ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4-bis,
comma 1-quater, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975,  n.  354
(Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della liberta'),  promosso  dal  Tribunale  di
sorveglianza di Bari sull'istanza proposta da L.  I.,  con  ordinanza
del 15 giugno 2016, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 25 ottobre  2017  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 15 giugno 2016 (r.o. n.  194  del
2016),  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Bari  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   una   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1-quater,  secondo
periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354  (Norme  sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
della liberta'), nella parte in cui «non equipara al delitto previsto
dall'art. 609 bis del codice penale, attenuato  ai  sensi  del  terzo
comma del medesimo articolo, quello di cui all'art. 609 quinquies cp,
ritenuto dal giudice di sorveglianza, alla luce della  pena  inflitta
dal giudice della cognizione, di minore gravita'»; 
    che il giudice a quo premette di  essere  stato  investito  delle
richieste di  applicazione  dell'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale o di «detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47 ter, comma
uno lettera  c)  o  comma  uno  bis,  L.  354.1975»  e,  inoltre,  di
«differimento dell'esecuzione della pena per gravi motivi di  salute,
ai sensi dell'art. 147, primo comma, numero due, cp»,  presentate  le
prime il 22 aprile 2013 e l'ultima il 6 novembre 2014, da una persona
condannata alla pena di sei mesi di reclusione,  per  un  delitto  di
corruzione di minorenne commesso il 10 ottobre 2004; 
    che secondo il Tribunale rimettente il condannato, in  base  agli
atti  del   fascicolo,   risulta   affetto   da   «disturbo   ansioso
generalizzato, depressione nevrotica, disturbi  di  personalita'  non
specificati,  ritardo  mentale  moderato»,   costituenti   infermita'
psichiche  che  non  consentirebbero  il   differimento   facoltativo
dell'esecuzione della pena, ai  sensi  dell'art.  147,  primo  comma,
numero 2), cod. pen., come non lo consentirebbe la dedotta condizione
di obesita'; 
    che, in considerazione del fatto che l'ultimo reato commesso  dal
condannato  risale  al  2007,  della  durata  modesta   della   pena,
dell'assenza di procedimenti penali pendenti presso la Procura  della
Repubblica di Foggia, della presa in carico del condannato  da  parte
della famiglia  e  del  parere  favorevole  espresso  dall'assistente
sociale, «nulla osterebbe» all'applicazione di una misura alternativa
al  carcere,  eventualmente  con  la   previsione   dell'obbligo   di
frequentare con costanza il Centro di salute mentale territorialmente
competente, al  fine  di  avviare  un  «percorso  di  osservazione  e
terapeutico»; 
    che l'art. 4-bis, comma 1-quater, della legge  n.  354  del  1975
consentirebbe l'applicazione dell'affidamento in  prova  al  servizio
sociale e della detenzione domiciliare sanitaria nei confronti  delle
persone condannate per il delitto di cui all'art. 609-quinquies  cod.
