ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  63  del
decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,  n.  602
(Disposizioni sulla riscossione  delle  imposte  sul  reddito),  come
sostituito dall'art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999,  n.
46 (Riordino della disciplina della  riscossione  mediante  ruolo,  a
norma dell'articolo  1  della  legge  28  settembre  1998,  n.  337),
promosso con ordinanza del 13 giugno 2011 dal Giudice dell'esecuzione
del Tribunale ordinario di Trieste, nel giudizio  di  opposizione  di
terzo all'esecuzione esattoriale promosso  da  Elena  Predonzani  nei
confronti di Equitalia  Friuli-Venezia  Giulia  spa  e  del  debitore
esecutato Agostino Majo, iscritta al n.  66  del  registro  ordinanze
2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,
prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 
    udito nella camera di consiglio del 20 febbraio 2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini. 
    Ritenuto che il Giudice dell'esecuzione del  Tribunale  ordinario
di Trieste, con ordinanza del 13  giugno  2011,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 63 del decreto  del  Presidente
della Repubblica  29  settembre  1973,  n.  602  (Disposizioni  sulla
riscossione delle imposte sul reddito), quale sostituito dall'art. 16
del decreto legislativo 26  febbraio  1999,  n.  46  (Riordino  della
disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo  1
della legge 28 settembre 1998, n. 337), in vigore dal 1° luglio 1999; 
    che il giudice rimettente denuncia tale disposizione nella  parte
in  cui  stabilisce  che,  «[l]'ufficiale  della   riscossione   deve
astenersi dal pignoramento o desistere  dal  procedimento  quando  e'
dimostrato che i beni appartengano a  persona  diversa  dal  debitore
iscritto  a  ruolo,  dai  coobbligati   o   dai   soggetti   indicati
dall'articolo 58, comma 3, in virtu' di titolo avente data  anteriore
all'anno  cui  si  riferisce  l'entrata  iscritta   a   ruolo.   Tale
dimostrazione puo' essere offerta  soltanto  mediante  esibizione  di
atto pubblico o scrittura privata  autenticata,  ovvero  di  sentenza
passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima  di  detto
anno»; 
    che l'incidente di costituzionalita' e' stato sollevato nel corso
di un'opposizione di  terzo  proposta  da  Elena  Predonzani  avverso
l'esecuzione forzata tributaria promossa da Equitalia  Friuli-Venezia
Giulia spa nei confronti del debitore esecutato Agostino Majo; 
    che, secondo quanto il giudice rimettente premette  in  punto  di
fatto: a) le cartelle di pagamento sulla base delle  quali  e'  stata
promossa l'azione esecutiva si  riferiscono  a  tributi  relativi  al
periodo d'imposta tra il 2001 e il 2009; b) il pignoramento mobiliare
e' stato eseguito in data 19 aprile 2010 presso lo studio  legale  di
Agostino Majo, ove la terza opponente  usufruiva  di  una  stanza  in
utilizzo esclusivo «in virtu' di accordi - verbali non formalizzati -
di collaborazione professionale»; c) la opponente  deduce  di  essere
proprietaria di parte dei beni pignorati (come  dichiarato  anche  in
sede di esecuzione) e  a  sostegno  di  tale  deduzione  produce  «le
fatture d'acquisto di tali beni  risalenti  agli  anni  1995  e  1996
(tranneche' di uno,  acquistato  nel  2009),  ed  un  estratto  delle
scritture contabili [...], da  cui  risulta  la  registrazione  delle
stesse»; d) l'Agente della riscossione eccepisce che  tali  documenti
non sono idonei ai sensi dell'art. 63 del d.P.R. n. 602  del  1973  a
fondare l'opposizione  in  quanto,  «pur  essendo  tutti  tranne  uno
anteriori all'anno cui si riferiscono i tributi per cui  si  procede,
non rivestono,  peraltro,  la  forma  dell'atto  pubblico  ne'  della
scrittura   privata   autenticata»;   e)   la   opponente   eccepisce
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 63 del d.P.R.  n.  602  del
1973; 
    che, secondo quanto il giudice rimettente premette  in  punto  di
diritto:  a)   nell'opposizione   di   terzo   avverso   l'esecuzione
