ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
202, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2015)», promosso dalla  Regione  Campania  con  ricorso
notificato il 27 febbraio - 4 marzo 2015, depositato  in  cancelleria
il 4 marzo 2015 e iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  23  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Beniamino Caravita di  Toritto  per  la  Regione
Campania e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 febbraio  2015
e depositato il successivo 4 marzo (reg. ric. n.  32  del  2015),  la
Regione Campania ha promosso, tra le altre, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 202, della legge 23 dicembre  2014,
n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», in riferimento
agli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione,  nonche',  in
via subordinata, al principio di leale collaborazione. 
    Dopo aver premesso il contenuto della  disposizione  impugnata  -
che prevede che per la realizzazione delle azioni relative  al  piano
straordinario per la promozione del  made  in  Italy  e  l'attrazione
degli investimenti in Italia,  di  cui  all'art.  30,  comma  1,  del
decreto  legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure  urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge  11
novembre  2014,  n.  164,  siano  stanziati  ulteriori  finanziamenti
nell'ambito dello stato di previsione del  Ministero  dello  sviluppo
economico e che, per quanto in particolare  rileva  in  questa  sede,
istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari  e
forestali un  Fondo  per  le  politiche  per  la  valorizzazione,  la
promozione, la tutela, in Italia e all'estero, delle  imprese  e  dei
prodotti agroalimentari - la Regione ricorrente deduce, innanzitutto,
l'invasione del proprio ambito di competenza residuale in materia  di
«agricoltura». 
    L'adozione  delle  misure  di  sviluppo  dell'agricoltura  e,  in
particolare,   la   disciplina   dell'erogazione   di   agevolazioni,
contributi, finanziamenti e sovvenzioni di  ogni  genere  nell'ambito
dell'agricoltura rientrerebbero, difatti, nella menzionata materia. 
    Ne conseguirebbe che, in  virtu'  del  costante  orientamento  di
questa  Corte,  non  sarebbero  consentiti  finanziamenti  statali  a
destinazione   vincolata   nella    materia    residuale    regionale
«agricoltura»,  rischiandosi,  altrimenti,  l'ingerenza  dello  Stato
nell'esercizio delle funzioni delle Regioni. 
    In applicazione di  detti  principi,  difatti,  questa  Corte  ha
dichiarato l'illegittimita' di diverse  disposizioni  con  le  quali,
successivamente alla modifica del Titolo V della  Costituzione,  sono
stati istituiti nuovi fondi vincolati, quali, ad  esempio,  il  Fondo
nazionale per il sostegno alla progettazione  delle  opere  pubbliche
delle Regioni e degli enti locali, nonche' il Fondo nazionale per  la
realizzazione di infrastrutture di interesse locale (sentenza  n.  49
del 2004);  il  Fondo  per  la  riqualificazione  urbana  dei  comuni
(sentenza n. 16 del 2004); il Fondo per gli asili nido  (sentenza  n.
370 del 2003), il Fondo per lo sviluppo  e  la  capillare  diffusione
della pratica sportiva (sentenza n. 254 del 2013). 
    Analogamente dovrebbe ritenersi per il fondo in esame, attraverso
il quale lo Stato attuerebbe  politiche  di  sostegno  che  investono
materie di competenza  regionale  piena  (agricoltura)  o,  al  piu',
concorrente (commercio con l'estero). 
    L'intervento finanziario in esame non potrebbe, peraltro,  essere
giustificato neanche in virtu' del  disposto  dell'art.  119,  quinto
comma, Cost., in base al quale e'  consentito  allo  Stato  destinare
risorse aggiuntive agli enti locali per  interventi  speciali  volti,
fra l'altro, alla rimozione degli  esistenti  squilibri  economici  e
sociali. 
    Secondo la Regione ricorrente, difatti, gli  interventi  previsti
dall'art. 119,  quinto  comma,  Cost.,  non  solo  dovrebbero  essere
aggiuntivi  rispetto  al  finanziamento  integrale   delle   funzioni
spettanti ai Comuni o agli altri enti, e riferirsi alle finalita'  di
perequazione e di garanzia enunciate nella  norma  costituzionale,  o
comunque a scopi diversi dal normale  esercizio  delle  funzioni,  ma
dovrebbero anche essere indirizzati a favore di enti determinati. 
    La  disposizione  censurata   sarebbe,   invece,   rivolta   alla
generalita' delle imprese e dei prodotti  agroalimentari  del  paese,
dal  momento  che  non  emergerebbe  alcun  indice  da  cui  desumere
l'esistenza di uno specifico ambito  territoriale  di  localizzazione
dell'intervento. 
