ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito del silenzio  del  Ministero  dello  sviluppo  economico,  in
relazione alle note del Presidente della Regione  Puglia  n.  2918/SP
del 21 giugno 2016 e n. 4060/SP del 21 settembre 2016, promosso dalla
Regione  Puglia  con  ricorso  notificato  il  16-29  dicembre  2016,
depositato in cancelleria il 29 dicembre 2016 ed iscritto al n. 7 del
registro conflitti tra enti 2016. 
    Visti l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' l'atto di intervento della societa' Trans  Adriatic
Pipeline AG; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi gli  avvocati  Francesco  Saverio  Marini  per  la  Regione
Puglia, Fabio Cintioli per la societa' Trans Adriatic Pipeline  AG  e
l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-29 dicembre 2016 e depositato il
29  dicembre  2016,  la  Regione   Puglia   promuove   conflitto   di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei  ministri
per la dichiarazione di non spettanza allo Stato  -  e  per  esso  al
Ministero  dello  sviluppo  economico  -  del  «potere   di   negare,
oltretutto  con  il  mero  strumento  del   silenzio   giuridicamente
rilevante, l'adozione degli atti necessari ad  ottemperare  a  quanto
statuito  dalla  sentenza  [...]  n.  110  del  2016»   della   Corte
costituzionale, «in relazione al  procedimento  che  ha  condotto  al
rilascio dell'autorizzazione per il gasdotto TAP, in violazione delle
attribuzioni regionali garantite dagli articoli 117, terzo  comma,  e
118, primo comma, della Costituzione, nonche' dal principio di  leale
collaborazione»,  chiedendo  che  venga  adottata  «ogni  statuizione
necessaria a garantire il ripristino della sfera  delle  attribuzioni
costituzionali lese». 
    2.- Riferisce la ricorrente di aver espresso il proprio  dissenso
motivato sul progetto relativo alla costruzione  del  gasdotto  Trans
Adriatic Pipeline (d'ora in avanti TAP), con la  deliberazione  della
Giunta regionale n. 2566 del 2 dicembre 2014 (DGR 2006/2011 - Diniego
di intesa ex articolo 52 quinquies D.P.R. 8 giugno  2001,  n.  327  e
ss.mm.ii. per l'opera "Metanodotto di importazione del  gas  naturale
dall'Albania all'Italia 'Trans Adriatic  Pipeline'  proposto  da  TAP
AG"), «con particolare riferimento alla scelta progettuale del  punto
di approdo a  San  Foca».  A  fronte  di  tale  diniego  il  relativo
procedimento era stato rimesso  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri e si era concluso con il rilascio  da  parte  del  Ministero
dello sviluppo economico  dell'autorizzazione  alla  costruzione  del
gasdotto, senza che fosse «mai stata intrapresa alcuna trattativa con
la  Regione  per  trovare  una  soluzione   quanto   piu'   possibile
condivisa». 
    2.1.- A questo riguardo, la ricorrente  lamenta  come  sia  stato
«disatteso   sia   il   consolidato   orientamento»    della    Corte
costituzionale, secondo cui «la  c.d.  "intesa  forte"  tra  Stato  e
Regione interessata assurge a condizione di legittimita' delle  leggi
statali con le quali sono avocate "al centro" funzioni amministrative
ricadenti in ambiti  di  competenza  concorrente  [...]  o  residuale
regionale [...], sia la normativa  applicabile  al  caso  di  specie,
ovvero gli articoli 52-quinquies, commi 2 e  5,  d.P.R.  n.  327  del
2001, e 1, comma 8-bis, l. n. 239 del 2004». Rispetto a tali profili,
la Regione Puglia sottolinea di aver adito il giudice amministrativo,
impugnando il provvedimento di autorizzazione alla realizzazione  del
progetto (giudizio pendente davanti al Consiglio di Stato al  momento
del deposito del ricorso). 
    2.2.- La difesa regionale richiama innanzitutto  la  sentenza  n.