esattoriale mobiliare, la prova dell'appartenenza al terzo  opponente
dei beni sottoposti a esecuzione e' regolata dal denunciato  art.  63
del d.P.R. n. 602 del 1973, che pone «limitazioni formali e temporali
che non consentirebbero nella specie, solo sotto il profilo  formale,
di ritenere idonee le prove offerte dall'opponente, non avendo  detti
documenti la forma  dell'atto  pubblico  o  della  scrittura  privata
autenticata, pur tuttavia avendo gli stessi  il  requisito  temporale
dell'anteriorita' all'anno cui si riferisce  l'entrata  iscritta  [a]
ruolo»;  b)  tale  disciplina  «aggrava  in  modo  ingiustificato  ed
indiscriminato  la  posizione  processuale   del   terzo   opponente,
sottoposto  ad  un  rigoroso  regime  probatorio  [...],   anche   in
situazioni palesemente immuni dal rischio di  fraudolenta  elusione»;
c) la stessa giurisprudenza della Corte  costituzionale  «(ex  multis
vedansi nn. 415/96, 444/95,  158/08)  rimarca[va]  l'irragionevolezza
delle  norme  limitanti  l'opposizione  dei   terzi   nell'esecuzione
esattoriale con riguardo a quei beni che con  certezza  non  ricadono
nel rischio della fraudolenta elusione, con cio' confermando  che  il
regime  delle  prove  e'  rimesso  per  determinati   rapporti   alla
discrezione   del   legislatore,   ma   sempre   nei   limiti   della
ragionevolezza ed in funzione proprio di quello  che  e'  l'interesse
prioritario perseguito [...] d'escludere fraudolente elusioni, con la
conseguente imposizione  d'una  presunzione  di  frode  temporalmente
individuata dalla norma in questione, ma che non  puo'  certo  essere
ragionevolmente ricondotta a ritroso ad un momento in cui  il  debito
non sussiste ancora difettandone il presupposto sostanziale»; 
    che in base a tali premesse, per  il  giudice  a  quo,  la  norma
censurata viola: a)  l'art.  3  Cost.,  «poiche'  sottopone  in  modo
irragionevole  e  illegittimo  il  terzo  opponente  ad   un   regime
probatorio estremamente gravatorio rispetto a quello previsto  per  i
procedimenti esecutivi  ordinari,  lesivo  quindi  del  principio  di
eguaglianza, nella misura in cui impone al terzo opponente di provare
il titolo di proprieta' dei beni sottoposti a pignoramento unicamente
a mezzo  d'atto  pubblico  o  scrittura  privata  autenticata  ovvero
sentenza passata in giudicato pronunziata su domanda  proposta  prima
dell'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo»; b) l'art.  24
Cost.,   perche'   la   limitazione   probatoria   introdotta   dalla
disposizione impugnata appare «irragionevole e limitativa del diritto
di difesa»; c) l'art. 42  Cost.,  perche'  la  medesima  disposizione
impugnata «da' vita, quale pratica conseguenza, ad  un  generalizzato
potere ablativo dei diritti soggettivi individuali, prefigurando  una
concreta espropriazione senza indennizzo»; 
    che, in ordine alla rilevanza, il  giudice  rimettente,  ritenuto
che,  «i  noti   precedenti   giurisprudenziali   in   materia,   non
pregiudicano    una    pronunzia    della    Corte     costituzionale
sull'illegittimita' della norma  censurata  nel  presente  giudizio»,
afferma  che  solo  l'applicazione  dell'art.  63  censurato  osta  a
«ritenere provata  la  proprieta'  in  capo  all'opponente  dei  beni
pignorati e per cui  e'  opposizione  laddove,  invece,  qualora  non
fossero operanti detti limiti probatori, la prova sarebbe stata  gia'
raggiunta mediante la produzione documentale  fornita  dall'opponente
(fatture d'acquisto e  scritture  contabili),  e  che  l'accoglimento
dell'opposizione renderebbe  essenziale  l'eventuale  disapplicazione
della norma medesima». 
    Considerato  che  il  Giudice   dell'esecuzione   del   Tribunale
ordinario di Trieste, dubita - in riferimento agli artt. 3, 24  e  42
della Costituzione - della legittimita' costituzionale  dell'art.  63
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni sulla riscossione delle  imposte  sul  reddito),  quale
sostituito dall'art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999,  n.