    Essa,  infine,  non  potrebbe  neanche  rientrare  nella  materia
«tutela della concorrenza», riservata alla competenza esclusiva dello
Stato, dal  momento  che  i  finanziamenti  ivi  previsti  non  hanno
rilevanza macroeconomica,  come  richiesto  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte, essendo inidonei ad incidere sull'equilibrio  economico
generale, ne' sarebbero giustificati da esigenze unitarie. 
    In  via  subordinata,  qualora,  invece,  si  ritenesse  che   la
disposizione  impugnata  sia  ascrivibile  al  titolo  di  competenza
esclusiva statale «tutela della concorrenza», dal momento  che  senza
dubbio incide anche su una materia di competenza  regionale,  sarebbe
comunque illegittima, per non  aver  previsto,  nella  regolazione  e
gestione del fondo, strumenti di concertazione  con  la  Regione,  in
attuazione del principio di  leale  collaborazione  (sono  citate  le
sentenze n. 182 del 2013 e n. 331 del 2010). 
    2.- Si e' costituto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato dalla Avvocatura generale  dello  Stato,  il  quale  ha
concluso per la non fondatezza del ricorso. 
    In particolare, ha dedotto che l'art. 1, comma 202,  della  legge
n. 190 del 2014 sarebbe finalizzato  a  garantire,  con  i  necessari
finanziamenti, l'attuazione del piano straordinario per la promozione
del made in Italy. Tale piano sarebbe volto  ad  ampliare  il  numero
delle piccole e medie imprese che operano  nel  mercato  globale,  ad
espandere  le  quote  italiane  del   commercio   internazionale,   a
valorizzare l'immagine del made in Italy nel mondo e a  sostenere  le
iniziative di attrazione degli  investimenti  esteri  in  Italia.  La
disposizione, pertanto, non potrebbe essere ricondotta  alla  materia
dell'agricoltura intervenendo in ambiti intersettoriali di  rilevanza
macroeconomica che necessitano di un'azione statale unitaria. 
    Al riguardo e' citata la sentenza n. 76 del 2009,  in  base  alla
quale l'esigenza di  un  esercizio  unitario  a  livello  statale  di
determinate  funzioni  amministrative   abiliterebbe   lo   Stato   a
disciplinare  detto  esercizio  per  legge,  a  condizione   che   la
valutazione dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione  di
funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata,  assistita
da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio di  costituzionalita'
e rispettosa del principio di leale collaborazione. 
    Nel  caso  in  esame,  la  valutazione  dell'interesse   pubblico
sottostante  potrebbe  considerarsi  proporzionata   e   ragionevole,
considerata   la   necessita'   di   garantire    lo    sviluppo    e
l'internazionalizzazione delle imprese italiane, mentre  il  rispetto
del  principio  di  leale  collaborazione  sarebbe  assicurato  dalla
presenza  di  rappresentanti  regionali  nell'ambito  del   Comitato,
previsto dall'art. 30 del d.l.  n.  133  del  2014,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, istituito con il  compito
di  coordinamento  dell'attivita'  in  materia  di  attrazione  degli
investimenti esteri. 
    3.- Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza  pubblica,
la  Regione  Campania  ha  ribadito  le  precedenti   argomentazioni,
replicando alle avverse deduzioni, ed ha richiamato, in particolare -
in relazione alla violazione dell'art. 119, quinto comma,  Cost.,  in
base al quale e' consentito allo Stato destinare  risorse  aggiuntive
agli enti locali per interventi speciali  volti,  fra  l'altro,  alla
rimozione degli esistenti squilibri economici e sociali - le sentenze
n. 222 del 2005 e n. 16 del 2004. 
    Inoltre,  per  quanto  riguarda  la  lesione  -  dedotta  in  via
subordinata,  allorche'  la  Corte  intendesse  ascrivere  la   norma
impugnata  ad  un  intervento  di  rilevanza  macroeconomica  -   del
principio  di  leale  collaborazione,  la   Regione   ricorrente   ha
richiamato  la  sentenza  n.  211   del   2016,   sopravvenuta   alla
proposizione  del  ricorso  introduttivo,  in  materia  di  trasporto
pubblico locale, in base alla  quale  questa  Corte  ha  sancito  che
«proprio perche' tale finanziamento  interessa  materia  comunque  di
competenza  residuale  regionale,  quale  e'  il  trasporto  pubblico
locale, occorre assicurare il piu' ampio  coinvolgimento  decisionale
del sistema regionale in ordine al riparto delle risorse  finanziarie
in oggetto: coinvolgimento che si realizza  attraverso  lo  strumento
della "previa intesa" con la Conferenza permanente Stato-Regioni  (in
tal senso, ex multis, sentenza n. 168 del 2008, ma anche, da  ultimo,
sentenza n. 147 del 2016)», dichiarando illegittima  la  disposizione
nella  parte  in  cui  non  ha   previsto   tale   ultimo   strumento
concertativo. 
