- Deve  essere  riservata  a  separate  pronunce  la  decisione
sull'impugnazione di altre disposizioni della legge n. 208 del 2015. 
    4.1.- I giudizi, cosi'  delimitati,  devono  essere  riuniti,  in
ragione  della  loro  connessione  oggettiva,  per  essere   trattati
congiuntamente e decisi con un'unica pronuncia. 
    5.-  Occorre,  in  primo  luogo,  esaminare   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 219,  della  legge  n.
208 del  2015,  impugnato  dalla  Regione  Veneto  e  dalle  Province
autonome di Trento e di Bolzano. 
    5.1.-  L'art.  1,  comma  219,  della  legge  n.  208  del  2015,
applicabile  anche  alle  amministrazioni  regionali,  statuiva   che
fossero resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e di seconda
fascia delle amministrazioni pubbliche di cui all'art.  1,  comma  2,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), «come rideterminati in applicazione dell'articolo  2  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7  agosto  2012,  n.  135,  e  successive  modificazioni,
vacanti alla data del 15 ottobre 2015,  tenendo  comunque  conto  del
numero dei dirigenti in servizio senza incarico  o  con  incarico  di
studio  e  del  personale  dirigenziale  in  posizione  di   comando,
distacco, fuori ruolo o aspettativa». 
    Lo stesso art. 1, comma 219, disponeva che - alla data della  sua
entrata in vigore (1° gennaio 2016)  -  vi  fosse  la  cessazione  di
diritto, con risoluzione  dei  relativi  contratti,  degli  incarichi
conferiti dopo il 15 ottobre 2015  e  prima  dell'entrata  in  vigore
della legge (1° gennaio 2016) a copertura dei posti dirigenziali resi
indisponibili. 
    5.2.- La Regione Veneto censura tale  disciplina  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. Essa, difatti, non potrebbe  essere
annoverata tra gli interventi statali rivolti al coordinamento  della
finanza pubblica, poiche' non produce effetti di sorta sui  saldi  di
finanza pubblica, e presenta un carattere «puntuale ed esaustivo, che
non lascia alcuno spazio aperto  alla  autonomia  regionale,  perche'
definisce uno specifico temporale di applicazione, precise  categorie
dirigenziali incluse ed escluse, puntuali  conseguenze  sui  rapporti
gia' in essere», in contrasto con le caratteristiche dei principi  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Sarebbe  violato  anche  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.   La
disposizione  impugnata  inciderebbe  indebitamente   sulla   materia
"ordinamento  e   organizzazione   amministrativa",   di   competenza
residuale delle Regioni, comprensiva  della  disciplina  dei  profili
pubblicistico-organizzativi. 
    La Regione ricorrente deduce anche la violazione degli artt. 5  e
120  Cost.,  espressivi  del  principio  di   leale   collaborazione,
argomentando  che   la   disciplina   impugnata,   pur   determinando
un'interferenza  con  le  competenze  regionali,  «evidentemente  non
risolvibile con il mero criterio  della  prevalenza  del  legislatore
statale», non prevede alcuna forma di "raccordo" con le Regioni. Tale
mancanza di raccordo determinerebbe anche un contrasto con gli  artt.
117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. 
    La normativa in esame contrasterebbe altresi' con gli artt.  3  e
97 Cost., nella parte in cui prevede la risoluzione  di  diritto  del
contratto per i dirigenti assunti dopo il 15  ottobre  2015  e  prima
dell'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015, in violazione del
legittimo affidamento riposto dai  dirigenti,  tutelato  dall'art.  3
Cost., e del buon andamento della pubblica amministrazione  (art.  97
Cost.). Il contrasto  con  i  parametri  estranei  al  riparto  delle
competenze  tra  Stato  e  Regioni  si  rifletterebbe  sull'autonomia
organizzativa della Regione e percio' ridonderebbe  «in  una  lesione
delle competenze regionali di cui agli artt. 117, III e IV  comma,  e
118 Cost.». 
    Anche le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno formulato
censure nei confronti della medesima disposizione, pur  muovendo  dal
presupposto che la normativa  in  esame  non  si  applichi  nei  loro
confronti, per effetto della clausola di salvaguardia di cui all'art.
1, comma 992, della legge n. 208 del 2015. 
    Le Province autonome ricorrenti assumono che, ad  ogni  modo,  la
previsione impugnata limiti arbitrariamente la facolta' di  reclutare
i dirigenti, con lesione delle competenze  normative  provinciali  in
materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del  personale  ad
essi addetto» (art. 8, numero 1, dello statuto di autonomia), o della
competenza residuale in  materia  di  organizzazione  amministrativa,
attribuita dall'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  ove  il  precetto
costituzionale accordi un'autonomia piu' ampia. 
    La legislazione statale detterebbe norme «di carattere preciso  e
specifico», in violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che
non  consente  l'immediata  applicazione  delle  norme  emanate   dal
legislatore statale. 
    Quanto alla cessazione di diritto degli  incarichi  dirigenziali,
la Provincia autonoma di Trento ravvisa anche  il  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento  della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). La  cessazione  di  diritto
comminata dalla norma precluderebbe  in  maniera  irragionevole  alla
pubblica amministrazione  provinciale  la  possibilita'  di  valutare
autonomamente l'efficienza del personale reclutato. 
    5.3.- E' utile evidenziare, preliminarmente, che l'art. 1,  comma
219, della legge n. 208 del 2015, e'  stato  abrogato  dall'art.  25,
comma 4, del decreto legislativo  25  maggio  2017,  n.  75,  recante
«Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a),  e  2,  lettere
b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f),  g),  h),  l)
m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015,  n.  124,  in
materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche». 
    La nuova disciplina e' entrata  in  vigore  a  decorrere  dal  22
giugno 2017, alla stregua delle regole generali  enunciate  dall'art.
73, terzo comma, Cost. 
    Occorre  verificare  se,  alla  stregua  di  tale  sopravvenienza
normativa,  possa  dirsi  cessata  la  materia  del  contendere.  Per
giurisprudenza costante di questa Corte, «perche'  possa  dichiararsi
la cessazione della materia del contendere e' necessario il  concorso
di  due  requisiti:  lo  ius  superveniens   deve   avere   carattere
satisfattivo delle  pretese  avanzate  con  l'atto  introduttivo  del
giudizio e le disposizioni oggetto d'impugnazione  non  devono  avere
avuto medio tempore applicazione (da ultimo, sentenze n. 8 del  2017,
n. 257, n. 253, n. 242 e n. 199 del 2016)» (sentenza n. 59 del  2017,
punto 3.1. del Considerato in diritto). 
    Nel caso di specie, la norma abrogata ha avuto  applicazione  per
un arco temporale rilevante, dal 1° gennaio 2016, data di entrata  in
vigore della legge di stabilita' 2016, fino al 21 giugno  2017.  Tale
circostanza, di per se', esclude  la  cessazione  della  materia  del
contendere. 
    5.4.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 219, della legge n. 208 del 2015  e'  fondata,  in  riferimento
all'art. 117, quarto comma, Cost. 
    La  norma  impugnata  era  destinata   a   operare   nelle   more
dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli artt. 8,  11  e
17 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo  in  materia
di riorganizzazione delle  amministrazioni  pubbliche),  riguardanti,
rispettivamente,  la  «Riorganizzazione  dell'amministrazione   dello
Stato», la «Dirigenza pubblica», il «Riordino  della  disciplina  del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», e nelle more
«dell'attuazione dei commi 422, 423, 424 e 425 dell'articolo 1  della
legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni», relativi
al processo di riordino degli enti di area vasta e di  ricollocazione
del personale. 
    La previsione restrittiva faceva salvi solo «i casi per i  quali,
alla data del 15 ottobre 2015, sia stato avviato il procedimento  per
il conferimento dell'incarico e, anche dopo la  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, quelli concernenti i posti  dirigenziali
in enti pubblici nazionali o strutture organizzative  istituiti  dopo
il 31 dicembre 2011, i  posti  dirigenziali  specificamente  previsti
dalla legge o  appartenenti  a  strutture  organizzative  oggetto  di
riordino negli anni 2014 e 2015 con riduzione del numero dei posti e,
comunque, gli incarichi conferiti a dirigenti  assunti  per  concorso
pubblico bandito prima della data di entrata in vigore della presente
legge o da espletare a norma del comma 216,  oppure  in  applicazione
delle procedure di mobilita' previste dalla legge». 