pen., solo sulla base  dei  risultati  dell'osservazione  scientifica
della personalita' condotta collegialmente per almeno un  anno  anche
con la partecipazione degli esperti di cui all'art. 80, quarto comma,
della stessa legge; 
    che  la  detenzione  domiciliare  generica  non  potrebbe  essere
applicata  in  quanto  il  delitto   di   corruzione   di   minorenne
rientrerebbe «nell'elencazione di cui all'art. 4 bis L. 354.1975»; 
    che non vi sarebbe la  possibilita'  di  superare  la  condizione
prevista dall'art. 4-bis, comma 1-quater,  della  legge  n.  354  del
1975; 
    che per  il  delitto  di  violenza  sessuale  attenuata  a  norma
dell'ultimo comma dell'art. 609-bis cod. pen.  il  legislatore  pero'
non   richiede   la   preventiva   osservazione   scientifica   della
personalita'; 
    che nel  caso  in  esame,  a  prescindere  dalla  valutazione  in
concreto di quale reato sia piu' offensivo, la pena di  sei  mesi  di
reclusione inflitta per la corruzione di minorenne  sarebbe  di  gran
lunga inferiore a quella minima applicabile per la violenza  sessuale
attenuata «(anni uno mesi otto, partendo da  anni  cinque  e  con  la
riduzione massima di due terzi)»; 
    che, considerati i limiti edittali fissati  dal  legislatore,  il
fatto di cui si tratta  sarebbe  di  gran  lunga  meno  allarmante  e
pericoloso  di  una  violenza  sessuale  attenuata  per  la   «minore
gravita'», ma solo per il  primo  sarebbe  necessaria  l'osservazione
collegiale della personalita' per almeno un anno; 
    che la disposizione censurata sarebbe «illogica  ed  irrazionale,
perche' non tiene conto della circostanza  che  anche  altre  ipotesi
delittuose tra quelle di cui all'art. 4 bis, comma uno quater,  primo
periodo, L. 354.1975,  possono  essere  considerate  dal  giudice  di
sorveglianza, sulla  base  della  pena  inflitta  dal  giudice  della
cognizione, di minore gravita'»; 
    che «proprio dall'art. 4 bis, comma uno quater, primo periodo, L.
354.1975, che accomuna l'art. 609 bis cp ad altri  delitti  a  sfondo
sessuale, tra i quali,  appunto,  quello  di  cui  all'art.  609  bis
[recte:  609-quinquies]  cp»,  si  desumerebbe  che  si  tratti   «di
situazioni assai simili fra loro, dunque perfettamente comparabili»; 
    che il delitto  di  violenza  sessuale  attenuata  non  solo  non
richiederebbe   la   preventiva   osservazione   scientifica    della
personalita'  di  durata  almeno  annuale,  ma  non  sarebbe  nemmeno
ostativo all'applicazione della detenzione domiciliare generica,  non
rientrando nell'elencazione di cui all'art. 4-bis della legge n.  354
del 1975; 
    che l'art. 4-bis, comma 1-quater, secondo periodo, della legge n.
354  del  1975  sarebbe  dunque  costituzionalmente  illegittimo  per
contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte  in  cui  non  equipara  al
delitto di  violenza  sessuale  attenuata  quello  di  corruzione  di
minorenne, nell'ipotesi in cui, tenendo conto della pena inflitta dal
giudice della cognizione, questo delitto possa  essere  ritenuto  dal
tribunale di sorveglianza di minore gravita'; 
    che in punto di rilevanza il giudice  a  quo  sottolinea  che  il
divieto di cui all'art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del
1975 non sarebbe superabile in via  interpretativa,  perche'  farebbe
espresso ed inequivoco riferimento all'art. 609-quinquies cod.  pen.,
senza alcuna eccezione; 
    che,  inoltre,  tale  divieto  non  sarebbe  superabile   neanche
attraverso  l'interpretazione  costituzionalmente  orientata  fornita
dalle pronunce della Corte di cassazione e della Corte costituzionale
relative alla situazione del condannato che abbia gia'  raggiunto  un
livello rieducativo adeguato al beneficio richiesto; 
    che la rimozione del divieto censurato permetterebbe di  valutare
nel merito le  domande  presentate,  compresa  quella  di  detenzione
domiciliare generica, e  di  verificare  quale  sia  in  concreto  il
miglior percorso rieducativo possibile, tenendo conto che dagli  atti
del procedimento  emerge  la  possibilita'  di  disporre  una  misura
alternativa alla detenzione; 
    che non inciderebbe sulla rilevanza della questione l'art. 4-bis,
comma 1-quinquies, della legge n. 354 del 1975, in quanto tale  comma
non  porrebbe  un  limite  invalicabile  alla  decisione  nel  merito
dell'istanza,  ma  si  limiterebbe  ad   invitare   il   giudice   di
sorveglianza a valutare, tra l'altro,  anche  la  partecipazione  del
condannato al programma di riabilitazione specifica di  cui  all'art.