    Sarebbe dunque evidente, anche alla luce della sentenza n. 76 del
2009, come l'unica modalita' di collaborazione con le Regioni  idonea
a superare il vaglio di legittimita' costituzionale sia  l'intesa  in
senso forte, non risultando idonea, contrariamente a quanto sostenuto
dalla difesa statale, la presenza  di  rappresentanti  regionali  nel
Comitato interministeriale di coordinamento dell'attivita' in materia
di attrazione degli investimenti esteri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe la  Regione  Campania  ha
promosso, tra le  altre,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 202, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2015)», in  riferimento  agli  artt.
117,  quarto  comma,  e  119  della  Costituzione,  nonche',  in  via
subordinata, al principio di leale collaborazione. 
    1.1.- La disposizione impugnata prevede che per la  realizzazione
delle azioni relative al piano straordinario per  la  promozione  del
made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia  -  di  cui
all'art. 30, comma 1, del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge  11  novembre  2014,  n.  164  -  siano   stanziati   ulteriori
finanziamenti nell'ambito dello stato  di  previsione  del  Ministero
dello  sviluppo  economico  alle   condizioni   di   seguito   meglio
specificate attraverso il richiamo integrale della norma impugnata. 
    In particolare, l'art. 1, comma 202, della legge n. 190 del 2014,
nella versione vigente al momento del ricorso, stabilisce che  «[p]er
la realizzazione delle azioni relative al piano straordinario per  la
promozione del made in Italy e  l'attrazione  degli  investimenti  in
Italia  di  cui  all'articolo  30,  comma  1,  del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
novembre 2014, n. 164, sono  stanziati  nell'ambito  dello  stato  di
previsione  del  Ministero  dello  sviluppo  economico,  per   essere
assegnati  all'ICE  -  Agenzia  per  la   promozione   all'estero   e
l'internazionalizzazione  delle  imprese  italiane,   ulteriori   130
milioni di euro per l'anno 2015, 50 milioni di euro per l'anno 2016 e
40 milioni di euro per l'anno 2017. Le linee guida relative al  piano
straordinario per la promozione del  made  in  Italy  e  l'attrazione
degli  investimenti  sono  comunicate,  con  apposito  rapporto   del
Ministero  dello  sviluppo  economico,  alle  competenti  Commissioni
parlamentari entro il 30 giugno 2015. Con apposito  rapporto  redatto
annualmente  dall'ICE  -  Agenzia  per  la  promozione  all'estero  e
l'internazionalizzazione delle  imprese  italiane  e  trasmesso  alle
competenti Commissioni parlamentari, entro il 30 settembre di ciascun
anno, sono evidenziati nel dettaglio  i  settori  di  intervento,  lo
stato di avanzamento degli  interventi,  le  risorse  impegnate  e  i
risultati conseguiti in  relazione  ai  singoli  interventi.  Per  la
realizzazione delle azioni di cui al citato  articolo  30,  comma  2,
lettere c), d), e) e f), del decreto-legge n. 133 del 2014,  relative
alla valorizzazione e alla promozione  delle  produzioni  agricole  e
agroalimentari italiane nell'ambito del  piano  di  cui  al  medesimo
articolo 30,  comma  1,  e'  istituito,  presso  il  Ministero  delle
politiche agricole alimentari e forestali, il Fondo per le  politiche
per la valorizzazione,  la  promozione  e  la  tutela,  in  Italia  e
all'estero, delle imprese e dei prodotti agricoli  e  agroalimentari,
con una dotazione iniziale di 6 milioni di euro  per  ciascuno  degli
anni 2015 e 2016. Per la realizzazione delle azioni di cui al  citato
articolo 30, comma 2, lettera f), del decreto-legge n. 133 del  2014,
una quota  delle  risorse  stanziate  per  l'ICE  -  Agenzia  per  la
promozione  all'estero  e  l'internazionalizzazione   delle   imprese
italiane ai sensi del primo periodo del presente comma,  pari  a  2,5
milioni di euro per  ciascuno  degli  anni  2015,  2016  e  2017,  e'
destinata  all'Associazione  delle  camere  di   commercio   italiane
all'estero, di cui all'articolo 5, comma  3,  della  legge  31  marzo
2005, n. 56, e successive modificazioni, e un'ulteriore quota di tali
risorse, pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015,  2016
e  2017,  e'  destinata  ai  consorzi  per   l'internazionalizzazione
previsti dall'articolo 42, commi 3 e seguenti, del  decreto-legge  22
giugno 2012, n. 83, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  7
agosto 2012, n. 134, per il sostegno alle piccole e medie imprese nei
mercati esteri e la diffusione internazionale  dei  loro  prodotti  e
servizi nonche' per incrementare la presenza e  la  conoscenza  delle
autentiche  produzioni  italiane  presso  i  mercati   e   presso   i
consumatori  internazionali,  al  fine  di  contrastare  il  fenomeno
dell'italian   sounding   e   della   contraffazione   dei   prodotti
agroalimentari italiani. A valere  sulle  risorse  di  cui  al  primo
periodo, 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e  2017
e' assegnato al Ministero dello sviluppo economico  per  il  sostegno
all'internazionalizzazione delle imprese e la promozione del made  in
Italy di cui all'articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre  1995,
n. 549». La norma e' stata in seguito modificata dall'art.  1,  comma
501, della legge 27 dicembre 2017, n.  205  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il
triennio 2018-2020) nella parte non oggetto del presente giudizio. 