110 del 2016  della  Corte  costituzionale,  con  cui  sarebbe  stata
chiarita la portata applicativa dell'art.  52-quinquies  del  decreto
del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.  327  (Testo  unico
delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in   materia   di
espropriazione per pubblica utilita'), che, nel prevedere l'intesa ai
fini della localizzazione e della realizzazione delle  infrastrutture
lineari energetiche per  garantire  l'adeguata  partecipazione  delle
Regioni a procedimenti  che  incidono  su  molteplici  competenze  di
queste   ultime,   si   applicherebbe   anche    ai    gasdotti    di
approvvigionamento di gas dall'estero. La sentenza n. 110  del  2016,
inoltre, avrebbe specificato che la medesima intesa riguarda anche le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti  e  le
relative opere connesse. 
    La Regione Puglia, a seguito di questa decisione, ha richiesto al
Ministero dello sviluppo economico di «annullare/revocare il  decreto
di rilascio dell'Autorizzazione Unica alla realizzazione del gasdotto
TAP», con la nota del Presidente della  Regione  n.  2918/SP  del  21
giugno 2016, successivamente ribadita con la nota n. 4060/SP  del  21
settembre 2016. 
    In ragione del silenzio mantenuto dal  Ministero  dello  sviluppo
economico a seguito delle diffide a riesaminare tutti  gli  atti  del
procedimento amministrativo  e  a  revocare  o  annullare  l'atto  di
autorizzazione («entro e non oltre il termine di  trenta  giorni  dal
ricevimento» della seconda  diffida),  secondo  la  difesa  regionale
dovrebbe «considerarsi ad oggi definitiva e  inequivoca  la  volonta'
dello Stato di negare l'adozione degli atti sollecitati dalla Regione
Puglia e necessari ad ottemperare alla sentenza  n.  110  del  2016»,
ossia l'effettiva applicazione dell'art. 52-quinquies del  d.P.R.  n.
327 del 2001, come interpretato dalla Corte costituzionale, oltre che
dell'art. 1,  comma  8-bis,  della  legge  23  agosto  2004,  n.  239
(Riordino del settore energetico, nonche' delega al  Governo  per  il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). 
    In tale prospettiva, dunque, si  sarebbe  determinata  la  «grave
lesione delle  prerogative  costituzionali  della  Regione  garantite
dagli  articoli  117,  terzo  comma,  e  118,  primo   comma,   della
Costituzione,   nonche'   presidiate   dal   principio    di    leale
collaborazione». 
    2.3.- Ad avviso della  difesa  regionale,  il  conflitto  sarebbe
ammissibile poiche'  la  condotta  omissiva  censurata  e'  idonea  a
costituirne oggetto. In particolare, l'atto lesivo delle  prerogative
regionali  consiste  nell'«inerzia  del  Ministero   dello   sviluppo
economico a fronte di una esplicita diffida [...]  ad  ottemperare  a
quanto statuito»  con  la  sentenza  n.  110  del  2016  della  Corte
costituzionale. La condotta omissiva, ossia l'inerzia del  Ministero,
consisterebbe    dunque     in     una     forma     di     «silenzio
"inadempimento"/"rifiuto"»,  cui  riconoscere   «indubbia   rilevanza
giuridica esterna», ben potendo «arrecare un grave vulnus alle  [...]
attribuzioni costituzionali della Regione».  A  questo  riguardo,  la
difesa regionale sottolinea che la richiesta avanzata  dalla  Regione
Puglia nelle sue note  di  diffida  non  riguarderebbe  «un'attivita'
rientrante  nella  piena  discrezionalita'»  del  Ministero,  ma   la
«corretta  applicazione  della  legge,  in  ottemperanza   a   quanto
statuito» dalla sentenza n. 110 del 2016 della Corte costituzionale. 
    Il ricorso sarebbe altresi' ammissibile, dovendosi escludere  che
nel caso di specie la Regione Puglia lo abbia  proposto  contro  atti
consequenziali  di  atti  anteriori  non  tempestivamente  impugnati.
L'inerzia e il  silenzio  del  Ministero  dello  sviluppo  economico,
infatti,  non  troverebbero  il  proprio  «presupposto  nell'atto  di
autorizzazione alla realizzazione del gasdotto TAP, quest'ultimo  non
impugnato attraverso lo strumento  del  conflitto  di  attribuzioni».
Invece, secondo la prospettiva della difesa  regionale,  la  condotta
omissiva del Ministero «rispetto ad una attivita'  costituzionalmente
vincolata  assume  natura  e  portata  autonomamente   lesiva   delle
attribuzioni costituzionali della Regione Puglia». 