13-bis della stessa legge, ai fini della concessione dei benefici  di
cui al precedente art. 4-bis, comma 1; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
comunque non fondata; 
    che  l'Avvocatura  dello  Stato  ha  rilevato  che  la  questione
sollevata dal giudice a quo ripropone una  questione  gia'  sollevata
con  l'ordinanza  del  23  dicembre  2014  nel  corso  dello   stesso
procedimento e dichiarata inammissibile  dalla  Corte  costituzionale
con ordinanza n. 18 del 2016, perche' il tribunale aveva  prospettato
due  questioni  «alternative,  senza  porle   in   un   rapporto   di
subordinazione»; 
    che la questione sarebbe inammissibile per difetto di motivazione
sulla rilevanza, non avendo il rimettente dimostrato,  con  argomenti
nuovi ed attuali, come  una  eventuale  pronuncia  di  illegittimita'
della norma censurata potrebbe incidere concretamente  sulle  vicende
oggetto del giudizio principale; 
    che infatti dall'ordinanza  di  rimessione  risulterebbe  che  la
sentenza era divenuta irrevocabile il 22  febbraio  2013,  mentre  le
istanze per la  concessione  delle  misure  alternative  erano  state
«presentate tra il 22.04.2013 ed il 14.05.2013» e quella relativa  al
differimento  facoltativo  dell'esecuzione  della  pena   per   grave
infermita' fisica era stata formulata il 6 novembre 2014; 
    che percio' la questione risulterebbe priva di rilevanza, perche'
la norma censurata non sarebbe piu' applicabile al caso di specie; 
    che la questione sarebbe  comunque  non  fondata,  in  quanto  il
giudice a quo  censura  il  trattamento  penitenziario  riservato  ai
condannati per il delitto previsto dall'art. 609-quinquies cod. pen.,
che  costituisce  frutto  di  una   valutazione   discrezionale   del
legislatore e come  tale  sindacabile  soltanto  ove  trasmodi  nella
manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio; 
    che inoltre la fattispecie dell'art. 609-bis, terzo  comma,  cod.
pen., strutturalmente diversa da quella dell'art. 609-quinquies  cod.
pen., sarebbe inidonea a fungere da parametro di riferimento ai sensi
dell'art. 3 Cost. 
    Considerato che, con ordinanza del 15 giugno 2016  (r.o.  n.  194
del 2016), il Tribunale di sorveglianza  di  Bari  ha  sollevato,  in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di  legittimita'
costituzionale dell'art.  4-bis,  comma  1-quater,  secondo  periodo,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
della liberta'), nella parte in cui «non equipara al delitto previsto
dall'art. 609 bis del codice penale, attenuato  ai  sensi  del  terzo
comma del medesimo articolo, quello di cui all'art. 609 quinquies cp,
ritenuto dal giudice di sorveglianza, alla luce della  pena  inflitta
dal giudice della cognizione, di minore gravita'»; 
    che   l'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita', per difetto di rilevanza, della questione; 
    che il giudice rimettente avrebbe riproposto una  questione  gia'
sollevata con l'ordinanza del  23  dicembre  2014,  nel  corso  dello
stesso  giudizio,  questione  che  questa  Corte   aveva   dichiarato
inammissibile, con ordinanza n. 18  del  2016,  perche'  prospettata,
insieme con  un'altra,  in  modo  alternativo,  senza  porre  le  due
questioni in un rapporto di subordinazione; 
    che il giudice rimettente non avrebbe dimostrato, «con  argomenti
nuovi  e  attuali»  come  un'eventuale  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale della norma censurata potrebbe incidere  concretamente
sulle vicende oggetto del giudizio principale, tenuto conto del fatto
che la sentenza di condanna e le istanze  di  concessione  di  misure
alternative risalivano al 2013, mentre la richiesta  di  differimento
facoltativo dell'esecuzione della pena per  grave  infermita'  fisica
era stata presentata nel 2014; 
    che quindi la questione sarebbe priva  di  rilevanza  perche'  la
norma censurata non sarebbe piu' applicabile al caso di specie; 
    che l'eccezione di inammissibilita' non e' fondata; 
    che il giudice  rimettente  ha  riproposto  una  sola  delle  due
questioni che erano state dichiarate inammissibili perche'  enunciate
in modo alternativo e deve ancora pronunciarsi  sulle  richieste  che
erano state originariamente formulate dal condannato nell'udienza del
6 novembre 2014; 
    che la decisione su queste  richieste  dipende  dall'applicazione
della norma sospettata di illegittimita' costituzionale; 
    che  pertanto  non  sussiste  il  difetto  di  rilevanza  dedotto
dall'Avvocatura generale dello Stato; 
    che la questione, pur ammissibile, e' manifestamente infondata; 
    che la prospettata equiparazione  del  reato  previsto  dall'art.