46 (Riordino della disciplina della  riscossione  mediante  ruolo,  a
norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n.  337),  nella
parte in cui stabilisce che  «[l]'ufficiale  della  riscossione  deve
astenersi dal pignoramento o desistere  dal  procedimento  quando  e'
dimostrato che i beni appartengano a  persona  diversa  dal  debitore
iscritto  a  ruolo,  dai  coobbligati   o   dai   soggetti   indicati
dall'articolo 58, comma 3, in virtu' di titolo avente data  anteriore
all'anno  cui  si  riferisce  l'entrata  iscritta   a   ruolo.   Tale
dimostrazione puo' essere offerta  soltanto  mediante  esibizione  di
atto pubblico o scrittura privata  autenticata,  ovvero  di  sentenza
passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima  di  detto
anno»; 
    che, in  particolare,  il  giudice  a  quo  censura  la  suddetta
disposizione in quanto consente al terzo  opponente  «di  provare  il
titolo di proprieta' dei beni sottoposti a pignoramento unicamente  a
mezzo d'atto pubblico o scrittura privata autenticata ovvero sentenza
passata in giudicato pronunziata su domanda proposta prima  dell'anno
cui  si  riferisce  l'entrata  iscritta  a  ruolo»,   in   tal   modo
configurando un «regime probatorio estremamente gravatorio rispetto a
quello previsto per i procedimenti esecutivi ordinari»; 
    che, secondo il rimettente, la disposizione censurata  viola:  a)
l'art.  3  Cost.,  «poiche'  sottopone  in   modo   irragionevole   e
illegittimo il terzo opponente ad un regime probatorio  [...]  lesivo
[...] del principio di eguaglianza, nella misura  in  cui  impone  al
terzo  opponente  di  provare  il  titolo  di  proprieta'  dei   beni
sottoposti a  pignoramento  unicamente  a  mezzo  d'atto  pubblico  o
scrittura privata autenticata ovvero sentenza  passata  in  giudicato
pronunziata su domanda proposta  prima  dell'anno  cui  si  riferisce
l'entrata  iscritta  a  ruolo»;  b)  l'art.  24  Cost.,  perche'   la
limitazione probatoria introdotta dalla disposizione impugnata appare
«irragionevole e limitativa del diritto  di  difesa»;  c)  l'art.  42
Cost., perche' la medesima disposizione impugnata  «da'  vita,  quale
pratica conseguenza, ad un generalizzato potere ablativo dei  diritti
soggettivi  individuali,  prefigurando  una  concreta  espropriazione
senza indennizzo»; 
    che le questioni sono manifestamente inammissibili per difetto di
motivazione sulla rilevanza; 
    che nella specie, infatti, secondo quanto  riferito  dal  giudice
rimettente, la prova dell'acquisto dei beni da parte della  opponente
deriverebbe da «fatture d'acquisto di tali beni risalenti  agli  anni
1995 e 1996 (tranneche' di uno, acquistato nel 2009), ed un  estratto
delle  scritture  contabili  dell'opponente,  da   cui   risulta   la
registrazione delle stesse»; 
    che il rimettente, pertanto,  pur  censurando  i  limiti  che  la
disposizione denunciata pone ai terzi opponenti in ordine alla  prova
della loro proprieta' dei beni oggetto di esecuzione esattoriale, non
precisa le ragioni per le quali in forza della  disciplina  ordinaria
del processo esecutivo, assunta  quale  tertium  comparationis,  tale
prova, ove non operassero detti limiti, sarebbe gia' stata  raggiunta
nel giudizio a quo; 
    che, infatti, sulla base  del  diritto  vivente  e',  invece,  un
«principio gia' affermato  [...]  (Cass.,  n.  1975/1990;  Cass.,  n.
3664/1981;  Cass.,  n.  6190/1979),  che   la   dimostrazione   della
proprieta', da parte del terzo rivendicante ai  sensi  dell'art.  619
cod. proc. civ., puo' essere fornita anche con  le  fatture  relative
all'acquisto dei beni successivamente pignorati, purche',  a  termini
degli articoli 2702 e 2704 cod. civ., esse risultino sottoscritte dal
venditore,  accettate  dall'acquirente  ed  abbiano  data  certa   ed
anteriore  al  pignoramento»  (Corte  di  cassazione,  sezione  terza
civile, sentenza 23 febbraio 2006, n. 3999, ove  la  data  certa  era
costituita dall'avvenuta  autenticazione  degli  estratti  dei  libri
contabili nella parte riferita alle fatture medesime); 
    che, dunque, il giudice rimettente  non  motiva  perche'  ritiene
raggiunta la  prova  della  proprieta'  dei  beni  sulla  base  della
disciplina ordinaria evocata quale  tertium  comparationis;  sicche',
difettando la motivazione sulla rilevanza, la questione  deve  essere
dichiarata manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.