    La ricorrente, da ultimo, sostiene l'interesse concreto e attuale
al ricorso, ricordando che «il tracciato del metanodotto»  attraversa
il proprio territorio. 
    2.4.- Nel merito, la  difesa  regionale  sostiene  la  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma,  Cost.,  oltre  che
del principio  di  leale  collaborazione,  in  ragione  del  silenzio
opposto dal Ministero dello sviluppo economico alla  richiesta  della
Regione Puglia di riesaminare il procedimento  di  autorizzazione  al
fine di garantire l'acquisizione della cosiddetta intesa forte,  come
avrebbe stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 110  del
2016. 
    Il procedimento di  autorizzazione  del  gasdotto  TAP,  infatti,
sarebbe «il frutto  dell'esercizio  di  una  funzione  amministrativa
ascrivibile alle materie di legislazione  concorrente  ["]Produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia"  e  "Governo  del
territorio" di cui all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  attratta  in
sussidiarieta' a livello  statale,  in  forza  dell'art.  118,  primo
comma,   Cost.».   Di   conseguenza   si   renderebbero   necessarie,
nell'esercizio  delle  relative  funzioni,  forme  di  collaborazione
«"forti", ovvero le  intese»  (a  questo  proposito  si  richiama  la
sentenza n. 303 del 2003). 
    Proprio per dare attuazione a tali principi, l'art. 52-quinquies,
comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001 prevede che per  l'autorizzazione
alla  costruzione  delle  infrastrutture  energetiche   lineari   sia
necessario acquisire l'intesa con la Regione interessata. In caso  di
mancato raggiungimento della stessa, l'art.  1,  comma  8-bis,  della
legge  n.  239  del  2004  predispone  una  specifica  procedura.  In
particolare, si prevede, fra gli altri casi, che  laddove  manchi  la
definizione dell'intesa, il Ministero dello sviluppo economico inviti
le  amministrazioni  regionali  interessate  a  provvedere  entro  un
termine non superiore a trenta giorni, decorso il quale il  Ministero
rimette gli atti alla Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  che,
entro sessanta giorni, provvede in merito con la partecipazione della
Regione. 
    La difesa regionale ricorda che il  decreto  legge  12  settembre
2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per  l'apertura  dei  cantieri,  la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle  attivita'  produttive)  ha
modificato il citato art.  52-quinquies  nel  senso  di  ampliare  la
portata applicativa del suo secondo comma  (estendendola  anche  alle
autorizzazioni dei gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero,
incluse le  operazioni  preparatorie  necessarie  ai  progetti  e  le
relative opere connesse), omettendo, pero',  di  rendere  applicabile
espressamente a tali infrastrutture la disciplina di  cui  al  quinto
comma (relativa all'adozione dell'intesa con la Regione interessata). 
    Rispetto a tale omissione,  ricorda  la  ricorrente,  sono  state
sollevate questioni di legittimita'  costituzionale,  definite  dalla
sentenza n. 110 del 2016, con cui la Corte costituzionale ha chiarito
la portata applicativa della disposizione. In particolare, secondo la
difesa  regionale,  la  Corte  avrebbe  riconosciuto  che   essa   e'
applicabile  anche  ai  gasdotti   di   approvvigionamento   di   gas
dall'estero, con conseguente necessita' di adottare l'atto conclusivo
d'intesa con la Regione interessata. 
    La  difesa  della  Regione  Puglia,  dunque,  concede  che   fino
all'adozione della citata sentenza n. 110 del  2016  (e,  quindi,  al
momento  del  rilascio  dell'autorizzazione  alla   costruzione   del
gasdotto TAP) «non era affatto pacifico che l'intesa "forte"  di  cui
all'art. 52-quinquies, comma 5, d.P.R. n. 327 del 2001  [...],  fosse
applicabile  anche  ai  procedimenti  autorizzatori   concernenti   i
gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero  e  dovesse  essere
acquisita anche in riferimento alla fase relativa alle  ["]operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei  progetti  e  le  relative
opere connesse["]». Inoltre,  non  era  parimenti  «pacifico  che  ai
medesimi procedimenti fosse  applicabile  la  speciale  procedura  di
superamento dell'eventuale dissenso  regionale  di  cui  all'art.  1,
comma 8-bis, l. n. 239 del 2004». 