609-bis,  terzo  comma,  cod.  pen.  a  quello   previsto   dall'art.
609-quinquies  cod.  pen.,  quando  questo  sia  ritenuto  di  minore
gravita', e' incongrua; 
    che, infatti, diversamente dal reato previsto dall'art.  609-bis,
quello previsto dall'art. 609-quinquies si riferisce  a  un  soggetto
passivo «minore di anni quattordici»; 
    che la violenza sessuale «nei confronti di  persona  che  non  ha
compiuto gli anni quattordici» e' prevista dall'art.  609-ter,  primo
comma,  numero  1),  cod.  pen.,  il  quale,  in  ragione  dell'eta',
configura una circostanza aggravante; 
    che dunque il confronto tra  la  corruzione  di  minorenne  e  la
violenza sessuale  avrebbe  dovuto  essere  fatto  con  l'ipotesi  di
violenza aggravata ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen., anziche' con
quella dell'art. 609-bis cod. pen., alla quale, quando  e'  attenuata
per la minore  gravita',  si  riferisce  l'ultimo  periodo  dell'art.
4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975; 
    che nell'ipotesi di violenza aggravata ai sensi dell'art. 609-ter
cod. pen. non e' esclusa la necessita' dell'osservazione  scientifica
della personalita' per almeno un anno; 
    che infatti la Corte di cassazione, con giurisprudenza  costante,
ritiene che per le persone condannate per il delitto  previsto  dagli
artt. 609-bis e 609-ter cod. pen.  l'osservazione  scientifica  della
personalita'  e'  necessaria  anche  quando  alla  persona  e'  stata
riconosciuta l'attenuante prevista dall'art. 609-bis,  ultimo  comma,
cod. pen. (sezione prima, 11 novembre 2010, n. 42309; sezione  prima,
3 giugno 2010, n. 30497; sezione prima, 13 maggio 2010, n. 20896); 
    che,  ancor  piu'  dell'ipotesi  dell'art.  609-ter  cod.   pen.,
potrebbe essere messa a confronto  con  la  corruzione  di  minorenne
quella dell'art. 609-quater cod. pen., che punisce gli atti  sessuali
con minorenne, atti compiuti senza violenza o minaccia e al di  fuori
delle altre ipotesi previste dall'art. 609-bis; 
    che anche nel caso di  atti  sessuali  con  minorenne  di  minore
gravita' (art. 609-quater, quarto comma, cod. pen.)  non  e'  esclusa
dall'art. 4-bis, comma 1-quater, della  legge  n.  354  del  1975  la
necessita'  dell'osservazione  scientifica  della  personalita'   per
almeno un anno; 
    che la questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale di sorveglianza  di  Bari  deve  quindi  essere  dichiarata
manifestamente  infondata   per   la   disomogeneita'   del   tertium
comparationis, individuato erroneamente dal  giudice  rimettente  nel
delitto previsto dall'art. 609-bis cod. pen., attenuato per la minore
gravita' del caso. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.