    Secondo la ricorrente: a) gli artt. 117  e  119  Cost.  sarebbero
violati in quanto gli interventi di  sostegno  finanziati  dal  fondo
statale riguarderebbero materie  di  competenza  regionale  residuale
(agricoltura) o,  al  piu',  concorrente  (commercio  con  l'estero).
L'iniziativa  finanziaria  in  esame  non  sarebbe  neppure  conforme
all'art. 119, quinto  comma,  Cost.,  poiche'  non  finalizzata  alla
rimozione  di  squilibri  economici  e  sociali  tra   le   comunita'
territoriali;  b)  in  via  subordinata,  ove  si  ritenesse  che  la
disposizione  impugnata  sia  ascrivibile  al  titolo  di  competenza
esclusiva statale «tutela della concorrenza», dal momento  che  senza
dubbio inciderebbe anche su  una  materia  di  competenza  regionale,
sarebbe  comunque  illegittima,  per   non   aver   previsto,   nella
regolazione e gestione del fondo, strumenti di concertazione  con  la
Regione, in attuazione del principio di  leale  collaborazione  (sono
citate le sentenze di questa Corte n. 182  del  2013  e  n.  331  del
2010). 
    1.2.-  Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la   norma
impugnata   non   potrebbe    essere    ricondotta    alla    materia
dell'agricoltura, intervenendo in ambiti intersettoriali di rilevanza
macroeconomica che necessitano  di  un'azione  statale  unitaria.  Al
riguardo e' citata la sentenza di questa Corte n.  76  del  2009,  in
base alla quale l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale
di  determinate  funzioni  amministrative  abiliterebbe  lo  Stato  a
disciplinare  detto  esercizio  per  legge,  a  condizione   che   la
valutazione dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione  di
funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata,  assistita
da  ragionevolezza  alla  stregua  di  uno   stretto   scrutinio   di
costituzionalita' e rispettosa del principio di leale collaborazione. 
    Nel  caso  in  esame,  la  valutazione  dell'interesse   pubblico
sottostante  potrebbe  considerarsi  proporzionata   e   ragionevole,
considerata   la   necessita'   di   garantire    lo    sviluppo    e
l'internazionalizzazione delle imprese italiane, mentre  il  rispetto
del  principio  di  leale  collaborazione  sarebbe  assicurato  dalla
presenza  di  rappresentanti  regionali  nell'ambito  del   Comitato,
previsto dall'art. 30 del d.l. n. 133  del  2014,  istituito  con  il
compito di coordinamento  dell'attivita'  in  materia  di  attrazione
degli investimenti esteri. 
    2.-  E'  necessario   determinare   preliminarmente   l'area   di
competenza in cui si colloca la norma impugnata, onde stabilire se le
censure promosse dalla Regione abbiano fondamento. 
    L'intervento statale in esame si  orienta  verso  due  direttrici
principali, articolate in specifiche aree di intervento: quella della
promozione delle esportazioni (valorizzazione dell'immagine del  made
in Italy, azioni  promozionali  innovative  e  campagne  strategiche,
promozione   dell'e-commerce,    valorizzazione    dell'Expo    2015,
collaborazione con la  grande  distribuzione  organizzata)  e  quella
dell'attrazione  degli  investimenti   attraverso   il   sostegno   a
iniziative di promozione delle opportunita' di investimento in Italia
e di accompagnamento e assistenza agli investitori esteri. 