    A seguito della sentenza n. 110  del  2016,  invece,  secondo  la
difesa  regionale,  e'  da  ritenersi   erronea   l'applicazione   al
procedimento in oggetto della procedura di  cui  all'art.  14-quater,
comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), in luogo  di  quella  delineata  all'art.  1,  comma
8-bis,  della  legge  n.  239   del   2004   («erronea   applicazione
tempestivamente contestata dinanzi al  giudice  amministrativo»),  in
cio'  concretandosi  la   lesione   della   sfera   di   attribuzioni
costituzionali della Regione e del principio di leale collaborazione. 
    3.- Si e' costituito nel giudizio,  con  atto  depositato  il  30
gennaio 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  il
ricorso sia dichiarato inammissibile e, in ogni caso, infondato. 
    3.1.- Rileva innanzitutto l'Avvocatura generale dello  Stato  che
il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile  per  tardivita'.
In particolare, non sarebbe stato rispettato il termine  di  sessanta
giorni previsto dall'art. 39, secondo comma,  della  legge  11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale). Oggetto del ricorso, infatti, sarebbe dovuto  essere
la «prima manifestazione estrinseca e chiara della  volonta'  statale
di attribuirsi la titolarita' del potere,  e  non  gia'  il  silenzio
successivo  del  Ministero  dello  sviluppo  economico»,   ossia   il
provvedimento di autorizzazione alla realizzazione del gasdotto TAP. 
    Secondo la difesa statale, la  tardivita'  del  ricorso  andrebbe
riconosciuta anche laddove si volesse «eventualmente  concedere»  che
la consapevolezza della Regione intorno alla  lesione  delle  proprie
prerogative sia sorta solo a seguito della sentenza n. 110  del  2016
della Corte costituzionale. Anche in questo caso, infatti, il termine
di sessanta giorni non sarebbe stato  rispettato,  dovendo  decorrere
dalla data di deposito della stessa decisione.  Secondo  l'Avvocatura
generale dello Stato, peraltro,  sarebbe  stato  comunque  necessario
impugnare l'atto di autorizzazione del metanodotto  TAP,  «in  quanto
atto iniziale lesivo». 
    3.2.- L'Avvocatura generale dello Stato ritiene  che  il  ricorso
sia, in ogni caso, infondato. 
    In primo luogo, oggetto di contestazione da parte  della  Regione
Puglia  e'  la  «sussistenza  o  meno,   al   momento   dell'adozione
dell'autorizzazione, delle condizioni  "concrete"  per  procedere  ai
sensi dell'art. 52-quinquies, comma 5», del d.P.R. n. 327 del 2001. 
    Tale questione, sottolinea la difesa statale, e' stata oggetto di
giudizio davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che
ha rigettato il  ricorso  della  Regione  Puglia  per  l'annullamento
dell'atto di autorizzazione alla costruzione del gasdotto TAP con  la
sentenza 17 febbraio 2016, n. 2108, rilevando che la legge n. 239 del
2004 ha previsto all'art. 1, comma 8-bis,  una  specifica  disciplina
per i procedimenti di  autorizzazione  delle  infrastrutture  lineari
energetiche  che  fanno  parte  delle  reti  nazionali,   sostituendo
espressamente il comma sesto dell'art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327
del 2001 (a questo proposito viene citata la sentenza n. 239 del 2013
della Corte costituzionale, con la quale, secondo la difesa  statale,
si sarebbe chiarito che il comma 8-bis del citato art. 1  «disciplina
le forme di  inerzia  che  provocano  un  blocco  procedimentale  con
indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione  e  per
il buon andamento dell'azione amministrativa»). 
    L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che tale disciplina non
sia applicabile al caso di  specie,  poiche'  la  Regione  Puglia  ha
manifestato  espressamente  il   proprio   dissenso   rispetto   alla
costruzione del gasdotto TAP,  e  che  il  Ministero  dello  sviluppo
economico  abbia  correttamente  applicato  la  «normativa   generale
sull'attivita' amministrativa, attivando la procedura prevista per il
superamento dei dissensi  in  caso  di  "intesa  forte"  disciplinata
dall'art. 14-quater, comma 3», della legge n. 241 del 1990. 