    In ogni altra ipotesi,  le  amministrazioni  pubbliche  avrebbero
potuto conferire incarichi dirigenziali «solo nel rispetto del numero
complessivo dei posti resi indisponibili». 
    Questa  Corte  e'   costante   nell'affermare   che   i   profili
pubblicistico-organizzativi    dell'impiego    pubblico     regionale
«rientrano   nell'ordinamento   e    organizzazione    amministrativa
regionale,  e  quindi  appartengono   alla   competenza   legislativa
residuale della Regione» (sentenza n. 149 del 2012,  punto  4.2.  del
Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenza n. 63 del  2012,
punto 3.1. del Considerato in diritto), di cui all'art.  117,  quarto
comma, Cost. 
    Nel disciplinare l'indisponibilita'  dei  posti  dirigenziali  di
prima e di seconda fascia, vacanti alla data del 15 ottobre  2015,  e
la cessazione di diritto degli incarichi dirigenziali  conferiti  tra
il 15 ottobre 2015 e il  1°  gennaio  2016,  la  norma  impugnata  e'
riconducibile alla competenza residuale ex art.  117,  quarto  comma,
Cost. in  materia  di  ordinamento  e  organizzazione  amministrativa
regionale,  «entro  cui  si  collocano   le   procedure   concorsuali
pubblicistiche per l'accesso al ruolo (cosi' come a tutto il pubblico
impiego: sentenze n. 310 del 2011 e n. 324 del 2010), il conferimento
degli incarichi (sentenza n. 105 del 2013) e la durata degli  stessi.
Questa  Corte  ha  ritenuto  tali   aspetti   inerenti   ai   profili
pubblicistico-organizzativi della dirigenza pubblica, cosi'  come  di
tutto il lavoro pubblico (fra le tante, sentenza n. 149 del 2012). Il
legislatore statale  interviene  in  questi  casi  solo  per  fissare
principi generali a garanzia del buon andamento e  dell'imparzialita'
dell'amministrazione (sentenza n. 105 del 2013)» (sentenza n. 251 del
2016, punto 4.2.1. del Considerato in diritto). 
    La  disciplina  in  esame   racchiude   previsioni   quanto   mai
dettagliate e penetranti anche in merito alla  cessazione  ope  legis
degli  incarichi  e  alla  risoluzione   dei   contratti   e   incide
direttamente  sul  conferimento  e  sulla  durata   degli   incarichi
dirigenziali, aspetti devoluti alla competenza regionale residuale in
materia di ordinamento e organizzazione amministrativa. 
    La norma impugnata,  circoscritta  a  un  periodo  transitorio  e
legata all'attuazione della riforma della  pubblica  amministrazione,
non rappresenta espressione della  competenza  statale  a  fissare  i
principi generali a garanzia del buon andamento e  dell'imparzialita'
della pubblica amministrazione. 
    5.5.-  Deve   essere,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 219, della legge n. 208  del  2015,
nella parte in  cui  si  applica  anche  alle  amministrazioni  delle
Regioni e delle Province autonome. 
    5.6.- Restano assorbite  le  ulteriori  censure  formulate  dalla
Regione Veneto e dalle Province  autonome  ricorrenti  nei  confronti
della medesima disposizione. 
    6.- La Regione Veneto ha impugnato anche  l'art.  1,  comma  228,
ultimo periodo, della legge n. 208  del  2015,  nella  parte  in  cui
«blocca, per il biennio 2017-2018, la possibilita' per le  Regioni  e
gli enti  locali  "virtuosi"  di  procedere  ad  assunzioni  a  tempo
indeterminato prescindendo dal limite del 25% del  personale  cessato
nell'anno precedente». 
    6.1.- Ad avviso della Regione ricorrente la disciplina  censurata
confliggerebbe   con   il    principio    di    ragionevolezza,    di
proporzionalita',  di  congruenza  e  con  il  buon  andamento  della
pubblica amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.) e imporrebbe una misura
ispirata ad un arbitrario automatismo, non giustificata dall'esigenza
di riassorbire il personale riallocato degli enti di area vasta. 
    Sarebbero violati anche gli artt. 117, terzo e quarto comma,  118
e  119  Cost.,  sul  presupposto  che   l'intervento   normativo   in
discussione  limiti  l'autonomia   organizzativa   di   una   Regione
"virtuosa", in misura non giustificata dall'esigenza  di  riassorbire
il personale riallocato degli enti di area vasta e senza tener  conto
della  situazione  dell'ente  pubblico  dal  punto  di  vista   della
dotazione di personale. Si delineerebbe in tal  modo  un  automatismo
illegittimo, «non proporzionato e incongruente sotto il profilo della
connessione razionale e della necessita'». 
    6.2.- Si deve rilevare, in via preliminare, che le  modificazioni
apportate dall'art. 16, comma  1-bis,  del  decreto-legge  24  giugno
2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali  e
il territorio), convertito, con modificazioni, dalla legge  7  agosto
2016, n. 160; dall'art. 1, comma 479,  lettera  d),  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019); e
dall'art. 22, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 aprile  2017,  n.  50
(Disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite  da
eventi  sismici  e  misure  per   lo   sviluppo),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, sono intervenute su
altre previsioni del citato art. 1, comma 228,  e  non  hanno  inciso
sullo specifico precetto impugnato dalla Regione ricorrente. 
    6.3.- La questione non e' fondata. 
    6.3.1.- La norma impugnata si inserisce in un contesto di  misure
volte  a  limitare  la  spesa  relativa  al  personale   degli   enti
territoriali. 
    L'art. 3, comma 5-quater, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90
(Misure   urgenti   per   la   semplificazione   e   la   trasparenza
amministrativa  e  per   l'efficienza   degli   uffici   giudiziari),
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,  n.  114,
prevede che le Regioni e gli  enti  locali  sottoposti  al  patto  di
stabilita'  interno,  quando  l'incidenza  della  spesa  relativa  al
personale sulla spesa corrente sia pari o inferiore al 20 per  cento,
possano procedere ad assunzioni a tempo  indeterminato,  a  decorrere
dal 1º gennaio 2014,  «nel  limite  dell'80  per  cento  della  spesa
relativa  al  personale  di  ruolo  cessato  dal  servizio  nell'anno
precedente e nel limite del  100  per  cento  a  decorrere  dall'anno
2015», fermi restando i «vincoli generali sulla spesa di personale». 
    L'ultimo periodo dell'impugnato art. 1, comma 228, sospende  tale
facolta'  per  gli  anni  2017  e  2018  e   rende   cosi'   generale
l'applicazione della regola enunciata dal primo periodo del  medesimo
comma, che consente alle amministrazioni  assoggettate  al  patto  di
stabilita' interno di procedere alle assunzioni a tempo indeterminato
di personale di qualifica non dirigenziale per gli anni 2016, 2017  e
2018 «nel limite di un contingente di personale  corrispondente,  per
ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari  al  25  per  cento  di
quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente». 
    6.3.2.- Per ragioni di  coordinamento  finanziario  ben  puo'  il
legislatore statale imporre in via  transitoria  agli  enti  autonomi
vincoli alle politiche di bilancio, atti  a  contenere  il  tasso  di
crescita della spesa corrente rispetto agli anni precedenti (sentenza
n. 36 del 2004). 
    Come traspare anche dai dati contabili acquisiti  nel  corso  dei
lavori parlamentari,  la  norma  impugnata  incide  su  un  aggregato
rilevante della spesa corrente, che si identifica nella spesa per  il
personale,  voce  di  importanza  strategica,  nelle  sue  molteplici
componenti,  per  l'attuazione  del  patto  di   stabilita'   interno
(sentenza n. 169 del 2007). 
    La  disciplina  prefigurata  dal  legislatore  reca  principi  di
coordinamento della finanza pubblica, nel rispetto dei requisiti  che
la giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  individuato  per  escludere
l'illegittimita' delle  misure  limitative  dell'autonomia  regionale
(sentenza n. 218  del  2015).  Essa,  invero,  non  prevede  in  modo
esaustivo strumenti e modalita'  di  perseguimento  degli  obiettivi,
comunque rimessi  all'apprezzamento  delle  Regioni,  e  presenta  un
carattere transitorio e delimitato nel tempo, circoscritto al biennio
2017-2018, periodo in cui  si  ripristina  la  vigenza  della  regola
generale e si sospende l'applicazione di una  disciplina  derogatoria
piu' flessibile, legata a situazioni di modesta incidenza della spesa
del personale rispetto alla spesa corrente. 
