ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello  Stato
sorti a seguito della legge 6 maggio 2015, n. 52 e relativa procedura
di approvazione, della proposta  di  legge  Atto  Camera  n.  2352  e
relativa procedura di approvazione e del disegno di legge Atto Senato
n. 2941 e relativa procedura di  approvazione,  promossi  da  Adriana
Eden Susanna Galgano e altri nella  qualita'  di  elettori,  soggetti
politici  e  parlamentari;  da  Simone  Valente  nella  qualita'   di
elettore,  soggetto  politico,  parlamentare  e  rappresentante   dei
parlamentari aderenti al gruppo parlamentare MoVimento 5 stelle della
Camera dei deputati; e da Giovanni Endrizzi e  Simone  Valente  nella
qualita'  di  elettori,  soggetti   politici,   parlamentari   e   di
Presidente, il primo, e di Vicepresidente vicario,  il  secondo,  dei
rispettivi gruppi parlamentari MoVimento 5 stelle  del  Senato  della
Repubblica e della Camera dei deputati,  con  ricorsi  depositati  in
cancelleria  il  23,  il  25  e  il  31  ottobre  2017  ed   iscritti
rispettivamente ai nn. 5, 6 e 7 del  registro  conflitti  tra  poteri
2017, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 2017  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
    Ritenuto che, con  ricorso  depositato  nella  cancelleria  della
Corte costituzionale in data 23 ottobre 2017,  Adriana  Eden  Susanna
Galgano, Claudia Mannino, Domenico Menorello e  Riccardo  Nuti  hanno
sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ai  sensi
dell'art. 134 Cost., «nei confronti della Camera dei deputati e,  ove
occorra, del Governo» (reg. confl. pot. n. 5 del 2017); 
    che  i  ricorrenti  investono  la  Corte   costituzionale   della
«situazione venutasi a  creare»  con  l'approvazione  della  legge  6
maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della  Camera
dei  deputati),  della  quale  chiedono  l'annullamento  «nella   sua
interezza»; 
    che, secondo i ricorrenti, l'iter  di  approvazione  della  legge
avrebbe violato gli artt. 1, 48, 51, 64, 67, 70, 72 e 94  Cost.,  con
conseguente menomazione del loro potere di  determinare  la  politica
nazionale in quanto rappresentanti della Nazione ex art. 67  Cost.  e
«con la doppia variante  della  loro  legittimazione  come  elettori,
soggetti politici e come parlamentari»; 
    che i ricorrenti affermano di  essersi  determinati  alla  scelta
dello strumento del conflitto tra poteri  dello  Stato  avverso  atto
legislativo  perche',   nonostante   gli   interventi   della   Corte
costituzionale sulle leggi elettorali contenuti nelle sentenze  n.  1
del 2014 e n. 35 del 2017, non si e' potuta impedire la sopravvivenza
nel suo insieme della  legge  elettorale  impugnata  che,  in  quanto
diretta a modificare le sole regole per l'elezione della  Camera  dei
deputati,  e  non  quelle  per  il  Senato,  avrebbe  introdotto  una
ingiustificata  discrasia  nel  riparto  tra  i  poteri  dello  Stato
stabilito dalla Costituzione; 
    che per le modalita' della sua approvazione  la  legge  impugnata
avrebbe  operato  una  forzatura  delle   regole   sul   procedimento
legislativo capace di  alterare  l'equilibrio  dei  poteri  a  favore
dell'esecutivo; 
    che secondo i ricorrenti solo con  l'accoglimento  del  conflitto
proposto prima della scadenza elettorale si potrebbe  realizzare  una
efficace difesa dell'istituzione parlamentare, dell'indipendenza  dei
suoi  componenti   e   della   stessa   funzionalita'   del   sistema
rappresentativo, mentre dopo la cessazione della presente legislatura
non solo il danno causato dall'applicazione  della  legge  elettorale