    A ulteriore conforto di simile ricostruzione, la  difesa  statale
ritiene, sempre richiamando la sentenza n. 2108 del 2016 del TAR  del
Lazio, che la procedura prescelta non abbia provocato alcuna  lesione
delle prerogative regionali, assicurando «una trattativa piu' intensa
(in quanto suddivisa  in  tre  fasi)  ed  una  partecipazione  ancora
maggiore dell'ente dissenziente», rispetto a quanto previsto all'art.
1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004. 
    A fronte di  tali  considerazioni,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato  ritiene  che  la  sentenza  n.  110  del  2016   della   Corte
costituzionale non sembrerebbe incidere per nulla  sulla  vicenda  in
esame, non comportando una nuova interpretazione della disciplina  di
riferimento che conduca a ritenere lesivi della sfera di attribuzioni
costituzionali della Regione e del principio di leale  collaborazione
ne' il provvedimento di autorizzazione ne' il mancato annullamento  o
revoca di quest'ultimo. 
    4.- E'  intervenuta  nel  giudizio,  con  atto  depositato  il  6
febbraio 2017, la societa' Trans Adriatic Pipeline AG, chiedendo  che
la Corte costituzionale «dichiari inammissibile ovvero, in subordine,
respinga il ricorso», previo riconoscimento  dell'ammissibilita'  del
proprio atto di intervento. 
    4.1.- La societa' interveniente si sofferma, in via  preliminare,
sull'ammissibilita' dell'intervento, richiamando l'orientamento della
Corte  costituzionale  secondo  cui  i  soggetti   terzi   potrebbero
partecipare al giudizio per  conflitto  laddove  gli  atti  impugnati
siano oggetto di un giudizio comune di cui siano parti e la decisione
della  Corte  costituzionale  possa  condizionare  l'esito  di   tale
giudizio «che si e' svolto o che si sarebbe dovuto svolgere». 
    Dopo  aver  sottolineato  che  la  propria  posizione   giuridica
soggettiva  si  fonda  sul  provvedimento  di   autorizzazione   alla
costruzione del gasdotto TAP, che  la  Regione  Puglia  mirerebbe  ad
annullare attraverso il conflitto di attribuzione, la societa'  Trans
Adiatic Pipeline AG ritiene che la Regione «avrebbe dovuto  agire  in
un giudizio comune contro il silenzio dello Stato ai sensi  dell'art.
31 e [dell'art.]  117  del  codice  del  processo  amministrativo  ed
avrebbe dovuto, sotto pena di inammissibilita', notificare il ricorso
anche a TAP quale contraddittore necessario». 
    La societa' Trans Adriatic  Pipeline  AG,  inoltre,  ricorda  che
risulta pendente (al momento del deposito dell'atto di intervento) il
giudizio davanti al Consiglio di Stato, «relativo  alla  legittimita'
dell'Autorizzazione  Unica,  nel  quale  si  discute   del   corretto
espletamento della fase di svolgimento della  leale  collaborazione»,
per concludere che  il  conflitto  promosso  dalla  Regione  «mira  a
travolgere  e/o  comunque  incidere  negativamente  sulla   posizione
soggettiva di TAP» e «a  rendere  inutile  il  giudizio  che  si  sta
svolgendo davanti al Consiglio di Stato». 
    4.2.- La societa' Trans Adriatic  Pipeline  AG  sostiene  che  il
ricorso debba essere dichiarato inammissibile per due motivi. 
    4.2.1.- In primo luogo, per far valere l'asserita  lesione  delle
sue prerogative costituzionali,  la  Regione  Puglia  avrebbe  dovuto
sollevare conflitto di attribuzione nei confronti  del  provvedimento
che autorizza la costruzione  del  gasdotto  TAP,  entro  il  termine
perentorio di sessanta giorni dalla sua adozione. L'impugnazione  del
successivo silenzio tenuto dal Ministero  dello  sviluppo  economico,
dunque, mirerebbe a «ottenere una impropria  riapertura  del  termine
per proporre il conflitto». 