    Nell'ambito di  dette  direttrici  generali  vengono  individuate
specifiche aree di intervento, con le relative dotazioni finanziarie,
tra le quali, per quanto di rilievo in questa sede,  quelle  previste
dall'art. 30, comma 2, del d.l. n. 133 del  2014:  la  valorizzazione
delle  produzioni  di   eccellenza,   in   particolare   agricole   e
agroalimentari,  e  la  tutela  all'estero   dei   marchi   e   delle
certificazioni di qualita' e di origine delle imprese e dei  prodotti
(lettera c); il sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani  nei
diversi mercati, anche attraverso appositi accordi  con  le  reti  di
distribuzione (lettera d); la realizzazione di  un  segno  distintivo
unico,  per  le  iniziative  di  promozione  all'estero   e   durante
l'Esposizione  universale   2015,   delle   produzioni   agricole   e
agroalimentari  che  siano  rappresentative  della  qualita'  e   del
patrimonio enogastronomico italiano (lettera e); la realizzazione  di
campagne di promozione strategica nei mercati  piu'  rilevanti  e  di
contrasto al fenomeno dell'italian sounding (lettera f). 
    Cosi' formulato l'art. 1, comma 202, della legge n. 190 del  2014
interseca sicuramente la competenza regionale residuale in materia di
agricoltura. Infatti, la disciplina contenuta nella  norma  censurata
e' finalizzata alla promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari
nel   mercato   globale   associandoli   all'origine    territoriale,
considerata rappresentativa della particolare qualita'  dei  prodotti
stessi. 
    La norma non e' invece riconducibile - come ritenuto a  proposito
di   una   precedente   ma   diversa   fattispecie,   inerente   alla
valorizzazione del made in Italy (sentenza n. 368 del  2008)  -  alla
competenza  esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   della
concorrenza».  Cio'  non  tanto  perche'   un'implementazione   della
competitivita' delle aziende italiane non possa  essere  in  astratto
ricondotta al profilo pro-concorrenziale, bensi' per il fatto che  la
norma in esame non appare sufficientemente strutturata  per  assumere
in modo univoco questa peculiare identita' finalistica. 
    Non si puo' peraltro negare che l'art. 1, comma 202, della  legge
n. 190 del 2004 incida anche nell'ambito della competenza concorrente
«commercio con l'estero», di cui all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.
Cio' in quanto l'incentivazione  alla  produzione  agricola  comporta
nello scenario globalizzato dell'economia la valorizzazione della sua
appetibilita' commerciale anche al di fuori dei confini nazionali. 
    Tuttavia,  il  peculiare   carattere   di   siffatta   norma   di
incentivazione, che appartiene a una  tipologia  sempre  piu'  spesso
utilizzata nella legge di bilancio e in  altre  leggi  involgenti  le
relazioni finanziarie tra Stato e  Regioni,  merita  una  riflessione
piu' approfondita sui rapporti  tra  politica  nazionale  generale  e
garanzie poste a tutela delle autonomie regionali. 
    L'art. 117 Cost. distribuisce le competenze legislative in base a
uno schema imperniato sull'enumerazione  di  quelle  statali,  mentre
«con un rovesciamento completo della previgente tecnica  del  riparto
sono ora affidate alle Regioni, oltre alle funzioni  concorrenti,  le
funzioni legislative residuali» (sentenza n. 303 del 2003). 
    E' bensi' vero - come a suo tempo rilevato da questa Corte -  che
l'interesse  nazionale  non  e'  piu'  sufficiente  di  per   se'   a
giustificare «l'esercizio da parte dello Stato di una funzione di cui
non sia titolare in base  all'art.  117  Cost.  Nel  nuovo  Titolo  V
l'equazione elementare interesse nazionale = competenza statale,  che
nella  prassi  legislativa  previgente  sorreggeva  l'erosione  delle
funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative  delle
Regioni,  e'  divenuta  priva  di  ogni  valore  deontico,   giacche'
l'interesse  nazionale  non  costituisce  piu'  un  limite,  ne'   di
legittimita' ne' di merito  alla  competenza  legislativa  regionale»
(sentenza n. 303 del 2003). 
    Nondimeno, e' stato affermato da questa Corte che la  limitazione
dell'attivita' unificante dello Stato alle sole materie espressamente
attribuitegli  in  potesta'  esclusiva  o  alla  determinazione   dei
principi nelle  materie  di  potesta'  concorrente  comporterebbe  la
svalutazione di istanze unitarie che pure in  assetti  costituzionali
fortemente  pervasi  da  pluralismo  istituzionale  giustificano,   a
determinate condizioni, una maggiore flessibilita' nella ripartizione
di competenze, come fissata dall'art. 117 Cost. (ex plurimis,  ancora
sentenza n. 303 del 2003). Anche nel  nostro  sistema  costituzionale
sono presenti congegni volti a rendere  piu'  flessibile  un  disegno
che, in ambiti nei  quali  coesistono,  intrecciate,  attribuzioni  e
funzioni  diverse   ampiamente   articolate,   deve   necessariamente
rispondere a esigenze prioritarie  come  lo  sviluppo  dell'economia,
soprattutto nei periodi di crisi. 