produrrebbe  effetti  irreversibili,  ma,  a  causa  delle  strettoie
dell'incidentalita',  non  sarebbe  neanche  possibile  attivare   un
giudizio di  legittimita'  costituzionale  per  l'annullamento  della
legge; 
    che, quanto al requisito soggettivo,  i  ricorrenti,  nella  loro
qualita' di deputati in carica «e di difensori nominati  dai  primi»,
ritengono di essere legittimati a ricorrere alla Corte costituzionale
per difendere «il  diritto  dei  singoli  parlamentari  (nonche'  dei
gruppi parlamentari, ove i relativi  componenti  coincidano  con  una
parte dei firmatari del ricorso)»  di  svolgere  il  proprio  mandato
«entro una cornice rispettosa dei principi, dei valori e delle regole
(anche di procedura) fissate dalla Costituzione»; 
    che il potere legislativo sarebbe un potere diffuso tra i singoli
membri del Parlamento, al pari del potere giudiziario,  e  i  singoli
parlamentari ricorrenti non solo sarebbero abilitati a  difendere  le
proprie funzioni costituzionali in sede di conflitto tra  poteri,  ma
anche ne avrebbero un interesse concreto e attuale; 
    che costituirebbero comportamenti idonei a innescare il conflitto
sia    la    «propensione    della     maggioranza     parlamentare»,
«nell'approssimarsi del  termine  ordinario  della  legislatura»,  «a
disattendere  l'invito»  formulato   dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 35 del 2017, par. 15, ad armonizzare i procedimenti
elettorali delle due Camere; sia le modalita' di  approvazione  della
legge n. 52 del 2015, compresa la richiesta di tre  voti  di  fiducia
alla Camera dei deputati, in violazione della lettera e dello spirito
dell'art. 72, quarto comma, Cost.; 
    che tali modalita',  infatti,  avrebbero  creato  «un  precedente
incostituzionale» capace di  menomare  le  prerogative  attribuite  a
ciascun parlamentare dall'art. 67 Cost. anche per il futuro, in  caso
di reiterazione delle denunciate irregolarita' procedimentali; 
    che, quanto al requisito oggettivo del conflitto,  ricorrerebbero
i  profili  della  attualita'  e  concretezza  della  lesione   della
sovranita' popolare nelle manifestazioni di volonta'  del  Parlamento
che produssero la legge n. 52 del 2015 «coartate dal Governo»; 
    che l'effetto di totale costrizione sarebbe  stato  ottenuto,  in
sede di esame della legge n. 52 del 2015, respingendo  le  molteplici
proposte emendative di una  legge  elettorale  unitaria  per  le  due
Camere, e che tale «reiezione» sarebbe stata  «conseguita  adoperando
congiuntamente  il  ricatto  politico   delle   elezioni   anticipate
(usurpando con cio' le prerogative del Presidente della Repubblica, e
calpestando  il  senso  costituzionale   della   forma   di   governo
parlamentare), la questione di fiducia, nonche' altre varie forzature
regolamentari, in ispregio delle procedure  fissate  in  Costituzione
per l'approvazione delle leggi»; 
    che, nel merito, la procedura di approvazione della legge avrebbe
leso gli artt. 70  e  72  Cost.,  con  conseguente  violazione  delle
attribuzioni costituzionali dei parlamentari della minoranza, perche'
il Governo, per accelerare l'approvazione della legge  e  proteggerla
dai «franchi tiratori» in votazioni a scrutinio segreto,  ha  imposto
alla Camera dei deputati la votazione con la questione di fiducia  su
tre dei quattro articoli di cui era composto il disegno di legge; 
    che, nell'ammettere tali questioni, poste nella seduta n. 417 del
28 aprile 2015, la  Presidente  della  Camera  dei  deputati  sarebbe
incorsa  «in  un  evidente  errore»,  perche'   sarebbe   la   stessa
Costituzione, all'art. 72, quarto comma, a regolare  direttamente  il
