ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito dell'art. 18 comma  5,  del  decreto  legislativo  19
agosto  2016,  n.  177,   recante   «Disposizioni   in   materia   di
razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del  Corpo
forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a),
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle amministrazioni  pubbliche»,  promosso  dal  Procuratore  della
Repubblica  presso  il  Tribunale  ordinario  di  Bari  con   ricorso
depositato in cancelleria il 25 luglio 2017 ed iscritto al n.  3  del
registro  conflitti  tra   poteri   dello   Stato   2017,   fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 6 dicembre  2017  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto che con ricorso depositato il 25 luglio 2017 ed iscritto
al n. 3 del registro  conflitti  tra  poteri  dello  Stato  2017,  il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bari ha
sollevato conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  in  relazione
all'art. 18, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177,
recante «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle  funzioni
di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato,  ai  sensi
dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto  2015,  n.
124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»; 
    che - premette il  ricorrente  -  la  disposizione  asseritamente
lesiva  delle  proprie   attribuzioni   costituzionali   testualmente
prevede:  «[...]  al   fine   di   rafforzare   gli   interventi   di
razionalizzazione volti ad evitare  duplicazioni  e  sovrapposizioni,
anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento  informativo,  il
capo della polizia-direttore generale della pubblica  sicurezza  e  i
vertici delle altre Forze di  polizia  adottano  apposite  istruzioni
attraverso  cui  i  responsabili  di  ciascun  presidio  di   polizia
interessato, trasmettono alla propria  scala  gerarchica  le  notizie
relative  all'inoltro  delle  informative  di   reato   all'autorita'
giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle  norme
del codice di procedura penale»; 
    che tale disposizione avrebbe - a suo  giudizio  -  «parzialmente
abrogato, in parte qua, il segreto investigativo  disposto  dall'art.
329 cod. proc. pen.», la cui violazione e' sanzionata  dall'art.  326
del codice penale; 
    che, pertanto, l'intervento normativo avrebbe  «leso  prerogative
di  rango   costituzionale   pertinenti   all'Autorita'   Giudiziaria
requirente»,  con  riferimento  al   principio   di   obbligatorieta'
dell'azione penale, di cui all'art. 112 della  Costituzione,  cui  il
segreto  investigativo  sarebbe  strettamente  inerente,  nonche'  in
relazione alla previsione  della  diretta  dipendenza  della  polizia
giudiziaria dall'autorita' giudiziaria, ai sensi dell'art. 109 Cost.; 
    che l'interesse a sollevare  il  conflitto  di  attribuzione  tra
poteri dello Stato emergerebbe  dall'«ambito  applicativo  di  estesa
diffusione»  della  norma,  «destinata   a   trovare   indiscriminata
applicazione nella totalita' dei casi di inoltro di notizie di reato»
da parte della polizia giudiziaria; 
    che il ricorso sarebbe ammissibile dal punto di vista soggettivo,
pacifica essendo la legittimazione del procuratore della Repubblica a
sollevare conflitto tra poteri; 
    che il conflitto  sarebbe  ammissibile  anche  sotto  il  profilo
oggettivo, pur riguardando una disposizione legislativa, trattandosi,
a giudizio del ricorrente, dell'unico  rimedio  esperibile  a  tutela
delle sue attribuzioni; 
    che non risulterebbe, infatti, la  possibilita'  d'instaurare  un
giudizio, nell'ambito del quale sollevare  questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale della norma impugnata; 
    che il ricorrente lamenta, in primo luogo,  che  la  disposizione
oggetto  del  conflitto  sarebbe  viziata  da  eccesso  di  delega  e
risulterebbe dunque lesiva dell'art. 76 Cost., in quanto la  legge  7
agosto  2015,  n.   124   (Deleghe   al   Governo   in   materia   di
riorganizzazione delle amministrazioni  pubbliche),  non  conterrebbe
alcun  principio  o  criterio  fondante  l'introduzione  dell'obbligo
informativo in questione; 
    che il ricorrente lamenta, in secondo luogo,  la  violazione  del
principio di obbligatorieta' dell'azione penale di cui  all'art.  112
Cost.; 
    che tale  disposizione  costituzionale,  garanzia  d'indipendenza
funzionale  del  pubblico  ministero  da  ogni  altro  potere,  e  in
particolare dal potere esecutivo, finirebbe per essere lesa ad  opera
di una disposizione che prevede la trasmissione  per  via  gerarchica
delle  «notizie  relative  all'inoltro  delle  informative  di  reato
all'autorita'   giudiziaria,   indipendentemente    dagli    obblighi
prescritti dalle norme del codice di procedura penale»; 
    che, infatti, data la  stretta  correlazione  tra  azione  penale
obbligatoria e segretezza delle indagini, la deroga  a  quest'ultima,
«peraltro a beneficio di organi dell'Amministrazione  neppure  dotati
della  connotazione  di  appartenenti  alla   polizia   giudiziaria»,
potrebbe porre a rischio l'esito positivo delle investigazioni e, per
cio' stesso, l'effettivita' ed efficacia  dell'esercizio  dell'azione
penale; 
    che, ancora a giudizio del ricorrente,  sussisterebbe  un  «nesso
strumentale» tra il principio di obbligatorieta' dell'azione penale e
la  diretta  disponibilita'  della  polizia  giudiziaria   da   parte
dell'autorita' giudiziaria, sicche' l'ufficio del pubblico  ministero
vedrebbe lese  anche  le  prerogative  costituzionali  che  gli  sono
riconosciute dall'art. 109 Cost.,  funzionali  a  garantire  la  piu'
sicura e autonoma disponibilita' dei mezzi investigativi,  escludendo
interferenze di altri poteri nella conduzione delle indagini; 
    che,  infatti,  la  comunicazione   in   via   gerarchica   delle
informazioni, senza alcun filtro o controllo del  pubblico  ministero
procedente, a beneficio di soggetti che non rivestono la qualifica di
ufficiale di  polizia  giudiziaria  e  che,  per  la  loro  posizione
apicale,  vedrebbero  «particolarmente   stretto   il   rapporto   di
dipendenza  organica  dalle  articolazioni  del  potere   esecutivo»,
violerebbe le prerogative riconosciute dall'art. 109  Cost.,  con  il
rischio di possibili interferenze nell'esercizio dell'azione penale; 
    che, in definitiva, il Procuratore  della  Repubblica  presso  il
Tribunale ordinario di  Bari  chiede  che  la  Corte  costituzionale,
riconosciuto ammissibile il conflitto, dichiari che non  spettava  al
Presidente del Consiglio dei ministri adottare, in  violazione  degli
artt. 76, 109 e 112 Cost., le disposizioni dell'art. 18, comma 5, del
d.lgs. n. 177 del 2016; 
    che, in prossimita' della camera  di  consiglio  fissata  per  il
giudizio di ammissibilita' del conflitto, il ricorrente ha depositato
memoria ove ha ulteriormente illustrato le ragioni a sostegno di tale
ammissibilita', specificando, in particolare, che  il  conflitto  tra
poteri,  nel  caso  di  specie,   costituirebbe   l'unico   strumento
disponibile a garanzia delle proprie attribuzioni costituzionali. 