    Alla sentenza n. 110 del 2016 della Corte costituzionale  non  si
potrebbe, in ogni caso, attribuire  alcun  rilievo  per  il  caso  di
specie, poiche'  essa  non  ha  modificato  il  quadro  normativo  di
riferimento. Ancora prima di  questa  decisione,  infatti,  era  gia'
chiaro, secondo la difesa della societa'  interveniente,  come  fosse
necessaria l'intesa forte  con  la  Regione  interessata.  Una  volta
intervenuto  il  diniego   espresso   da   parte   di   quest'ultima,
correttamente si e' dato avvio alla procedura per il suo superamento,
attraverso la rimessione degli atti alla Presidenza del Consiglio dei
ministri. 
    A conforto di simile ricostruzione, l'interveniente  richiama  la
sentenza n. 2108 del 2016 del TAR del Lazio, che avrebbe affermato la
correttezza della decisione del Ministero dello sviluppo economico di
applicare la disciplina generale sull'attivita' amministrativa di cui
all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. 
    4.2.2.-  In  secondo  luogo,  il  ricorso  sarebbe  inammissibile
poiche' con esso si censura una condotta omissiva del Ministero dello
sviluppo economico. Richiamando in particolare la sentenza n. 276 del
2007 della Corte costituzionale, la difesa dell'interveniente afferma
che il conflitto nei confronti di condotte  omissive  e'  ammissibile
«solo   laddove   l'inerzia   oggetto   di   contestazione   riguardi
un'attivita' vincolata nell'an e  nel  quando»,  mentre,  laddove  le
attivita'  rientrino  nella  sfera  di   discrezionalita'   garantite
all'amministrazione,  «nessuna  lesione  puo'  derivare  dalla   mera
inattivita'». 
    In questa  prospettiva,  in  capo  al  Ministero  dello  sviluppo
economico non poteva delinearsi alcun obbligo di dare riscontro  alle
istanze della Regione Puglia. Innanzitutto, «le sentenze  di  rigetto
della  Corte  costituzionale  non  hanno,  per  definizione,  effetti
vincolanti, ne' soprattutto il contenuto della sentenza era  tale  da
creare qualsivoglia vincolo a  carico  dello  Stato».  Inoltre,  alle
istanze   regionali   dovrebbe   assegnarsi   una   «mera    funzione
sollecitatoria  e  non   vincolante»,   senza   alcun   obbligo   per
l'amministrazione di provvedervi. 
    4.3.- Il ricorso, secondo la difesa  dell'interveniente,  sarebbe
in ogni caso infondato. 
    A questo proposito, si sottolinea che la Regione Puglia ha «preso
parte a tutte le fasi del  procedimento  autorizzativo  del  gasdotto
TAP, ivi incluse le tre riunioni tenutesi  dinnanzi  alla  Presidenza
del Consiglio nella fase conclusiva del procedimento, volte a cercare
di superare il diniego all'intesa manifestato dalla Regione stessa». 
    Tale circostanza dimostrerebbe come «lo Stato  si  sia  impegnato
con ogni possibile sforzo nella ricerca dell'intesa con la  Regione»,
nel rispetto dei requisiti imposti dall'intesa «di tipo "forte"».  Il
dissenso regionale, quindi, potrebbe essere superato a fronte di  «un
articolato  percorso  procedimentale   e   anche   a   fronte   della
reiterazione delle trattative» laddove «si ravvisi  un  atteggiamento
[...] di precostituito e non negoziabile rifiuto non  rispondente  al
principio della leale collaborazione». 
    5.- In vista dell'udienza, in data 18 settembre 2017,  la  difesa
della Regione Puglia ha depositato ulteriore memoria, richiamando  le
proprie   precedenti   osservazioni   e   replicando    ai    rilievi
dell'Avvocatura generale dello Stato e della societa' Trans  Adriatic
Pipeline AG. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Puglia ha promosso conflitto di  attribuzione  nei
confronti  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di non spettanza allo Stato - e per esso  al  Ministero
dello sviluppo economico - del «potere di negare, oltretutto  con  il
mero strumento del  silenzio  giuridicamente  rilevante»,  l'adozione
degli atti necessari ad ottemperare a quanto statuito dalla  sentenza
n. 110 del 2016 di questa Corte, in relazione al procedimento che  ha
condotto  al  rilascio  dell'autorizzazione  per  il  gasdotto  Trans
Adriatic Pipeline (d'ora in avanti TAP). 