procedimento legislativo per le leggi  elettorali,  imponendo  sempre
«[l]a procedura normale di esame e di approvazione diretta  da  parte
della Camera [...] per i disegni di legge in  materia  costituzionale
ed elettorale [...]», mentre il procedimento che segue  la  posizione
della questione di fiducia,  cosi'  come  delineato  dai  regolamenti
parlamentari e dalle relative interpretazioni, tra le quali rileva il
cosiddetto Lodo Iotti del 23 gennaio 1980, darebbe  vita  a  un  iter
legislativo autonomo e speciale; 
    che,  con  ricorso  depositato  nella  cancelleria  della   Corte
costituzionale in data 25 ottobre 2017, Simone Valente  ha  sollevato
analogo  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  «nei
confronti della Camera dei deputati  e,  ove  occorra,  del  Governo»
(reg. confl. pot. n. 6 del 2017); 
    che anch'egli, «in proprio  e  come  Vicepresidente  vicario  del
Gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle alla Camera dei deputati»,
investe la Corte costituzionale della «situazione venutasi a  creare»
con l'approvazione della medesima legge n. 52 del  2015,  chiedendone
l'annullamento «nella sua interezza»; 
    che, anche secondo questo ricorrente l'iter di approvazione della
legge avrebbe violato gli artt. 1, 48, 51, 64, 67, 70, 72 e 94 Cost.,
con conseguente menomazione del suo potere di determinare la politica
nazionale in quanto rappresentante della Nazione ex art. 67  Cost.  e
«con la plurima variante  della  sua  legittimazione  come  elettore,
soggetto politico, parlamentare  e  rappresentante  dei  parlamentari
aderenti al suo gruppo parlamentare»; 
    che il testo del ricorso e' quasi integralmente identico a quello
iscritto al reg. confl. pot. n. 5 del 2017, di cui si e'  sopra  dato
conto, salvo aggiungere che la «cornice costituzionale rispettosa dei
principi, dei valori e delle  regole  (anche  di  procedura)  fissate
dalla Costituzione»  entro  la  quale  i  componenti  del  Parlamento
avrebbero il diritto di svolgere il proprio mandato varrebbe anche  a
favore dei  gruppi  parlamentari,  considerati  dalla  giurisprudenza
costituzionale  come  uno  dei  modi,  se  non  il   principale,   di
organizzazione delle forze politiche in seno al Parlamento,  riflesso
istituzionale  del  pluralismo  politico  e  struttura  portante  del
sistema rappresentativo; 
    che, con ricorso depositato in data  31  ottobre  2017,  Giovanni
Endrizzi e lo stesso Simone Valente, gia'  ricorrente  nel  conflitto
iscritto al reg. confl. pot. n. 6 del 2017, hanno sollevato conflitto
di attribuzione tra poteri  dello  Stato  «nei  confronti  delle  due
Camere che compongono il Parlamento nazionale  e,  ove  occorra,  del
Governo» (reg. confl. pot. n. 7 del 2017); 
    che i ricorrenti, «in proprio e come Presidente e  Vicepresidente
vicario dei rispettivi Gruppi  parlamentari  denominati  MoVimento  5
Stelle Senato della  Repubblica  e  MoVimento  5  Stelle  Camera  dei
Deputati»,  investono  la  Corte  costituzionale  della   «situazione
venutasi a creare» nella XVII  legislatura  a  causa  delle  ripetute
violazioni costituzionali che si sarebbero  verificate  nell'iter  di
approvazione della legge n. 52 del  2015,  e  che  si  sarebbero  poi
reiterate in sede di approvazione parlamentare  dell'Atto  Camera  n.
2352 e dell'Atto Senato n. 2941, e cioe' dei disegni di  legge  dalla
cui approvazione e' derivata, successivamente alla  proposizione  del
ricorso, la legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche  al  sistema  di
elezione della Camera dei deputati e  del  Senato  della  Repubblica.