    Quanto al paventato trattamento deteriore degli enti  "virtuosi",
questa Corte ha osservato che il carattere generale degli  interventi
di riordino impone una disciplina uniforme e che  questa  disciplina,
di per se' priva di intenti premiali  o  punitivi,  non  puo'  essere
diversamente  calibrata   in   ragione   di   presunte   specificita'
territoriali (sentenze n. 176 e n. 159 del 2016). 
    7.-  Lo  scrutinio  delle  ulteriori  questioni  di  legittimita'
costituzionale, promosse dalle  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, impone di verificare  preliminarmente  l'operativita'  della
clausola di salvaguardia, enunciata dall'art.  1,  comma  992,  della
citata legge n. 208  del  2015  con  la  seguente  formulazione:  «Le
disposizioni della presente legge sono applicabili  nelle  regioni  a
statuto speciale e nelle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
compatibilmente con le  disposizioni  dei  rispettivi  statuti  e  le
relative norme  di  attuazione,  anche  con  riferimento  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». 
    7.1.- Posta a presidio delle prerogative regionali e  provinciali
statutarie e di attuazione statutaria, tale clausola, come piu' volte
ribadito da questa Corte (fra le tante, sentenze n. 23 del 2014 e  n.
241 del 2012), riveste la funzione di limite per l'applicazione delle
disposizioni della legge statale in cui ciascuna clausola e' inserita
e  implica  che  le  disposizioni  della  legge  statale  non   siano
applicabili nei confronti  degli  enti  a  statuto  speciale,  se  in
contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione. 
    L'art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015, introdotto  nel
corso dell'esame al Senato al precipuo scopo di tutelare le autonomie
speciali (emendamento 50.0.14), non contempla  una  mera  formula  di
stile, priva di significato normativo, ma ha la precisa  funzione  di
rendere applicabili le disposizioni della medesima legge agli enti ad
autonomia differenziata, a condizione che tali disposizioni non siano
lesive delle prerogative regionali e provinciali. 
    L'operativita' delle clausole di salvaguardia deve essere esclusa
nei particolari casi in cui singole norme di legge, in virtu' di  una
previsione espressa, siano direttamente e immediatamente  applicabili
agli enti ad autonomia speciale (fra le tante,  sentenza  n.  40  del
2016). 
    Si deve dunque verificare, con riguardo alle singole disposizioni
impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti  dotati
di autonomia speciale, con  l'effetto  di  neutralizzare  la  portata
della clausola generale. 
    7.2.- La non applicabilita' delle disposizioni di  legge  statale
lesive  delle  prerogative  delle  autonomie  speciali   assume   una
declinazione  diversa  a  seconda  che  il   contrasto   si   risolva
nell'invasione di una sfera di competenza dell'ente autonomo,  al  di
fuori dei casi di intreccio con competenze statali. 
    Con riguardo alle Province autonome di Trento e di Bolzano,  sono
le stesse norme di attuazione, e in particolare l'art. 2  del  d.lgs.
n. 266 del 1992, a porre a carico degli  enti  autonomi  un  generale
obbligo  di  adeguamento  a  «principi  e  norme  costituenti  limiti
indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto speciale e  recati  da  atto
legislativo dello Stato», il cui mancato rispetto  costituisce  vizio
di  legittimita'  costituzionale   delle   disposizioni   legislative
regionali o provinciali. 
    Un peculiare obbligo di adeguamento si e' delineato con  riguardo
alle misure di contenimento  della  spesa  pubblica,  definite  dalle
leggi di stabilita' in vista del  perseguimento  degli  obiettivi  di
coordinamento della finanza pubblica, anche  alla  luce  dei  vincoli
derivanti dall'adesione all'Unione europea. 
    Infatti, questa Corte ha piu' volte riconosciuto che le autonomie
speciali, nonostante siano titolari di autonomia finanziaria,  devono
comunque assicurare il concorso agli obiettivi di  finanza  pubblica,
al fine di garantire la sostenibilita' del  sistema  nel  quale  esse
stesse sono incluse (fra le tante,  sentenza  n.  19  del  2015).  La
tutela dell'unita' economica della Repubblica assume a tale  riguardo
rilievo  preponderante  e  si  affianca  all'obbligo   di   prevenire
squilibri di bilancio, con specifico  riferimento  all'andamento  dei
conti pubblici degli enti a ordinamento particolare  (fra  le  tante,
sentenza n. 39 del 2014). 
    Una clausola di salvaguardia di  portata  generale,  come  quella
racchiusa nella legge di stabilita' 2016, impone comunque il rispetto
delle prerogative statutarie, sia sostanziali sia procedurali,  degli
enti dotati di autonomia speciale. 
    In definitiva, sia nell'imporre, in termini generali, il rispetto
dello  statuto  e  delle  norme   di   attuazione   statutaria,   sia
nell'imporre modalita' procedurali specifiche previste dagli  statuti
e dalle relative norme  di  attuazione,  essa  obbliga  gli  enti  in
questione a conformarsi ai  medesimi  vincoli,  o  nell'esercizio  di
proprie competenze legislative  (art.  2  d.lgs.  n.  266  del  1992,
richiamato dall'art. 79, quarto comma, del d.P.R. n. 670 del 1972)  o
secondo    modalita'    procedurali    dominate     dal     principio
consensualistico. 
    7.3.- Cosi' definita la portata della clausola  di  salvaguardia,
si deve ora esaminare se  le  singole  disposizioni  impugnate  siano
compatibili con gli statuti speciali  e  con  le  relative  norme  di
attuazione e, quindi, se siano  applicabili  alle  Province  autonome
ricorrenti. 
    8.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano  hanno  impugnato
l'art. 1, comma 236, della legge n.  208  del  2015,  in  virtu'  del
quale, a decorrere dal 1°  gennaio  2016,  le  risorse  destinate  al
trattamento  accessorio  del  personale,  anche  dirigenziale,  delle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del  d.lgs.  n.
165 del 2001 non avrebbero potuto superare il corrispondente  importo
determinato per l'anno 2015 e avrebbero dovuto subire una  automatica
riduzione, in misura proporzionale alla riduzione  del  personale  in
servizio, tenendo conto  del  personale  che  avrebbe  potuto  essere
reclutato alla stregua della normativa vigente. 
    8.1.-  Tali  previsioni  sono  censurate  per  violazione   della
potesta' legislativa primaria che compete alla Provincia  in  materia
di ordinamento degli uffici provinciali  e  del  personale  (art.  8,
numero  1,  dello  statuto  di  autonomia),  nonche'  della  relativa
potesta' amministrativa (art. 16 dello statuto,  evocato  dalla  sola
Provincia autonoma di Bolzano). 
    Le Province autonome ricorrenti denunciano, ove si configuri come
norma piu' favorevole alla stregua dell'art. 3 della l.  cost.  n.  3
del 2001, anche la violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost., che
attribuisce alle Regioni  e  alle  Province  autonome  la  competenza
residuale in materia di organizzazione amministrativa. 
    La  Provincia  di  Trento  deduce,  inoltre,  la  violazione  del
principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento  della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), poiche' sarebbe inibita  la
facolta'  della  pubblica  amministrazione   di   richiedere   lavoro
straordinario, retribuito proprio con il trattamento accessorio cosi'
limitato, e, dal canto suo, il  lavoratore  che  ha  prestato  lavoro
straordinario  sarebbe  costretto  a  rinunciare  alla   retribuzione
maturata. 
    Secondo  le  Province  ricorrenti,  le  misure  sottoposte   allo
scrutinio di questa Corte non potrebbero essere  ricondotte,  per  il
carattere di minuto dettaglio che le contraddistingue, ai principi di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  principi  che  le  Province
autonome sono  chiamate  ad  attuare  nel  rispetto  della  normativa
statutaria (art. 79, quarto comma, del d.P.R. n. 670 del 1972)  e  di
attuazione statutaria (art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992). 