    Sotto  tale  profilo  non  possono  essere  ignorate  le  istanze
unificanti derivate dall'impatto  della  riforma  costituzionale  del
2012. In tale contesto il  novellato  art.  81  Cost.  ha  assunto  -
soprattutto  attraverso  la  formulazione  del  primo  comma   -   un
significato "anticiclico" in termini di politica fiscale e  monetaria
e,  piu'  in  generale,  di  politica  economica,  consistente  nella
missione di attenuare le fluttuazioni, intervenendo sul  mercato  per
frenare  la  ripresa  o  contrastare  la  depressione  dell'attivita'
economica a seconda  delle  contingenze  caratterizzanti  i  relativi
cicli economici. 
    L'attuazione della legge costituzionale  20  aprile  2012,  n.  1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale),  e,  piu'  specificamente,  del  novellato  art.  81
attraverso la cosiddetta "legge organica" 24 dicembre  2012,  n.  243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo  81,  sesto  comma,  della  Costituzione),  ha
conferito alla legge di bilancio - categoria alla quale  appartengono
le disposizioni impugnate - e alle altre leggi finanziarie correttive
delle manovre di finanza pubblica una regia di interventi complessi e
coordinati, finalizzati  ad  assicurare  sostenibilita'  economica  e
sviluppo, su  diverse  scale  territoriali  nel  cui  ambito  vengono
inevitabilmente coinvolte anche competenze regionali residuali. 
    In sostanza,  la  legge  di  bilancio  dello  Stato,  e  piu'  in
generale, le leggi finanziarie che prevedono  interventi  strutturali
di ampio raggio  -  volti  a  favorire  lo  sviluppo  e  la  crescita
economica del Paese e,  per  naturali  caratteristiche,  travalicanti
singole  materie  legislative  e  amministrative  nella  piu'   ampia
prospettiva di una visione di insieme  delle  politiche  pubbliche  -
comportano un inevitabile coinvolgimento delle competenze  regionali.
Tale  fenomeno  e'  incisivamente  rappresentato  nell'audizione  del
Ragioniere generale dello Stato davanti alle Commissioni  riunite  di
Camera e Senato del 14 luglio 2015, laddove si afferma, tra  l'altro,
che «La piena attuazione della  riforma  [della  legge  di  bilancio]
consentira' di superare il tradizionale schema normativo  in  materia
di finanza pubblica facendo confluire il  contenuto  della  legge  di
stabilita' nel disegno di legge di bilancio.  La  legge  di  bilancio
conterra' pertanto anche  norme  tese  ad  apportare  modifiche  alla
legislazione di entrata  o  di  spesa  e  potra'  disporre  misure  e
interventi volti a favorire lo sviluppo e la crescita  economica  del
Paese. [... I]l  bilancio  -  nella  nuova  veste  sostanziale  -  e'
destinato a rappresentare il principale strumento di decisione  sulla
allocazione delle risorse, nonche' il  principale  riferimento  della
verifica dei risultati delle politiche pubbliche». 
    2.1.-  E'  evidente  che  questo  ruolo  di  regia   deve   avere
un'effettiva consistenza di programmazione e di impulso ma  non  puo'
unilateralmente conculcare le attribuzioni dell'ente territoriale  in
ordine a criteri attuativi degli interventi normativi programmati. 
    Con riguardo alla fattispecie in  esame  occorre  premettere  che
essa   non   produce   un'integrale   appropriazione   di    funzioni
costituzionalmente  assegnate  alla  Regione,  bensi'  una   parziale
sovrapposizione secondo un  modulo  teleologicamente  collegato  alla
politica economica generale dello Stato. 