Delega al  Governo  per  la  determinazione  dei  collegi  elettorali
uninominali e plurinominali); 
    che  conseguentemente  i  ricorrenti  chiedono   «l'annullamento,
previa sospensione, delle [...] deliberazioni assunte sotto l'imperio
della questione di fiducia, dall'Assemblea della Camera dei  deputati
il 29 e il 30 aprile 2015, di nuovo dall'Assemblea della  Camera  dei
deputati l'11 e il 12  ottobre  2017  ed  infine  dall'Assemblea  del
Senato il 25 ottobre 2017, e di tutti gli atti ad esse propedeutici o
da esse derivati e conseguenti»; 
    che, secondo i ricorrenti, l'iter di approvazione di entrambe  le
leggi elettorali avrebbe violato gli artt. 1, 48, 51, 64, 67, 70,  72
e 94 della Costituzione, con conseguente menomazione del loro  potere
di determinare la politica nazionale, in quanto rappresentanti  della
Nazione ex art. 67 Cost.  e  «con  la  plurima  variante  della  loro
legittimazione  come  elettore,  soggetto  politico,  parlamentare  e
rappresentante   dei   parlamentari   aderenti   ai    loro    Gruppi
parlamentari»; 
    che il testo  del  ricorso  e'  parzialmente  identico  a  quello
iscritto al reg. confl. pot. n. 6 del 2017, ma introduce anche alcune
aggiunte, tra le quali l'istanza di sospensione degli atti lesivi; 
    che la menomazione, in ambedue i casi, deriverebbe dal fatto  che
le denunciate approvazioni parlamentari  avrebbero  avuto  luogo  con
procedura incostituzionale, in particolare  per  avere  richiesto  il
Governo, e la  presidenza  delle  Camere  indebitamente  ammesso,  la
questione di fiducia su disegni di legge in  materia  elettorale,  in
violazione dell'art. 72, quarto comma, Cost., e cio'  per  tre  volte
alla Camera sia per la legge n. 52 del 2015 che per la legge  n.  165
del 2017 e per cinque volte al Senato per quest'ultima legge;  e  per
avere  in  tal  modo  ostacolato  indebitamente  l'espressione  della
sovranita' del popolo ex art. 1, secondo comma,  Cost.,  e  approvato
leggi di sospetta incostituzionalita', come gia' accertato almeno  in
parte dalla sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 2017; 
    che i ricorrenti chiedono alla Corte di riportare  la  situazione
parlamentare a prima del 10 ottobre 2017, data in cui il  Governo  ha
posto per la prima volta la questione di fiducia sulla legge  n.  165
del 2017, determinando la decadenza di tutti gli emendamenti proposti
dai loro e da altri gruppi parlamentari; 
    che  tali  emendamenti,  se  esaminati  e  approvati,   avrebbero
ricondotto la legge nei parametri costituzionali, come sarebbe  stato
diritto dei cittadini elettori rappresentati dai ricorrenti,  secondo
quanto stabilito dalla sentenza della Corte  di  Cassazione,  sezione
prima, 16 aprile 2014, n. 8878, e dalle sentenze n. 1 del 2014  e  n.
35 del 2017 della Corte costituzionale; 
    che di questi emendamenti i ricorrenti producono anche un  elenco
parziale, precisando che l'eventuale incostituzionalita' della futura
legge elettorale dopo la  promulgazione  dovrebbe  rimanere  comunque
estranea al ricorso; 
    che tuttavia, nonostante quest'ultima  precisazione,  il  ricorso
contiene diversi riferimenti alla illegittimita' costituzionale della
legge n.  165  del  2017  per  motivi  sostanziali,  anche  ulteriori
rispetto a quelli gia' proposti nei conflitti iscritti al reg. confl.
pot. n. 5 e n. 6 del 2017; 
    che,   in   particolare,   i   ricorrenti   lamentano   che    si
continuerebbero ad ammettere simboli elettorali con la  qualifica  di
«Presidente» accanto al nome del capo politico della  lista  o  della
coalizione, in violazione dell'art.  92  Cost.  e  delle  conseguenti
prerogative  del  Capo  dello  Stato;  che   si   continuerebbero   a
disattendere i valori costituzionali richiamati  nel  par.  15  della
sentenza n. 35 del 2017; e che, come gia' accaduto con il  precedente
della "legge truffa" del 1953, il premio di maggioranza  della  legge
n. 52  del  2015  trasformerebbe  in  una  maggioranza  assoluta  «la
maggioranza relativa, che e' sempre una minoranza assoluta»; 
    che inoltre, sempre con riguardo alla legge n.  52  del  2015,  i
ricorrenti  sostengono  che  la  procedura   seguita   per   la   sua
approvazione sarebbe illegittima perche' nel voto  finale  segreto  i
votanti erano 395, tra i quali 133 appartenenti al gruppo di quei 150
deputati eletti alla Camera  in  virtu'  del  premio  di  maggioranza
dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 1 del 2014; 
    che le argomentazioni sul merito del conflitto in relazione  alla
violazione dell'art. 72, quarto comma, Cost. sono arricchite  con  il
riferimento al criterio ermeneutico logico-letterale di cui  all'art.