    Considerato  che  il  Procuratore  della  Repubblica  presso   il
Tribunale ordinario di Bari ha sollevato  conflitto  di  attribuzione
tra poteri dello Stato nei confronti del Presidente del Consiglio dei
ministri, in relazione all'art. 18, comma 5, del decreto  legislativo
19  agosto  2016,  n.  177,  recante  «Disposizioni  in  materia   di
razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del  Corpo
forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a),
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle  amministrazioni  pubbliche»,  che  impone  agli  ufficiali  di
polizia  giudiziaria,  a   seguito   di   apposite   istruzioni,   la
trasmissione per via gerarchica delle «notizie  relative  all'inoltro
delle    informative    di    reato    all'autorita'     giudiziaria,
indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di
procedura penale»; 
    che il  ricorrente  lamenta  che  la  citata  norma  del  decreto
legislativo - approvata a suo dire in violazione dell'art.  76  della
Costituzione - avrebbe determinato la lesione delle proprie sfere  di
attribuzioni costituzionali, garantite dagli artt. 109 e 112 Cost.; 
    che, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), questa  Corte  e'  chiamata  a  deliberare  in
camera di consiglio e senza contraddittorio  sull'ammissibilita'  del
ricorso, valutando se sussistano i requisiti, sul piano soggettivo ed
oggettivo, di un conflitto di attribuzione tra  poteri  dello  Stato,
rimanendo tuttavia impregiudicata ogni ulteriore questione  anche  in
ordine alla stessa ammissibilita'; 
    che, in conformita' alla costante giurisprudenza di questa  Corte
(sentenze n. 1 del 2013, n. 88 e n. 87 del 2012, e n. 420  del  1995;
ordinanza n. 521 del 2000), deve essere  riconosciuta  la  natura  di
potere dello  Stato  al  pubblico  ministero,  e  in  particolare  al
Procuratore  della  Repubblica  (art.  1,  comma   1,   del   decreto
legislativo 20  febbraio  2006,  n.  106,  recante  «Disposizioni  in
materia di riorganizzazione dell'ufficio del  pubblico  ministero,  a
norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d),  della  legge  25  luglio
2005, n. 150»), in quanto titolare delle attivita'  d'indagine  (art.
109 Cost.) finalizzate all'esercizio obbligatorio dell'azione  penale
(art. 112 Cost.); 
    che nessun dubbio sussiste  in  ordine  alla  legittimazione  del
Governo, rappresentato dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
posto che l'atto asseritamente lesivo e'  imputabile  a  quest'ultimo
nella sua interezza (ordinanze n. 16 del 2013, n. 23 del  2000  e  n.
323 del 1999); 
    che, circa l'idoneita' di un atto  avente  natura  legislativa  -
quale  quello  in   questione   -   a   determinare   conflitto,   la
giurisprudenza di questa Corte ritiene che  tale  idoneita'  sussista
tutte le volte in cui dalla norma primaria derivino  in  via  diretta
lesioni dell'ordine costituzionale delle competenze (ordinanze n.  17
e n. 16 del 2013, e n. 343 del 2003), salvo che sia configurabile  un
giudizio nel quale la norma primaria  risulti  applicabile  e  quindi
possa essere su di essa sollevata, in via incidentale,  questione  di
legittimita' costituzionale (sentenze n. 284 del 2005 e  n.  221  del
2002); 
    che, nel caso di specie, l'effettiva configurabilita' di un  tale
giudizio non emerge prima facie, restando  impregiudicata,  anche  su
tale  aspetto,  ogni  diversa  valutazione  in   seguito   al   pieno
dispiegarsi del contraddittorio tra le parti; 
    che, dunque, deve essere dichiarato ammissibile il ricorso con il
quale il Procuratore della Repubblica presso il  Tribunale  ordinario
di Bari  lamenta,  oltre  alla  violazione  dell'art.  76  Cost.,  la
lesione,  da  parte   del   Governo,   delle   proprie   attribuzioni
costituzionali  di  cui  agli  artt.  109  e  112  Cost.,   a   causa
dell'approvazione dell'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 177 del 2016.