    In tale contesto il bilanciamento tra esigenze di coordinamento e
regia delle manovre strutturali di politica economica e tutela  delle
autonomie territoriali e'  caratterizzato  da  una  molteplicita'  di
interessi  interdipendenti  e  anche  da  intrinseche   esigenze   di
proporzionalita'  nella  loro  composizione.   A   titolo   meramente
esemplificativo si possono enumerare i seguenti elementi che assumono
contemporaneamente il ruolo di requisiti e  criteri  di  composizione
della  naturale  dialettica  -  quando  si  crea  sovrapposizione  di
competenze - tra politica economica del Governo e  del  Parlamento  e
autonomia   territoriale:   a)   requisito    della    strutturalita'
dell'intervento inteso come propositivo di riorganizzazione di alcuni
settori del sistema economico in grado di gettare le  fondamenta  per
un miglioramento generale interessante il  territorio  nazionale;  b)
non sovrapponibilita' con i diversi interventi  perequativi  previsti
dall'art. 119, terzo comma, Cost.:  la  nostra  Carta  costituzionale
contempla un  sistema  perequativo  di  tipo  verticale  che  prevede
l'intervento diretto a  carico  del  bilancio  dello  Stato,  ma  con
parametri di riferimento  teleologicamente  diversi  dalla  tipologia
collegata  a  esigenze  di  politica  economica  generale;  pur   non
potendosi escludere la coincidenza di tali  interventi  in  specifici
territori regionali con minore capacita'  fiscale  per  abitante,  di
regola la politica economica di matrice statale si rivolge a soggetti
e  attivita'  non  limitate  a  singoli   territori   geograficamente
delimitati; c) coinvolgimento delle autonomie territoriali attraverso
attivita' concertative e  di  coordinamento  orizzontale  che  devono
essere condotte in base al principio di lealta' (sentenza n. 303  del
2003);  d)  tendenziale   "neutralita'   economico-finanziaria"   nei
riguardi delle  collettivita'  locali  e  dei  pertinenti  territori,
intesa come inidoneita' ad alterare gli equilibri distributivi  delle
risorse. La parziale attuazione della legge  5  maggio  2009,  n.  42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo  119  della  Costituzione)  -  la  quale  prevedeva  la
valorizzazione   del   "federalismo   fiscale"   in   un'ottica    di
bilanciamento  tra  i  principi  di   autonomia   e   responsabilita'
individuale  delle  singole  Regioni  e  quelli  di  solidarieta'   e
corresponsabilita' collettiva - e la lunga crisi  che  ha  acuito  le
disparita' economiche tra le Regioni hanno determinato  un  clima  di
latente conflitto verso le misure destinate direttamente dallo  Stato
a singoli territori per l'esercizio di funzioni gia' attribuite  alla
competente Regione o ente locale. Questa crescente tensione  richiede
una   necessaria   composizione   rispetto   alle   nuove   esigenze,
composizione dalla quale  non  possono  essere  estromessi  gli  enti
territoriali interessati e che deve avvenire dopo averne acquisito in
sede  collegiale  le  istanze;  e)  chiarezza  e  trasparenza   negli
obiettivi  prefissati  e  nei  meccanismi   finalizzati   a   rendere
ostensibili i risultati dell'intervento statale. 
    Il rispetto di detti criteri, tutti riconducibili al principio di
leale cooperazione tra  Stato  ed  enti  territoriali,  e'  idoneo  a
fornire  risposte  pragmatiche  e  sufficientemente  flessibili  alle
istanze di politica economica generale  senza  tradire  la  struttura
regionalista del  nostro  ordinamento  quando  tali  istanze  esigono
l'interferenza dello Stato nelle materie di competenza regionale. 
    3.- Alla luce di tali elementi valutativi deve essere condotto lo
scrutinio delle questioni sollevate dalla Regione ricorrente. 
    3.1.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 202, della legge n. 190 del 2014,  in  riferimento  agli  artt.
117,  quarto  comma,  e  119  Cost.,  non  e'  fondata   poiche'   lo
stanziamento del fondo contestato non costituisce  uno  straripamento
dello Stato dalle proprie competenze. Le caratteristiche della  norma
impugnata sono conformi alla nozione di politica  economica  generale
come prima dimensionata. 
    Sotto il profilo della strutturalita', sopra indicato sub a), non
sussiste la pretesa marginalita' economica  dell'intervento  statale,
marginalita' che viene inutilmente piegata dalle parti in causa verso
versanti opposti: per la Regione detto  carattere  sarebbe  la  prova
della mancanza dei requisiti per l'attrazione in sussidiarieta';  per
lo Stato sarebbe invece la dimostrazione di un intervento secondario,
immeritevole di una singola concertazione. In realta'  la  disciplina
contenuta nella norma censurata viene espressamente finalizzata  alla
promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari nel mercato globale
associandoli all'origine  territoriale,  considerata  rappresentativa
della particolare qualita' dei prodotti stessi. 
    Ne consegue che la disposizione  impugnata  presenta  un'ampiezza
operativa non trascurabile perche' rivolta alla redazione  di  studi,
progetti  e  soluzioni  capaci  di  incidere  significativamente  sul
territorio nazionale. Cio' sia in termini qualitativi  inerenti  alla
selezione  delle  iniziative  da  intraprendere,   sia   in   termini
quantitativi in ragione del concreto effetto che  gli  interventi  da
progettare potrebbero assumere in un'ottica di promozione commerciale
unitaria del settore agricolo, nell'ambito di uno scenario  economico
interno e mondiale in tendenziale ripresa. 
    La ratio e gli interessi tutelati, come appena enucleati, non  si
esauriscono   pertanto   nell'ambito   materiale   «agricoltura»   di
competenza regionale  residuale  -  alla  quale  la  disposizione  si
ascrive soprattutto in ragione  della  natura  del  prodotto  oggetto
della valorizzazione, derivato dalla coltivazione  del  fondo,  dalla
silvicoltura  e   dall'allevamento   -   investendo   anche   profili
strettamente intrecciati con la cura di  interessi  economico-sociali
di rilevanza nazionale. 