    8.2.- Si deve dar conto,  in  via  preliminare,  dell'abrogazione
dell'art. 1, comma 236, della legge n.  208  del  2015,  per  effetto
dell'art. 23, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 75 del 2017, in
vigore dal 22 giugno 2017. 
    L'abrogazione retroagisce al 1° gennaio 2017 e  si  inserisce  in
un'articolata   regolamentazione   del   salario   accessorio   delle
amministrazioni  pubbliche,  volta  a  garantirne   la   «progressiva
armonizzazione» (art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017). 
    Dall'abrogazione  dell'art.  1,  comma  236,  non   consegue   la
cessazione della materia del contendere, poiche' la  norma  impugnata
dalle Province autonome ricorrenti ha prodotto i suoi effetti per  un
arco temporale rilevante, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016. 
    8.3.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 236, della legge n. 208 del 2015 non e' fondata. 
    8.3.1.- Le Province autonome ricorrenti muovono  dalla  premessa,
in se' condivisibile, che  tale  disposizione  non  sia  direttamente
applicabile,  in  forza  della  clausola  di   salvaguardia   sancita
dall'art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015, e hanno promosso
questione di legittimita' costituzionale in via meramente gradata. 
    Si deve rilevare, anzitutto, che la clausola di salvaguardia  non
e' contraddetta, nella sua portata precettiva, da disposizioni che si
indirizzino  specificamente  alle  Province  autonome,  senza  essere
mediate  dal  richiamo  generale  al  novero  delle   amministrazioni
pubbliche. 
    E' necessario verificare se le disposizioni impugnate incidano su
materie inerenti a sfere di competenza provinciale. 
    Quanto all'identificazione della materia, occorre  richiamare  la
giurisprudenza di  questa  Corte,  che  ha  ricondotto  i  limiti  ai
trattamenti accessori ai principi fondamentali di coordinamento della
finanza  pubblica  (sentenza  n.  61  del  2014),   attribuiti   alla
competenza concorrente. Le limitazioni in esame investono un  settore
rilevante  della  spesa  per  il  personale  e,  in  particolare,  la
componente che  riguarda  una  delle  due  grandi  parti  in  cui  si
suddivide il trattamento economico del personale  pubblico  (sentenza
n. 215 del 2012). 
    Anche   gli   elementi    istruttori    acquisiti    nel    corso
dell'approvazione  della  legge   di   stabilita'   avvalorano   tale
conclusione e attestano la considerevole entita' del  risparmio  che,
per l'anno 2016, discende dall'applicazione della misura. 
    8.3.2.- I principi fondamentali di  coordinamento  della  finanza
pubblica, applicabili anche alle autonomie speciali (sentenza n.  156
del  2015),  devono  essere  resi  operativi  secondo  le   modalita'
prescritte dalla normativa statutaria e di attuazione dello  statuto.
Le disposizioni statali,  nei  casi  in  cui  non  sono  direttamente
applicabili, si rivolgono alle Province autonome «mediatamente» e  si
pongono come fonte di un «vincolo comportamentale» (sentenza  n.  141
del 2015). 
    L'obbligo di adeguamento e' sancito dall'art. 79,  quarto  comma,
dello statuto, che prescrive alle  Province  autonome  di  provvedere
alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica  contenute  in
specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria
legislazione ai sensi dell'art. 2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992  e
adottando, a tale  scopo,  autonome  misure  di  razionalizzazione  e
contenimento della spesa. 
    In forza della clausola di salvaguardia di cui al citato art.  1,
comma 992, deve essere dunque esclusa l'immediata applicazione  delle
disposizioni statali e si deve affermare che sussiste un  obbligo  di
adeguamento della Provincia, nei limiti e con le modalita'  tracciate
dalla normativa statutaria e attuativa dello statuto. 
    9.- Possono essere esaminate congiuntamente le  censure  proposte
dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con riguardo  all'art.
1, commi 505, 510, 515, 516, 517, 518, 548 e 549, della legge n.  208
del 2015, in quanto unitaria e' la  finalita'  che  ispira  le  norme
impugnate, orientate, a vario titolo, alla razionalizzazione  e  alla
trasparenza  degli  acquisti  delle  amministrazioni   pubbliche,   e
analoghe le censure proposte. 
    9.1.- Le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  censurano
l'art. 1, commi 505 e 510, della legge n. 208 del 2015. 
    9.1.1.-  In  vista  di  esigenze  di  trasparenza,  efficienza  e
funzionalita' dell'amministrazione, l'art. 1, comma 505, obbligava le
amministrazioni pubbliche ad approvare, entro il mese di  ottobre  di
ciascun anno, «il programma biennale  e  suoi  aggiornamenti  annuali
degli acquisti di beni e  di  servizi  di  importo  unitario  stimato
superiore a 1 milione di euro». 
    La violazione di tali  prescrizioni,  fonte  di  «responsabilita'
amministrativa e disciplinare dei  dirigenti»,  implicava  che  fosse
negato  il  finanziamento  per  le  acquisizioni  «non  comprese  nel
programma e nei suoi aggiornamenti». 
    In forza dell'art. 1, comma 510, della legge n. 208 del 2015,  le
amministrazioni pubbliche, tenute ad approvvigionarsi  attraverso  le
convenzioni «stipulate da Consip Spa», possono procedere ad  acquisti
autonomi quando il bene o il servizio oggetto di convenzione non  sia
idoneo    al    soddisfacimento    dello     specifico     fabbisogno
dell'amministrazione per difetto di  caratteristiche  essenziali.  La
deroga  deve  essere  concessa  con   autorizzazione   specificamente
motivata dell'organo di vertice amministrativo, trasmessa alla  Corte
dei conti. 
    9.1.2.-  Le  parti  ricorrenti  osservano  che  tali  previsioni,
estremamente dettagliate e direttamente applicabili con riguardo agli
oneri di comunicazione e di pubblicazione, alla  responsabilita'  dei
dirigenti, all'eccezionalita' delle deroghe,  comprimono  l'autonomia
organizzativa delle Province  autonome,  con  conseguente  violazione
della competenza legislativa primaria in tema di personale ed  uffici
(art. 8, numero 1, dello statuto) e - per la Provincia di  Bolzano  -
anche dell'art. 16 dello statuto. 
    Sarebbe lesa la competenza residuale in materia di organizzazione
amministrativa, riconosciuta  dall'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,
invocato in base alla "clausola di maggior favore". 
    Le  norme  impugnate  travalicherebbero   i   limiti   prescritti
dall'art. 79, quarto comma, dello statuto e dall'art. 2 del d.lgs. n.
266 del  1992,  inconciliabili  con  la  diretta  applicazione  della
normativa statale che pone principi di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    La Provincia autonoma di Trento individua uno  specifico  profilo
di illegittimita' costituzionale (per violazione dell'art. 8,  numero
1, dello statuto, o dell'art. 117, quarto comma, Cost., ove norma  in
concreto piu' favorevole) nella puntuale  individuazione  dell'organo
dell'amministrazione provinciale chiamato ad esercitare il potere  di
autorizzazione. 
    9.2.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano  sospettano  di
illegittimita' costituzionale anche l'art. 1, commi 512, 515,  516  e
517, della legge n. 208 del 2015, in tema di acquisti di  beni  e  di
servizi informatici e di connettivita'. 
    Tali disposizioni stabiliscono che le amministrazioni pubbliche e
le societa' inserite nel conto economico consolidato  della  pubblica
amministrazione sono obbligate  ad  approvvigionarsi  «esclusivamente
tramite Consip SpA o i soggetti  aggregatori»  (art.  1,  comma  512,
della legge n. 208 del 2015, nella versione originaria), in vista  di
un obiettivo di risparmio di spesa annuale, «da raggiungere alla fine
del triennio 2016-2018, pari al 50  per  cento  della  spesa  annuale
media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa
al triennio 2013-2015» (art. 1,  comma  515,  della  medesima  legge,
anche  con  ulteriori   specificazioni   in   merito   al   risparmio
pianificato). 
    Gli  obblighi  imposti  alle  amministrazioni  pubbliche  e  alle
societa' inserite nel  conto  economico  consolidato  della  pubblica
amministrazione  possono  essere  derogati  soltanto  «a  seguito  di
apposita   autorizzazione    motivata    dell'organo    di    vertice
amministrativo, qualora il bene o il servizio non sia  disponibile  o
idoneo    al    soddisfacimento    dello     specifico     fabbisogno
dell'amministrazione ovvero in casi di necessita' ed urgenza comunque
funzionali   ad   assicurare   la    continuita'    della    gestione
amministrativa» (art. 1, comma 516, della legge n. 208 del 2015).  E'
prescritta  altresi'  la   comunicazione   «all'Autorita'   nazionale
anticorruzione e all'Agid». 