12 delle preleggi, seguendo il quale il termine «normale» riferito al
procedimento  legislativo  andrebbe   sicuramente   contrapposto   ai
procedimenti speciali come conosciuti nell'ordinamento costituzionale
e nel micro-ordinamento  parlamentare,  e  dunque  non  potrebbe  non
ravvisarsi la «non-normalita'» di una  procedura  da  cui  deriva  la
decadenza  di  tutti   gli   emendamenti   presentati   dai   singoli
parlamentari, in cui i tempi della discussione vengono limitati e  ai
deputati non resta che esprimersi con un si' o con un no; 
    che in base al principio del bicameralismo paritario le  medesime
considerazioni circa la «non-normalita'» del procedimento legislativo
a seguito della posizione della questione di fiducia, con conseguente
divieto di porla sui disegni di legge con riserva  di  assemblea  che
attengono alla materia "forma di governo", varrebbero  anche  per  il
Senato della Repubblica,  dove  pure  la  questione  di  fiducia  non
conosce la sistematizzazione di diritto  positivo  che  offre  invece
l'art. 116 del Regolamento della  Camera  dei  deputati  18  febbraio
1971; 
    che con atto depositato  in  data  8  novembre  2017  entrambi  i
parlamentari  ricorrenti,  in  proprio  e  come  rappresentanti   dei
rispettivi gruppi parlamentari, considerata l'avvenuta  promulgazione
della legge da parte  del  Presidente  della  Repubblica  in  data  3
novembre 2017 e allo scopo di non allargare l'oggetto del ricorso  ad
altri soggetti e per fatti  diversi  dalla  ammissione  dei  voti  di
fiducia nelle due Camere, hanno rinunciato all'istanza cautelare gia'
formulata. 
    Considerato che i tre ricorsi, iscritti ai  nn.  5,  6  e  7  del
registro  conflitti  tra  poteri  2017,   fase   di   ammissibilita',
presentando argomentazioni in larga parte sovrapponibili,  dichiarano
di avere ad oggetto la medesima «situazione» venutasi  a  creare  con
l'approvazione delle due ultime leggi elettorali, e  che  pertanto  i
relativi giudizi di ammissibilita' possono essere riuniti per  essere
decisi con unica ordinanza; 
    che in questa  fase  del  giudizio  la  Corte  costituzionale  e'
chiamata a verificare, ai sensi dell'art. 37, terzo e  quarto  comma,
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale), in camera di  consiglio  e
senza  contraddittorio,  se  sussistano  i  requisiti  soggettivo   e
oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, e a
valutare  l'esistenza  della  «materia  di  un   conflitto   la   cui
risoluzione spetti alla sua competenza»; 
    che le carenze degli atti introduttivi dei conflitti non  mettono
la Corte costituzionale in condizione di deliberare  sul  merito  dei
conflitti stessi (sentenza n. 15 del 2002; ordinanza n. 69 del 2006),
perche' nessuno dei tre ricorsi individua in modo chiaro e univoco  i
poteri ricorrenti, le competenze costituzionali menomate e  l'oggetto
della pretesa; 
    che non e' dato comprendere, in particolare, in  quale  veste  si
presentino  le  persone   fisiche   ricorrenti:   se   come   singoli
parlamentari o come rappresentanti del proprio  gruppo  parlamentare,
come cittadini  elettori  oppure  ancora,  piu'  genericamente,  come
soggetti politici; 
    che  in  relazione  ai  conflitti  n.  6   e   n.   7,   inoltre,
l'indeterminatezza  del  profilo  soggettivo   e'   aggravata   dalla
circostanza che la pretesa dei ricorrenti di agire anche a  nome  dei