    Il  silenzio  serbato  dal  Ministero  avrebbe   determinato   la
violazione delle attribuzioni regionali garantite  dagli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo  comma,  della  Costituzione,  nonche'  dal
principio  di  leale  collaborazione,  e  la  Regione  Puglia  chiede
pertanto che venga adottata «ogni statuizione necessaria a  garantire
il ripristino della sfera delle attribuzioni costituzionali lese». 
    Ritiene, in particolare,  la  ricorrente  che  tali  attribuzioni
siano  state  incise  dal  silenzio  mantenuto  dal  Ministero  dello
sviluppo economico a seguito delle due note di diffida del 21  giugno
2016 e del 21 settembre 2016, con le quali la Regione ha chiesto allo
stesso Ministero di  riesaminare  la  procedura  per  l'adozione  del
provvedimento di autorizzazione alla costruzione del gasdotto TAP  e,
conseguentemente, di annullare o revocare quest'ultimo. 
    Nella  prospettiva  della  difesa  regionale,  le   ragioni   del
sollevato conflitto si ricaverebbero dalla sentenza n. 110  del  2016
di  questa  Corte,  dalla  quale  si  evincerebbe  la  necessita'  di
pervenire  all'intesa  con  le  Regioni  interessate  anche  per   la
costruzione dei gasdotti di importazione di gas dall'estero,  mentre,
nel  caso  di  specie,  il  provvedimento  di   autorizzazione   alla
realizzazione del gasdotto TAP sarebbe stato rilasciato,  secondo  la
ricorrente, in assenza d'intesa con la Regione Puglia. 
    2.- Come deciso con ordinanza  dibattimentale  letta  all'udienza
pubblica del 10 ottobre  2017,  deve  essere  dichiarato  ammissibile
l'intervento spiegato nel  giudizio  dalla  societa'  Trans  Adriatic
Pipeline AG. 
    Nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti,  di  regola,
non e' ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati
a promuovere il conflitto o a  resistervi  (ordinanze  allegate  alle
sentenze n. 380 e n. 222  del  2007),  ma  non  puo'  escludersi  che
l'oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere, in modo immediato  e
diretto, situazioni soggettive di terzi, il cui pregiudizio o la  cui
salvaguardia dipendono dall'esito dello  stesso  (ordinanza  allegata
alla sentenza n. 195 del 2007). 
    Nel caso di specie, la societa' Trans  Adriatic  Pipeline  AG  e'
stata  parte  del  giudizio  amministrativo  avente  a   oggetto   il
provvedimento  di  autorizzazione  del   Ministero   dello   sviluppo
economico del 20 maggio 2015 alla costruzione del gasdotto TAP. 
    Poiche' il ricorso per conflitto della  Regione  Puglia  mira  in
definitiva a incidere su  tale  provvedimento,  l'esito  dell'odierno
giudizio e' suscettibile di ripercuotersi sulla  posizione  giuridica
soggettiva  della  societa',  la  quale  si  fonda  proprio  su  quel
provvedimento,  in  base  all'assetto   giuridico   da   quest'ultimo
determinato e rimasto inalterato  a  seguito  della  definizione  del
giudizio amministrativo di cui la societa' stessa e' stata parte. 
    Per consentire alla societa' Trans Adriatic Pipeline  AG  di  far
valere  le  sue  ragioni  davanti  a  questa  Corte,  il   suo   atto
d'intervento deve essere pertanto dichiarato ammissibile. 
    3.- In via preliminare, e' necessario precisare che  la  sentenza
n. 110 del 2016 di  questa  Corte  e'  male  invocata  dalla  Regione
ricorrente. 
    Dichiarando non fondata una questione proposta in via  principale
da   alcune   Regioni,   tale   sentenza   ha   chiarito,   in    via
d'interpretazione, che anche ai gasdotti di approvvigionamento di gas
dall'estero, in quanto infrastrutture lineari energetiche, si applica
l'art. 52-quinquies,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 giugno 2001, n.  327  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilita'), il quale prevede che l'atto conclusivo del procedimento di
autorizzazione  alla  costruzione  di  ogni  infrastruttura   lineare
energetica sia adottato d'intesa con le Regioni interessate. 
    La sentenza non ha modificato in alcun modo il  quadro  normativo
entro il quale  e'  stato  adottato,  in  data  20  maggio  2015,  il
provvedimento di autorizzazione alla realizzazione del gasdotto  TAP.