    L'inosservanza delle disposizioni indicate «rileva ai fini  della
responsabilita' disciplinare e per danno  erariale»  (art.  1,  comma
517, della legge n. 208 del 2015). 
    9.2.1.- Le Province  autonome  ricorrenti  lamentano  la  lesione
della competenza ad attuare il principio di «organizzazione razionale
e non atomistica degli acquisti» e  denunciano  la  violazione  della
competenza  legislativa  primaria  della  Provincia  in  materia   di
organizzazione  degli  uffici  (art.  8,  numero  1,  dello   statuto
speciale), violazione che, secondo la Provincia autonoma di  Bolzano,
determinerebbe il  contrasto  anche  con  l'art.  16  dello  statuto,
relativo alla potesta' amministrativa delle Province autonome. 
    Le norme impugnate sarebbero lesive della competenza residuale in
tema di organizzazione amministrativa (art. 117, quarto comma, Cost.,
sempre  che  il  precetto  costituzionale  sia  piu'  favorevole)   e
dell'autonomia finanziaria della  Provincia  dal  lato  della  spesa,
tutelata dall'art. 119, primo comma, Cost. e, a dire della  Provincia
autonoma di Bolzano, dal precetto generale  dell'art.  116  Cost.  La
Provincia, che impiega risorse proprie, non potrebbe essere spogliata
del potere di valutare la convenienza degli acquisti. 
    Anche a volere collocare la norma tra i principi di coordinamento
della finanza pubblica, si  coglierebbe  il  carattere  lesivo  della
normativa impugnata, poiche' tali principi dovrebbero essere  attuati
dalle Province autonome nel quadro  tracciato  dall'art.  79,  quarto
comma, dello statuto. 
    La Provincia autonoma di Trento formula una specifica censura nei
confronti dell'art. 1, comma 516, ritenendo pregiudicata  la  propria
autonomia organizzativa. La norma individuerebbe in  modo  vincolante
l'organo  dell'amministrazione  provinciale  deputato   a   concedere
l'autorizzazione alla deroga. 
    9.3.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano censurano anche
l'art. 1, commi 548 e 549, della legge n. 208 del 2015. 
    9.3.1.- L'art. 1,  comma  548,  obbliga  gli  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale   ad   approvvigionarsi,   «relativamente   alle
categorie merceologiche del settore sanitario», avvalendosi,  in  via
esclusiva, delle centrali regionali di committenza di  riferimento  o
della Consip spa. 
    Ove le centrali di committenza non siano disponibili o non  siano
operative, gli enti del Servizio sanitario nazionale sono  tenuti  ad
approvvigionarsi attraverso  le  «centrali  di  committenza  iscritte
nell'elenco dei soggetti aggregatori, di cui all'articolo 9, comma 1,
del  decreto-legge  24  aprile   2014,   n.   66,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89» (art. 1, comma 549,
della legge n. 208 del 2015). 
    La violazione degli adempimenti previsti dall'art. 1, comma  549,
«costituisce illecito disciplinare ed e' causa di responsabilita' per
danno erariale». 
    9.3.2.-  Le  Province  autonome   ricorrenti   censurano   questa
«stringente norma di dettaglio - connotata  peraltro  dall'automatica
applicazione» (ric. Trento),  per  la  lesione  della  competenza  di
carattere concorrente della Provincia in materia di sanita' (art.  9,
numero 10, dello statuto speciale), e - ad avviso della Provincia  di
Bolzano - della potesta' amministrativa attribuita dall'art. 16 dello
statuto. 
    Le Province  autonome  denunciano  l'invasione  della  competenza
concorrente in materia di "tutela  della  salute",  invocando  l'art.
117, terzo comma, Cost. in base alla  "clausola  di  maggior  favore"
dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. 
    Anche a volere annoverare le norme impugnate tra  i  principi  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  non  si   attenuerebbe   il
contrasto con i parametri statutari,  poiche'  l'attuazione  di  tali
principi dovrebbe  essere  rispettosa  dell'autonomia  provinciale  e
delle modalita' procedurali  previste  dall'art.  79,  quarto  comma,
dello statuto e dall'art. 2 del d.lgs n. 266 del 1992. 
    Peraltro, le Province  ricorrenti  godrebbero  di  una  peculiare
autonomia in materia sanitaria. Esse finanzierebbero la  sanita'  con
risorse proprie,  senza  alcuna  partecipazione  al  Fondo  sanitario
nazionale. 
    La Provincia autonoma  di  Bolzano,  per  avvalorare  la  propria
autonomia, che ritiene tutelata in termini generali dagli artt. 116 e
119 Cost., richiama anche gli artt. 80 e 81 dello statuto, il  d.lgs.
n. 268 del 1992, l'art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994. Tra
le norme di attuazione dello statuto, rilevanti in materia di  igiene
e sanita', la Provincia autonoma di Bolzano evoca anche l'art. 2  del
d.P.R. n. 474 del 1975 e il d.P.R. n. 197 del 1980 (si veda pagina  4
del ricorso introduttivo). 
    9.4.- Tutti i dubbi di legittimita'  costituzionale,  prospettati
dalle Province autonome nei confronti delle predette norme in tema di
razionalizzazione  degli  acquisti  nel   settore   delle   pubbliche
amministrazioni, sono proposti nell'eventualita' che  si  ritenga  di
escludere l'operativita' della clausola di salvaguardia. 
    9.5.- Si devono  ora  evidenziare  le  sopravvenienze  che  hanno
interessato la complessa disciplina fin qui tratteggiata. 
    9.5.1.- A decorrere dal 20 maggio  2017,  l'art.  1,  comma  505,
della legge n. 208 del 2015 e' stato abrogato dall'art. 217, comma 1,
lettera ss-bis), del  decreto  legislativo  18  aprile  2016,  n.  50
(Codice dei contratti  pubblici),  lettera  inserita  dall'art.  129,
comma 1, lettera n), del decreto legislativo 19 aprile  2017,  n.  56
(Disposizioni integrative e  correttive  al  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50). 
    Le esigenze di trasparenza e  di  programmazione  degli  acquisti
rilevanti sono oggi tutelate dall'art. 21 del d.lgs. n. 50 del  2016,
che  vincola  le  amministrazioni  aggiudicatrici  a  predisporre  un
programma biennale di acquisti  di  beni  e  di  servizi  di  importo
unitario stimato superiore a quarantamila euro. 
    La norma impugnata, che ha imposto obblighi con cadenza annuale e
biennale, e' rimasta in vigore dal 1° gennaio 2016 al 19 maggio  2017
e ha avuto  applicazione  per  un  periodo  significativo.  Non  puo'
ritenersi, pertanto, cessata la materia del contendere. 
    9.5.2.- L'art. 1, comma 419, lettera a), della legge 11  dicembre
2016,  n.  232  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
sopravvenuto alla proposizione dei ricorsi, ha modificato  l'art.  1,
comma  512,  della  legge  n.   208   del   2015.   L'obbligo   delle
amministrazioni  pubbliche  e  delle  societa'  inserite  nel   conto
economico consolidato della pubblica amministrazione, originariamente
configurato come obbligo di approvvigionarsi «esclusivamente  tramite
Consip SpA o i soggetti aggregatori», si delinea oggi come obbligo di
approvvigionarsi «esclusivamente tramite gli strumenti di acquisto  e
di negoziazione di Consip Spa o dei soggetti aggregatori». 
    Lo ius superveniens non determina la cessazione della materia del
contendere,  poiche'  -  a  prescindere  dalla  controversa   portata
satisfattiva dell'intervento attuato con la legge n. 232 del  2016  -
la norma modificata ha avuto applicazione per  un  apprezzabile  arco
temporale (dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016). 
    Lo scrutinio di  legittimita'  costituzionale  verte  dunque  sul
testo originario dell'art. 1, comma 512, della legge n. 208 del  2015
e non puo' essere esteso alla nuova formulazione  della  disposizione
impugnata, che presenta un diverso contenuto precettivo. 