gruppi parlamentari di cui sono Presidente, l'uno,  e  Vicepresidente
vicario, l'altro, pur essendo piu' volte ripetuta, non e'  supportata
dalla necessaria indicazione delle modalita' con le quali  il  gruppo
parlamentare avrebbe deliberato di proporre  conflitto  davanti  alla
Corte costituzionale; 
    che la mancata scelta e la conseguente incertezza  da  parte  dei
ricorrenti su come qualificarsi dal  punto  di  vista  soggettivo  si
riflette in una altrettanto indefinita enunciazione  delle  sfere  di
attribuzioni costituzionali a difesa delle quali questa Corte sarebbe
chiamata a intervenire; 
    che, per costante giurisprudenza di questa Corte, ai  fini  della
ammissibilita'  del  ricorso  per  conflitto  tra  poteri,   non   e'
sufficiente  che  sia  lamentata  la  lesione  di  plurimi  parametri
costituzionali da parte degli  atti  impugnati,  ma  occorre  che  il
ricorrente abbia  cura  di  motivare  la  ridondanza  delle  asserite
lesioni sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali, a  difesa
della quale questa Corte e' chiamata a pronunciarsi (sentenza n.  262
del 2017); 
    che, inoltre, tutti e  tre  i  ricorsi  presentano  incertezze  e
ambiguita' nella stessa individuazione delle censure; 
    che, in particolare, nei conflitti n. 5 e  n.  6,  nei  quali  si
chiede l'annullamento della legge 6 maggio 2015, n. 52  (Disposizioni
in  materia  di  elezione  della  Camera  dei  deputati)  nella   sua
interezza, i ricorrenti non si fermano  alla  denuncia  di  vizi  del
procedimento di formazione della legge, ma lamentano anche non meglio
definiti vizi sostanziali di incostituzionalita' della legge  stessa,
la cui ridondanza sulla loro sfera di attribuzioni costituzionali non
viene peraltro mai dimostrata; 
    che nei medesimi conflitti non e' dato neppure di comprendere con
chiarezza di quali atti  o  comportamenti  i  ricorrenti  si  dolgano
davanti a questa Corte, oscillando il ricorso tra censure rivolte  al
Governo che ha posto le questioni di fiducia, alla  Presidente  della
Camera dei deputati che le ha ammesse e, ancora, alla Camera  che  ha
deliberato su tali questioni; 
    che, inoltre, quanto al conflitto n. 7, i  ricorrenti  contestano
al Governo di aver richiesto, e alla presidenza di entrambe le Camere
di aver ammesso,  le  questioni  di  fiducia  su  entrambe  le  leggi
elettorali oggetto di giudizio, ma da un lato le richieste rivolte  a
questa Corte sono difficilmente comprensibili - ad esempio, si chiede
di riportare la situazione  parlamentare  al  momento  immediatamente
antecedente alla data in cui il Governo ha posto la  prima  questione
di fiducia sulla legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al  sistema
di elezione della Camera dei deputati e del Senato della  Repubblica.
Delega al  Governo  per  la  determinazione  dei  collegi  elettorali
uninominali e plurinominali), ma contemporaneamente si pretende anche
l'annullamento della legge n. 52 del 2015  -  e  dall'altro  lato  le
censure di illegittimita' costituzionale della legge n. 165 del  2017
non si limitano a quelle relative alla procedura parlamentare, ma  si
appuntano, numerose,  anche  sul  suo  contenuto,  mancando  tuttavia
ancora una volta la necessaria dimostrazione della ridondanza di tali
vizi sulle attribuzioni costituzionali dei ricorrenti; 
    che, pertanto, i ricorsi devono ritenersi inammissibili, restando
assorbito l'esame di ogni altro profilo e requisito.