Per tale ragione, da essa non poteva conseguire, come invece asserito
dalla ricorrente, alcun obbligo in capo al Ministero  dello  sviluppo
economico  di  adottare  «atti  necessari  ad  ottemperare  a  quanto
statuito dalla sentenza». 
    D'altra parte, l'interpretazione assunta in  tale  pronuncia  con
riferimento alla necessita' dell'intesa non ha  riguardato  in  alcun
modo  la  scelta  delle  procedure  necessarie  in  caso  di  mancata
definizione della  stessa,  a  seconda  che  sia  determinata  da  un
dissenso espresso oppure da una mera  inerzia  regionale;  mentre  il
ricorso per conflitto della  Regione  sembra  proprio  lamentare,  in
definitiva, che  la  lesione  della  propria  sfera  di  attribuzioni
costituzionali sia dipesa dalla violazione della  corretta  procedura
da applicare in caso di mancato raggiungimento dell'intesa;  profilo,
quest'ultimo, che nel  caso  di  specie  ha  costituito  oggetto  del
giudizio amministrativo concluso  dalla  sentenza  del  Consiglio  di
Stato del 27 marzo 2017, n. 1392. 
    4.-  Cio'  affermato  in  via  preliminare,   il   conflitto   e'
inammissibile. 
    Non e' in discussione, in astratto, l'ammissibilita'  di  ricorsi
per conflitto di attribuzione aventi ad  oggetto  condotte  omissive,
laddove  esse  siano  realmente  idonee   a   produrre   un'immediata
violazione o menomazione di attribuzioni costituzionali (sentenze  n.
276 del 2007, n. 187 del 1984, n. 111 del 1976). 
    Tale idoneita'  lesiva  e'  tuttavia  assente  laddove  l'inerzia
dell'amministrazione a fronte di un'istanza  ad  essa  rivolta  possa
essere  interpretata  solo  come  una   mancata   risposta   ad   una
sollecitazione non vincolante e non come  un  comportamento  omissivo
concludente volto a negare attribuzioni costituzionali  (sentenza  n.
276 del 2007). 
    E' cio' che e' accaduto nel caso di specie, in  cui  il  silenzio
sulle  istanze  regionali  non  e'   significativo,   non   potendosi
attribuire ad esso idoneita' lesiva. 
    Il conflitto, pertanto,  e'  inammissibile  perche'  difetta  dei
necessari  requisiti  di  attualita'  e  originarieta',  mirando   in
sostanza, come correttamente eccepito dall'Avvocatura generale  dello
Stato, a  superare  la  mancata  impugnazione  del  provvedimento  di
autorizzazione (adottato in data 20 maggio 2015)  alla  realizzazione
del gasdotto TAP, unico atto potenzialmente lesivo delle attribuzioni
regionali. 
    La Regione Puglia, a questo riguardo, sostiene di non aver potuto
tempestivamente  impugnare  tale  provvedimento   con   ricorso   per
conflitto di attribuzione, poiche' la  consapevolezza  della  lesione
delle proprie prerogative sarebbe intervenuta solo  a  seguito  della
ricordata sentenza n. 110 del 2016 di questa Corte (depositata il  20
maggio 2016), nonche' a  fronte  del  silenzio  del  Ministero  dello
sviluppo economico rispetto alle due diffide  e,  in  particolare,  a
seguito della scadenza del  termine  per  provvedere  indicato  nella
seconda di queste. Dal silenzio  del  Ministero  la  Regione  avrebbe
dedotto in via «definitiva e inequivoca» la volonta' dello  Stato  di
negare l'adozione  degli  atti  sollecitati,  ritenuti  necessari  ad
ottemperare alla sentenza n. 110 del 2016. 
    Si  e'  gia'  chiarito  che  il  richiamo   a   quest'ultima   e'
inconferente. 
    Ma anche a voler concedere che l'interesse a ricorrere sia  sorto
in capo alla Regione solo a seguito del deposito della sentenza  piu'
volte citata, cionondimeno la Regione avrebbe dovuto impugnare l'atto
di autorizzazione alla costruzione del gasdotto TAP. 
    Pertanto, come da costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
conflitto e' inammissibile.