    9.5.3.- L'art. 1, comma 419, lettera c), della legge n.  232  del
2016, in vigore dal 1° gennaio 2017, ha modificato  l'art.  1,  comma
515, della legge n. 208  del  2015,  inserendo  un  riferimento  alle
acquisizioni di particolare rilevanza strategica di cui  all'art.  1,
comma 514-bis, introdotto dall'art. 1, comma 419,  lettera  b)  della
legge n. 232 del 2016. 
    Tale innovazione, dettata dall'esigenza di coordinare  l'art.  1,
comma 515,  con  la  disciplina  delle  acquisizioni  di  particolare
rilevanza strategica introdotta con la  medesima  legge  n.  232  del
2016, non solo non determina  alcuna  cessazione  della  materia  del
contendere, poiche' la norma modificata ha prodotto  effetti  dal  1°
gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, ma impone di estendere la questione
di legittimita' costituzionale al nuovo testo della norma  impugnata.
Il contenuto precettivo della norma vigente non e' stato alterato  in
misura sostanziale,  cosicche'  risultano  immutate  le  ragioni  del
paventato contrasto con i parametri statutari e costituzionali. 
    9.6.- Le questioni non sono fondate. 
    9.6.1.- E' corretta la premessa, che  sorregge  i  ricorsi  delle
Province autonome, secondo cui le norme denunciate non  si  applicano
per effetto della clausola di salvaguardia. 
    Esse non contengono un  riferimento  testuale  ed  espresso  alle
Province autonome, idoneo a vanificare la  portata  precettiva  della
clausola di salvaguardia. Le norme sottoposte  al  vaglio  di  questa
Corte si limitano a menzionare, in linea generale, le amministrazioni
pubbliche (art. 1, commi 505, 510, 512, 515, 516 e 517)  e  gli  enti
del Servizio sanitario nazionale (art. 1, commi 548 e 549). 
    9.6.2.-  Cio'  posto,  occorre  identificare  a   quale   materia
ineriscano le disposizioni censurate, per verificare in quali termini
la clausola di salvaguardia sia qui chiamata a tutelare le  autonomie
speciali. 
    Questa Corte, sin dalla sentenza n. 36 del  2004  (punto  7.  del
Considerato  in  diritto),  ha  affermato  che  la  disciplina  della
razionalizzazione  e  della  centralizzazione  degli  acquisti,   pur
diversamente modulata nel volgere degli anni, non supera «i limiti di
un  principio  di  coordinamento  adottato   entro   l'ambito   della
discrezionalita'  del   legislatore   statale»   e   finalizzato   al
contenimento della spesa (nello stesso senso,  sentenza  n.  417  del
2005 e, con particolare riguardo alla spesa  sanitaria,  sentenza  n.
162 del 2007). 
    Tale disciplina, difatti, incide «sulla spesa  pubblica  ai  fini
del conseguimento di obiettivi di risparmio»  (sentenza  n.  124  del
2015, punto 3.2.  del  Considerato  in  diritto)  e,  nel  perseguire
obiettivi di trasparenza e di riduzione dei costi, lascia  inalterato
«il  profilo  dell'esercizio  proprio  delle  funzioni  spettanti   a
ciascuna amministrazione coinvolta» (sentenza n. 152 del 2015,  punto
2.2. del Considerato in diritto). 
    L'inquadramento  del  programma   biennale   degli   acquisti   e
dell'obbligo di  acquisto  centralizzato  per  i  beni  e  i  servizi
informatici e di connettivita' e per il settore sanitario  si  desume
anche dalla relazione tecnica che, per le previsioni della  legge  di
stabilita' per il 2016, quantifica apprezzabili risparmi complessivi. 
    I programmi biennali  di  acquisto  di  beni  di  grande  rilievo
riguardano  una  parte  ragguardevole  della  spesa  della   pubblica
amministrazione. 
    Quanto ai beni e servizi informatici e della connettivita',  essi
attengono a un settore di importanza strategica. 
    Di importanza cruciale si rivela anche la spesa sanitaria,  sulla
quale interviene l'art. 1, commi 548 e 549, della legge  n.  208  del
2015. 
    Da tali dati emerge che la  disciplina  censurata,  nell'indicare
obiettivi di ampio respiro  e  nell'apprestare  misure  di  carattere
generale, incide su un aggregato rilevante della spesa corrente. 
    Essa ricade, pertanto, in una materia riconducibile a  una  sfera
di competenza  provinciale.  Si  deve  dunque  escludere  l'immediata
applicabilita' alle Province autonome delle norme che recano principi
di coordinamento della finanza pubblica. La clausola di  salvaguardia
esplica la  sua  funzione  di  limite  all'applicazione  delle  norme
statali, che si verifichi secondo  modalita'  inconciliabili  con  le
garanzie  procedurali  che  presidiano  l'autonomia  delle   Province
ricorrenti. 
    In  capo  alle  Province  ricorrenti  permane   un   obbligo   di
adeguamento della  normativa  provinciale  ai  principi  fondamentali
dettati dalla legge statale. 
    In tale ambito, difatti, operano le  prescrizioni  dell'art.  79,
quarto comma, secondo periodo, dello  statuto,  che  contemperano  la
cogenza dei principi di coordinamento della finanza pubblica  con  il
necessario  margine  di  apprezzamento   riservato   alle   autonomie
speciali, anche in ragione dell'interferenza della  disciplina  degli
acquisti nel settore pubblico con la potesta' legislativa in  materia
di organizzazione degli uffici (art. 8, numero 1, dello statuto) e di
"tutela della salute" (art. 117, terzo comma, Cost.),  per  quel  che
concerne specificamente l'art. 1, commi 548 e 549. 
    Le Province  autonome,  tenute  all'osservanza  delle  misure  di
contenimento della spesa, provvedono alle «finalita' di coordinamento
della  finanza  pubblica   contenute   in   specifiche   disposizioni
legislative dello Stato» e, in  tale  ottica,  secondo  la  procedura
sancita  dall'art.  2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992,  adeguano  la
legislazione ai principi che  costituiscono  limiti  ai  sensi  degli
artt. 4 o 5 dello  statuto,  «adottando,  conseguentemente,  autonome
misure di razionalizzazione e contenimento della spesa». 
    Non si puo' non sottolineare che la  stessa  Avvocatura  generale
dello Stato, nel passare in rassegna l'art. 1, commi 505,  510,  512,
515, 516 e 517, evidenzia che, «anche in relazione alle  disposizioni
in oggetto, appare corretto riconoscere l'operativita' della clausola
di salvaguardia» (si veda pagina 19  dell'atto  di  costituzione  nel
giudizio introdotto con il  ricorso  n.  10  del  2016  e  pagina  23
dell'atto di costituzione nel giudizio introdotto con il  ricorso  n.
20 del 2016). 
    10.- La Provincia autonoma di Bolzano prospetta,  per  l'art.  1,
commi 512, 515, 516, 517, 548 e 549, della legge n. 208 del 2015,  la
violazione degli artt. 99 e 100 dello statuto di  autonomia  e  delle
relative norme di attuazione (d.P.R. n. 574 del 1988), osservando che
«in provincia di Bolzano  deve  in  ogni  caso  essere  garantito  il
diritto  all'uso  della  propria  madrelingua,  e  cio'  vale   anche
nell'ambito dell'acquisto di beni e servizi». 
    10.1.- Tali censure non sono fondate. 
    Le finalita' di razionalizzazione  e  trasparenza,  sottese  alla
disciplina impugnata, che il legislatore provinciale  e'  chiamato  a
precisare e a definire secondo le modalita' previste dall'art. 2  del
d.lgs. n. 266 del 1992, conducono  ad  escludere  la  violazione  del
principio di parita' linguistica. Infatti,  le  norme  impugnate  non
ostacolano affatto l'acquisto di beni e servizi adoperando le  lingue
tedesca e ladina. 
    11.- Le Province autonome di Trento e di Bolzano  hanno  promosso
questioni di legittimita' costituzionale  anche  dell'art.  1,  commi
469, secondo periodo, e 470, della legge n. 208 del 2015. 