    Sotto il profilo della neutralita'  economico-finanziaria  -  con
riguardo alle relazioni finanziarie tra Stato ed enti territoriali  -
la norma non presenta contraddizioni, poiche' prevede  meccanismi  di
monitoraggio e verifiche ex post  attraverso  cui  eventuali  effetti
imprevisti e abnormi ben potrebbero essere rilevati e tempestivamente
corretti. E cio' vale anche con riguardo al rispetto del principio di
trasparenza e ostensibilita' degli effetti  finanziari  della  norma,
poiche' i suddetti  meccanismi  di  verifica  valgono  anche  per  un
sindacato di questo tipo. 
    Neppure esiste sovrapposizione con gli interventi perequativi  di
cui all'art. 119, terzo comma, Cost., poiche' nel caso  in  esame  si
verte in tema  di  iniziative  nel  campo  della  politica  economica
generale dello Stato e a favore di singoli operatori, individuati  in
ragione della specifica attivita' economica e non  dei  territori  di
appartenenza. 
    3.2.-  Tuttavia,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 202, della legge n. 190 del 2014,  in  riferimento
al principio di leale collaborazione, e' fondata. 
    Nel caso in esame vi e' una chiara sovrapposizione di  competenze
poiche' gli interventi progettati dallo Stato vengono  pur  sempre  a
ricadere su singole collettivita' locali e  su  specifici  territori,
cosicche' la compatibilita' dell'interferenza deve essere in concreto
valutata ponderando, in termini di proporzionalita' e ragionevolezza,
l'interesse pubblico sottostante all'assunzione da parte dello  Stato
di funzioni parzialmente sovrapponibili a quelle regionali con quello
sotteso alle medesime funzioni delle Regioni. E  cio'  non  puo'  che
avvenire  in  una  sede  di  concertazione  istituzionale   di   tipo
collegiale quale, con  riguardo  al  caso  in  esame,  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento  e  Bolzano,  ove  la  concreta  ripartizione  dei
finanziamenti a carico del fondo statale  e  le  verifiche  afferenti
alla concreta attuazione del  programma  strutturale  possono  essere
vagliate e disciplinate in coerenza con principi di  proporzionalita'
e ragionevolezza, in modo da evitare effetti distorsivi in ordine  al
riparto delle risorse sui territori regionali. 
    Non puo' essere  condivisa  l'opinione  dell'Avvocatura  generale
dello Stato, secondo cui - ai  fini  del  coinvolgimento  degli  enti
territoriali -  sarebbe  sufficiente  la  presenza  nel  Comitato  di
coordinamento, presso il Ministero dello sviluppo  economico,  di  un
rappresentante della Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, Regioni e le province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e
l'eventuale sua integrazione, prevista dall'art. 30 del d.l.  n.  133
del 2014 con i rappresentanti delle amministrazioni  territoriali  di
volta  in  volta  coinvolte   nel   progetto   d'investimento.   Tale
coinvolgimento  sarebbe   successivo   alla   fase   attuativa   piu'
importante, vale a  dire  quella  determinativa  dei  criteri,  delle
modalita'  e  della  congruenza   dei   progetti   e   dei   relativi
finanziamenti sui territori. 
    4.- In definitiva, l'esercizio di competenze statali e  regionali
contigue (o parzialmente coincidenti)  deve  essere  accompagnato  da
garanzie di carattere procedimentale «poiche' l'esigenza di esercizio
unitario  che   consente   di   attrarre,   insieme   alla   funzione
amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza  di  una
disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le
attivita' concertative e di coordinamento orizzontale,  ovverosia  le
intese, che devono essere condotte in base al principio  di  lealta'»
(sentenza n. 303  del  2003).  In  tal  modo  risulta  rispettato  il
principio  di  leale  cooperazione  quale  sistema  di   composizione
dialettica tra esigenze di interventi unitari ed esigenze di garanzia
per l'autonomia e la responsabilita' politica delle  Regioni  in  una
prospettiva di funzionalita' istituzionale. 
    Pertanto, l'art. 1, comma 202, della legge n. 190 del  2014  deve
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte  in  cui
non prevede l'intesa, la cui sede - data la natura degli interessi in
gioco - deve essere individuata nella  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano. Cio' al fine di determinare progetti e concreta ripartizione
dei finanziamenti  a  carico  del  Fondo  per  le  politiche  per  la
valorizzazione, la promozione e la tutela, in  Italia  e  all'estero,
delle imprese e dei prodotti agricoli e agroalimentari.