    11.1.-  Le  norme  impugnate,  per  il  personale  dipendente  da
amministrazioni,    istituzioni    ed    enti    pubblici     diversi
dall'amministrazione statale (art. 1,  comma  469,  secondo  periodo,
della legge n. 208 del 2015) e per il personale convenzionato con  il
Servizio sanitario nazionale  (art.  1,  comma  470,  della  medesima
legge), demandano a un  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, «su proposta del  Ministro  per  la  semplificazione  e  la
pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze», la fissazione dei  criteri  di  determinazione  degli
«oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018,  nonche'
quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici  al
personale di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo  30
marzo 2001, n. 165» (art. 1, comma 469, primo periodo). 
    Tali oneri sono destinati  a  gravare  sui  «rispettivi  bilanci»
delle amministrazioni ai sensi dell'art. 48, comma 2, del  d.lgs.  n.
165 del 2001. 
    11.2.-   Le   Province   autonome   ricorrenti   lamentano    che
l'unilaterale  decisione  dell'esecutivo  contravvenga  al  principio
pattizio, che presiede all'individuazione delle modalita' con cui  le
Province autonome concorrono  al  conseguimento  degli  obiettivi  di
finanza pubblica (art. 79, secondo comma, dello statuto,  che  rinvia
alla procedura del successivo art. 104). 
    La Provincia autonoma di Trento puntualizza che, anche  a  volere
qualificare la misura in esame come principio di coordinamento  della
finanza pubblica, sarebbero violate  le  prescrizioni  dell'art.  79,
quarto   comma,   dello   statuto    di    autonomia,    in    ordine
all'inapplicabilita', nei confronti della Provincia  autonoma,  delle
disposizioni statali che prevedono «obblighi, oneri, [...] o concorsi
comunque denominati». Le Province  autonome  dovrebbero  adeguare  la
propria legislazione ai principi dettati  dalle  leggi  dello  Stato,
nelle forme delineate dall'art. 2 del d.lgs. n.  266  del  1992.  Nel
caso di specie, la  fonte  statale,  peraltro  di  rango  secondario,
interverrebbe in maniera unilaterale  in  un  ambito  riservato  alla
competenza della Provincia autonoma. 
    Per la parte in cui la norma impugnata non sia dettata da ragioni
di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  viene  in  rilievo   la
competenza primaria della Provincia in materia di  organizzazione  di
personale (art. 8, numero 1, dello statuto), che sarebbe  violata  da
disposizioni «autoapplicative». 
    Secondo la Provincia autonoma  di  Bolzano,  le  norme  impugnate
violerebbero anche l'art. 16  dello  statuto,  in  tema  di  potesta'
amministrativa delle Province autonome. 
    La Provincia autonoma di Trento invoca, ove sia in concreto  piu'
favorevole, la competenza  residuale  in  materia  di  organizzazione
degli uffici (art. 117, quarto comma, Cost.). 
    Quanto all'art. 1, comma 470, che estende le previsioni citate al
settore della sanita', la Provincia autonoma di  Trento,  oltre  alle
enunciate ragioni di  contrasto  con  i  parametri  costituzionali  e
statutari, denuncia la violazione  dell'art.  9,  numero  10),  dello
statuto,  che  attribuisce  alle  Province  autonome  la   competenza
concorrente in materia di "sanita'", o dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in materia di "tutela della salute",  invocato  in  base  alla
"clausola di maggior favore". 
    Nelle materie di competenza concorrente, il  legislatore  statale
dovrebbe limitarsi a porre i principi fondamentali. 
    Le ricorrenti muovono dalla premessa  che  la  normativa  non  si
applichi  alle  autonomie  speciali,  in  virtu'  della  clausola  di
salvaguardia di cui all'art. 1, comma 992, della  legge  n.  208  del
2015,  e  promuovono  in  via  di  mero  subordine  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale   per   violazione   delle   prerogative
statutarie. 
    11.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,
commi 469, secondo periodo, e 470, della legge n. 208  del  2015  non
sono fondate. 
    11.3.1.- L'art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 165 del  2001  prevede
che, per le Regioni, per le amministrazioni  del  Servizio  sanitario
nazionale, per  gli  enti  locali,  oltre  che  «per  le  universita'
italiane, gli enti pubblici non economici e gli enti e le istituzioni
di ricerca», gli  oneri  derivanti  dalla  contrattazione  collettiva
siano a carico dei rispettivi bilanci. 
    Quanto alle risorse per gli incrementi retributivi per il rinnovo
dei contratti collettivi nazionali delle  amministrazioni  regionali,
locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, e' il Governo a
definirle, «nel rispetto  dei  vincoli  di  bilancio,  del  patto  di
stabilita' e di  analoghi  strumenti  di  contenimento  della  spesa,
previa consultazione con le rispettive  rappresentanze  istituzionali
del sistema delle autonomie». 
    In tale orizzonte  si  iscrive  la  disposizione  impugnata,  che
affida a un decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la
fissazione dei criteri  per  la  determinazione  degli  oneri  per  i
rinnovi contrattuali, con riguardo alle  amministrazioni  diverse  da
quelle statali e al personale convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale. 
    11.3.2.- Anche in questo caso opera la clausola  di  salvaguardia
di cui al citato art. 1, comma 992. 
    Le norme impugnate menzionano  «amministrazioni,  istituzioni  ed
enti pubblici diversi dall'amministrazione statale» e  il  «personale
convenzionato con il Servizio sanitario nazionale» e non  racchiudono
un  riferimento  testuale  e  specifico   alle   Province   autonome,
incompatibile con la predetta clausola di salvaguardia  (sentenze  n.
40 del 2016 e n. 156 del 2015) e con  il  suo  ruolo  di  limite  per
l'applicazione della normativa statale che contrasti con  lo  statuto
di autonomia e con le relative norme di attuazione. 
    Nel caso di specie, l'operativita' della clausola di salvaguardia
si impone per tutelare le prerogative  di  autonomia  delle  Province
ricorrenti. 
    11.3.3.-   La   partecipazione   delle   Province   autonome   al
conseguimento degli obiettivi di  finanza  pubblica  e'  ispirata  al
principio dell'accordo, consacrato dagli artt. 79 e 104 dello statuto
di autonomia (sentenza n. 28 del 2016). 
    Gli oneri per i rinnovi contrattuali gravano sul  bilancio  delle
Province  ricorrenti  e  la  fissazione  dei  relativi   criteri   di
determinazione   incide   unilateralmente   sulla   loro    autonomia
finanziaria, in contrasto con le procedure  pattizie  previste  dallo
statuto per la modifica delle modalita'  con  le  quali  le  Province
autonome concorrono  al  conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica. 
    Negli  ambiti  coinvolti  dalle  norme   censurate,   l'autonomia
finanziaria  si  raccorda  alla  potesta'  legislativa  primaria  che
compete alle Province autonome in  materia  di  organizzazione  degli
uffici e del personale (art. 8,  numero  1,  dello  statuto)  e  alla
competenza concorrente in materia di "tutela della  salute",  fondata
sull'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 371 del 2008). 
    Le norme impugnate, pertanto, non sono  di  per  se'  applicabili
alle Province autonome e devono essere recepite mediante le procedure
consensuali delineate dalla  normativa  statutaria  e  di  attuazione
statutaria. 
    12.- Le Province autonome di Trento e di  Bolzano  hanno  inoltre
impugnato l'art. 1, commi 672, 675 e 676,  della  legge  n.  208  del
2015. 
    12.1.- L'art. 1, comma 672, della legge  n.  208  del  2015,  nel
testo vigente al momento della proposizione dei ricorsi, demandava  a
un decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze,  «da  emanare
entro il 30 aprile 2016,  sentita  la  Conferenza  unificata  per  il
profili di competenza, previo parere delle  Commissioni  parlamentari
competenti», la definizione di «indicatori dimensionali  quantitativi
e qualitativi al fine di individuare fino  a  cinque  fasce»  per  la
classificazione  delle  societa'   «direttamente   o   indirettamente
controllate  da   amministrazioni   dello   Stato   e   dalle   altre
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo  2001,  n.  165,  e  successive  modificazioni».
Dall'ambito  applicativo  della  norma  erano  escluse  le  «societa'
emittenti strumenti finanziari quotati nei  mercati  regolamentati  e
loro controllate». 
    A tali fasce di classificazione delle  societa'  era  commisurato
«il  limite  dei  compensi   massimi   al   quale   i   consigli   di
amministrazione di dette societa' devono  fare  riferimento,  secondo
criteri  oggettivi  e  trasparenti,   per   la   determinazione   del
trattamento economico annuo  onnicomprensivo  da  corrispondere  agli
amministratori, ai  dirigenti  e  ai  dipendenti»,  entro  il  limite
insuperabile  di  «euro  240.000  annui  al  lordo   dei   contributi
previdenziali e assistenziali e degli  oneri  fiscali  a  carico  del
beneficiario». 
    L'art. 1, comma 675, della legge n.  208  del  2015  impone  alle
societa'  a  controllo  pubblico  e  alle  societa'  in   regime   di
amministrazione  straordinaria,   con   esclusione   delle   societa'
emittenti strumenti finanziari quotati nei  mercati  regolamentati  e
loro controllate, di pubblicare, entro trenta giorni dal conferimento
«di  incarichi  di  collaborazione,  di  consulenza  o  di  incarichi
professionali, inclusi quelli arbitrali, e per i due anni  successivi
alla loro cessazione», i  dati  riguardanti  l'atto  di  conferimento
dell'incarico, «l'oggetto della prestazione, la ragione dell'incarico
e la durata», il curriculum vitae, «i compensi, comunque  denominati,
relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, nonche'  agli
incarichi professionali,  inclusi  quelli  arbitrali»,  «il  tipo  di
procedura seguita per la selezione del  contraente  e  il  numero  di
partecipanti alla procedura». 
    L'art. 1, comma 676, della legge n. 208 del 2015  subordina  alla
pubblicazione delle informazioni descritte il pagamento del  compenso
e, in caso di omessa o di parziale pubblicazione, commina al soggetto
responsabile della pubblicazione e al soggetto che ha  effettuato  il
pagamento «una sanzione pari alla somma corrisposta». 
    12.2.-  Le  Province  autonome  ricorrenti  censurano  le   norme
indicate, argomentando che si  configurano  come  norme  «di  estremo
dettaglio», lesive della competenza delle Province autonome  in  tema
di ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, numero 1,  dello
statuto) e, per la Provincia autonoma di Bolzano, dell'art. 16  dello
statuto in tema  di  potesta'  amministrativa  delle  Province  nelle
materie e nei limiti in cui spetta la potesta' legislativa. 
    Sarebbe comunque lesa la  competenza  residuale  attribuita  alle
Regioni in  tema  di  organizzazione  amministrativa  dall'art.  117,
quarto comma, Cost., ove il precetto costituzionale delinei una sfera
di autonomia piu' ampia. 
    Tali norme, estese ad  amministratori,  dirigenti  e  dipendenti,
conferirebbero al Ministero dell'economia e delle finanze  un  potere
normativo  sulle  Province   autonome,   sprovvisto   di   fondamento
costituzionale, e lederebbero l'autonomia organizzativa degli enti ad
autonomia speciale. 
    Quand'anche fossero qualificabili come principi di  coordinamento
della  finanza  pubblica,  esse   incorrerebbero   nella   violazione
dell'art. 79, quarto comma, dello statuto di autonomia, e dell'art. 2
del d.lgs. n. 266 del 1992, che non prevede la  diretta  applicazione
alla Provincia  di  quelle  disposizioni  che  stabiliscono  oneri  e
obblighi e l'intervento di una fonte  statale  di  rango  secondario,
come avviene nel caso di specie (decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze). 
    12.3.-  Occorre  evidenziare,  preliminarmente,  che   le   norme
impugnate sono state abrogate successivamente alla  proposizione  dei
ricorsi. 
    Quanto all'art. 1, comma 672, della legge n.  208  del  2015,  e'
stato abrogato  dall'art.  28,  comma  1,  lettera  v),  del  decreto
legislativo 19 agosto  2016,  n.  175  (Testo  unico  in  materia  di
societa' a partecipazione pubblica). All'abrogazione fa riscontro  la
riproduzione della norma ad opera dell'art. 11, comma 6,  del  d.lgs.
n. 175 del 2016, che non  contempla  piu'  l'esonero  prima  previsto
dalla norma abrogata per le societa' emittenti  strumenti  finanziari
quotati nei mercati regolamentati e loro controllate. 
    L'art. 1, commi 675 e 676, della legge n. 208 del 2015,  abrogato
dall'art. 43, comma 4, del decreto legislativo 25 maggio 2016, n.  97
(Revisione  e  semplificazione  delle  disposizioni  in  materia   di
prevenzione della corruzione, pubblicita' e  trasparenza,  correttivo
della legge 6 novembre 2012, n. 190  e  del  decreto  legislativo  14
marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo  7  della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in materia di  riorganizzazione  delle  amministrazioni
pubbliche), e' stato  integralmente  trasfuso  nell'art.  15-bis  del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino  della  disciplina
riguardante  il  diritto  di  accesso  civico  e  gli   obblighi   di
pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte  delle
pubbliche amministrazioni), introdotto dall'art.  14,  comma  2,  del
d.lgs. n. 97 del 2016. 
    Lo scrutinio di  legittimita'  costituzionale  deve  essere,  con
riguardo al comma 672, trasferito e, con riguardo ai commi 675 e 676,
esteso, pertanto,  alla  nuova  formulazione,  che  riproduce,  senza
alterazioni  sostanziali,  il  contenuto   precettivo   delle   norme
impugnate. 
    Si deve, da ultimo, rilevare che non determinano cessazione della
materia del contendere le modifiche apportate dall'art. 7,  comma  1,
lettera  c),  del  decreto  legislativo  16  giugno  2017,   n.   100
(Disposizioni integrative e  correttive  al  decreto  legislativo  19
agosto 2016, n. 175, recante testo unico in  materia  di  societa'  a
partecipazione pubblica), sebbene la norma originariamente  impugnata
non abbia ricevuto applicazione, in assenza dell'adozione del decreto
ministeriale. 
    La  disposizione  sopravvenuta,  infatti,  nella  parte  in   cui
subordina al raggiungimento dell'intesa (e non piu' al  mero  parere)
in Conferenza unificata l'adozione del decreto ministeriale,  non  si
rivela satisfattiva delle censure proposte  dalle  ricorrenti.  Essa,
tuttavia, non legittima il trasferimento della questione, dal momento
che il procedimento  ivi  previsto  non  consente  di  imputare  alla
disciplina  da  essa  recata  l'attitudine  lesiva  prospettata   nel
ricorso. 
    12.4.- Le questioni non sono fondate. 
    L'autonomia organizzativa,  che  le  Province  autonome  reputano
compromessa, si esplica nella scelta dei disparati  modelli  previsti
per lo svolgimento delle finalita' istituzionali. Una  volta  che  le
Province autonome abbiano scelto un modello societario,  hanno  anche
scelto  di  rispettarne  lo  statuto  che,  pur  contraddistinto   da
«rilevanti profili di matrice pubblicistica», e'  «riconducibile,  in
termini generali, al modello societario privatistico» prefigurato dal
codice civile (sentenza n. 229 del 2013, punto 10.3. del  Considerato
in diritto). 
    La  disciplina  dei  compensi  di  amministratori,  dirigenti   e
dipendenti, la puntuale regolamentazione  del  conferimento  e  della
pubblicita' degli incarichi di consulenza, di collaborazione e  degli
incarichi professionali, le previsioni  sul  pagamento  dei  relativi
compensi,  attengono  alla  materia  dell'"ordinamento  civile",   di
competenza esclusiva del  legislatore  statale.  Le  norme  impugnate
riguardano aspetti eminentemente privatistici, connessi  al  rapporto
negoziale che si instaura tra le  societa'  a  controllo  pubblico  e
un'ampia  platea  di  soggetti,  e,  per  tali  profili,  si  ravvisa
l'esigenza di apprestare una disciplina uniforme a livello nazionale. 
    La   pertinenza    delle    norme    impugnate    alla    materia
dell'"ordinamento civile" non e'  esclusa  dalla  peculiarita'  della
regolamentazione rispetto alle previsioni codicistiche  (sentenza  n.
229 del 2013, anche per ulteriori  richiami  alla  giurisprudenza  di
questa Corte). 
    L'inerenza  di  tale  disciplina  a  una  materia  di  competenza
esclusiva  statale   esclude   la   fondatezza   delle   censure   di
illegittimita'  costituzionale  prospettate  dalle   ricorrenti   con
riferimento alla lesione della propria sfera di autonomia.